di Roberto Pedemonte

 

L’ESTATE PIU’ CALDA DEL SECOLO

Nei primi giorni di settembre, dopo la pausa estiva, ci siamo ritrovati (intendo i collaboratori di questa rivista) alla solita sede del CAI in galleria Mazzini, per rinserrare le fila e prepararci all’uscita del nuovo numero. In quell’occasione, dopo aver parlato ovviamente delle esperienze vissute nel periodo vacanziero, Massimo dice “Questa è stata la più calda estate del secolo!!”. Subito ho ritenuto di aver mal compreso le sue parole ma poi, avutane conferma mi sono detto “Alé, anche lui si è fatto trascinare nel Maelström delle notizie sensazionali che periodicamente la stampa ci fornisce sulle vicende meteorologiche o, come spesso viene scritto, metereologiche (sic!)”. Sovente infatti si legge di ogni grandinata che è la più intensa, di ogni ondata di caldo che è eccezionale, che i valori dell’umidità sono sempre straordinari, che ogni periodo, più o meno lungo, di assenza di precipitazioni è sempre l’avvisaglia della prossima epoca di aridità e desertificazione che ci attende per poi virare di 180° il pensiero e fornire, al primo acquazzone, scenari di futuri umidi e tropicali. Prima di ribattere queste argomentazioni però ho fatto mente locale e ho capito l’uscita di Massimo; è ovvio che sia stata l’estate più calda del secolo: è stata la prima estate del secolo. E io allora potrei aggiungere: non solo del secolo, ma anche del millennio!

La battuta riportata da Massimo ha lo scopo di introdurre un argomento che sta assumendo una valenza sempre più preponderante nelle conversazioni della gente: l’eccezionalità delle vicende del tempo atmosferico. Queste “eccezionalità”, che nella maggior parte degli episodi atmosferici non sussistono, vengono frequentemente ribadite da giornali e riviste grazie a cronisti che hanno poca dimestichezza con la meteorologia, intesa come scienza. Su alcuni periodici, questa estate, è capitato di leggere che le estati future saranno sempre più calde e, a titolo di esempio, si riferiva che Milano è oppressa da un’afa insopportabile con un’umidità che ha raggiunto perfino il 60%. Orbene, l’umidità relativa media a Milano in estate, nelle ore centrali della giornata, è di circa il 55%, con una temperatura normale di oltre 30°C; quindi non si capisce bene in che cosa consista l’eccezionalità dell’evento: numerosi giorni di afa durante il periodo estivo sono la normalità!

Vengono poi ripetutamente indicati valori di temperatura abnormi. Sui giornali genovesi accade che venga inserita la fotografia di uno dei tanti termometri digitali che hanno, purtroppo, invaso la città; l’immagine riporta la scritta “38°”!! A una verifica presso una qualsiasi stazione meteorologica cittadina, impiantata secondo le norme WMO, si scopre poi che la colonnina di mercurio, quel giorno, è sempre rimasta al di sotto di 30°C. Questa, a nostro avviso, è disinformazione, tendente a disorientare il pubblico (non si può certo pretendere che il cittadino comune abbia un collegamento diretto con un osservatorio meteo, anche se internet può rendersi utile). Si sa come il pubblico ascolti le notizie diffuse dai media e poi le acquisisca come dati ineluttabili: “C’era scritto sul giornale!!”, “L’ho letto sul termometro digitale del mio fruttivendolo”. Chissà quante volte, penseranno moltissime persone, quest’anno si è arrivati a 40°C.
Non si discute che sia stata una calda estete ma, per notizia, si riferisce che la temperatura massima assoluta registrata in una stazione dell’area genovese dagli anni ‘50 del secolo scorso a oggi è stata di 35.4°C; quest’estate ha raggiunto gli estremi di 33.2°C presso l’Istituto di Idraulica dell’Università e 32.1°C all’aeroporto.

A proposito dei termometri digitali disseminati in città, cito una brevissima mia esperienza. Il 29 agosto, ultimo giorno del periodo caldo di fine mese, alle ore 16, mi trovo in corso Buenos Aires (per chi non conosce Genova si trova nella zona della Foce, nell’area teatro degli scontri del recente G8) e noto che uno di questi termometri segna 21°!! Questo valore mi sorprende. L’altra “faccia” del termometro segna 27°. Evidente: è bruciato il segmento superiore del visualizzatore luminoso. Percorro meno di cento metri: leggo 30° sul display di una farmacia. Decido allora di percorrere a piedi il chilometro che devo compiere per contemplare gli altri termometri presenti sul percorso, che sono in tutto 12; mediamente uno ogni 80 metri circa. I valori letti variano da 24° a 30°, escludendo i 21° del primo strumento, che comunque qualche giornalista/fotografo intenzionato a stupire avrebbe potuto utilizzare. Sei gradi in un chilometro mi paiono troppi. Il proliferare di questi display luminosi, la cui centralina la immaginiamo arroventata dal sole estivo, hanno assunto per molti un punto di riferimento di verità meteorologica assoluta ma sono deleteri al raggiungimento di uno degli scopi primari che, reputiamo, dovrebbe prefiggersi la meteorologia: informare ed erudire le persone negli elementi più semplici della disciplina.

Perché non proporre al legislatore di emanare una norma che vieti di esporre al pubblico strumenti che forniscono informazioni meteorologiche, se non collegati a stazioni di misura ufficiali o garantite? Si eviterebbe di dare informazioni false e tendenziose che impediscono di formare una comune coscienza meteorologica fondata su basi scientifiche e non su farmacie, erboristerie, macellerie, istituti bancari e altre attività, estranee alla scienza del clima. Quest’ultima boutade sul legislatore (ha naturalmente cose più importanti e serie cui pensare), vuole comunque far meditare su ciò che, per esempio, accade nei paesi anglosassoni dove, per loro fortuna, esistono pochissimi termometri digitali ed è diffusa più capillarmente una conoscenza meteorologica basata su criteri seri (la Royal Meteorological Society è attiva da tempo nel campo scolastico fin dall’istruzione primaria). Anche la Società Meteorologica Italiana ha realizzato progetti similari nell’area torinese ma tali iniziative dovrebbero essere intraprese su scala nazionale e da parte degli organi pubblici competenti.

Tornando invece a noi e ai contenuti della nostra Rivista Ligure di Meteorologia, vorrei segnalare la cronaca meteorologica della nostra regione curata dal CMIRL (Centro Meteorologico della Regione Liguria). Il personale di questo ente, contribuisce a fornire informazioni precise e attendibili su ciò che è stato l’evolversi della situazione meteo durante la stagione appena trascorsa. Il Centro già collabora con numerose testate televisive e della carta stampata fornendo le previsioni del tempo e questa è la via da seguire per cercare di inculcare una corretta coscienza meteorologica nella collettività.


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