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   di: Massimo Riso

Il primo inverno "Philipp Blom"



Fig.1 -Il primo inverno, Philipp Blom.

Un libro “caldamente” raccomandato a chi teme il global warming.

Come sicuramente avete intuito dal titolo, il libro parla della piccola era glaciale, tra il 1570 e il 1600.

Un quadro di come fosse il clima in quel periodo lo si può intuire da queste righe:

“Le ragioni del cambiamento climatico che ha interessato la prima età moderna sono ancora poco chiare, ma in compenso alcune delle sue ricadute, specialmente per quanto riguarda l’Europa, risultano molto ben documentate. La prima ondata di inverni glaciali, estati piovose e primavere funestate dalla grandine cade negli anni settanta del XVI secolo. Alla devastazione dei raccolti sono seguiti dei periodi di carestia, tanto che i livelli di produttività del 1570 sono stati nuovamente raggiunti soltanto nel 1750, quando le curve termiche hanno iniziato a risalire.

Il raffreddamento delle temperature medie ha rappresentato una catastrofe per l’agricoltura, più ancora delle precipitazioni eccessive e delle terribili gelate. Un differenziale di due gradi corrisponde a sei settimane di ciclo vegetativo: sei preziose settimane dalle quali dipende la maturazione dei cereali, della vite, dei foraggi destinati al bestiame nei mesi invernali e della frutta. Invece di scaldare le piante, il sole tiepido di quegli anni rischiarava delle campagne fradice di pioggia dove il grano marciva ancora in spiga.”

Daniel Schaller, pastore di Stendal (Prussia) intorno al 1570 scriveva:

“Spesso le luci e le finestre della volta celeste sono spente, e non rischiarano e illuminano più questo mondo di canaglie / ma anelano con noi alla nostra redenzione. E così come nelle vecchie case le luci si vanno spegnendo / e in un corpo decrepito il viso si scava / anche il mondo, gelido e senescente, appare sempre più scarnito / il sole / e la luna / e le altre stelle / non rilucono / non rischiarano e non agiscono più con la forza usitata / le giornate di sereno sono sempre malcerte / l’inverno e l’estate si scambiano di posto / i frutti e le piante della terra non maturano più come una volta / non nutrono più come nei tempi antichi.”

In quegli anni il clima non era caratterizzato solo da intense nevicate e frequenti gelate che distruggevano i raccolti, ma da una alternanza di periodi siccitosi, piovosi, freddi e anche caldi; un clima tutt’altro che stabile, un periodo in cui i fenomeni meteorologici erano estremi.

Fig.2 - Pieter Bruegel il Vecchio, Cacciatori nella neve, 1565, Kunsthistorisches Museum Wien, Gemäldegalerie.

"Il 1666, esemplifica in modo tangibile un altro aspetto della piccola era glaciale: non solo le temperature si andavano raffreddando, ma le perturbazioni atmosferiche si facevano sempre più estreme e imprevedibili. Ai rigori dell’inverno subentravano primavere ed estati insolitamente torride, con scarse precipitazioni".

Paragonato a quegli anni oggi viviamo in un optimum climatico, un clima tranquillo e stabile. Non a caso tutti i periodi caldi del clima sono nominati come “optimum climatico”.

Ma chi pensa di leggere un libro sul clima si sbaglia, questo non è un libro sui cambiamenti climatici, bensì un libro sui cambiamenti della società e del pensiero durante la piccola era glaciale.

Philipp Blom descrive la società dell’epoca in profonda trasformazione. Si parte a una società feudale chiusa, da un’economia di sussistenza basata sull’agricoltura dove ognuno produceva per sé, ad una economia di stati, soprattutto quelli nord europei, basata sui commerci e lo sfruttamento delle persone che avevano abbandonato le campagne ormai sterili, nasce il capitalismo.

Quando una società va in crisi si moltiplicano le guerre, forse la "peg" non è stata l’unica causa del proliferare delle guerre in quel periodo, ma sicuramente una delle cause principali.

Anche in questo campo c’è stata una grande evoluzione, si è passati dalla spada, al fucile ed infine al cannone, stravolgendo completamente le tecniche militari.

Anche le arti sono state influenzate dal clima particolarmente rigido. In particolare la pittura. Molti pittori si sono dedicati al paesaggio invernale con neve o ghiaccio. Pima di allora erano rarissimi i quadri invernali.

Una grossa parte del libro è dedicata all’evoluzione del pensiero filosofico: Giordano Bruno, Voltaire, Bernard Mandeville e molti altri.

Blom descrive una società inizialmente totalmente analfabeta, dove solo il clero poteva e sapeva leggere ad una società dove le idee circolavano più liberamente, anche per merito della diffusione dell’alfabetismo indotto dallo scisma protestane.

Blom descrive tutti questi cambiamenti della società umana, soprattutto quella europea, non come una evoluzione lineare, ma come vari tentativi per riuscire a sopravvivere in quel periodo di grande difficoltà, dove quelli negativi sono andati persi mentre quelli che hanno portato dei benefici sono rimasti, una vera e propria selezione naturale della società, del pensiero, dell’economia.

Non che quelli che sono sopravvissuti siano quelli giusti, ma quelli che hanno permesso la sopravvivenza in quel periodi di grande difficoltà, producendo le basi della società attuale, che non è certo quella ideale ma quella che fino ad oggi ci ha permesso di sopravvivere.

Alla luce di ciò che è accaduto nella "peg" siamo sicuri che il global warming sia una cosa negativa? Se ritornassimo alle temperature di allora, come molti oggi si augurano, cosa succederebbe alla nostra società così esosa di energia? Cosa succederebbe alle colture con le ripetute gelate che si verificherebbero?
E' bastata una gelata tardiva lo scorso marzo che la produzione dell'olio in Puglia è diminuita del 90%.
Mi ricordo l'inverno del 1985 quando nei quartieri alti di Genova non riusciva ad arrivare il metano per l'eccessivo consumo, lasciando le persone al freddo e senza neppure il gas per cucinare.
Quello sarebbe un inverno più che normale, se non addirittura caldo per la "peg".

Questo libro fa veramente meditare su ciò che potrebbe comportare alla nostra società un raffreddamento del clima.