DESCRIZIONE (a cura dell'Editore)
Un nostro lontano antenato, da qualche parte sul pianeta, un giorno sarebbe caparbiamente uscito dall'oceano per tentare la vita sulla terraferma. Molti milioni di anni piú tardi un suo discendente avrebbe sfidato e vinto la potenza dei dinosauri e dopo altri milioni di anni un discendente ancora piú «evoluto» si sarebbe rizzato coraggiosamente in piedi, nella savana africana, e avrebbe pronunciato le prime parole della storia, dando l'avvio alla nostra cultura e rendendo cosí possibile, tra le infinite altre cose, anche la scrittura (e la lettura) del libro che avete tra le mani...
Molti pensano all'evoluzione in questi termini, ma non c'è nulla di piú sbagliato. Questa lettura lineare e progressiva della nostra epopea - cosí simile alla trama di un romanzo - riflette tutt'al piú i nostri pregiudizi, ma si adatta davvero male ai dati empirici della paleontologia. Il problema è che i romanzi sono ambientati in tempi brevi, quotidiani, compatibili con la narrazione, mentre l'evoluzione si svolge nel «tempo profondo», quel particolare ambiente scandito da milioni di anni, nel quale i fossili sono solo piccole isole remote, distantissime le une dalle altre, collegate tra loro da null'altro che dalle nostre incerte supposizioni.
E tuttavia c'è un modo per dare un senso ai pochi resti del passato e per ipotizzare il nostro posto nella natura e nella storia: si chiama «cladistica» ed è stata una rivoluzione silenziosa, che ha permesso di vedere sotto una luce nuova la lenta evoluzione darwiniana della vita.
«Il tempo profondo è come un infinito corridoio buio, senza alcun segno che marchi una scala di riferimento. Il buio di tanto in tanto è rotto da un raggio di luce proveniente da una porta aperta. Osservando in quelle stanze illuminate vediamo un quadro di volti sconosciuti del lontano passato, ma non siamo in grado di collegare la scena che abbiamo di fronte con quella che abbiamo incontrato nelle altre stanze del corridoio o con quella del nostro tempo. Il tempo profondo è frammentario, qualcosa di qualitativamente diverso dall'arazzo di tempo a nodi fini che ci è dato nella nostra esperienza di ogni giorno.
Possiamo pensare a un fossile come a un evento del tempo profondo. Confrontato con l'immensità del tempo nel quale viene ritrovato, un fossile è un punto con estensione nulla: o esiste o non esiste. Di per sé, un fossile è un segno di interpunzione, un'interiezione, anche un'esclamazione, ma non è una parola né tanto meno una frase, per non dire un'intera storia. I fossili sono i quadri illuminati da quegli sporadici sprazzi di luce che punteggiano il corridoio del tempo profondo. Non è possibile collegarne uno al successivo in una forma narrata».
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