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Yeti
di Massimo Riso
Questo breve racconto, o meglio una poesia scritta in prosa, come l'ha
definita un mio amico, non ha come soggetto la meteorologia, ma la
pace e una speranza per un futuro migliore, sopratutto una speranza
per un futuro migliore, le minacce di guerra ci stanno facendo
dimenticare che stiamo andando verso un futuro dove i ricchi sono
sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri, verso un mondo sempre
più dominato dalle multinazionali, questo è riscontrabile non solo a
livello mondiale o globale per usare una parola ora di moda, ma anche
a livello nazionale, il lavoro, quello per cui la nostra repubblica è
stata fondata, per citare la costituzioe, è sempre più precario, la
gente non vive più una vita serena e tranquilla.
Anni fa, l'anno preciso non ha importanza
in questo contesto, partecipai ad una spedizione alpinistica nel
Kashmir, una zona ora quasi inaccessibile per la tensione fra l'India
e il Pakistan, con il pericolo latente di una guerra termonucleare,
forse questo è un focolaio di guerra è ancora più pericoloso che la
minacciata guerra contro l'Iraq, eppure nessuno ne parla.
Buona lettura e sopratutto un futuro
migliore per tutti |
Quell’anno fu davvero un’avventura, andammo
nell’Himalaya Indiano, quel cuneo dell’India che s’insinua fra il Nepal e
il Pakistan arrivando fino alla Cina.
Percorremmo per diversi giorni strade sterrate, strade
che in realtà erano piste ai limiti della percorribilità. Risalimmo valli
sormontate da immense pareti di granito alte migliaia di metri,
attraversammo torrenti impetuosi appesi ad un’esile corda, arrivammo
infine ai piedi d’immensi ghiacciai; ma non ci fermammo, legati in cordata
risalimmo questi ghiacciai, saltando crepacci e scalando pareti di
ghiaccio, risalendo ripidi pendii di neve e scalando rocce che forse
nessuno aveva ancora toccato.
Arrivammo infine ad un colle al confine del cielo; ma
non ci fermammo. Percorremmo esili creste appese alle nuvole, e qui dove
l’aria era meno della metà e ogni movimento costava una fatica immane
incontrai lo sguardo dello Yeti, era lo sguardo di un essere antico, senza
tempo, di una sapienza infinita, era lo sguardo di chi attende, un’attesa
che dura da quando è nato l’uomo. La sua pazienza è infinita come pure il
suo tempo, attende il giorno che potrà scendere da quelle valli al confine
del cielo e poggiare i suoi piedi nelle fertili pianure di un mondo dove
non esistono più guerre e ingiustizie, dove i più forti aiutano i più
deboli, dove non esistono più i ricchi perché le ricchezze sono equamente
divise, dove nessuno muore più di fame e tutti vivono felici.
Mi chiedo ancora oggi se vidi veramente quello sguardo,
o fu il frutto della mancanza d’ossigeno e dell’alta spiritualità di quei
luoghi, ma a me piace pensare di averlo visto veramente, e che Lui sappia
che quel giorno verrà. | |