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Genova        
Numero 61, anno XVII        
Giugno 2017        

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  di: Claudio Monteverde

 

Terrazzamenti, tecniche antiche per nuove realtà: rischio o opportunità?

Testimonianza che viene da lontano di un uso cosciente del territorio, i terrazzamenti (o coltivazione a terrazza) sono nati per rendere coltivabili territori con accentuata pendenza. Diffusi in molteplici regioni italiane, sono stati di recente al centro di un incontro pubblico tenutosi a Genova. Ne parliamo con Claudio Monteverde, Direttore dell'Osservatorio Meteorologico Raffaelli, organizzatore dell'iniziativa


"I terrazzamenti sfidano le alluvioni" era il titolo dell'incontro pubblicato organizzato a Genova lo scorso mercoledì 31 agosto dall'Osservatorio Meteorologico, Agrario, Geologico Prof. Don Gian Carlo Raffaelli, un incontro che rientra nelle iniziative in vista del terzo meeting internazionale sul paesaggio terrazzato che quest'anno si terrà a ottobre nel nostro Paese. Focus del convegno il terrazzamento come opera di mitigazione del rischio idraulico ed idrogeologico, il presidio del territorio e le conoscenze che, su questi temi, da secoli si trasmettono da generazione in generazioni.
Nell'intervista che segue, Claudio Monteverde, disaster manager e Direttore dell'Osservatorio Meteorologico Raffaelli, ci spiega la storia, il funzionamento, la diffusione, il ruolo e i rischi dei terrazzamenti.

Dott. Monteverde, cosa sono esattamente i terrazzamenti? Quando e per quale scopo sono nati?

Fig. 1 - Claudio Monteverde

I terrazzamenti sono testimonianza di un uso cosciente del territorio, basato sulla valutazione accurata delle colture da praticare in relazione alla quota, all'orientamento e all'esposizione dell'area da terrazzare, alla pendenza da assegnare al piano, alla permeabilità del suolo, allo scorrimento delle acque. Sono ricavati spianando zone collinari che vengono delimitate e sostenute e con muretti di pietra, costruiti a secco, detti appunto muretti a secco, rendendo in questo modo utilizzabili per le coltivazioni anche terreni con particolari pendenze.

In quali zone del nostro Paese sono particolarmente diffusi?

Li troviamo in tutto il territorio nazionale, ma in particolare in quelle aree collinari e montane cui l'uomo ha voluto insediarsi e per vivere ha dovuto stringere un "patto" con la natura, modellando il suolo con i muri a secco, i terrazzamenti. La Liguria è la regione con la maggior presenza di terrazzamenti, seguita da Campania, Toscana, Lazio, Trentino Alto Adige, Valle d'Aosta, Piemonte, Sardegna, Sicilia, Puglia.

Esistono diversi tipi di terrazzamento con muretti a secco?

Sì, si può parlare di due tipi di muretti a secco, che hanno anche scopi differenti. Il primo tipo è il muretto che potremmo definire "divisorio" e che ha lo scopo di segnare e delimitare un confine. Un muretto indipendente di questo tipo ha quasi sempre una sezione a forma "a trapezio isoscele" che serve conferirgli stabilità.
Il secondo tipo è il muretto "contro terra" (o di contenimento) che ha funzioni contenitive e che segna un dislivello nel terreno. Questo tipo di muro a secco viene molto spesso utilizzato per realizzare aiuole sopraelevate rispetto al piano di campagna. Il muretto a secco contro-terra si distingue inoltre dal muretto di confine poiché ha anche una funzione di sostegno e segna un dislivello nel terreno.

Come si costruisce oggi un muro a secco?

Fig. 2 - Terrazzamenti, muretti a secco

Un muretto a secco è più difficile da realizzare rispetto ad un muro che fa uso di cemento. Il motivo è semplice: la malta ci consente di legare le pietre tra loro e conferire stabilità al muro anche quando le pietre risultassero mal disposte. Un lavoro che comunque richiede tempo e pazienza dal momento che in giorno difficilmente si potrà posare più di un metro cubo di pietre, considerando che devono essere scelte ed eventualmente lavorate ad una ad una per poterle inserire nella muratura.
Per un muretto a secco bisogna invece lavorare con pazienza cercando di mettere la pietra giusta nel posto giusto. In questo caso la solidità del muro è in gran parte dovuta all'abilità di far combaciare le pietre il più possibile, come in una sorta di puzzle in cui ogni pezzo deve trovare la sua giusta collocazione. Più il muretto a secco è alto e più dovrà anche essere profondo per garantirgli stabilità; un muretto a secco di 50 cm di altezza dovrebbe avere una profondità minima di almeno 30 centimetri e se la profondità fosse uguale all'altezza questo sarebbe ancora meglio.
In merito alle differenze di realizzazione fra muretto divisorio e muretto contro-terra, occorre dire che, per quest'ultimo dovremo servirci di una cima che però dovrà essere asimmetrica. In un muro a secco di sostegno, il lato posteriore del muro deve essere verticale per neutralizzare la pressione laterale della terra umida: il montante posteriore della cima deve essere pertanto in squadra e quello anteriore inclinato verso la pendenza. Come sempre le cime devono essere due, una per ogni testata del muro. Se il muretto è basso può anche essere realizzato conferendogli delle linee curve che ne vadano ad "ammorbidire" l'aspetto.
Per il resto la costruzione del muretto di sostegno non differisce significativamente da quella di un muretto di confine con, però, una importante annotazione: i muretti di sostegno sono soggetti alla spinta del terreno che devono contenere e quindi sono più sollecitati meccanicamente e più esposti alle infiltrazioni di acqua che, nel caso in cui il muretto non venga costruito bene, potrebbe minarne la stabilità.
Il segreto affinché un muretto contro-terra possa durare nel tempo consiste nella realizzazione di una "cassa" di compensazione tra il muretto vero e proprio e il terreno che deve sostenere. In sostanza, questa "cassa" consiste nello scavare una porzione maggiore di terreno posteriormente al muro (o spostare in avanti il muro) in modo da lasciare una intercapedine che dovrà essere riempita con pietrisco. Questo piccolo "segreto" farà sì che il peso del terreno retrostante si distribuisca più uniformemente e non si scarichi direttamente sul muro a secco.

Esistono norme che ne dettino criteri e vincoli di fattibilità?

Non esiste una normativa tecnica di realizzazione del muro a secco. Esistono tanti consigli, trucchi per realizzare un buon terrazzamento anche alto più di 10 metri, frutto spesso queste conoscenze del sapere dei contadini.

In che modo un terrazzamento può considerarsi un'opera di mitigazione del rischio idraulico e idrogeologico?

Fig. 3 - Terrazzamenti come opera di contenimento del rischio idrogeologico

Il terrazzamento è un'ottima opera di ingegneria naturalistica ma prima ancora di ingegneria culturale e rispetto della natura. La tecnica del muro a secco può essere impiegata, come già avveniva nel passato per consolidare la base di movimenti franosi, per realizzare arginature lungo i rii montani, per creare sistemi di raccolta delle acque irrigue per irrigare gli orti, per rallentare il deflusso delle acque dei torrenti attraverso serie di cascate artificiali in muro a secco.
Inoltre tale tecnica permette al terreno di immagazzinare acqua vitale per coltivazioni come il castagno, l'olivo, la vite e tutte le colture orticole e le pietre riscaldate dal sole, al calare dello stesso, rilasciano il calore immagazzinato e favoriscono un microclima eccezionale per lo sviluppo di qualità colturali, utile anche nei periodi più freddi dell'anno.
La realizzazione di una serie di muretti a secco o di terrapieni, costituiscono una mitigazione di aree collinari in frana, note già in passato dai nostri contadini; infatti in quelle aree maggiormente soggette a movimento franoso, il terrazzamento non è costituito di muratura ma di terrapieno e zolle di erba.
Importanti sono stati anche i recuperi in passato di aree in cui si è manifestato un movimento franoso e l'uomo ha voluto ripristinare le fasce terrazzate, con i materiali che riusciva sempre a recuperare in loco.
C'è da precisare infatti che il terrazzamento veniva sempre realizzato con pietre locali per ovvi motivi di fatica, costi, disponibilità.

Il terrazzamento può rappresentare anche un rischio? Da alcuni studi recenti, ad esempio, è emerso che tra i fattori di attivazione dei movimenti franosi c'è lo stato di abbandono dei sistemi di terrazzamento...

Il terrazzamento abbandonato, può rappresentare un rischio allorché lo strato vegetale nasce spontaneamente dopo l'abbandono, si inserisce con le radici tra una pietra e l'altra provocando cedimenti; così come nel caso di mancata manutenzione e pulizia dei canali che alimentavano la piana realizzata, e anche a causa del passaggio di ungulati.
Oggi il terreni vengono abbandonati per motivi legati non tanto ad aspetti economici, ma alla salute dei loro proprietari: i terrazzamenti, non venendo più coltivati, tendono con le piogge a iniziare una lenta ma costante opera di erosione e di spanciamento del muro a secco. Tuttavia eventi meteorologici anche importanti, con portata di cumulata di 500 mm o superiore, hanno fatto rilevare come terrazzamenti curati e coltivati abbiamo resistito bene.

Fig. 4 - Danni causati da un'alluvione

Si pensi ad esempio alle grondaie delle nostre case: se lasciamo che si riempiano di foglie e non facciamo la necessaria manutenzione, appena piove, la pioggia che cade dalle falde del tetto non viene captata dalla grondaia ma si disperde e può causare infiltrazioni o altre problematiche.

Proposte a riguardo?

Ritengo che il terrazzamento, in quanto tale con la tecnica del muro a secco, vada ripensato anche per quelle fasce intorno ad una abitazione civile. Molti dei terrazzamenti realizzati oggigiorno utilizzano la tecnica del calcestruzzo armato e il rivestimento di pietra non locale. Occorrerebbe perciò superare questo aspetto culturale, usando materiale a km0, cercando di impiegare le vere tecniche per la realizzazione di un muro a secco. Certo, oggi abbiamo mezzi tecnologici che ci permettono di alleviare la fatica, come i mini escavatori o i motocarri a motore, ma anche l'utilizzo di questi strumenti richiede conoscenza, fatica ed impegno. Sappiamo che alcune Regioni concedono contributi all'interno del proprio Piano di Sviluppo Rurale, credo che queste misure vadano inserite nell'ambito di una riorganizzazione delle politiche fiscali di detrazione e di incentivo per il settore casa-edilizia permettendo di avere sconti fiscali per l'importo dei lavori. Anche perché - come diciamo sempre - un euro investito nella prevenzione corrisponde a oltre 2 euro risparmiati per la ricostruzione e per l'emergenza: la tecnica del terrazzamento, è indubbiamente un'opera di mitigazione del rischio idraulico ed idrogeologico e quindi va vista come opera di prevenzione".