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27-30 OTTOBRE 2018:
SCIROCCO ECCEZIONALE, MAREGGIATE E ALLUVIONI
IN ITALIA CON LA TEMPESTA "VAIA"


Daniele Cat Berro, Valentina Acordon, Claudio Castellano
SMI/Redazione Nimbus - 31 ottobre 2018

 

Tra sabato 27 e le prime ore di martedì 30 ottobre 2018 l'Italia è stata colpita da una fase perturbata tra le più intense, complesse e rovinose da molti anni, a causa della profonda depressione "Vaia" che - soprattutto lunedì 29 - ha attivato violentissime raffiche di scirocco, mareggiate, straordinarie onde di marea sull'alto Adriatico, e piogge alluvionali soprattutto sulle Alpi orientali.

Tra gli effetti, 16 vittime in totale, dal Trentino alla Campania (in gran parte per la caduta di alberi), danni ancora incalcolabili, ma dell'ordine di miliardi di euro, decine di migliaia di utenze ancora senza elettricità a due giorni dall'evento, soprattutto tra Trentino, Veneto e Friuli.

Porto di Rapallo (Genova): effetti distruttivi della mareggiata da scirocco
(libeccio in serata) di lunedì 29 ottobre 2018, probabilmente la più intensa da decenni
in Liguria (foto Liguria Nautica).


Come avvenuto il 4 novembre 1966, ma con effetti molto probabilmente ancora più rovinosi, la violentissima tempesta di scirocco si è accanita in particolare sulle montagne del Trentino e dell'Alto Adige orientali, del Vicentino, del Bellunese e del Friuli, con raffiche a 150-200 km/h che hanno raso al suolo vaste porzioni di foresta (si stimano circa 8,6 milioni di metri cubi di legname abbattuto sui rilievi del Nord-Est, vedi infografica più avanti). Qui la strada per il Lago di Carezza, tra la Val di Fassa e la Val d'Ega, ricoperta di tronchi d'abete schiantati (f. Vigili del Fuoco).

Video della Compagnia delle Foreste sulle prospettive di ripresa dei boschi alpini e gestione del territorio dopo la tempesta, in collaborazione con il ricercatore forestale
Giorgio Vacchiano (Università di Milano).
 

L'episodio, ampiamente e correttamente previsto dai servizi meteorologici nazionale e regionali, si è strutturato in due fasi principali.

1) la prima, tra sabato 27 e domenica 28, segnata da correnti umide da libeccio (tra Sud e Sud-Ovest) e piogge intense sull'Appennino settentrionale e le zone montane dall'alto Piemonte fino alla Carnia.

Nubifragi in particolare hanno investito l'entroterra di Genova al confine con il bacino padano la sera del 27 (80,4 mm in 2 ore a Torriglia), generando una prima onda di piena dei corsi d'acqua appenninici (Bisagno, Aveto...).

L'intenso flusso meridionale, oltre a generare importanti piogge da sbarramento sui rilievi prealpini a Est di Biella, abituati a ricevere apporti pluviometrici copiosi, ha sospinto precipitazioni di insolita intensità fin sul Comelico e sull'Alto Adige al confine con l'Austria (straordinari i 95 mm di domenica 27 a Vipiteno, e soprattutto i 299 mm di Sappada).
Così entro la mezzanotte del 28 si erano già totalizzati oltre 300 mm di pioggia in molte zone dalle Prealpi bresciane all'alto Friuli, con vistoso ingrossamento di fiumi come il Serio, il Sarca, l'Adige, il Brenta e il Piave, nonché primi danni e interruzioni stradali (es. colata detritica sull'Autostrada del Brennero poco a valle del passo). 

2) La seconda fase, dopo una pausa di poche ore provvidenziale per smaltire i deflussi a valle, si è sviluppata a partire da Ovest al mattino di lunedì 29 ottobre con un impetuoso rinforzo dello scirocco e lo sviluppo di violente celle temporalesche autorigeneranti tra la Sardegna, il Mar Tirreno e il Mar Ligure all'approfondirsi della depressione "Vaia" poco a Ovest della Corsica.

Nel pomeriggio-sera la tempesta di vento da Sud-Est si è estesa anche al bacino adriatico, mentre piogge intense si rinnovavano sui suoli già saturi d'acqua di Alpi e Prealpi, stavolta anche del Nord-Ovest, dato il flusso più sud-orientale.

Tra i fenomeni più vistosi, grandinate imponenti in Sardegna, rovesci torrenziali sul Levante ligure (72 mm/1h a Monterosso al Mare), raffiche di vento diffusamente oltre i 100 km/h (vedi dettagli più avanti) con mareggiate e milioni di alberi abbattuti e tetti scoperchiati, dal Lazio al Friuli.


La nuvolosità spiraleggiante intorno alla profonda depressione "Vaia", vista alle ore 20:25 di lunedì 29 ottobre 2018 dal satellite Meteosat-11 nel canale infrarosso
(Fonte: Eumetsat, via Sat24.com).
Sul Piemonte sta transitando da Sud verso Nord il minimo barico di 978 hPa, peraltro ben previsto (vedi la carta sottostante di isobare e fronti al suolo, riferita alle h 18 UTC, ed emessa dal MetOffice il giorno precedente).
Sul lato orientale del vortice spirano impetuosi venti di scirocco, e una linea di violenti temporali (ben visibili nell'immagine satellitare come una corona di celle bianche)
si sviluppa in corrispondenza del fronte freddo (linea con triangoli neri nella carta).


 

"VAIA", UNA DEPRESSIONE DI RARISSIMA PROFONDITA'

La depressione "Vaia" si è sviluppata sabato 27 ottobre 2018 entro un esteso canale depressionario proteso dal Baltico al Mediterraneo occidentale, e ha stazionato sui mari tra il Golfo del Leone, le Baleari e la Sardegna fino al mattino di lunedì 29.

Nel corso di questa giornata, alimentata dalla prima massiccia irruzione fredda della stagione a Ovest delle Alpi, dalla Valle del Rodano - il vortice ha subito un rapido approfondimento, classificabile quasi come "ciclogenesi esplosiva" (per la quale viene considerata una soglia di 24 hPa di diminuzione della pressione in 24 ore), responsabile del brutale rinforzo dei venti sull'Italia.

Alle h 00 UTC del 29 ottobre il minimo barico era di 995 hPa tra le Baleari e la Sardegna, poi si è mosso verso Nord-Est, raggiungendo la massima profondità di 978 hPa tra tardo pomeriggio e sera mentre migrava verso le regioni italiane nord-occidentali, con un calo di pressione di 17 hPa in circa 18 ore.

Il centro della profonda depressione è transitato a inizio serata, da Sud a Nord, sulla pianura torinese: al Collegio Carlo Alberto di Moncalieri alle h 18:24 la pressione atmosferica è scesa a 947,8 hPa (quota del barometro: 268 m), equivalenti a 978,7 hPa a livello del mare, valore tra i più bassi mai rilevati in oltre due secoli nella zona. Infatti, nella serie torinese di pressione dal 1791, solo in altre sei occasioni il barometro scese ancora più in basso (*):
 
19 marzo 1797, 976,8 hPa
23 gennaio 1897, 978,0 hPa
2 dicembre 1976, 971,7 hPa (minimo assoluto)
26 febbraio 1989, 972,1 hPa
5 marzo 2009, 978,0 hPa
30 gennaio 2015, 978,3 hPa

(*) sembrerebbe che dagli Anni 1970 le depressioni sul Nord-Ovest italiano abbiano acquisito maggior forza, dopo il lungo intervallo 1898 - 1975 in cui a Torino non si scese sotto i 980,9 hPa; tuttavia la recente disponibilità di registrazioni continue - rispetto a un passato più lontano in cui le misure barometriche venivano eseguite solo ad orari fissi durante la giornata, perdendo talora delle punte estreme - potrebbe aver giocato un ruolo in questa tendenza forse solo apparente.

Tra la notte e il mattino di martedì 30 ottobre il vortice si è spostato sulla Svizzera, e poi sulla Germania nel pomeriggio, permettendo un'attenuazione dei venti e delle piogge sull'Italia, nonché l'ingresso di più fresche correnti da Ponente.
 

Pressione atmosferica (misure locali a quota 268 m) e velocità massima del vento all'osservatorio SMI di Moncalieri-Collegio Carlo Alberto, valori ogni 10 minuti il 29 ottobre 2018. Evidente il minimo barico serale con 947,8 hPa alle h 18:10, proprio al passaggio della depressione "Vaia" al di sopra del Torinese. Subito dopo si è verificato un marcato rinforzo del vento fino a 78 km/h (massima velocità nella serie automatica dal 2002 insieme al caso di foehn del 21 novembre 2008), cui è corrisposto un rapido aumento di pressione di circa 3 hPa in pochi minuti per il brusco arrivo di aria più fredda e densa al suolo. Molto raramente sulla pianura torinese si registrano raffiche così forti
in configurazioni sciroccali e piovose.

 

LE PRECIPITAZIONI TOTALI: OLTRE 600 MM IN TRE GIORNI
SULL'APPENNINO SETTENTRIONALE E TRA BELLUNESE E CARNIA;
IN QUALCHE CASO, PIU' PIOGGIA CHE NEL 1966


I centri di scroscio di tutto l'evento si sono collocati sull'Appennino settentrionale e sui rilievi alpini tra il Bellunese e la Carnia occidentale, dove si sono talora superati i 600 mm di precipitazione, quasi interamente concentrati in tre giorni (27-29 ottobre).

Spiccano in particolare i totali di 623 mm a Torriglia (Genova, bacino padano dello Scrivia), 595 mm a Sappada, 716 a Soffranco (Belluno, bacino del Piave) e 817 mm a Malga Chiampiuz (in Comune di Forni di Sotto, Udine - bacino del Tagliamento). Notevoli anche i 534 mm del Lago Larecchio (Valle Isorno, Ossola, bacino del Toce).

Al contrario, le località tra la bassa Valpadana e le coste dell'alto Adriatico, sottovento all'Appennino o comunque lontane dall'esaltazione orografica delle piogge sui versanti sopravento, come spesso avviene in questi casi hanno ricevuto quantità irrisorie: 12 mm a Modena, 27 mm a Trieste, 28 mm a Venezia.

Impressionanti dunque i gradienti pluviometrici, segno dell'intensità dell'episodio di sbarramento da Sud: in circa 90 km si è passati dai 17 mm di Grado, sulla costa friulana, agli oltre 800 mm della zona più piovosa della Carnia occidentale (circa 9 mm/km).

Per confronto, il 3-4 novembre 1966 la stazione di Barcis (Val Cellina, PN) ricevette 751 mm di pioggia in 48 ore, mentre stavolta nello stesso intervallo ha rilevato "solo" 384 mm.
Gli oltre 800 mm misurati più in quota sulle alture della Carnia si riferiscono a una località (Malga Chiampiuz) che nel 1966 non era monitorata, e che all'epoca forse ricevette quantità d'acqua ancora più colossali.

Tuttavia in diverse zone tra Trentino-Alto Adige e Bellunese questa volta in due giorni è piovuto più che nel 1966, ad esempio a Vipiteno (160 mm contro 75 mm), a Trento (169 mm contro 156), o ad Agordo (469 mm contro 445), ma occorre precisare che nel 1966, a differenza dei giorni scorsi, si arrivava da un ottobre estremamente piovoso, con suoli già saturi in precedenza.

Da segnalare inoltre alcuni nuovi primati pluviometrici in Trentino su un periodo di 3 giorni, tra cui:

Trento: 222 mm (precedente 204 mm nel 1959; inizio serie nel 1893)
S. Martino di Castrozza: 335 mm (precedente 264 mm nel 2014; inizio serie 1895)
Lavarone: 431 mm (precedente 331 mm nel 1960; inizio serie 1895)
(dati e info: MeteoTrentino e Yuri Brugnara/Università di Berna)

Inoltre, all'osservatorio SMI di Pontremoli, mai era accaduto, nella serie dal 1920, di misurare oltre 100 mm di pioggia giornaliera in 3 giorni consecutivi.

Ecco le precipitazioni giornaliere registrate in una serie di località rappresentative (clicca sulla tabella per ingrandire).


Riepilogo delle precipitazioni cadute dal 26 al 30 ottobre 2018 in alcune località del Centro-Nord Italia. Intervalli di misura h 00-24, eccetto le stazioni SIR Toscana
(h 09-09, con attribuzione del valore al giorno di fine intervallo).
Fonti: ARPA Piemonte, ARPA Lombardia, ARPA Liguria, ARPA Emilia-Romagna, ARPA Veneto, MeteoTrentino, Ufficio Idrografico di Bolzano, OSMER-FVG, Protezione Civile Friuli Venezia Giulia, SIR Toscana, SMI - Osservatorio di Pontremoli.
 

Inoltre, ecco i dati meteo e un report di ARPA Veneto sull'evento.

La violenza dei fenomeni è stata esaltata dai marcati gradienti orizzontali di temperatura (oltre che di pressione) tra Ovest ed Est proprio a ridosso dell'Italia, con aria fredda in discesa dal Nord Europa verso la Francia (nevicate precoci fino in pianura) e aria calda in risalita dal Nord Africa verso la penisola italiana (vedi carta qui sotto).

 


Carta delle temperature e dell'altezza di geopotenziale alla superficie di 850 hPa
(circa 1400 m di quota), ore 00 UTC di lunedì 29 ottobre 2018.
Tra l'aria fredda sulla Francia (isoterma 0 °C sul Massiccio Centrale) e l'aria calda sull'Italia (circa +12 °C in Sardegna) si sviluppa una differenza di una dozzina di gradi °C in meno di 700 km, e i contrasti termici si acuiranno ulteriormente nel corso della giornata incentivando la formazione di importanti celle temporalesche con venti tempestosi
(modello GFS, da Wetterzentrale).
 

La grandine caduta presso Alghero nelle prime ore di lunedì 29 ottobre 2018
(f. Roberto Salaris).


Tra i rovesci più violenti attivati dalla depressione "Vaia", figurano quelli abbattutisi nelle ore centrali del 29 ottobre in corrispondenza delle numerose celle temporalesche
(MCS = Mesoscale Convective Systems) tra Mar Tirreno e Mar Ligure, ben apprezzabili nell'immagine satellitare Meteosat-11 nel canale visibile (ore 15:40 locali); si nota anche il "ricciolo" del profondo minimo barico poco a Ovest della Corsica (Fonte: Eumetsat, via Sat24.com).
 

Immagine radar (ARPA Piemonte), h 10:45 locali del 29 ottobre 2018: celle temporalesche autorigeneranti in risalita dal Mar Ligure scaricano violenti rovesci sullo Spezzino e la Lunigiana. A Monterosso al Mare (Cinque Terre) si misurano 72 mm in un'ora (fonte: ARPA Liguria).



A conferma dell'intensità della tempesta "Vaia", il 29 ottobre 2018 si sono registrati numerosissimi fulmini in tutta Italia, ad eccezione solo di piccole zone tra Torino e Cuneo e sulle estreme regioni ioniche. Totale di oltre 245.000 scariche nelle 24 ore, in massima parte sull'Italia, situazione peraltro anomala per l'autunno inoltrato, soprattutto al Nord (Fonte: Lightningmaps).


PIENE FLUVIALI E ALLUVIONI: DISASTRI AL NORD-EST

Mentre gli oltre 400-600 mm caduti sui rilievi alle spalle della Riviera di Levante non hanno prodotto effetti rovinosi, salvo un notevole ingrossamento dei corsi d'acqua con allagamenti locali (vedi più avanti la foto del T. Verde a Pontremoli, Lunigiana), è andata diversamente nei bacini del Nord-Est, dal Sarca e dal Noce (Trentino) fino al Tagliamento, dove si sono verificate sia grandi piene e straripamenti dei fiumi principali, sia numerose piene impulsive di piccoli rii montani (es. violento trasporto torrentizio in massa con una vittima a Dimaro, Val di Sole).

Una prima onda di piena si è propagata dalle Alpi verso i fondovalle e le pianure venete tra pomeriggio e notte di domenica 28, seguita da una seconda - generalmente più significativa - tra la sera di lunedì 29 e martedì 30, giornata che ha visto transitare le portate al colmo nei tratti di pianura di Adige, Bacchiglione, Brenta, Piave e Tagliamento.

L'evento è stato talora di portata straordinaria, come nel Bellunese (il Cordevole, il Biois e l'alto Piave hanno superato i livelli del 7 ottobre 1998 e del 20 settembre 1999), dove curiosamente solo pochi giorni prima era il fuoco a preoccupare... con l'incendio durante il foehn caldissimo del 24 ottobre 2018 nell'Agordino.

Nei tratti di pianura è stato in genere superato anche l'episodio del novembre 2002
(corsi medio-bassi del Piave e del Tagliamento), mentre i fiumi vicentini di origine prealpina come il Bacchiglione e l'Alpone sono rimasti ampiamente al di sotto dei livelli toccati l'1-2 novembre 2010.

I deflussi dell'Adige a valle di Rovereto sono stati attenuati dall'apertura della galleria-scolmatore Mori-Torbole, che ne devia le acque verso il Lago di Garda (non avveniva dal novembre 2002).

In piena anche il Sarca, il Serio, il Brembo, e l'Adda, che ha abbattuto un ponte pedonale a Pizzighettone (Cremona), nonché il Po, ma con una situazione in questo caso del tutto ordinaria.

Gli effetti al suolo più distruttivi, con decine di interruzioni stradali, crolli di ponti, erosioni spondali, colate detritiche su abitati, e frane, si sono concentrati tra il Trentino, le Dolomiti, il Bellunese e la Carnia occidentale.

Tuttavia, in generale, per portate fluviali, gravità degli effetti, estensione dei territori disastrati e numero di vittime, è rimasto insuperato l'evento epocale del 4 novembre 1966, pur molto simile per dinamiche meteorologiche e soprattutto per il vento tempestoso (i morti allora furono 106 in tutta Italia, di cui 70 nel solo Triveneto; per saperne di più vedi Nimbus n. 77).
Come ricordato sopra, in quell'occasione si era reduci da un ottobre particolarmente piovoso, e la violentissima perturbazione giunse su suoli già saturi d'acqua; inoltre, con i mezzi e le conoscenze disponibili all'epoca, l'evento non fu previsto, a differenza di oggi.


Rapido ingrossamento del T. Verde a Pontremoli (MS) sotto gli intensi scrosci di pioggia
del pomeriggio di lunedì 29 ottobre 2018 (f. Maurizio Ratti).
 



Il mud-debris flow (colata fangoso-detritica) che ha interrotto l'Autostrada del Brennero in sinistra Isarco tra Vipiteno e il confine con l'Austria nel pomeriggio-sera di domenica 28 ottobre 2018. La zona (solitamente piuttosto asciutta in quanto molto interna alle Alpi) era stata interessata da piogge di rara abbondanza (95 mm a Vipiteno il 28), sospinte dalle fortissime correnti umide meridionali. Alcune auto sono state coinvolte, e il traffico è rimasto bloccato per qualche ora, ma senza vittime
(Fonte: pagina facebook Rete Meteo Amatori).
 

Effetti della violenta piena del Rio Rotian a Dimaro (TN), con ingente trasporto solido contro gli edifici e una vittima (f. Mauro Bezzi, via Severe Weather Europe).
 

A Ponte Mas (BL) il T. Cordevole in piena straordinaria ha sormontato il ponte presso il centro abitato, danneggiando il sensore di livello dell'acqua, e una profonda erosione spondale ha determinato il crollo di un edificio.




 Comeglians (Carnia, UD): crollo del ponte della SR 355 sul torrente Degano
(Fonte: quotidiano "Il Friuli").
Il centro di scroscio dell'evento si è collocato proprio sulle montagne tra Carnia e Comelico, con una punta di 817 mm a Malga Chiampiuz, in territorio di Forni di Sotto (UD).
 



Una grande piena si è propagata lungo i fiumi della Lombardia e del Triveneto, con due ondate separate da alcune ore di pausa grazie a un'attenuazione delle precipitazioni avvenuta nella notte tra domenica 28 e lunedì 29 ottobre. Ecco lo straripamento del Piave presso Ponte di Piave (TV) il 30 ottobre 2018 (fonte: Vigili del Fuoco).
 

Il colmo di piena principale a Ponte di Piave è transitato nel primo pomeriggio
del 30 ottobre con un livello di 10,93 m,
circa 1,5 m in più dell'evento del novembre 2002. Più a monte, a Busche (BL) si è registrata una portata di 1900 m3/s alle h 7 del giorno 30, quando lì il fiume era già in calo (Fonte: ARPA Veneto).
 

La piena del Tagliamento a Latisana (UD), a pochi chilometri dalla foce in Adriatico,
mostra il medesimo andamento del Piave. Il livello è tuttavia culminato tre ore e mezza prima, alle h 10:30 del 30 ottobre, con 8,67 m, valore inconsueto ma non eccezionale
(nel novembre 1966 si toccarono i 10,88 m). 
 



Il Brenta in piena alle h 9 di martedì 30 ottobre 2018 a Limena, nel Padovano
(f. Milos Lago).



IL VENTO: UNA SCIROCCATA TRA LE PIU' INTENSE MAI VISTE IN ITALIA,
DEVASTAZIONE DI FORESTE E VITTIME

Più che per le precipitazioni - pur molto intense e responsabili di straripamenti e danni al Nord-Est - la depressione "Vaia" verrà ricordata per la violenza dello scirocco che ha soffiato tra mattino e pomeriggio di lunedì 29 ottobre, poi sostituito dal libeccio la sera a partire dai mari italiani occidentali.

Le potenti raffiche di vento meridionale si sono talora combinate con ulteriori rinforzi e turbolenze locali, in corrispondenza di "linee di groppo" associate ai sistemi temporaleschi, come avvenuto - con gravi effetti e vittime - nelle ore centrali del 29 sul Levante Ligure e lungo il versante tirrenico (centinaia di alberi abbattuti nel Lazio, soprattutto a Terracina).

Ecco alcune massime velocità del vento raggiunte per lo più il 29 ottobre
(nella notte del 30 a Urbino):

88 km/h a Pontremoli
102 km/h
a Roma-Ciampino
119 km/h a Genova-Sestri
128 km/h a Lugano (secondo valore in assoluto più elevato per la stazione)
128 km/h al Passo Valles (Dolomiti)
140 km/h a Urbino-Oss. Serpieri
(poco sotto il primato di 146 km/h del 23 dicembre 2009)
148 km/h a Capo Carbonara (Sardegna sud-orientale)
155 km/h
al Colle di Cadibona (Savona)
171 km/h alla Spezia e a Follonica
180 km/h a Marina di Loano
192 km/h al Monte Cesen
200 km/h sul Monte Rest (Prealpi Carniche)
204 km/h sul Monte Gomito (Appennino Tosco-Emiliano).

A differenza di quanto spesso riportato dai mezzi di informazione, non si è trattato di trombe d'aria (o tornado), salvo probabilmente nei casi di Villaperuccio e Narcao, in provincia di Carbonia-Iglesias (stretta striscia di alberi abbattuti per circa 7 km, fonte Ass. Sardegna Clima), e di Manduria, nel Tarantino.
 



Carta di previsione di velocità e direzione del vento al suolo per le h 18 UTC di lunedì 29 ottobre 2018, emessa 18 ore prima (h 00 UTC del 29). Le raffiche più intense sono (correttamente) attese tra Corsica, Arcipelago Toscano e Levante ligure, nonché sull'alto Adriatico, con oltre 20-25 m/s (70-90 km/h). Tali valori - delineati già nell'uscita di un modello a scala globale - lasciavano presupporre valori puntuali ben superiori a 100 km/h, come in effetti accaduto. Il modello indicava rinforzi serali dello scirocco a circa 15 m/s anche in Pianura Padana (attorno a 55 km/h, con punte certamente superiori), situazione rara, e compatibile con le folate dell'ordine dei 100 km/h responsabili di danni nel Torinese
(Fonte: MetOffice, via 3bmeteo).

 



Strage di pini domestici (Pinus pinea) a Terracina
(Fonte: pagina facebook Rete Meteo Amatori).
 



Una pecceta della Val Canali (Pale di San Martino, Trentino orientale) divelta dal vento
(f. Giorgio Pilotto, via Severe Weather Europe).

Sintesi degli effetti della tempesta "Vaia" sul patrimonio forestale del Nord-Est italiano, confrontati con altri episodi del passato (dal 1950) su Alpi e Toscana. Con 41.000 ettari di boschi abbattuti e 8,6 milioni di m3 di legname atterrato, l'evento di fine ottobre 2018 appare il più gravoso, di gran lunga superiore a quello del novembre 1966 (700.000 m3 in Trentino). Pur ammettendo una possibile sottostima dei volumi abbattuti nel 1966, quando i metodi di valutazione erano senz'altro meno raffinati di quelli odierni basati su monitoraggio satellitare, la differenza appare molto ampia, e depone a favore della superiorità dell'episodio recente (elaborazione: Compagnia delle Foreste,
con il sostegno scientifico di SISEF e GeoLab di Firenze).
 

Le dieci peggiori tempeste dal 1950 in Europa in termini di entità degli schianti da vento in foresta. Pur distruttiva e straordinaria nel contesto italiano, "Vaia" impallidisce di fronte a grandi uragani atlantici (extratropicali) che hanno investito il Centro-Nord Europa nei decenni scorsi: "Lothar" e "Martin" a fine dicembre 1999 abbatterono 240 milioni di m3 di legname, circa 28 volte l'episodio italiano dell'ottobre 2018 (elaborazione: Compagnia delle Foreste, con il sostegno scientifico di SISEF e GeoLab di Firenze).
 

Traliccio dell'alta tensione stroncato dal vento a Forni di Sotto, in Carnia
(Fonte: pagina facebook Unione Meteorologica Friuli-Venezia Giulia).
 

Gravi danni da vento si sono verificati anche tra Torinese e Canavese intorno alle h 19 di lunedì 29 ottobre, in corrispondenza di una linea temporalesca in risalita da Sud-Est che si è combinata con il transito del minimo barico al suolo (vedi sopra il grafico della pressione a Moncalieri, con il brusco aumento di circa 3 hPa in pochi minuti - subito dopo lo straordinario minimo barico - al passaggio del fronte di raffica per l'apporto di aria più fredda e densa verso il suolo). Nell'immagine, lo scoperchiamento dell'Istituto Comprensivo di Cafasse (fonte: La Repubblica).
Anche a Lanzo Torinese molti danni e un ferito grave (in coma), colpito da un ramo.



ACQUA ALTA E MAREGGIATE DISTRUTTIVE

Le violente raffiche di vento meridionale, che hanno agito per molte ore su ampie superfici marine, hanno sollevato devastanti mareggiate soprattutto in Liguria, con gravi danni a strade e ferrovie litoranee, edifici e strutture turistiche, e decine di imbarcazioni distrutte nei porti, in particolare tra Rapallo e Portofino, ma anche più a Ovest, intorno a Genova, Arenzano, Noli...

La boa ARPA Liguria di fronte a Capo Mele ha registrato, la sera di lunedì 29, un'altezza d'onda massima di ben 10,3 m. con un periodo molto lungo tra una cresta e l'altra (11 secondi), indicatore di un elevato potere distruttivo sulla costa.

Si è trattato di una delle mareggiate più potenti mai osservate nella zona, peggiore di quella del 6 novembre 2000.


I danni della mareggiata a Genova-Boccadasse (f. Paolo Robiglio).


Notevolissimo anche l'episodio di acqua alta a Venezia e lungo tutte le coste dell'alto Adriatico, fino all'Istria: il mareografo di Punta della Salute (estremità del Canal Grande) ha rilevato un massimo di 156 cm alle ore 14:10 del 29, valore superato solo da altri tre eventi nella serie storica dal 1872:

1° febbraio 1986, 158 cm
22 dicembre 1979, 166 cm
4 novembre 1966, 194 cm (la mareggiata sfondò gli storici "murazzi", opere di difesa tra laguna e mare aperto, e l'inondazione - ricordata in città come "aqua granda" - causò danni da almeno 40 miliardi di lire dell'epoca ed ebbe notevole eco nel mondo insieme all'alluvione di Firenze, avvenuta nello stesso giorno).

Fortunatamente l'alta marea di origine meteorologica (scirocco) non si è combinata con la massima escursione della marea sizigiale in corrispondenza delle fasi di luna piena (24 ottobre 2018) o luna nuova (7 novembre 2018), situazione che avrebbe portato a livelli dell'acqua ancora più elevati e dannosi in laguna.

Via via che i livelli marini aumenteranno per effetto del riscaldamento globale (+4,4 mm/anno già nel periodo 1992-2016 a Trieste secondo uno studio di ARPA Friuli-Venezia Giulia), fenomeni di acqua alta nell'alto Adriatico e a Venezia (soglia 110 cm sullo zero mareografico) diverranno sempre più frequenti, come peraltro è già stato osservato negli ultimi decenni.

 

Venezia, acqua alta del 29 ottobre 2018 (fonte: Severe Weather Europe).




I 156 cm di marea sopra lo zero mareografico toccati alle h 14:50 del 29 ottobre alla stazione di Punta della Salute rappresentano il quarto livello più elevato dal 1872, pari merito con il caso del 1° dicembre 2008
(Fonte: Centro Previsioni e Segnalazioni Maree, Comune di Venezia
).


 

NEVICATE IMPONENTI AD ALTA QUOTA: UN METRO E MEZZO ALLO STELVIO

Durante gran parte dell'evento il limite pioggia-neve ha oscillato tra 2000 e 2300 m sulle Alpi occidentali, e tra 2300 e 2600 m su quelle orientali, più esposte al flusso tiepido sciroccale (sabato 27 in tarda sera c'erano 19-21 °C sulle coste dell'alto Adriatico!).
Imponenti le nevicate in alta quota: circa un metro e mezzo di neve fresca allo Stelvio (2757 m), chiuso al traffico.

Ciò ha limitato un po' i deflussi a valle soprattutto nei bacini fluviali con quote medie elevate (Toce, Adda, Adige), dove con temperature ancora più alte (ad esempio a fine estate o inizio autunno), si sarebbero potute propagare piene più importanti, mentre tra le Prealpi venete, le Dolomiti bellunesi e la Carnia la caduta di neve solo sulle vette non ha potuto attenuare significativamente le grandi piene propagatesi in bacini come il Brenta, il Piave o il Tagliamento.

A fine evento, con l'ingresso di aria più fredda nella notte tra lunedì 29 e martedì 30 ottobre 2018, la neve è scesa talora fino a 1000-1200 m, come sulle Alpi occidentali e sull'Appennino Emiliano.

Gressoney-D'Ejola (Monte Rosa), immagine della "snowcam" SMI-Centro Funzionale Reg. Aut. Valle d'Aosta, ore 8 di martedì 30 ottobre 2018: nelle notte, con lo spostamento della depressione "Vaia" al Nord delle Alpi, è affluita aria più fredda e la nevicata iniziata il giorno precedente (la prima della stagione) si è intensificata fino a depositare un manto
di 35 cm a quota 1850 m.


Con le nuove precipitazioni del 31 ottobre - 1° novembre 2018, nevose oltre i 1500 m circa, l'innevamento è divenuto precocemente straordinario oltre i 2000 m sui rilievi dell'alto Piemonte: in particolare al mattino del 1° novembre si misuravano 195 cm di spessore totale al nivometro ARPA di Formazza-Pian dei Camosci (2453 m); al vicino Lago Sabbione, a quota quasi identica (2462 m), nella serie di misura dal 1950, solo nel 1966 - proprio durante la grande alluvione di Firenze e del Triveneto - si era vista una quantità di neve analoga a inizio novembre, con 210 cm il giorno 5.


NEI PAESI VICINI: FREDDO E NEVE IN FRANCIA,
TEMPESTA IN CORSICA, TORNADO NEL VAR


La depressione "Vaia" ha determinato fenomeni meteorologici estremi anche nei Paesi confinanti, tra cui:

- discesa di aria fredda e neve precoce in Francia; record negativi di temperatura massima per ottobre (es. 5,6 °C il 28 a Toulouse, primato da inizio misure nel 1947), in netto contrasto con la situazione estiva di appena due settimane prima, pure molto anomala; spessori di neve da 2 a 10 cm in pianura dai piedi del Massiccio Centrale alle Ardenne; 9 cm ad Aurillac (622 m, Cantal), 50 cm sul Pilat (1435 m, rilievi a Sud-Ovest di Lyon); il freddo è stato straordinario, ma la neve a bassa quota a fine ottobre si era già vista altre volte (2008, 2012, 2015...);

30 ottobre 2018: la neve sui boschi ancora in foglia tra Thélis-la-Combe e Le Bessat (Parco Naturale del Pilat, regione Auvergne-Rhone Alpes; f. Lucas Oriol, via quotidiano Le Progres).
 

- piccolo tornado con scoperchiamento di tetti a Tanneron (Var, Francia sud-orientale);

- tempesta e mareggiata rovinosa in Corsica, gravi danni al porto di Ajaccio ma anche nell'interno dell'isola, raffiche di vento fino a 188 km/h;

- nuovi record di pioggia in Engadina e Val Poschiavo (Svizzera): a Sils-Maria, vicino a Sankt-Moritz, nella serie dal 1864 mai si erano misurati 225 mm in 3 giorni.
Inoltre, nevicate da primato per ottobre al Nord delle Alpi, come i 72 cm di neve fresca in 24 ore ad Arosa tra il 27 e il 28.
Leggi il comunicato di MeteoSvizzera.

- piogge alluvionali in Carinzia (Austria).
 

I fortissimi venti hanno sospinto le precipitazioni da sbarramento da Sud fin oltre la cresta principale delle Alpi, causando alluvioni, crollo di ponti e interruzioni stradali anche in Carinzia, Austria. Qui sopra un ponte travolto nella Gailtal (f. David Martin).
 

Le mareggiate scatenate da "Vaia" non hanno risparmiato la Corsica...
Eccone gli effetti sul Quai des Torpilleurs ad Ajaccio (Fonte: France3).


COLPA DEL RISCALDAMENTO GLOBALE?
FORSE PARZIALMENTE, ANCORA DIFFICILE DIRLO...

Una tempesta come quella del 29 ottobre 2018 in Italia è stata causata dai cambiamenti climatici e dal riscaldamento globale?
E' una delle domande più frequenti in questi giorni...

A differenza dell'aumento delle temperature medie, che l'intera comunità scientifica attribuisce all'effetto delle attività umane, nel caso dei singoli eventi meteorologici estremi (come nubifragi, tempeste di vento...) è ancora difficile riconoscere un legame diretto e certo.

Infatti, poiché alluvioni, tempeste e mareggiate fanno parte da sempre della storia del nostro territorio e si verificavano anche in un passato lontano in cui le attività antropiche non influivano sul clima, è ancora complesso estrarre dai nuovi eventi il segnale di amplificazione d'intensità o di aumento di frequenza potenzialmente indotto dal riscaldamento globale.

I 192 km/h registrati sul Monte Cesen (1552 m, Prealpi Trevigiane) rappresentano la raffica di vento più intensa mai registrata in 25 anni dalla rete di misura ARPA Veneto, ma la brevità delle serie anemometriche e l'assenza di rilevazioni in montagna nei periodi precedenti non permettono confronti diretti e significativi sull'eccezionalità dell'evento sul lungo periodo; occorre allora affidarsi ad altre valutazioni, indirette, basate sugli effetti al suolo, ad esempio sui danni in foresta.

Se si considerano i volumi di legname abbattuto dal vento sulle Alpi orientali, l'episodio del 2018 appare in effetti più gravoso di quello del novembre 1966 (che mostrò dinamiche meteorologiche simili), tuttavia la difformità tra i metodi di valutazione utilizzati nel tempo introduce un ulteriore elemento di incertezza nello stabilire la reale portata dell'anomalia dell'evento.

Come riconosciuto nel caso dei tornado italiani da uno studio del 2017 di Mario Miglietta (CNR-ISAC) e colleghi, è comunque probabile che alla violenza dei fenomeni osservati nei giorni scorsi abbia in parte contribuito la superficie del Mediterraneo ancora troppo calda al termine di un ottobre con temperature 1-2 °C sopra media - tramite una maggiore disponibilità di energia e vapore acqueo, anche se non sappiamo (ancora) quanto.

In ogni caso, i modelli di simulazione climatica segnalano per i prossimi decenni una tendenza all'aumento dei fenomeni atmosferici estremi (vedi il nuovo articolo di Michael Mann e colleghi sulla maggiore persistenza di situazioni di "blocco", pubblicato su "Science Advances").
Inoltre in alcune zone del mondo come gli Stati Uniti è già statisticamente riconoscibile una maggiore frequenza delle piogge violente.

Dunque dobbiamo prepararci con un'adeguata pianificazione territoriale e una maggiore educazione dei cittadini all'autoprotezione civile.


RINGRAZIAMENTI
Un ringraziamento a chi ha condiviso dati e informazioni con la redazione di Nimbus,
in particolare:
Gennaro di Napoli (SMI), Maurizio Ratti (SMI/osservatorio di Pontremoli), Renato R. Colucci (Unione Meteorologica del Friuli Venezia Giulia, CNR-ISMAR Trieste), Fabio Luino (
CNR-IRPI Torino) Gabriele Savio (collaboratore esterno CNR-IRPI Torino), Paolo Mori (Compagnia delle Foreste), oltre ai vari enti e servizi meteorologici citati nel testo.
 


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