Tra sabato 6 e domenica 7 marzo 2021 correnti orientali fredde e
umide, entrate sotto forma di bora dal Carso e propagatesi lungo
la Valpadana (innescando temporali sulle Venezie già la sera di
venerdì 5) hanno generato una estesa e persistente coltre piovigginosa
di stratocumuli in Piemonte, a ridosso delle Alpi occidentali.
Affogate nelle nubi stratiformi, alcune celle nuvolose a maggiore
sviluppo verticale hanno prodotto rovesci di pioggia localmente più
copiosi tra notte e mattino del 6 marzo (22 mm a Borgomanero, 13 mm ad
Alba, 12 mm a Pinerolo, fonte
ARPA Piemonte).
In montagna, a partire da quote di circa 1100 m, la
concomitanza - peraltro non rara - di nebbia, temperature sotto 0
°C e moderati venti da Est, ha causato, sugli alberi, l'estesa
formazione di calabrosa, deposito di ghiaccio che ricorda la
galaverna, tuttavia traslucido e di consistenza dura e crostosa.
Ecco alcune immagini (dell'autore dell'articolo) riprese al mattino di
domenica 7 marzo a circa 1300 m nei boschi misti di latifoglie sulle
alture tra Corio, Rocca e Forno Canavese (Torino), in atmosfera
nebbiosa con temperature attorno a -1 °C.



Il vento sospinge le goccioline
sopraffuse di nebbia (liquide nonostante la temperatura inferiore
a 0 °C) contro gli oggetti, in questo caso rami e tronchi di alberi e
arbusti (rododendri nelle due immagini qui sopra), sui quali
congelano immediatamente costruendo spettacolari arabeschi e
"decorazioni" di ghiaccio nella direzione da cui il vento soffia (la
forma "a bandiera" non deve trarre in inganno...), accrescendosi
proporzionalmente all'intensità del vento stesso: tanto più questo
è forte, quante più goccioline vengono "sparate" contro gli oggetti
nell'unità di tempo, e pertanto la crescita del ghiaccio è rapida.

Sui rami più sottili come quelli
delle betulle ma non solo,
essendo la superficie di contatto molto stretta, si sviluppano
"lame" di ghiaccio dal curioso aspetto dentellato, in questo caso
larghe
fino a 5-6 cm.

Queste infiorescenze maschili di
nocciolo sono rimaste intrappolate in posizione obliqua nel ghiaccio
in accrescimento, mentre erano piegate dal vento che proveniva da
destra nella foto (Est-Nord-Est).

In questa immagine, ripresa sul filo
della dorsale montuosa, si nota come la calabrosa si sia formata
maggiormente sulla sommità degli arbusti, più esposta al vento,
rispetto alla loro base, in posizione più riparata dal "flusso
nebbioso".


Ecco in sintesi come si differenziano in formazione e aspetto i
principali tipi di ghiaccio che si deposita sugli oggetti in
condizioni di gelo ed elevata umidità atmosferica.
Rugiada congelata (white
dew): deposito di gocce d'acqua vicino al suolo nelle notti
serene, inizialmente in forma liquida (rugiada), in seguito congelate
in piccoli elementi di ghiaccio trasparente per l'abbassamento della
temperatura superficiale sotto 0 °C nel corso della notte.
Brina (hoar
frost): cristalli di ghiaccio generati dalla sublimazione inversa
(brinamento) del vapore acqueo atmosferico - dallo stato di vapore a
solido senza passare per quello liquido - in prossimità del suolo
(tipicamente sull'erba per irraggiamento/raffreddamento notturno con
cielo sereno).
Galaverna (soft
rime): deposito di ghiaccio in aghi e scaglie generato dalla
nebbia congelante (freezing fog) in condizioni di vento calmo o molto
debole, non solo a ridosso del suolo ma anche a diversi metri di
altezza sugli alberi e strutture avvolti dallo strato nebbioso; assume
colore bianco e consistenza soffice e fragile, sgretolandosi
facilmente al tatto.
Calabrosa (hard
rime): come la galaverna, ma in presenza di vento, anche soltanto
moderato. Ghiaccio più o meno traslucido, meno bianco della galaverna
(soprattutto se di modesto spessore), di consistenza molto più dura e
crostosa per il rapido e "caotico" congelamento delle singole
goccioline sopraffuse; si stacca con difficoltà dagli oggetti, anche
percuotendoli.
Quando si forma su supporti di sezione più ampia e complessa, come
tralicci, croci di vetta ed edifici, può formare ammassi di
sorprendente spessore e dimensioni, determinando talora il crollo
delle strutture.
All'osservatorio di montagna del
Mont-Aigoual
(1567 m, Cévennes, Francia) l'apporto di aria molto umida dal
Mediterraneo d'inverno può generare, sugli oggetti entro le nubi,
coltri di calabrosa spesse fino a 120 cm in 24 ore!
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