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Genova        
Numero 24, anno VII        
aprile 2007        

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     di: Achille Pennellatore
 

PREMESSA

Questo è un articolo che uscì qualche anno fa in un giornalino di Portosole, mi pare nei primi anni ’90, dopo prolungate e preoccupanti siccità invernali, e fu distribuito qui a Sanremo e a tutti i clienti del porto dove lavoro, riscuotendo molto interesse.
Ora, l’ho adattato ai giorni nostri, giacché ho notato parecchie analogie con quel periodo arido.
Ricordo che sono considerazioni del tutto personali, venute alla luce dopo molti casi in cui ho notato dei cambiamenti del clima locale di Sanremo, desunte dalle vecchie (degli altri Osservatori che si sono succeduti negli ultimi 150 anni) e nuove osservazioni (nuove di Portosele), ma mi pare che il cambiamento si possa notare su scala globale.

EL NIÑO E LA NIÑA

Ormai da qualche tempo si è puntato l'occhio su di un fenomeno meteo-oceanografico denominato El Niño, di cui però ultimamente si parla poco. Esso è dovuto a una caduta e addirittura temporanee inversioni di direzione di provenienza degli Alisei, che genera un anormale surriscaldamento della superficie marina davanti alle coste del versante pacifico dell'America del Sud.

Di questo abbiamo già senz'altro sentito parlare, anche se poco, nei documentari televisivi, o letto nelle numerose pubblicazioni scientifiche, soprattutto riguardo ai danni economici per quei paesi, Cile e Perù, che si sono visti diminuire i proventi della pesca dell'acciuga.


Fonte: University of Southern California

I climatologi ora puntano il dito sul fenomeno opposto, di cui si parla ancora meno, ovvero un forte raffreddamento della superficie dell'Oceano Pacifico equatoriale dovuto con tutta probabilità a un rinforzo degli Alisei da Sud-Est, capace, forse, di determinare modifiche del tempo anche sulla regione mediterranea, sotto forma di casi di siccità ricorrente nei mesi invernali. Non perché le femministe abbiano protestato, ma a questo nuovo e per noi inquietante fenomeno, è stato dato il nome La Niña, proprio perché si tratta dell'effetto opposto.

Dicevo prima che questo nuovo fenomeno, pare, possa avere ripercussioni planetarie, e quindi sull'Europa Mediterranea, scatenando intense siccità, ricordiamo senz'altro quella dell'inverno ‘88/’89, oppure quella dell’inverno successivo, denominata dei cento giorni. In questo periodo, almeno mentre sto scrivendo, se non sono sei mesi di siccità o quasi, poco ci manca e, dati di piovosità alla mano, negli inverni degli ultimi venticinque anni circa, a parte qualche sporadica annata, le ricorrenti siccità da gennaio in poi e fino ad aprile, non si può dire che abbiano scherzato; basta guardare le medie di piovosità per rendercene conto. Da alcuni anni, ci si è messo pure l’autunno, stagione che per noi era piovosa per antonomasia, a essere spilorcio di pioggia.

Cerchiamo di comprendere quali possono essere i meccanismi che permettono alla macchina del tempo, dal lontanissimo Oceano Pacifico, di interferire col nostro clima.

Il clima e il tempo del Mediterraneo, in tempi normali, era (purtroppo devo usare l'imperfetto, ma non ancora il passato remoto per fortuna) determinato in positivo o in negativo dall'anticiclone delle Azzorre. Più si ritirava in Atlantico e più il tempo era normalmente piovoso sulle nostre zone. Quando si espandeva verso il Mediterraneo, al contrario, ci assicurava tempo bello stabile e assenza di precipitazioni.

Di norma in inverno questo gran centro d'azione, si disponeva nella sua sede oceanica da cui prende il nome e si manteneva a latitudini abbastanza basse, permettendo alle perturbazioni piovose atlantiche di penetrare direttamente nel Mediterraneo oppure inviare masse d'aria fredda capaci di costruirne in loco.

In estate invece quest’anticiclone saliva di latitudine e soprattutto si espandeva verso est proteggendo col suo mantello tutto il Mediterraneo centro-occidentale, apportando la vera estate.

Il meccanismo è questo: l'espansione estiva verso Nord-Est dell'anticiclone delle Azzorre, è una conseguenza della diminuzione della differenza di temperatura (gradiente termico) fra le più calde zone tropicali a Sud delle Azzorre e a Nord, quelle più fredde delle latitudini alte. Avrà molta importanza in questa sede tale suddivisione geografica immaginaria, che da adesso in poi, per comodità di chi scrive e di chi legge, chiameremo Sud/Nord Azzorre».

Invece in inverno questa differenza di temperatura Sud/Nord Azzorre» è più accentuata, ovvero sì dice che maggiore è il gradiente termico e così l'anticiclone si ritira verso Sud-Ovest.

In poche parole si ha l'anticiclone delle Azzorre lontano dalle nostre zone se le differenze di temperatura Sud/Nord Azzorre» sono notevoli, mentre sarà più vicino o meglio, sulle nostre zone se queste differenze sono minori.

Appurato questo, facciamo una considerazione: nei terribili inverni secchi fra il 1988 e il 1990, è stato constatato dagli scienziati che La Niña ha causato, oltre a un forte raffreddamento della superficie oceanica, anche ovviamente un marcato raffreddamento dell'aria a contatto con la suddetta superficie. I movimenti naturali dell'atmosfera hanno poi trasportato (sarebbe più appropriato dire propagato) questo raffreddamento a tutte le basse latitudini. È evidente che questa diminuzione di temperatura alle basse latitudini, valori notevolmente sotto di quelli normali, ha determinato una diminuzione del gradiente termico «Sud/Nord Azzorre».

Non bastasse, è stato osservato che tale massa d'aria raffreddata si è curiosamente e capricciosamente disposta un po' inclinata da Sud-Ovest verso Nord-Est, favorendo l'avvezione (trasporto) dinamica d’aria mite oceanica verso latitudini alte. Si è venuto così a creare un duplice indebolimento del gradiente termico Sud/Nord Azzorre, con ulteriore raffreddamento a Sud e ulteriore riscaldamento a Nord.

Marchio di fabbrica di questi anomali spostamenti invernali verso il Mediterraneo dell'anticiclone delle Azzorre, è innanzitutto la posizione allungata, quasi a pesce, con l'asse principale sui paralleli, tipica dell'estate quasi a scoraggiare qualsiasi tentativo delle perturbazioni di penetrarvi.

Altra caratteristica il valore di pressione molto alto, fino a 1050 hPa in quei due inverni presi in considerazione e anche quest'anno mi pare non si è scherzato, in quanto a valore. In contrapposizione a questi potenti anticicloni, la depressione d'Islanda ha presentato valori molto bassi, in quest'ultimo inverno mi pare sia arrivata intorno ai 944 hPa all’inizio di gennaio.

Potrebbe essere questo il motivo che alle siccità invernali che hanno colpito l'Italia e un po' tutte le regioni mediterranee, hanno contrapposto in Germania, Inghilterra, Nord della Francia, Olanda e Belgio, un vero e proprio assalto da parte delle incattivite perturbazioni che a Sud non potevano sfogarsi, con piogge torrenziali e venti a tratti della forza dell'uragano.

Guarda caso quello che successe nei due inverni '88/'89 e '89/'90 e in maniera minore negli altri ultimi inverni. Mi ricorderò sempre un filmato televisivo inglese di anni fa, in cui si vedeva un campanile prelevato e capovolto dal vento dalla sua sede naturale e conficcato nel tetto della chiesa.

Cercare ora i motivi di questi squilibri che si stanno manifestando nella circolazione generale dell'atmosfera, mi sembra presuntuoso. Al contrario, mi sembra giusto fare delle ipotesi e discuterne, e a questo proposito gli ultimi seminari organizzati dall'Organizzazione Meteorologica Mondiale (OMM) sono stati interessanti e molto utili, ma inascoltati da chi invece per interesse ha mostrato orecchie da mercante. Protocollo di Kioto su tutti. Lasciamo perdere questa divagazione poiché mi porterebbe a sconfinare in argomenti che esulano dal clima e la meteorologia e puzzano sempre più di marcia politica.

Molti ci chiedono dell'effetto-serra da inquinamento, del buco di ozono, dell'avvicendamento di piccole e grandi ere glaciali, del disboscamento incontrollato, altri addirittura si ricordano degli incendi ai pozzi petroliferi appiccati ai tempi della guerra del golfo da Saddam Hussein, poi delle grandi esplosioni dei vulcani Pinatubo e Sant'Elena, ecc. ecc.

Una cosa è certa e inequivocabile: sempre scorrendo gli annali meteorologici degli ultimi anni, non si può non notare una tendenza a un inasprimento degli estremi a scala globale di quasi tutti i parametri del clima, come siccità contrapposte ad alluvioni, strane successioni di ondate di caldo in certe zone oppure di ondate di freddo e neve in altre in cui è rara vederla (ultimo caso delle due giornate di neve sulla Costa Azzurra l’anno scorso oppure le grandi quantità di piogge e neve sulle regioni meridionali italiane), o anche dall'apparente minore importanza, come la foschia o la nebbia in zone che non ne avevano mai viste. Gli scienziati, primi fra tutti i climatologi, stanno lavorando sodo per darci una risposta precisa, sperando che arrivi prima che la malattia del pianeta sia irreversibile.

Troppi sono i sintomi di un cambiamento in atto del clima, e visto che per il momento non presento ancora un encefalogramma piatto, consultando le medie di temperatura e piovosità dell’ultimo anno trascorso, non posso fare a meno di dire che sono piuttosto preoccupato del futuro, se entro poco tempo non si vedrà qualche segno tangibile di volontà di migliorare l'ambiente. Secondo la mia opinione non tutto è perduto; ci vorrà tempo a invertire la tendenza, ma l’ultimo treno non è ancora passato. Bisogna prenderlo a tutti i costi.

Qualche grande popolo, troppo viziato della terra deve togliersi dalla testa di avere in casa, d’estate 10° con i condizionatori a manetta, e 30° d’inverno avvelenando direttamente o indirettamente l’atmosfera. 20° in casa d’estate e d’inverno sarebbero già un grande risparmio energetico e un passo avanti per la salvaguardia del nostro amato pianeta.

Facciamoli lavorare in pace i climatologi, bisogna incoraggiarli, possibilmente senza intrusioni interessate del mondo politico e se proprio vuole, questo mondo politico, si attenga al Protocollo di Kioto. Possibilmente intervengano con aiuti concreti per poter fare andare avanti negli esperimenti e negli studi gli scienziati.