Genova        
Numero 24, anno VII        
aprile 2007        

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  di Roberto Pedemonte


Giuseppe Saverio Poli.
Liborio Romano: olio su tela

Mantenendo puntata, anche per questo numero, la nostra attenzione sulle Aurore Boreali, riscopriamo le considerazioni che Giuseppe Saverio Poli, dopo aver assistito direttamente ad un tale fenomeno, esprime in merito alle apparizioni delle aurore boreali e l’accadimento di tempeste nelle ore successive a quel evento.

Tali “Congetture” fanno seguito alla lettera scritta il 12 agosto 1772 da Isaac L. Winn, Comandante della Marina Britannica, a Benjamin Franklin, nella quale sono annotate alcune constatazioni riferite a eventi tempestosi che hanno fatto seguito al verificarsi di episodi di aurora boreale, durante la navigazione nel Canale della Manica nel 1769. Come vedremo, anche Poli concorda con quelle asserzioni.

Giuseppe Saverio Poli nacque a Molfetta il 26 ottobre 1746 e, dopo aver studiato presso i Gesuiti, si iscrisse alla facoltà di Medicina presso l’Università di Padova. Dall’età di 24 anni si stabilì a Napoli, dove insegnò Storia e Geografia presso l’Accademia Militare. Ottenuta la fiducia di Ferdinando Re di Borbone, il quale gli diede anche il compito di istitutore per il Principe Ereditario Francesco, indossò l’uniforme militare con il grado di luogotenente e iniziò a interessarsi delle scienze della natura, acquistando apparecchi fisici per l’Accademia. Nella sua vita incontrò e strinse rapporti, non solo professionali, con i più rinomati scienziati d’Europa. Sua fu la pubblicazione intitolata “Formazione del tuono, della folgore e di altre meteore". Nel 1787 scrisse gli "Elementi della fisica sperimentale" che, nel 1822, a tre anni dalla sua morte avvenuta il 7 aprile 1825 all’età di 79 anni, dopo varie ristampe, diede alle stampe in una nuova edizione, in cinque volumi, arricchita delle nuove scoperte e delle nuove teorie. Nel 1791 pubblicò le sue memorie, concernenti l'elettricità, il magnetismo e le sue applicazioni mediche
 

Buona lettura.


Da “Avvisi Patrii” n° LXXII del 15 Agosto 1778


Chromolitografia di Aurora Boreale verificatesi a Port Foulke in Groenlandia il 6 gennaio 1861
Fonte:Wikimedia Commons

Del Signor Giuseppe Saverio Poli Professore di Geografia, e storia militare nella R. Accademia del Battaglione R. Ferdinando di Napoli

 

Fra le molte scoperte fattesi in questo Secolo, un luogo distinto per la sua utilità può meritare quella del Sig. Winn; che ha fornito ai Naviganti un indizio certissimo, onde predire in alcune occasioni una futura burrasca, e quindi cercare di porsene in salvo. Sì fatto indizio è l’Aurora Boreale, che egli ha trovato in ventitré differenti osservazioni costantemente uniformi nel fatto, venir sempre seguita da venti del Sud, ovvero del Sud-Sud-Ovest, produttori poi di una fiera tempesta (a). Or mi do il piacere di poter aggiungere una mia osservazione alle 23. sopraccennate del Sig. Winn, e che servir può di ulteriore conferma alla sua verace assertiva soggiungendo nel tempo stesso una breve spiegazione di un tal fenomeno.

Nel giorno 3. Dicembre 1777, essendosi a noi renduta visibile una vaga Aurora Boreale, volli tosto valermi di tale occasione per verificare il ritrovato del Sig. Winn, ed ecco il risultato delle mie osservazioni.


Parte del testo della lettera di Winn a Franklin

La comparsa dell’aurora boreale avvenne verso le ore sette della notte del 3., nel qual tempo l’altezza del mercurio nel Barometro segnava pollici 29. ed 8. linee (b)  [1004.7 hPa N.d.R.]. In tutta la giornata seguente videsi l’aria piovosa col soffiar del vento Sud-Sud-Est, il quale continuò costantemente fino alla sera del giorno e piovigginò nel mattino, allorché il mercurio nel Barometro era asceso all’altezza di 29. pollici, e 6. linee [999.1 hPa N.d.R.]: ma avvicinatesi appena le ore sette della notte (ora corrispondente a quella, in cui nella notte del giorno 3 comparve, siccome ho detto, l’aurora boreale) incominciò a spirare il vento Sud-Sud-Ovest il quale giusta le osservazioni del citato Autore, esser dovea il preludio della futura tempesta. Così di fatti addivenne conciossiaché dopo il tratto di due ore, e propriamente in sull’avvicinarsi dell’ora nona, mentreché il mercurio nel Barometro ritrovatasi all’altezza di pollici 29., e linee 5., e mezza [997.6 hPa N.d.R.] , sopravvenne, soffiando con somma violenza, il medesimo vento, una fierissima burrasca, e tale, che i nostri piloti volendola caratterizzare, l’hanno enfaticamente denominata tremuoto di mare. I bastimenti di varie nazioni, che si vennero a ricovrare nel Golfo di Baja, oltrepassarono il numero di cento: il freddo, che l’accompagnò, fu molto sensibile; e la pioggia fu continua. L’impeto del vento anche quì in Città fu violento a segno, che scosse orribilmente,e portò via alcune invetriate in casa di persona mia conoscente. Proseguì la burrasca così furibonda fino all’ora una del seguente mattino; dal qual tempo in poi andò abbonacciandosi di mano in mano fino al far del giorno; talmente ché dopo il levar del Sole cessando il vento già detto, incominciò a spirare dall’Ovest-Sud-ovest per quasi due giorni consecutivi: al medesimo poi sono succeduti venti variabili, i quali soffiavano ora dal Sud, ora dall’Est-Sud-Est, ed ora dal Nord-Est, accompagnati sempre da tempo navigabile.

Ora io avrei considerato, che il Sig. Winn avesse determinato partitamene in tutti i 23 casi da esso osservati (siccome ha fatto in soli due) sì la forza, e la vivacità dell’aurore boreali, che l’impero del vento, e della procella ad esse seguita, come ancora gl’intervalli di tempo frapposti tra il comparir di quelle, e il sopravvenire della burrasca; conciossiaché paragonando cotesti dati con tutti quegli altri, che dopo di lui sarebbonsi potuto osservare, assai più presto, e con maggiore facilità, ed esattezza sarebbesi in istato di rilevare la verità del suo sospetto; cioè a dire, che l’impeto del vento sia proporzionato alla vivacità dell’aurore, e che quanto maggiore si è la vivacità medesima, altrettanto più prontamente cominci il soffiar del vento, la cui durata è poi corrispondente alla sua prontezza, e gagliardìa. Ragionando sul caso da me riferito, sembra che sì fatte particolarità quantunque si possano in buona parte insiem conciliare, non si accordino poi tutte appuntino. Nel caso da lui osservato nel canal d’Inghilterra nel 1769, l’aurora fu molto sfolgorante, e vivace, la burrasca seguì pria che scorse fossero ventiquattro ore, ed ebbe la durata di circa ore otto; nel caso da me divisato la vivacità dell’aurora fu mediocremente considerevole, e la procella succedé dopo l’intervallo di quarantotto ore; queste circostanze quantunque si accordino in buona parte colle sue, non sono però esattamente corrispondenti, ed in particolare in ciò, che riguarda l’impeto della procella. Quanto giovar potrebbero ad assodare un tal puntole diligenti osservazioni di que’ Piloti, che praticavano sovente l’Oceano Settentrionale, e quindi la collazione de’ differenti risultati da esse! Profittevol cosa sarebbe, specialmente per esso loro, che di un tal fatto, il quale sembra finora sufficientemente contestato dalle osservazioni, determinar si potessero nel tempo medesimo le varie circostanze, che l’accompagnano.


Chromolitografia di Aurora Boreale verificatesi nell'isola di Skye in Scozia l'11 settembre 1874
Fonte:Wikimedia Commons

Per ciò che riguarda la spiegazione del fatto, di cui si ragiona, a me sembra, se mal non suppongo, potersi appoggiare sulla natura, e sulla qualità dei fenomeni, che li compongono. Sembra in oggi bastantemente provato (ed io ne ragiono a sufficienza nel capitolo IV. delle mie Riflessioni intorno agli effetti di alcuni Fulmini (c), che la formazione dell’aurora boreale attribuir si debba al fuoco elettrico, il quale diffondendosi dolcemente per entro all’aria alquanto rarefatta di quella porzion d’atmosfera, in cui sa esso la sua vaga appariscenza, rende in se un bellissimo, e variato spettacolo. Indizj non dubbj della ragionevolezza di una conghiettura a me sembra, che sieno le seguenti osservazioni. I. Il potersi produrre ad arte col mezzo dell’ordinario elettricismo le aurore boreali con imitarne ben anche le continue diffusioni, ed i reiterati getti di luce (d) II. La variazione sensibilissima, che le naturali aurore han per costume d’indurre negli aghi calamitati, siccome ebber la sorte di osservarne Celsio in Upsal, Hiorter in Holmia, e Graham in Londra fenomeno che non altrimenti succede per virtù delle fulgori, od anche in forza di un elettrico torrente, da cui facciansi gli aghi suddetti, quand’altri voglia, ad arte attraversare. 3. la virtù elettrica, che esse diffondono sulle punte metalliche, qual ora collocate queste dentro a tubi di vetro, tengansi difese dall’azione dell’aria esteriore. 4. finalmente il continuo, e vivace scoppiettio, da cui esser sogliono accompagnate, e che sentitosi da coloro, che le hanno riguardate da vicino, si rapporta del tutto somigliante allo scoppio originato dall’elettriche scintille. Alle quali cose puossi aggiunger ben anche la rarità somma di quella luce, onde vengono costruite le aurore boreali; dimodoché attraverso la medesima nulla perdono i raggi più deboli degli astri; ma facendosi strada molto liberamente per entro ad essa (e) fanno agevolmente ravvisare ancora le stelle della minima grandezza. Ora una proprietà così fatta, ch’è uno de’ segni caratteristici per poter distinguere la boreale Aurora da qualunque altro fenomeno somigliante, oltre la competere, oltre al competere a pelo al fuoco elettrico, fa benanche vedere a chiaro lume non esser formata la boreale Aurora dalle ordinarie, grossolane esalazioni, siccome quelle, che impedirebbero senza verun dubbio il libero passaggio della luce atraverso di esse.

Ciò posto non avrassi alcuna difficoltà in supporre, che il fuoco elettrico già detto induca un considerevole accrescimento di rarefazione di quel vasto spazio d’atmosfera, entro a cui si diffonde; ed in conseguenza, che ne disturbi molto sensibilmente l’equilibrio; il quale turbamento poi forz’è, che sia maggiore a proporzione della maggior quantità, ed azione del fuoco elettrico, che val quanto a dire, a proporzione che più vivace, e più sfolgorante si addimostra l’aurora boreale. Da ciò dee seguire, che l’aria più densa movendosi dall’opposta parte, correrà verso il Nord, giusta le note leggi. A restituir l’equilibrio; ed il suo corso sarà tanto più rapido, e più veemente, quanto più grande sarà la mentovata rarefazione; corrispondentemente alla cui quantità uopo è, che scorra eziandio maggiore, o minore intervallo di tempo innanzi che rendasi sensibile a sufficienza l’agitazione, e la correntia dell’aria, che tende con forza a restituir l’equilibrio già detto. Seguiranno inoltre, che l’equilibrio medesimo rimetterassi tanto più prontamente, quanto sarà maggiore la velocità, con cui l’aria più densa farassi strada infino al sito del suo accennato turbamento. Ecco dunque l’origine dello spirare del vento dal Sud, oppure dal Sud-Sud-Ovest dopo le aurore boreali: ecco perché il suo impeto esser suole corrispondente alla vivacità delle aurore; ecco anche il motivo, per cui l’intervallo di tempo, che si frappone tra la comparsa dell’aurora, e il soffiar del vento, serba della corrispondenza colla qualità del fulgore di quella, ed ecco finalmente donde avviene, che la durata del vento medesimo scorgesi proporzionata al suo impeto, e alla sua gagliadìa.

E poiché esse vi possono nell’atmosfera disposizioni tali, che vagliano ad impedire, oppure ad alterare in qualche modo il nascimento di coteste particolarità concomitanti, ognun comprende benissimo donde mai può aver tratta l’origin sua la picciola varietà, da me riferita di sopra, tra il risultato delle mie osservazioni, e quelle del Sig. Winn; il quale divario per altro nulla deroga alla verità, ed alla costanza del fatto divisato.


Note

(a) Veggasi la lettera del Signor Winn al Dot. Franklin nel vol. 30. Scelta d’Opusc. Interef.

(b) I pollici qui nominati sono del pié d’Inghilterra, avendo ricavate sì fatte misure dal Giornale Meteorologico del Signor D. Giovanni Vivenzio, Medico di Camera di S. M. il quale fa uso di un eccellente barometro costruito a Londra da Ramsden, in cui oltre al nonio ordinario, evvi un nonio proporzionale, fra mezzo al barometro, e ad un termometro, che gli è a lato, destinato a correggere le alterazioni cagionate dal caldo, e dal freddo nell’altezza del Mercurio del barometro medesimo. L’aut.

(c) Si stamparono in Napoli nel 1773. in 8°. Presso Donato Campi.

(d) Produconsi queste entro a tubi, ovvero bottiglie di vetro e differenti grandezze. La più bella però, ch’io abbia giammai veduta si è quella, che si produce dentro un gran tubo di cristallo della lunghezza di 16. pollici [40.6 cm N.d.R.], e del diametro di pollici 2. e mezzo [6.4 cm N.d.R.] armato in una estremità di una punta metallica, che sporge al di dentro, e nell’estremità opposta di una palla similmente di metallo. Quando il medesimo sia già elettrizzato col mezzo della macchina, e cosa da rimaner dolcemente sorpreso lo scorgere al buio i vaghissimi, e continuati getti di luce, ch’entro al vuoto del tubo si diffondono. Uno dei cotesti tubi vien posseduto dal già nominato D. Giovanni Vivenzio, che in virtù di un fino gusto, accompagnato da sode cognizioni anche in tal sorta di materie, si è provveduto di più macchine esatte, ed eccellenti, costruite in Inghilterra, e’l cui numero si va tuttogiorno aumentando mercì di nuovi, e pregevolissimi acquisti. L’aut.

(e) Veggansi su ciò le memorie de’ Sigg. Meyer e Poleni; l’una inserita nel tom. 1. de’ Comment. dell’Accad. Imp. delle Scienze di Pietroburgo pag. 336 e lpaltra nel tom. 8. pag. 398. edizione di Bologna L’aut.

 

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