Confronto
fotografico tra la situazione del 1910 circa (f. M. Gabinio,
cortesia Fondazione Sella, Biella) e del 14.09.2012, ripresa
dai pressi del Lago di Santa Margherita (f. SMI). La lingua frontale
del ghiacciaio si è ritirata uscendo dal campo visivo, e i soprastanti
ghiacciai del Grand Assaly (3174 m) si sono pressoché estinti.


Confronto fotografico tra la situazione del
1895 (f. Origoni) e del 14.09.2012,
ripresa dai pressi dei laghi Grigio e Verde (f. SMI).

L'intenso regresso
degli ultimi decenni ha riportato alla luce i resti sepolti di
un'antica torbiera formatasi a più riprese tra circa 10.000 e
5.500 anni fa, tra la fine delle grandi glaciazioni e l'Optimum
Termico Olocenico. All’epoca la fronte del ghiacciaio, in clima
più mite, doveva essere più ritirata rispetto a oggi e probabilmente
si trovava 100-200 m più in alto, e il settore antistante l’attuale
margine frontale doveva mostrarsi come una tranquilla zona di
deposizione di fini sedimenti e materiale organico. In seguito la
torbiera è stata sormontata e in parte scomposta dalle numerose
avanzate (episodi “Neoglaciali”) succedutesi durante il relativo
raffreddamento avvenuto tra 5000 anni fa e la recente Piccola Età
Glaciale (culmine 1820-1850), con accumulo di sedimenti
sabbiosi-ghiaiosi sopra gli strati di torba.

Questa torbiera
(qui osservata da Luca Mercalli durante il sopralluogo del 14
settembre 2012),
avvistata a partire dagli Anni 1960-1970, rappresenta un sito di
straordinario interesse paleoclimatico,
ed è stata oggetto di studio in particolare da parte del palinologo
Conradin Burga dell'Università di Zurigo
e dai geologi Giuseppe Orombelli e Cesare Ravazzi
(Università di Milano-Bicocca) e collaboratori.

Frammento di torba rinvenuto lungo un profilo di
sedimenti incisi dal torrente emissario del ghiacciaio.



Tre immagini dell’ambiente proglaciale in
cui si trova la torbiera (asterisco nella foto in alto),
circa 500 m a valle dell’attuale fronte. Si può immaginare che nel
volgere di pochi anni
il ghiacciaio del Rutor in regresso ritorni a un assetto simile a
quello che doveva
caratterizzare l’Optimum Termico Olocenico, dunque in una
posizione tra le più arretrare
di tutto l’Olocene (ultimi 10.000 anni), dalla fine dell’ultima grande
glaciazione.

Il magnifico pianoro fluvio-glaciale del Rutor
(quota 2500 m), dove la fronte giungeva fino agli Anni 1930-40
(f. Franco Borrelli). Oggi il torrente emissario si allarga quasi a
formare un lago, di ampiezza variabile
a seconda della portata idrica, alternando fenomeni di deposizione di
limi ed erosione,
prima di precipitare verso il sottostante Lago dei Seracchi (qui
sotto, con il Monte Bianco sullo sfondo).



Nel 1909 (f. J. Brocherel) il ghiacciaio
del Rutor si immergeva ancora con una possente lingua frontale
nelle acque del Lago dei Seracchi (2373 m), dalle cui rive oggi
è visibile solo più una piccola porzione
del bacino collettore, mentre la fronte si è ritirata di centinaia di
metri a monte
del gradino roccioso soprastante (14.09.2012, f. SMI).
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