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TEMPESTA
Mundle R.
Mursia , 2001
291 pagine, A colori, mediamente illustrato,
cop. in brossura, dim. 14 x 21 cm .
€21.3 
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UN ESTRATTO

CAPITOLO I
Fai la Hobart quest'anno?

Il Natale del 1998 si stava avvicinando. I lunghi artigli di ghiaccio dell'inverno si allungavano sul settentrione degli Stati Uniti.
Le famiglie erano indaffarate nei preparativi natalizi ma John Campbell era già col pensiero al caldo che avrebbe trovato all' altro capo del mondo. Sarebbe stato un sacrificio non trascorrere il Natale con i suoi cari, per fortuna loro capivano perché non sarebbe stato a casa.

Campbell avrebbe dovuto volare da Seattle, nello stato di Washington, a Vancouver, da lì a Honolulu e infine a Sydney per il 23 dicembre. Il giorno che avrebbe perso nel fuso orario lo avrebbe fatto giungere a Sydney subito dopo il Natale ma non importava, il 26 dicembre era ben più rilevante.
Non poteva prendere con sé troppo equipaggiamento: non c'era posto per bagagli in eccesso a bordo della barca che stava raggiungendo. Ma non poteva rinunciare agli stivali da barca: essenziali quando il freddo si sarebbe fatto sentire, vicino alle coste della Tasmania. Gli tornò in mente quanto erano stretti i vecchi stivali gialli che indossava durante le gite sul Puget Sound.

Campbell aveva imparato con gli anni che gli stivali grandi sono uno dei fattori di sicurezza da aggiungere all'equipaggiamento personale con cui affrontare l'oceano: quelli molto grandi sono più facili da togliere se si cade fuori bordo; al contrario se sono stretti non si sfilano e ci si potrebbe ritrovare a nuotare con una palla al piede. Per quest' avventura erano indispensabili stivali nuovi e così, nel prezioso lasso di tempo che gli era concesso di restare a Seattle, andò al negozio di nautica per comprarli.
Prese degli stivali taglia 12: una misura e mezzo in più della sua.
A 32 anni John Campbell aveva provato senza successo in due occasioni precedenti di finire la Sydney- Hobart. Sulla strada per l'aeroporto, John e suo padre, che lo aveva accompagnato, immaginavano che questo terzo tentativo sarebbe stato quello buono. Peter Meikle, il suo amico velista di Melbourne, gli aveva assicurato che la barca con la quale avrebbero gareggiato, lo sloop di 42 piedi Kingurra, era uno dei più robusti tra i 115 iscritti. Il proprietario Peter J oubert era anche il progettista, e lo yacht aveva al suo attivo non meno di quattordici Hobart.
Campbell uscì dall' aeroporto internazionale di Sydney con venti ore di viaggio sulle spalle e gli occhi rossi, frastornato dal cambio di fuso orario. Il cielo era sereno e la nuova giornata calda. Mentre andava verso il Cruising Yacht Club d'Australia (più noto come c.Y.c.), nella periferia est della città, pensava quanto fosse diverso il Natale nell' emisfero sud. Con i suoi 28 gradi centigradi (82 Farenheit) la giornata non sembrava accordarsi con la neve artificiale e le scene natalizie dipinte sulle vetrine dei negozi. C'era però qualcosa di familiare ... i bambini eccitati e sorridenti con i loro nuovi giocattoli.

Le banchine dello Yacht Club erano la zona più affollata di Sydney in quelle prime ore di Natale. L'atmosfera era carnevalesca: imbarcazioni con le loro bandiere di battaglia colorate andavano avanti e indietro dalla banchina come impazienti purosangue dentro un recinto. I membri degli equipaggi non di Sydney, che avevano pernottato a bordo delle loro barche, facevano la spola tra le docce del circolo e il pontile di legno, che si allungava nelle acque del porto, dove si faceva colazione. Per molti era una robusta mangiata di uova e pancetta, altri si limitavano a uno spuntino che doveva aiutare a riassorbire i liquidi in eccesso ingurgitati il giorno della vigilia.

John Campbell si sentì a casa quando fece il giro dello stretto pontile di legno e vide dov' era ormeggiata Kingurra. Fu accolto calorosamente: vecchi e nuovi amici gli erano grati di essersi unito a loro per la grande gara.

Salito a bordo capì subito ciò che intendeva Meikle affermando che questo era il tipo di barca che li avrebbe portati a Hobart. Portò la sua sacca di sotto per stivarla: sia l'interno di legno scuro che l'esterno del Kingurra gli davano un'impressione di solidità. Pensò: «Questa sì che è una barca per l'oceano». Notò le robuste cuccette, il carteggio di giusta misura, la compattezza dell'insieme. C'era sempre qualche appiglio a portata di mano in caso di brutto tempo e persino la toilette, «the head» in gergo, era confortevole e ben ideata.

Peter Joubert, settantaquattrenne di Melbourne, stava per prendere parte alla sua ventisettesima Sydney- Hobart. A metà mattina, con il suo equipaggio, portò il Kingurra lontano dal molo: puntarono su una baia appartata. Non appena la barca fu all' ancora, Joubert scomparve sotto coperta e si diede a preparare l'imponente pranzo a base d'arrosto che aveva progettato nei due giorni precedenti. Mentre l'equipaggio si rilassava sul ponte e si godeva la pace del paesaggio, una baia alberata con suggestive case dai tetti di tegole, si conversava della grande regata che 'sarebbe iniziata dopo 24 ore. Le previsioni dicevano che la prima notte sarebbe stata dura, ma questo non era affatto inconsueto.
Fantastici aromi uscivano dalla cambusa, conferman90 ai marinai che anche questo era un Natale da ricordare. John Campbell seppe che avrebbe mangiato molto meglio che sull' aereo.

A poche miglia dal punto in cui gli uomini del Kingurra stavano gustando il pranzo natalizio e lodando il loro chef, un altro equipaggio della Hobart trascorreva una simile giornata a bordo. L'imbarcazione di proprietà di Bruce Guy, socio dello Yacht Club di Port Darlymple nella Tasmania settentrionale, si chiamava Business Post Naiad. Questo Farr di 40 piedi, vecchio di 14 anni; era uno dei tanti yacht all' ancora nella Baia Quarantine, subito dietro Capo Nord proprio all'ingresso della rada di Sydney. Lo yacht era arrivato pochi giorni prima e Guy era stato raggiunto dai membri dell'equipaggio regolare: Rob Matthews, Phil Skeggs, Peter Keats e Jim Rogers. Con loro c'era anche Greg Sheriff, fratello di Matt che li aveva aiutati nella traversata.
«Abbiamo avuto un buon vento da Sud venendo su. È stata una bella navigazione», disse Matthews. «Un paio di volte abbiamo raggiunto anche venti nodi di velocità. Ad un certo punto andavamo così forte che Bruce, che era a prua nella toilette, fu colpito da uno zampillo d'acqua che proveniva dallo scarico dellavello. Per alcuni secondi Bruce non riuscì nemmeno a rendersi conto da dove arrivava.»

Per il tentaquattrenne Phil Skeggs, un atletico ex calciatore che lavorava come fabbro a Launceston, era il primo viaggio a Sydney. Lui e sua moglie erano i vicini di Bruce e Ros Guy. Gli Skeggs erano sposati da 14 anni e avevano due figli: Joshua di sei anni e Kirsty di nove. Skeggs aveva solo cinque anni d'esperienza come regatante, ma la sua forma fisica e le sue prodezze sportive ne facevano un validissimo membro dell' esperto equipaggio di Business Post Naiad.
I mass media di Launceston avevano dato risalto alla notizia che uno dei ragazzi della cittadina partecipava alla Sydney- Hobart. I giornali erano affollati di fotografie dell' equipaggio sul ponte e di Bruce e Ros Guy a casa, di fronte all' albero di Natale, che si preparavano all' awentura.

«Era in estasi all'idea di essere in una città grande come quella» racconta Matthews. «Phil trascorse alcuni giorni assolutamente favolosi. Andava in giro prendendosi dei piccoli «assaggi della città», come lui li chiamava: del Ponte sul Porto, dei traghetti e di Porto Darling. Lo lasciammo salire sul treno perché andasse in giro per tutta la giornata. La città gli piacque.»
Il giorno di Natale era un'occasione per le riunioni familiari di alcuni dei tasmaniani. Bruce Guy aveva suo nipote, sua moglie e i suoi figli a bordo; Peter Keats, un membro dell' equipaggio, colse!' occasione per offrire qualcosa di speciale ai figli Karen e David che vivevano a Sydney.
«Era una gran bella giornata» dice Keats, «abbiamo fatto tante risate e tutti si sono divertiti. Ci siamo tuffati nell' acqua e abbiamo nuotato lì intorno. La giornata era bella e il clima caldo, molto differente da casa. Abbiamo dato anche un'ultima lavata al fondo della barca. Poi qualcuno disse, come per scherzo, che c'erano gli squali lì attorno, ma era così davvero, per cui tutti uscimmo dall' acqua. Era ora di pranzo e una bevuta ci voleva.»

Quella sera, mentre Business Post Naiad era stretta in fondo al molo, al c.y.c.,!' equipaggio raggiunse un affollato bar all' aperto per fare due chiacchiereedavanti ad una birra. L'umore era ottimo, ma venato dalla preoccupazione: la conversazione, quasi inevitabilmente, cadeva sulle previsioni meteo.

«Bevete tranquillamente alla cena di Natale, soprattutto se non vi piace navigare controvento.» Questo fu il primo consiglio dato dal meteorologo, il maggiore Roger «Nuvola» Badham sull'Australian del 17 dicembre 1'998. «Tutto dipende da una bassa pressione che sembra si possa formare sulla costa sud del Nuovo Galles Meridionale la settimana prossima.» Badham basava la sua previsione sul modello americano, una previsione meteo a lunga scadenza, sviluppata dall' analisi delle situazioni meteorologiche su scala mondiale. «Qualunque previsione oltre i sei giorni può essere definita "nebbiosa"», proseguiva Badham, «tuttavia essendosi già formate basse pressioni intense e talvolta cicloniche nel mare di Tasmania durante le ultime sei settimane, anche questa previsione a lunga scadenza diventa più credibile.»

L'esperto velista australiano David Witt a metà novembre del 1998 aveva cambiato casa nuovamente: si trasferiva a Rarotonga, capitale delle Isole Cook, per allenare i giovani velisti locali. David Witt avrebbe rappresentato la nazione delle isole del Pacifico nei Giochi Olimpici di Sydney, uno sponsor gli garantiva inoltre l'iscrizione di un maxi yacht con cui rappresentare le Isole Cook alla Sydney-Hobart. Witt e il suo prodiere olimpico, Rod Howell, si diressero verso la casa di Papa Tom, l'uomo che aveva aperto loro la strada per le Olimpiadi. Il suo vero nome era Sir Thomas Davis ed era stato primo ministro dal 1978 al 1988. Papa Tom era un uomo grosso e imponente con i capelli grigi, un personaggio bizzarro che affermava sempre di non avere mai capito perché la Regina lo avesse fatto baronetto. Coltivava due passioni: navigare e andare in moto sulla sua Harley-Davidson. Tutti lo conoscevano e tutti lo salutavano quando correva per le strade polverose. Quando non guidava la Harley stava su una vecchia Jaguar, l'unica dell'isola. La sua casa sorgeva ai piedi delle colline, in un posto che i locali chiamavano «il culo dell'isola». Era stata costruita prendendo a modello uno chalet con il tetto appuntito, in una vasta area di folta erba verde punteggiata da alte palme cariche di cocco. L'interno della casa era spazioso e aperto, circondato da una larga veranda adatta a ridurre il caldo aumentando la circolazione dell'aria.…continua sul libro

 

 

 

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