Questo è un articolo che uscì qualche anno fa in
un giornalino di Portosole, mi pare nei primi anni ’90, dopo
prolungate e preoccupanti siccità invernali, e fu distribuito qui a
Sanremo e a tutti i clienti del porto dove lavoro, riscuotendo molto interesse.
Ora, l’ho adattato ai giorni nostri, giacché ho notato parecchie
analogie con quel periodo arido.
Ricordo che sono considerazioni del tutto personali, venute alla
luce dopo molti casi in cui ho notato dei cambiamenti del clima
locale di Sanremo, desunte dalle vecchie (degli altri Osservatori
che si sono succeduti negli ultimi 150 anni) e nuove osservazioni
(nuove di Portosele), ma mi pare che il cambiamento si possa notare
su scala globale.
EL NIÑO E LA NIÑA
Ormai da qualche tempo si è puntato l'occhio su
di un fenomeno meteo-oceanografico denominato El Niño, di cui però
ultimamente si parla poco. Esso è dovuto a una caduta e addirittura
temporanee inversioni di direzione di provenienza degli Alisei, che
genera un anormale surriscaldamento della superficie marina davanti
alle coste del versante pacifico dell'America del Sud.
Di questo abbiamo già senz'altro sentito parlare,
anche se poco, nei documentari televisivi, o letto nelle numerose
pubblicazioni scientifiche, soprattutto riguardo ai danni economici
per quei paesi, Cile e Perù, che si sono visti diminuire i proventi
della pesca dell'acciuga.
Fonte: University of Southern California
I climatologi ora puntano il dito sul fenomeno
opposto, di cui si parla ancora meno, ovvero un forte raffreddamento
della superficie dell'Oceano Pacifico equatoriale dovuto con tutta
probabilità a un rinforzo degli Alisei da Sud-Est, capace, forse, di
determinare modifiche del tempo anche sulla regione mediterranea,
sotto forma di casi di siccità ricorrente nei mesi invernali. Non
perché le femministe abbiano protestato, ma a questo nuovo e per noi
inquietante fenomeno, è stato dato il nome La Niña, proprio perché
si tratta dell'effetto opposto.
Dicevo prima che questo nuovo fenomeno, pare,
possa avere ripercussioni planetarie, e quindi sull'Europa
Mediterranea, scatenando intense siccità, ricordiamo senz'altro
quella dell'inverno ‘88/’89, oppure quella dell’inverno successivo,
denominata dei cento giorni. In questo periodo, almeno mentre sto
scrivendo, se non sono sei mesi di siccità o quasi, poco ci manca e,
dati di piovosità alla mano, negli inverni degli ultimi venticinque
anni circa, a parte qualche sporadica annata, le ricorrenti siccità
da gennaio in poi e fino ad aprile, non si può dire che abbiano
scherzato; basta guardare le medie di piovosità per rendercene
conto. Da alcuni anni, ci si è messo pure l’autunno, stagione che
per noi era piovosa per antonomasia, a essere spilorcio di pioggia.
Cerchiamo di comprendere quali possono essere i
meccanismi che permettono alla macchina del tempo, dal lontanissimo
Oceano Pacifico, di interferire col nostro clima.
Il clima e il tempo del Mediterraneo, in tempi
normali, era (purtroppo devo usare l'imperfetto, ma non ancora il
passato remoto per fortuna) determinato in positivo o in negativo
dall'anticiclone delle Azzorre. Più si ritirava in Atlantico e più
il tempo era normalmente piovoso sulle nostre zone. Quando si
espandeva verso il Mediterraneo, al contrario, ci assicurava tempo
bello stabile e assenza di precipitazioni.
Di norma in inverno questo gran centro d'azione,
si disponeva nella sua sede oceanica da cui prende il nome e si
manteneva a latitudini abbastanza basse, permettendo alle
perturbazioni piovose atlantiche di penetrare direttamente nel
Mediterraneo oppure inviare masse d'aria fredda capaci di costruirne
in loco.
In estate invece quest’anticiclone saliva di
latitudine e soprattutto si espandeva verso est proteggendo col suo
mantello tutto il Mediterraneo centro-occidentale, apportando la
vera estate.
Il meccanismo è questo: l'espansione estiva verso
Nord-Est dell'anticiclone delle Azzorre, è una conseguenza della
diminuzione della differenza di temperatura (gradiente termico) fra
le più calde zone tropicali a Sud delle Azzorre e a Nord, quelle più
fredde delle latitudini alte. Avrà molta importanza in questa sede
tale suddivisione geografica immaginaria, che da adesso in poi, per
comodità di chi scrive e di chi legge, chiameremo Sud/Nord Azzorre».
Invece in inverno questa differenza di
temperatura Sud/Nord Azzorre» è più accentuata, ovvero sì dice che
maggiore è il gradiente termico e così l'anticiclone si ritira verso
Sud-Ovest.
In poche parole si ha l'anticiclone delle Azzorre
lontano dalle nostre zone se le differenze di temperatura Sud/Nord
Azzorre» sono notevoli, mentre sarà più vicino o meglio, sulle
nostre zone se queste differenze sono minori.
Appurato questo, facciamo una considerazione: nei
terribili inverni secchi fra il 1988 e il 1990, è stato constatato
dagli scienziati che La Niña ha causato, oltre a un forte
raffreddamento della superficie oceanica, anche ovviamente un
marcato raffreddamento dell'aria a contatto con la suddetta
superficie. I movimenti naturali dell'atmosfera hanno poi
trasportato (sarebbe più appropriato dire propagato) questo
raffreddamento a tutte le basse latitudini. È evidente che questa
diminuzione di temperatura alle basse latitudini, valori
notevolmente sotto di quelli normali, ha determinato una diminuzione
del gradiente termico «Sud/Nord Azzorre».
Non bastasse, è stato osservato che tale massa
d'aria raffreddata si è curiosamente e capricciosamente disposta un
po' inclinata da Sud-Ovest verso Nord-Est, favorendo l'avvezione
(trasporto) dinamica d’aria mite oceanica verso latitudini alte. Si
è venuto così a creare un duplice indebolimento del gradiente
termico Sud/Nord Azzorre, con ulteriore raffreddamento a Sud e
ulteriore riscaldamento a Nord.
Marchio di fabbrica di questi anomali spostamenti
invernali verso il Mediterraneo dell'anticiclone delle Azzorre, è
innanzitutto la posizione allungata, quasi a pesce, con l'asse
principale sui paralleli, tipica dell'estate quasi a scoraggiare
qualsiasi tentativo delle perturbazioni di penetrarvi.
Altra caratteristica il valore di pressione molto
alto, fino a 1050 hPa in quei due inverni presi in considerazione e
anche quest'anno mi pare non si è scherzato, in quanto a valore. In
contrapposizione a questi potenti anticicloni, la depressione
d'Islanda ha presentato valori molto bassi, in quest'ultimo inverno
mi pare sia arrivata intorno ai 944 hPa all’inizio di gennaio.
Potrebbe essere questo il motivo che alle siccità
invernali che hanno colpito l'Italia e un po' tutte le regioni
mediterranee, hanno contrapposto in Germania, Inghilterra, Nord
della Francia, Olanda e Belgio, un vero e proprio assalto da parte
delle incattivite perturbazioni che a Sud non potevano sfogarsi, con
piogge torrenziali e venti a tratti della forza dell'uragano.
Guarda caso quello che successe nei due inverni
'88/'89 e '89/'90 e in maniera minore negli altri ultimi inverni. Mi
ricorderò sempre un filmato televisivo inglese di anni fa, in cui si
vedeva un campanile prelevato e capovolto dal vento dalla sua sede
naturale e conficcato nel tetto della chiesa.
Cercare ora i motivi di questi squilibri che si
stanno manifestando nella circolazione generale dell'atmosfera, mi
sembra presuntuoso. Al contrario, mi sembra giusto fare delle
ipotesi e discuterne, e a questo proposito gli ultimi seminari
organizzati dall'Organizzazione Meteorologica Mondiale (OMM) sono
stati interessanti e molto utili, ma inascoltati da chi invece per
interesse ha mostrato orecchie da mercante. Protocollo di Kioto su
tutti. Lasciamo perdere questa divagazione poiché mi porterebbe a
sconfinare in argomenti che esulano dal clima e la meteorologia e
puzzano sempre più di marcia politica.
Molti ci chiedono dell'effetto-serra da
inquinamento, del buco di ozono, dell'avvicendamento di piccole e
grandi ere glaciali, del disboscamento incontrollato, altri
addirittura si ricordano degli incendi ai pozzi petroliferi
appiccati ai tempi della guerra del golfo da Saddam Hussein, poi
delle grandi esplosioni dei vulcani Pinatubo e Sant'Elena, ecc. ecc.
Una cosa è certa e inequivocabile: sempre
scorrendo gli annali meteorologici degli ultimi anni, non si può non
notare una tendenza a un inasprimento degli estremi a scala globale
di quasi tutti i parametri del clima, come siccità contrapposte ad
alluvioni, strane successioni di ondate di caldo in certe zone
oppure di ondate di freddo e neve in altre in cui è rara vederla
(ultimo caso delle due giornate di neve sulla Costa Azzurra l’anno
scorso oppure le grandi quantità di piogge e neve sulle regioni
meridionali italiane), o anche dall'apparente minore importanza,
come la foschia o la nebbia in zone che non ne avevano mai viste.
Gli scienziati, primi fra tutti i climatologi, stanno lavorando sodo
per darci una risposta precisa, sperando che arrivi prima che la
malattia del pianeta sia irreversibile.
Troppi sono i sintomi di un cambiamento in atto
del clima, e visto che per il momento non presento ancora un
encefalogramma piatto, consultando le medie di temperatura e
piovosità dell’ultimo anno trascorso, non posso fare a meno di dire
che sono piuttosto preoccupato del futuro, se entro poco tempo non
si vedrà qualche segno tangibile di volontà di migliorare
l'ambiente. Secondo la mia opinione non tutto è perduto; ci vorrà
tempo a invertire la tendenza, ma l’ultimo treno non è ancora
passato. Bisogna prenderlo a tutti i costi.
Qualche grande popolo, troppo viziato della terra
deve togliersi dalla testa di avere in casa, d’estate 10° con i
condizionatori a manetta, e 30° d’inverno avvelenando direttamente o
indirettamente l’atmosfera. 20° in casa d’estate e d’inverno
sarebbero già un grande risparmio energetico e un passo avanti per
la salvaguardia del nostro amato pianeta.
Facciamoli lavorare in pace i climatologi,
bisogna incoraggiarli, possibilmente senza intrusioni interessate
del mondo politico e se proprio vuole, questo mondo politico, si
attenga al Protocollo di Kioto. Possibilmente intervengano con aiuti
concreti per poter fare andare avanti negli esperimenti e negli
studi gli scienziati.