OVE MI TROVO:  Nimbus Web»Glaciologia» Confronto valanga Blatten 2025 - frana Val Pola 1987


La valanga di ghiaccio e roccia di Blatten (SVIZZERA)
e la frana della Val Pola (VALTELLINA) del 1987: similitudini e differenze
tra due eventi alpini emblematici


Marta Chiarle, Gianni Mortara - CNR IRPI, Torino

Daniele Cat Berro, Luca Mercalli - SMI/Redazione Nimbus

12 giugno 2025
 


Nel pomeriggio del 28 maggio 2025 una catastrofica valanga di ghiaccio e roccia  ha sconvolto la geografia della media Lötschental (Canton Vallese, Svizzera), seppellendo l’abitato di Blatten, i cui trecento abitanti erano stati fortunatamente evacuati fin dal 19 maggio grazie al monitoraggio di una preoccupante sequenza di segnali di instabilità della montagna soprastante (Kleines Nesthorn e Ghiacciaio di Birch).

Per una descrizione introduttiva delle caratteristiche dell'evento, dei motivi che avevano portato la zona a essere monitorata fin dagli Anni Novanta (precedenti valanghe di ghiaccio dal Ghiacciaio di Birch) e per un inquadramento del fenomeno nel contesto delle crescenti instabilità dell'alta montagna di fronte ai cambiamenti climatici in atto, rimandiamo a questo articolo sul giornale digitale "Otto" dell'Università di Torino, nonché a un tempestivo comunicato del Politecnico Federale di Zurigo.

Il caso di Blatten richiama un avvenimento altrettanto colossale che - nelle Alpi italiane - ha segnato per sempre la Valtellina, ovvero la frana della Val Pola del 28 luglio 1987 (in questo caso senza il coinvolgimento di un ghiacciaio): questo contributo intende evidenziare somiglianze e differenze tra due episodi che, oltre agli impatti fisici sul territorio, rappresentano un punto di svolta nella percezione e gestione dei rischi naturali nelle Alpi.
 

Veduta generale del versante nord-occidentale del Kleines Nesthorn (3335 m), interessato dalla catastrofica valanga di ghiaccio e roccia del 28 maggio 2025.
In basso, il possente accumulo di detriti che ha sepolto il paese di Blatten
(f. Ivo Bonato).
 

La valanga di Blatten

Il 28 maggio 2025 alle 15:24 (UTC+2) dal versante settentrionale del Kleines Nesthorn (3335 m) si stacca una gigantesca valanga di ghiaccio e roccia, che discende per oltre 2,5 km, con una velocità media di 200 km/h, fino al fondovalle della Lötschental, situato 1200 m più in basso, per poi risalire di un ulteriore mezzo chilometro e per 240 m di dislivello sul versante opposto, a lambire l’abitato di Weissenried. L’evento è chiaramente rilevato dalla stazione sismica di Goppenstein, ubicata 7 km a valle, che registra una scossa di magnitudo 3,1, della durata di 3 minuti. Nel movimento sono coinvolti 2,9 milioni di m3 di ghiaccio del Ghiacciaio di Birch e 6,4 milioni di m3 di roccia/detrito prodotti dai ripetuti crolli provenienti dal Kleines Nesthorn ed accumulatisi sulla parte frontale del ghiacciaio: si stima che circa il 27% del ghiaccio si sia fuso durante il movimento, per effetto dell’enorme energia potenziale dovuta al dislivello coperto. L’accumulo della valanga si espande sul fondovalle, seppellendo sotto una coltre di detrito spessa oltre 30 m il villaggio di Blatten e alcuni altri centri minori. Il monitoraggio costante del versante, in atto già da una ventina di anni, ha consentito di riconoscere una sensibile accelerazione dei movimenti e di ordinare la tempestiva e rapidissima evacuazione degli abitanti, scongiurando quella che - in altri tempi o in luoghi non soggetti a sorveglianza - sarebbe stata una catastrofe epocale anche in termini di vite umane (invece il bilancio si è limitato a un disperso).

 
La frana della Val Pola

Il 28 luglio 1987 alle 7:23 dal versante orientale del Monte Zandila (2900 m) si origina una colossale valanga di roccia che, partita da una quota di circa 2250 m, raggiunge il fondovalle situato 1200 m più in basso con velocità fino a 400 km/h e risale sul versante opposto per un dislivello di circa 300 m, coprendo una distanza complessiva di circa 2,7 km; in corrispondenza dello sperone roccioso di Plaz, il materiale di frana viene deviato in due direzioni opposte, verso monte (nord) e verso valle (sud). In corrispondenza dell’evento, il Centro Geofisico Prealpino di Varese (a 130 km di distanza) misura una scossa di magnitudo 2,7. Più in particolare l’analisi dei sismogrammi di tre stazioni della rete sismica svizzera (collocate rispettivamente a 35 km, 65 km e 70 km dal Monte Zandila) evidenzia che il franamento, in tutte le sue fasi, si è innescato ed esaurito in un periodo compreso tra 70 e 117 secondi. L’accumulo, quantificato in 40 milioni di m3, seppellisce gli abitati di Morignone, San Martino Serravalle, Castellaccio e Foliano, appena sgomberati. Il lobo nord ricade su un lago temporaneo dovuto allo sbarramento dell’Adda da parte di una delle numerose colate detritiche generate 10 giorni prima durante il catastrofico evento alluvionale del 18-19 luglio: la devastante onda fangosa generata dall’impatto della frana nel lago si propaga verso monte per una distanza di 2100 m con altezze fino a 95 m, spazzando gli abitati di Sant'Antonio Morignone, Poz, Tirindrè e Aquilone (l’unico non sgomberato), dove si verificano 29 vittime.

Vista panoramica della valanga di roccia della Val Pola (versante destro dell'alta Valtellina tra Tirano e Bormio) ripresa immediatamente dopo il collasso del 28 luglio 1987 (archivio CNR-IRPI, Torino).

Il versante del Kleines Nesthorn sventrato dalla valanga e il deposito che ha cancellato la quasi totalità del villaggio di Blatten, con il lago di sbarramento formatosi a monte. Ripresa aerea obliqua effettuata circa 40 ore dopo l'evento, al primo mattino del 30 maggio 2025
(fonte: Ufficio federale di topografia Swisstopo - Rapid Mapping).

 

I DUE EVENTI A CONFRONTO


- La forma dell’area di invasione

L’osservazione delle aree coinvolte dai due eventi evidenzia una marcata analogia di forma, assimilabile a quella di un “martello” (o di una “T” rovesciata), in cui il “manico” corrisponde al settore di distacco e propagazione lungo il versante del materiale franato, mentre la “massa battente” è costituita dall’accumulo sul fondovalle che si estende sia verso valle sia verso monte. Nel caso della valanga di Blatten, la “massa battente” misura circa 2,8 km di lunghezza e fino a 900 m di larghezza; l’accumulo sul fondovalle prodotto dalla frana della Val Pola ha dimensioni molto simili: una lunghezza di 2,6 km, una larghezza massima di quasi 1000 m e spessori di detrito che raggiungono i 90 m in corrispondenza dell’originario asse vallivo. In entrambi i casi, il lobo verso valle si estende per circa 1600-1700 m, mentre quello verso monte per circa 1000-1100 m.


- Risalita sul versante opposto della valle

La risalita sul versante opposto della massa franata dal Monte Zandila è stata preceduta da una nuvola di polvere che si è propagata fino a quota 2000 m; i margini dei lobi nord e sud in cui si è suddiviso il materiale di frana durante la risalita, risulteranno sottolineati da una fascia di alberi abbattuti coricati, rispettivamente, verso nord e verso sud.

Anche a Blatten i filmati disponibili riprendono chiaramente la densa nuvola di povere che accompagna la risalita del materiale di frana sul versante opposto della montagna: anche in questo caso, alcune immagini mostrano una fascia di risentimento ai margini dell’accumulo, sottolineata da tronchi spogli o a terra e allineati lungo la direzione del soffio della valanga. L’onda d’urto e uno spostamento d’aria sono stati percepiti in tutta la valle.

Due fermoimmagine della valanga di Blatten in fase di caduta poco prima delle 15:30 del 28 maggio 2025, tratti da un video ripreso dal versante opposto della valle.


Veduta satellitare della Loetschental con la traccia lasciata dalla valanga di Blatten (nicchia di distacco dal Kleines Nesthorn e dal Birchgletscher, versante di scorrimento e deposito a fondovalle) di cui si riconosce la forma a "T" comune all'evento della Val Pola (Credit: European Union, Copernicus Sentinel-2 Imagery, 30 maggio 2025; leggi la notizia originale Copernicus).
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L'area interessata dalla valanga di roccia della Val Pola in una ripresa satellitare recente (Google Maps, 2021). Si notano la maestosa nicchia di distacco, il versante percorso (ora in parte vegetato) e le imponenti sistemazioni del fondovalle dell'Adda eseguite successivamente all'evento.
 

Confronto tra le cartografie della valanga di roccia e ghiaccio di Blatten (in alto; fonte BAFU/Swisstopo, via Sketchfab) e di quella di roccia della Val Pola (qui sopra; fonte Govi & Turitto, 1992). In alto, nel caso di Blatten, i modelli altimetrici digitali (DEM) riferiti a prima e dopo l'evento mostrano riduzioni di quota della superficie fin superiori a 100 m nella nicchia di distacco (blu) e incrementi dell'ordine di 15-30 m in corrispondenza del deposito a fondovalle (rosso).
 

Modello 3D della valanga di Blatten (fonte: Sketchfab).

 


- Lo sbarramento della valle

Nei due casi in esame, lo sbarramento della valle interrompe totalmente il flusso del corso d’acqua che drena i bacini di testata, con la conseguente inevitabile formazione di un lago. La frana della Val Pola causa la formazione di un invaso che, a seguito delle abbondanti piogge di fine agosto 1987, raggiunge un volume di 11 milioni di m3: nelle settimane successive, si provvederà ad abbassare il livello dell’invaso attraverso la realizzazione di uno sfioratore, il pompaggio delle acque e la realizzazione di tunnel di bypass.

La valanga di Blatten ha sbarrato il Torrente Lonza, creando un piccolo invaso temporaneo (circa 500x250 m, con profondità di alcuni metri) che ha sommerso le case al margine settentrionale dell’accumulo. Due giorni dopo la valanga, il fiume si è aperto un passaggio sull’accumulo di ghiaccio e detrito e il livello delle acque si è stabilizzato, facendo rientrare l’ipotesi di evacuazione per i villaggi a valle ubicati lungo il Lonza: la presenza di ghiaccio nell’accumulo, da una parte facilita il corso d’acqua nell’aprirsi un canale di deflusso in modo naturale, dall’altra rappresenta un fattore di fragilità dello sbarramento stesso.

Il fondovalle di Blatten prima e dopo la valanga di ghiaccio e roccia del 28 maggio 2025 (fonte ortofoto: Ufficio federale di topografia Swisstopo - Rapid Mapping).
 

Veduta obliqua da Est-Nord-Est del deposito della valanga di Blatten, con il lago formatosi a monte che ha sommerso la parte di villaggio risparmiata dal collasso (volo del 30 maggio 2025, fonte Ufficio federale di topografia Swisstopo - Rapid Mapping).
 

L'enorme deposito di valanga che ha cancellato Blatten, ripreso subito dopo l'evento.



- Segnali precursori e monitoraggio

Eventi di questa magnitudo difficilmente avvengono senza essere preceduti da segnali premonitori, che tuttavia possono essere identificati solo in presenza di un monitoraggio già in essere. Il Ghiacciaio di Birch era monitorato già da un paio di decenni, a seguito del distacco di due imponenti valanghe di ghiaccio nel dicembre 1993 e dicembre 1999. In anni recenti, il ghiacciaio aveva evidenziato un avanzamento anomalo attribuito all’accumulo, sul settore frontale, di una potente coltre detritica dovuta ai crolli provenienti dai versanti sovrastanti ed era pertanto regolarmente monitorato. Questo ha consentito di identificare un aumento dell’intensità dei crolli rocciosi sul ghiacciaio già a partire da metà maggio 2025, e successivamente un’accelerazione delle velocità superficiali, che hanno raggiunto i 10 m/giorno, suggerendo l’evacuazione in via precauzionale degli abitati sul fondovalle.

Per quanto riguarda la Val Pola, l’innesco del fenomeno di frana è strettamente correlato all’evento alluvionale del 18-19 luglio 1987: durante tale evento, il Torrente Val Pola, che costituirà il margine sinistro della frana, subisce una straordinaria modificazione per effetto di processi di trasporto in massa che causano un approfondimento fino a 40 m dell’alveo, che assume un aspetto calanchiforme. Il 24 luglio è segnalato il distacco di alcuni blocchi rocciosi lungo le ripide pareti rocciose sottostanti l’accumulo di un’antica frana a quota 2100 m circa: modesti crolli erano avvenuti anche negli anni precedenti ma, poiché i materiali si arrestavano lungo il pendio, non avevano destato preoccupazione. Il 25 luglio veniva notata una fessura arcuata che, seppure con sviluppo discontinuo, si estendeva per circa 600 m al piede della scarpata rocciosa a quota 2200 m circa, coincidente con il piano di scorrimento principale dell’antica frana. Nei due giorni successivi, la fessura si allarga progressivamente, raggiungendo una lunghezza di 900 m; contemporaneamente divengono sempre più frequenti i crolli lungo i canaloni rocciosi sottostanti: il 26 luglio viene ordinata l’evacuazione immediata di 7 centri abitati (1250 persone). Il 28 luglio, alle 6:20 si registrano due voluminosi franamenti che determinano localmente un marcato svuotamento del versante: poco più di un’ora dopo, avviene il collasso catastrofico che coinvolge un volume roccioso di circa 34 milioni di m3 (mentre l'accumulo nella zona di arresto, più elevato a causa della sua scomposizione in blocchi occupanti globalmente uno spazio maggiore, e per la presa in carico di ulteriore materiale nella parte bassa della Val Pola, è stato valutato in 40 milioni di m3).


- Gestione del post-evento

A Blatten, anche se la porzione di ghiacciaio instabile è collassata nel corso dell’evento principale e dunque quanto resta del Ghiacciaio di Birch non rappresenti al momento un pericolo, dal Kleines Nesthorn continuano a verificarsi piccoli crolli. Per questo motivo, mentre prosegue il monitoraggio del versante coinvolto nell’instabilità, non è ancora stato consentito l’accesso all’area invasa dall’accumulo della valanga, considerata non sicura. Nel frattempo, le autorità stanno pianificando gli interventi da realizzare in via prioritaria non appena le condizioni lo permetteranno: apertura di una strada di soccorso che consenta di raggiungere l’area colpita, scavo del nuovo letto del Torrente Lonza, rimozione del legname galleggiante.

A collasso della Val Pola avvenuto, nella seconda metà dell'estate 1987 permane una situazione di massima preoccupazione per almeno tre ordini di motivi;
1) l’inevitabile formazione di un lago a monte dell’accumulo per sbarramento del F. Adda;
2) l’incognita della stabilità dell’accumulo di frana (una gigantesca diga naturale alta quasi 100 m) di fronte alle sollecitazioni che si potrebbero manifestare al crescere del livello del lago di sbarramento, soprattutto in caso di un temutissimo sormonto;
3) un possibile “effetto Vajont” qualora le porzioni rocciose ancora instabili in zona di distacco possano raggiungere il fondovalle e impattare nel lago in formazione.
Di fronte a scenari dalle conseguenze imprevedibili si mette in moto una gigantesca macchina organizzativa e operativa per consentire una tracimazione controllata e la successiva stabilizzazione dello sbarramento detritico, il ripristino del corso del Fiume Adda e del collegamento stradale, sotto il controllo di un complesso sistema di monitoraggio strumentale.


- Cause

Le cause di eventi catastrofici sono sempre complesse, e sono il risultato della combinazione di fattori predisponenti, preparatori ed innescanti. Nel caso della valanga di Blatten, i fattori predisponenti vanno ricercati nell’assetto geologico del Kleines Nesthorn, composto da graniti e rocce metamorfiche foliate e fratturate, che ha predisposto il versante all’instabilità, e nella conformazione a gradoni del versante su cui il Ghiacciaio di Birch era adagiato e che vedeva la fronte glaciale in condizioni di equilibrio precario.

Una veduta invernale di Blatten prima della sua distruzione: un villaggio esistente almeno dal XIII secolo (citato per la prima volta nei documenti come "Platon" nel 1231) e caratterizzato dalla cultura germanica walser che lo accomuna a vari paesi delle alte valli italiane intorno al Monte Rosa, appena 50 km a Sud/Sud-Est. Proprio il fatto che sia stato sepolto un insediamento tanto antico testimonia l'eccezionalità
(e la novità) dell'evento (fonte: sito del comune di Blatten).


Su questa condizione di suscettibilità all’instabilità si sono poi innestati gli sfavorevoli cambiamenti dovuti al riscaldamento climatico in atto. La perdita di copertura nivo-glaciale del versante determina una maggiore esposizione all’azione degli agenti atmosferici, mentre l’assottigliamento delle masse glaciali causa la decompressione dei versanti adiacenti. La degradazione del permafrost all’interno del versante, inoltre, determina una perdita di coesione e di resistenza degli ammassi rocciosi: e sono proprio la fascia altimetrica 3000-3500 m e le esposizioni a nord, com’è il caso del Kleines Nesthorn, quelle che si stanno dimostrando più vulnerabili al riscaldamento in atto. L’aumento delle temperature, infine, determina una maggiore quantità di acqua allo stato liquido in circolazione, in zone abituate invece al gelo: fusione rapida e precoce della copertura nevosa invernale, fusione delle masse glaciali e scongelamento del permafrost, una maggiore quantità di precipitazioni che cade sotto forma di pioggia anziché di neve sono tutti processi che stanno aumentando in maniera drastica la circolazione idrica nei versanti rocciosi e nei ghiacciai, aumentando la probabilità che si formino sovrapressioni idriche in grado di indurre il loro cedimento.

Osservando la situazione meteorologica alla scala dei giorni e delle settimane precedenti l'episodio, e facendo riferimento alla stazione di misura di Blatten (vedi riquadro in fondo all'articolo), si nota che le precipitazioni sono state frequenti ma di modica entità (il 28 maggio alle 15:30 locali era in corso da poche ore una pioggia moderata che da inizio evento aveva totalizzato circa 3 mm, sotto forma di neve probabilmente oltre i 3000 m circa). Fa eccezione lo straordinario episodio del 16 aprile 2025, giorno che ha ricevuto la maggiore quantità d'acqua giornaliera in assoluto della serie di misura 2001-2025 (119,1 mm) superando seppur di poco il record precedente del 2 ottobre 2020 (115,5 mm). MeteoSvizzera segnala che a Leukerbad, 16 km a Ovest di Blatten, la precipitazione del 16 aprile 2025 (anche in questo caso 119 mm) costituisce un record in oltre un secolo di misure. Tale ingente precipitazione è avvenuta in forma nevosa nel settore di origine delle frane e della valanga (al vicino Jungfraujoch, 3571 m, temperature del giorno comprese tra -8,1 °C e -4,7 °C).

Nella seconda metà della primavera il manto nevoso doveva essere dunque abbondante sui pendii del Kleines Nesthorn. Maggio 2025 ha sperimentato temperature nel complesso normali in Svizzera, tuttavia in occasione di due brevi episodi caldi avvenuti intorno all'1 e al 20 (vedi grafico sottostante delle temperature al Jungfraujoch) è possibile che a quote intorno a 2600-3000 m (Ghiacciaio di Birch) la neve abbia cominciato a fondere parzialmente, producendo acqua liquida che potrebbe essere andata in circolazione all'interno del ghiacciaio, aggiungendosi a quella derivante dalla fusione basale del ghiaccio dovuta al sovraccarico di detriti di frana sul ghiacciaio stesso, e accumulandosi in ragione dell'assenza - a fine primavera - di un efficiente reticolo di drenaggio subglaciale che di solito si (ri)attiva più tardi, nel corso dell'estate.
Benché non sia possibile stabilire un nesso causale diretto tra i due brevi eventi caldi e l'accelerazione delle instabilità degli ammassi rocciosi e glaciali sul Kleines Nesthorn nella seconda metà di maggio 2025, la concomitanza dei fenomeni merita segnalazione, come possibile fattore aggiuntivo in una catena di situazioni preparatorie.


Precipitazioni giornaliere e cumulate registrate dalla stazione meteorologica di Blatten dal 1° aprile al 30 maggio 2025 (ultimo giorno di funzionamento prima della sua sommersione da parte del lago). Si nota in particolare l'eccezionale evento del 16 aprile 2025, che ha prodotto 119 mm nelle 24 ore, precipitazione avvenuta interamente in forma nevosa alle quote di origine dei crolli di roccia e ghiaccio della seconda metà di maggio. La freccia indica invece la precipitazione di 15,4 mm del 28 maggio, giorno della grande valanga di ghiaccio e roccia, quantità tuttavia caduta in gran parte nelle ore pomeridiane-serali successive all'evento
(fonte: portale open data di MeteoSvizzera).
 

Temperature minime, medie e massime giornaliere registrate dal 1° aprile al 10 giugno 2025 dalla stazione meteorologica del Jungfraujoch (3571 m), 19 km a Nord-Est di Blatten e alcune centinaia di metri più in alto rispetto ai settori di innesco dei crolli di roccia e ghiaccio della seconda metà di maggio. Le frecce indicano due brevi episodi caldi che alle quote interessate potrebbero aver temporaneamente avviato la fusione nivale. I pallini colorati si riferiscono alle temperature del 28 maggio 2025, giorno della grande valanga di ghiaccio e roccia (fonte: portale open data di MeteoSvizzera).
 

Nel caso della valanga di Blatten, le cause innescanti (ovvero quelle che hanno agito nei momenti immediatamente precedenti l'evento) non sono ancora state ben chiarite: forse un ennesimo, consistente crollo di roccia caduto sul ghiacciaio, o forse, più semplicemente, il raggiungimento di una condizione limite da parte della massa glaciale, sovraccaricata di detrito e satura d’acqua.

Nel collasso della Val Pola è indubbio il ruolo predisponente dell’assetto geologico (gabbri interessati da disturbi tettonici), mentre si può ritenere preparatoria - a lungo termine - l’instabilità acquisita dal versante a seguito dell’antica frana postglaciale. In questo complesso contesto morfo-litostrutturale sopraggiungono le piogge torrenziali di metà luglio 1987. La conseguente, fortissima sovraincisione dell’alveo del T. Val Pola può essere considerata la causa innescante: questa drastica, repentina configurazione mina l’equilibrio del versante, già mobilizzato in epoca postglaciale, favorendo, la traslazione e poi il collasso dell’ammasso roccioso. Il ritrovamento di alcuni grossi blocchi cementati di roccia e ghiaccio nella zona del distacco e nell’accumulo fa sospettare la presenza di permafrost, poi accertata alla quota 1900-1950 m, sorprendentemente bassa. Va sottolineato che la seconda metà di luglio 1987 è stata caratterizzata da alte temperature, con isoterma 0 °C collocata anche a 4000 m, tanto che gli effetti delle piogge torrenziali del 18-19 luglio sono stati diffusi anche negli alti bacini glacializzati. In questo contesto climatico può pertanto non sorprendere il ruolo quantomeno preparatorio della degradazione del permafrost nell’innesco del collasso della Val Pola.



Nelle due immagini sopra, vedute generale e ravvicinata del Kleines Nesthorn con il settore instabile da cui si sono originate le frane di roccia che (già negli anni scorsi) hanno investito a più riprese il sottostante Birchgletscher, il quale a sua volta è collassato in massa nel pomeriggio del 28 maggio insieme al carico di detriti rocciosi accumulatisi in precedenza (volo del 30 maggio 2025, fonte Ufficio federale di topografia Swisstopo - Rapid Mapping).
 



Veduta aerea del versante percorso dalla valanga a valle del Birchgletscher, ghiacciaio che a seguito del suo collasso è sostanzialmente scomparso. Nell'immagine, il settore a monte si trova in basso, quello a valle in alto (volo del 30 maggio 2025, fonte Ufficio federale di topografia Swisstopo - Rapid Mapping).
 


- Che cosa abbiamo imparato

Le azioni messe in campo a Blatten rappresentano un modello esemplare di gestione dei rischi naturali in un ambiente complesso com’è quello glaciale e periglaciale. Da una parte, l’insorgere di segnali premonitori 9 giorni prima dell’evento catastrofico e l’identificazione di una chiara fase di accelerazione dei movimenti hanno dato il tempo di monitorare l’evoluzione del versante e organizzare l’evacuazione dei centri abitati al momento opportuno. Dall’altra, l’efficace gestione della situazione è stata possibile poiché da tempo la dinamica del Ghiacciaio di Birch e dei versanti rocciosi adiacenti erano tenuti sotto osservazione, per cui è stato possibile riconoscere l’instaurarsi di una fase evolutiva anomala, fin dall’insorgere dei primi segnali. È dunque più che mai necessario, nel contesto attuale di rapidi cambiamenti ambientali dovuti al riscaldamento climatico, tenere sotto osservazione i versanti d’alta quota che incombono su abitati e infrastrutture, per cogliere eventuali anomalie di comportamento fin dai primi segnali, mettendo a punto strategie e sistemi di osservazione e monitoraggio di livello adeguato ai beni a rischio e alla velocità di evoluzione dei territori.

La gestione del rischio prima e dopo la frana della Val Pola è risultata quanto mai complessa ed onerosa in termini di simulazione di scenari evolutivi il più possibile realistici, di controlli sul terreno in situazioni talora oggettivamente pericolose, di realizzazione di opere strutturali adeguate, di creazione di una efficace rete di monitoraggio e, non ultimo, di assunzione di responsabilità personale. Fondamentale è risultata la sinergia tra l’apposita commissione tecnico-scientifica multidisciplinare di nomina ministeriale, i servizi tecnici nazionali, regionali e locali, il Corpo Nazionale dei Vigli del Fuoco e il Soccorso Alpino, congiuntamente impegnati ad affrontare e risolvere situazioni e problematiche talora veramente critiche.

È auspicio che l’esperienza maturata in quei frangenti possa contribuire ad aumentare l’attendibilità nelle previsioni che dipende, in buona parte, dalla possibilità di valutare il comportamento di fenomeni complessi in atto attraverso analisi comparative con analoghi fenomeni accaduti in passato.


E dopo?

A due settimane dal verificarsi dell’evento parossistico a Blatten, quando la situazione sembra avviarsi verso una graduale stabilizzazione, con il versante che ha ridotto l’attività di frana, il settore glaciale instabile crollato e che dunque non rappresenta più una minaccia, ed il livello del lago di sbarramento stabile, si è aperto un acceso dibattito sul futuro di Blatten. Le posizioni si sono polarizzate su due opposti schieramenti: secondo alcuni, i villaggi alpini rappresentano per la Svizzera un patrimonio storico e culturale irrinunciabile e dunque occorre investire nella ricostruzione del villaggio, pur immaginando una rilocalizzazione delle abitazioni in aree valutate sicure. Secondo altri, occorre riconsiderare la presenza antropica negli ambienti di alta quota, lasciando le aree glacializzate e con permafrost più suscettibili ad instabilità prive di infrastrutture antropiche e libere di evolversi in risposta alle nuove sollecitazioni ambientali in atto per effetto del cambiamento climatico.

Per quanto riguarda l’evento della Val Pola, degli abitati sepolti dalla frana o spazzati dall’onda rimane solo il ricordo: il fondovalle di neoformazione dell’Adda è stato esclusivamente riservato alle imponenti opere di difesa al piede del versante del M. Zandila e alla riprofilatura del corso del F. Adda, tornato nuovamente a scorrere in superficie.
 

Altre risorse sull'evento di Blatten

- Articolo dei glaciologi Giovanni Baccolo (Università Roma 3) e Riccardo Scotti (Servizio Glaciologico Lombardo) - Il Dolomiti, 28 maggio 2025;

- Articolo di Luca Mercalli (SMI) - Il Fatto Quotidiano, 3 giugno 2025;

- Articolo di Daniele Cat Berro (SMI) - La Stampa - Rubrica "Il respiro delle Alpi", 30 maggio 2025.
 

Bibliografia di riferimento per l'evento della Val Pola

Dramis F., Govi M., Guglielmin M., Mortara G. (1995) - Mountain permafrost and slope instability in the Italian Alps: the Val Pola landslide. Permafrost and Periglacial Processes, 6(1), 73-81).

Govi M., Luino F., Turitto O. (1998) – Successione di processi evolutivi naturali in concomitanza ad eventi idrologici straordinari. In Luino F. (a cura di) - Atti Convegno Internaz. “Alba 96. La prevenzione delle catastrofi idrogeologiche. Il contributo della ricerca scientifica”. CNR-GNDCI & CNR&IRPI, vol.II, 261-278.

Govi M., Turitto O. (1992) – La frana di Val Pola del 1987 in alta Valtellina. In Vallario A. (a cura di): Frane e territorio. Le frane nella morfogenesi dei versanti e nell’uso del territorio. Liguori Ed., 392-414.

Lunardi P., Maione U., Presbitero M. (2009) – La frana della Val Pola. Cronaca di una emergenza idrogeologica in Valtellina. Diabasis Ed., 154 pp.

 


Blatten: la stazione meteorologica sommersa dal lago di sbarramento

Presso il paese di Blatten, a quota 1536 m, dal marzo 2001 era operativa una stazione meteorologica automatica dell'Ufficio federale di meteorologia e climatologia MeteoSvizzera, dotata inizialmente di sensori di temperatura e umidità relativa (a 2 m dal suolo) e precipitazioni, poi dal 2013 anche di temperatura in superficie (5 cm sopra il suolo), pressione atmosferica, velocità e direzione del vento, radiazione solare globale e durata del soleggiamento.

Come riferisce MeteoSvizzera in un articolo sul suo blog, per quanto risparmiata dalla valanga (tanto che i sensori hanno continuato a funzionare durante e per qualche ora dopo l'evento del 28 maggio 2025), il giorno seguente la stazione è stata sommersa e irrimediabilmente compromessa dal lago formatosi per lo sbarramento del torrente Lonza da parte dell'accumulo di valanga.

La stazione meteorologica MeteoSvizzera di Blatten, poi sommersa e compromessa irrimediabilmente dal lago di sbarramento (fonte: articolo blog MeteoSvizzera).


Per onorare i 24 anni di servizio della stazione meteorologica e fornire un quadro sintetico del clima locale (benché non sia disponibile un trentennio di misure completo come vorrebbe la climatologia), abbiamo scaricato ed elaborato i dati di temperatura e precipitazioni, resi liberamente disponibili dalla nuova piattaforma open data di MeteoSvizzera.

Nel periodo 2002-2024 (anni completi) la località ha avuto una temperatura media annua di 4,4 °C, con medie mensili comprese tra i -5,5 °C di gennaio e i 13,9 °C di luglio, ed estremi giornalieri tra una minima di -25,5 °C (5 febbraio 2012) e 30,5 °C (19 agosto 2012).

Durante l'anno si sono raccolti in media 1046 mm di pioggia e neve fusa, secondo un regime piuttosto irregolare (cui forse contribuisce la relativa brevità della serie di misura), ma nel quale si riconoscono apporti nel complesso più abbondanti sia nel cuore dell'inverno (126 mm in dicembre e 103 mm in gennaio) sia tra fine primavera ed estate (103 mm in maggio), e più modesti in aprile e settembre (57 mm in entrambi i mesi).  

Considerando l'andamento nel tempo, le temperature medie annue mostrano un sensibile aumento, pari a +2,0 °C nei 23 anni completi disponibili, riscaldamento responsabile dell'intensa deglaciazione (regresso dei ghiacciai e scongelamento del permafrost) che probabilmente ha contribuito a intensificare i processi di instabilità geologica e glaciologica in alta quota all'origine del disastro del 28 maggio 2025.
 

 


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