Siamo ormai al termine del quinto anno di
pubblicazione della rivista. Spesso abbiamo scritto di quanto i mass
media si siano occupati, e specialmente di come lo abbiano fatto,
del tempo. Il panorama è sconsolante. Con l’esclusione,
naturalmente, di alcuni sprazzi e brevi momenti, non esiste
l’oggettività scientifica nel fornire le notizie. Non esiste né
metodo né capacità per valutare i fatti e quindi riferirli al grande
pubblico, in termini comprensibili, si capisce. Non esiste
contraddittorio. Neanche su grandi temi che coinvolgono l’intero
pianeta. La notizia meteorologica fa “notizia” (e quindi è
remunerativa per chi la divulga) solo se allarma, incute timore,
spaventa.
Ci sono dati incontrovertibili che dimostrino,
senza l’ombra di alcun dubbio, che il pianeta si sta avviando alla
catastrofe? No. Gli studiosi non sono in armonia su alcune teorie e
qui, come avviene in politica, è molto semplice prendere e divulgare
quella che più è utile al proprio interesse, al proprio tornaconto.
Nonostante quindi i dati non siano univoci, è necessario prendere in
considerazione che gli effetti delle attività umane possano avere un
impatto negativo e importante sull’ambiente? Sì. E’ necessario.
Cercare e adoperarsi affinché l’uomo, con le sue opere, non abbia
influenza traumatica per l’ambiente in cui vive è un dovere di
tutti.
Non bisogna trascurare che la gente deve essere
informata in modo obiettivo. Non bisogna “creare notizie” ove queste
non esistono, ove l’evento rientra nel normale avvicendamento
atmosferico stagionale. Dovremo poter valutare, con la nostra testa,
i fatti che un buon divulgatore dovrebbe fornire senza enfatizzarli
e un buon studioso dovrebbe spiegare in modo chiaro.
I dati forniti da apparecchi misuratori sono
vecchi di qualche secolo, una porzione ben piccola di storia
climatica della Terra, e molto radi fino alla metà dell’ottocento
(tuttora vaste zone del pianeta ne sono sprovviste). Il monitoraggio
sul nostro pianeta ha avuto un incremento esponenziale da quelle
prime misurazioni strumentali. Si può quindi mettere a confronto
valori del passato con quelli attuali senza pensare che sussistano
interrogativi metodologici e senza legittimare criteri di paragone?
Gli scienziati si pongono questi problemi, i divulgatori mediatici
no.