Genova        
Numero 22, anno VI        
settembre 2006        

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  di Roberto Pedemonte

Nel secolo dei “Lumi e della Ragione” ci fu un proliferare di invenzioni e scoperte. Gli uomini di scienza misero a disposizione della comunità tutta la loro conoscenza e fantasia per ideare e costruire, o far costruire, strumenti nuovi onde poter indagare, con metodo scientifico, la natura. Molte di quelle apparecchiature, benché affinate e tecnologicamente evolute, sono oggigiorno ancora utilizzate, altre dimenticate.


Marsilio Landriani 1751-1815

Ci è parso interessante rievocare in questo numero, sempre dal periodico genovese “Avvisi Patrii”, la descrizione dettagliata di una nuova “Macchina”, realizzata intorno al 1780 dal lombardo Marsilio Mandriani, per misurare, oltre la quantità della pioggia caduta, la durata della precipitazione liquida: il Cronyometro. Sarà forse per il nome poco comprensibile e/o facilmente confondibile con altri strumenti uno dei motivi per cui questa “Macchina” non ebbe la fortuna sperata dall’inventore e dai redattori dell’articolo dell’epoca, ma sicuramente si noterà la genialità del suo creatore.


L'Eudiometro inventato da Landriani

Marsilio Landriani, nacque a Milano il 1° ottobre 1751 da nobile famiglia e intraprese gli studi scientifici. Nel 1775, pubblicò le “Ricerche fisiche intorno alla salubrità dell'aria”, (ristampato per i tipi di Giunti nel 1995) che rappresentarono il suo primo lavoro scientifico. In quell’opera descrisse un nuovo strumento, l'eudiometro, neologismo da lui ideato per definire lo strumento che era in grado di misurare la salubrità dell’aria; in altre parole la quantità di ossigeno, cioè della parte “più respirabile, salubre e pura”, presente nell'aria. Nel 1776 Landriani fu chiamato a ricoprire la cattedra di fisica sperimentale nel Ginnasio di Brera e nominato socio della Società Patriottica, appena fondata, prima istituzione scientifica milanese divenendone, sei anni dopo, conservatore anziano. Dopo il 1790 Marsilio Landriani si occupò delle possibili applicazioni della chimica rivolta alla spiegazione dei fenomeni elettrici e al perfezionamento di strumenti meteorologici. Tra il 1790 e il 1794 si trasferì a Dresda in missione diplomatica. Morì a Vienna nel 1815, riparatovi a seguito dell'invasione napoleonica dell'Italia settentrionale.

Sebbene il lavoro di Marsilio Landriani sia stato superato dalle nuove tecnologie, ci illustra emblematicamente la grande genialità che contraddistinse gli uomini di scienza di quel secolo e benché lo scienziato sia oggi tra i grandi nomi meno noti del suo secolo, forse anche perché molte delle spiegazioni date sull’analisi chimica dell'aria atmosferica si rivelarono successivamente approssimative o addirittura errate, il suo eudiometro e i suoi strumenti furono usati in tutta Europa da altri studiosi tra i quali il chimico-fisico e filosofo inglese Joseph Priestley e Antoine-Laurent Lavoisier, uno dei padri della chimica moderna. 


Da “Avvisi Patrii” n° 21 del 25 maggio 1793


Il Cronyometro inventato da Marsilio Mandriani.

Il Cav. Marsilio Mandriani ben noto per le sue speculazioni e talenti dimostrati nelle cose fisiche ha inventato una Macchina, che, come leggesi negli Opuscoli di Milano, potrebbe chiamarsi Cronyometro, ossia Misura-tempo della pioggia. Può essa servire altresì a misurarne la quantità; mediante una piccola variazione. Ognun sa che l’aria insalubre, ed irrespirabile è migliorata, e resa respirabile dalle piogge; essendo universale l’osservazione, che l’aria stessa delle paludi, e de’ luoghi più insalubri dopo una dirotta pioggia si può respirare senza timore e pericolo di contrarre una delle malattie conosciute sotto il nome di morbi d’aria cattiva. Nè men l’aria delle risaje ne’ tempi di primavera e d’autunno è perniciosa per la stessa regione. Lo stesso effetto benefico producesi dalle piogge nelle Paludi Pontine, nelle Maremme di Siena ec. E se accada, che passi molto tempo senza piovere le malattie suddette si fanno frequenti: così che per viaggiare a quelle parti convien aspettare, che siano cadute piogge dirotte. Prova di ciò evidentissima, dice l’Autore, io ebbi in una piccola scorsa che io feci nelle Maremme Senesi. Non ebbi prima d’intraprendere un tal viaggio l’avvertenza di domandare se era molto tempo, che in quelle Maremme non era piovuto: trovai l’aria molto viziata ed insalubre. Le malattie putride fatte frequenti, la respirazione poco libera, un certo calor cutaneo, ed un abbattimento straordinario delle forze unito ad un certo senso di peso universale a tutti i muscoli, mi rendevano bastevolmente avvertito dell’insalubrità di quell’aria. Ciò nonostante m’indussi a respirarla percorrendo quelle vallate bonificate dalla Sovrana Munificenza. Quando ecco inaspettato insorge un minaccioso temporale che si scioglie in una dirottissima e rovinosa pioggia; la quale, sebbene non durasse che per brevissim’ora, pure talmente fu sensibile l’effetto della di lei benefica influenza, che dissipato il calor cutaneo, resa libera e facile la respirazione, e ritornato il vigore ai muscoli, mi trovai come rinnovato; e l’eudiometro che aveva meco dimostrommi che quella pioggia era bastata a migliorare l’aria di quelle vallate.

Posto ciò non deve sembrar cotanto irragionevole la nostra consuetudine di scegliere il piovoso autunno a preferenza d’ogni altra più amena stagione per villeggiare; perché se le nostre case di campagna fossero tutte in luoghi di aria costantemente in ogni stagione salubre, saremmo ben poco avveduti se all’amenità delle altre stagioni preferissimo l’incostanza dell’autunno, ma siccome buona parte delle nostre villeggiature sono situate in luoghi, ne’ quali nella state ed anche nella primavera, per le particolari circostanze delle acque e pel genere della coltivazione, l’aria non è molto sana, si è convenuto di passare nelle campagne quella stagione in cui l’aria per la frequenza delle piogge è dappertutto di un’uniforme salubrità.


Manifesto sulle: Ricerche fisiche intorno alla salubrità dell'aria.
Biblioteca Lazzerini - Prato

Avendo dunque le piogge una tanto diretta influenza sulla salubrità dell’aria, nessuna vi sarà, che giudicar possa come sterile ed inutile curiosità il determinare la durata delle piogge per mezzo di una macchina ben fatta: giacchè, se non è impossibile, è almeno sommamente incomodo e difficile il tener conto, massima di notte, della durata della pioggia per mezzo dell’orologio.

Se la pioggia fosse sempre uniforme, la quantità dell’acqua piovuta darebbe la quantità del tempo in cui è durata la pioggia; ma siccome la pioggia ora è placida, ora è dirotta e rovinosa, per estimare la durata della medesima è necessario di fare in modo che in un luogo dato, tanto quando piove adagio, come quando piove fortemente, la pioggia sia sempre uniforme ed eguale. Ciò si ottiene situando sul colmo di un tetto un ampio vaso di rame, terminante in un cono acciocché l’acqua tutta si raccolga nel fondo. Questo vaso è sostenuto da quattro grossi bastoni di ferro che lo tengono sollevato dal tetto. Nel fondo conico di questo vaso è situato un sifone di rame, la curvatura del quale si solleva dal fondo del vaso di circa otto in dieci linee. Il braccio più lungo di questo sifone passa pel tetto, e per la soffitta, o volta nella sottoposta stanza, ed entra in un vaso, ove l’acqua si raccoglie. Lateralmente a questo sifone sono saldati due tubi aperti di rame, il lembo de’ quali, per la parte per cui entrano nel vaso sopravanza di circa due linee la curvatura del sifone. Il diametro di questi due tubi è di circa un pollice e mezzo. L’offizio di questi è di non permettere mai che l’acque nel fondo del vaso s’innalzi più di due linee circa al disopra della curvatura del sifone, perché arrivata al disopra del livello del lembo delle aperture di questi due tubi, per quelli esce e si scarica sul tetto in modo che, tanto quando piove placidamente, come quando la pioggia è dirotta e rovinosa, il flusso del sifone è sempre equanime e uniforme; poiché l’acqua nel fondo conico del vaso è in ogni circostanza di pioggia ad un’altezza sempre costante, per cui il flusso del sifone deve necessariamente essere uniforme ed equabile. Perlocchè determinando una volta per sempre la quantità dell’acqua efflussa dal sifone, per es. nello spazio di un’ora, si può facilmente dalla quantità cadutane nel vaso entro la stanza, col quale come dicemmo, comunica il sifone, trovare la durata della pioggia. Se questo vaso sarà di una figura cilindrica, o quadrata si potrà facilmente per mezzo di una scala annessavi misurare la quantità dell’acqua cadutavi, e da questa la durata della pioggia, dividendo l’altezza del vaso in varie parti eguali, ciascuna delle quali equivalga all’acqua che cade in un’ora; e suddividendo ciascuno di questi spazj rappresentanti un’ora, in un dato numero di parti eguali le quali rappresenteranno le divisioni di un’ora ecc.

Il vaso di cui mi servo è un cilindro cavo di latta inverniciata, lateralmente al quale evvi saldato un tubolo di latta, in cui è inserita una canna comunicante di cristallo parallela al vaso stesso acciò si possa conoscere l’elevazione dell’acqua caduta nel vaso e da questa il tempo della durata della pioggia.
 

 

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