IL VECCHIO 19 Marzo 2019
Castelmagno, Val Grana
Rinaldo guidava l’automobile mentre entravamo nel paese
di Castelmagno, con lo sguardo stava osservando le case, dimore antiche,
ben ristrutturate. «Per prima cosa direi di cercare l’albergo», disse «In
modo da riporre tutti gli strumenti. Non mi va di lasciarli in auto
incustoditi, soprattutto perché alcuni non sono neppure i nostri.»
«Visto che è quasi l'una», risposi io da dietro.
«Subito dopo direi di cercare una buona trattoria e fare un lauto pranzo.
Chissà che cosa ci aspetta domani.»
«Mario è sempre il solito, non pensa ad altro che a
mangiare.» Ribadì Giovanni.
«Non è questione di pensare al mangiare, a parte il
fatto che è quasi l’una e ho una certa fame, ma domani mangeremo un panino
a mezzogiorno, minestra liofilizzata alla sera e poi dovremo stare tutta
la notte svegli per rilevare i dati, per cui è meglio mangiare molto bene
ora.»
«Chiaro, la tua teoria non fa una grinza.» Disse
Vittorio.
«Alle tre abbiamo l’appuntamento con il vecchio», disse
Rinaldo mentre leggeva tutte le insegne ai bordi della strada. «Per cui
abbiamo tutto il tempo per riporre gli strumenti in albergo e andare a
mangiare.» Quasi non finì la frase che aggiunse urlando: «Eccolo!», poi
continuò con voce normale. «Il nostro albergo è laggiù, ha anche il
posteggio riservato, ci facciamo subito dare le camere e poi andiamo a
mangiare, se no finisce che Mario sviene dalla fame.»
«Esagerato!»
«Il pranzo era veramente ottimo», disse Vittorio mentre
si massaggiava lo stomaco. «Bisogna che ne rammenti il nome, se mi
capiterà di ritornare da queste parti.»
«Se tutto va come deve andare», dissi. «Prima di
rientrare a Genova ci facciamo un’altra mangiata.»
«E soprattutto si spende anche poco.» Aggiunse Rinaldo. «Sarà meglio affrettarci», disse
Emilio guardando l’orologio. «Da qui alla casa del vecchio ci sono venti
minuti buoni, sono già le due e mezza.»
«Già», risposi io. «Vorrei sapere
chi ha inventato il detto che a tavola non si invecchia, a me sembra che a
tavola il tempo passi più in fretta, altro che non invecchiare.»
«Ah! Ma allora quella del tempo è proprio una tua
fissazione!» disse Giovanni.
«Beh, in effetti tutto quello che è legato al tempo mi
ha sempre affascinato, soprattutto le teorie sugli spostamenti temporali.»
Fra un discorso e l’altro intanto ci eravamo avvicinati
alla casa del vecchio.
«Ecco, è quella lassù», intervenne Emilio. «Bisogna
salire quelle due rampe di scale.»
Era una casa monofamiliare su due piani con tetto
spiovente e soffitta annessa; davanti all’ingresso vi era un piccolo
terrazzino straripante di fiori. Dominavano i crochi, ve ne erano di
violetti, di azzurri e di gialli, inframmezzati vi erano anche dei
bellissimi bucaneve.
Quando tutti e cinque fummo sul terrazzino Emilio bussò
alla porta. Dopo pochi secondi l’uscio si aprì. Fece capolino una persona
anziana piuttosto alta con una capigliatura folta, ma completamente
bianca.
«Ciao Emilio, vedo che hai portato i tuoi amici della
meteorologia, venite, entrate.» Disse.
Gli ambienti erano piccoli ma ben arredati, lo stile
era piuttosto austero.
Entrammo in un salottino. Dominava sulla destra un
divano in pelle, di fonte ad esso due poltrone, al centro un tavolino in
noce antico con bellissimi intarsi; di fronte, contro il muro, un
mobiletto basso sullo stesso stile del tavolino. Sopra di esso, in un
portafotografie di argento vi era la foto, ormai quasi sbiadita, di una
bellissima donna.
L'illuminazione scarsa contribuiva a dare all'ambiente
una sensazione di antichità.
«Bene, bene…», disse il vecchio mentre sprofondava in
una poltrona. «Emilio mi ha detto che volete che vi racconti la mia storia
sulla Cima delle Tempeste.» Fece una pausa guardandosi le tre dita
mancanti della mano sinistra, poi riprese. «Non è per caso che avete
intenzione di andare lassù domani?»
«Beh…, si…, effettivamente vorremmo fare delle misure
sulla vetta», disse Rinaldo, poi gli raccontò brevemente la scoperta di
Emilio sulle coincidenze fra il pleniluni e le tempeste. «Vede, vorremmo
andare in vetta domani, ci siamo portati molti strumenti e vorremmo
misurare che cosa succede.»
«Proprio domani, durante il plenilunio. Non vi ha
raccontato Emilio che è pericoloso?»
«Si… è proprio per questo che vorremmo andarci.»
Il vecchio fece una faccia corrucciata, Rinaldo riprese
subito: «No, non mi fraintenda, non è che vogliamo andare lì perché è
pericoloso, ma vorremmo studiare il fenomeno, ci siamo portati un sacco di
strumenti.»
«Bene… cioè male! Io vi sconsiglio vivamente di
andarci.»
«Come faccio a dissuaderli», pensò mentre
parlava. «Non posso certo raccontargli quello che veramente mi è
accaduto, mi prenderebbero per matto e non mi darebbero ascolto, i vecchi
spesso non sono ascoltati.»
«Vi ha parlato Emilio della mia mano?»
«Si», risposi io. «Ci ha raccontato che ha perso le
dita mentre saliva il canalino Nord in una invernale e che purtroppo il
suo compagno di cordata non ce l’ha fatta. Deve essere stata un’esperienza
terribile.»
«Non solo terribile. Terrificante. Un’esperienza che
non ripeterei per tutto l’oro del mondo», pensò, poi disse ad alta
voce: «Esatto, veramente terribile, non auguro a nessuno di veder morire
il proprio compagno di cordata.»
«Scusate se interrompo», disse Giovanni. «Ma non è che
sta cercando di metterci paura per impedirci di andare?»
«Proprio così. E' troppo pericoloso, non dovete
andare!»
Vittorio e Danilo non intervenivano, forse avevano
soggezione si questo vecchio così deciso ed energico. Non ci disse la sua
età, ma sicuramente aveva più di novant’anni, forse si avvicinava
addirittura ai cento, ma dalla sua aveva l’energia e la caparbietà di un
vent'enne.
Intervenni nuovamente: «Siamo molto bene attrezzati,
abbiamo sacchi a pelo garantiti a -30°C, giacche a vento con doppia
imbottitura di piumino, due tendine d’alta quota studiate per andare a
ottomila metri.»
«Non riesco proprio a dissuaderli», pensava il
vecchio mentre ascoltava. «Devo a questo punto cercare di metterli in
guardia, senza però raccontare interamente cosa accadde. Quando saranno di
ritorno sapranno e la allora ne parleremo.»
«D’accordo, d’accordo, mi sembra di capire che siete
decisi, e nulla vi può dissuadere, ora però ascoltatemi e non
interrompetemi fino a che non ho finito.»
Fuuuiiiiiiiiiii…… un fischio proveniente da un altro
ambiente ci interruppe.
«Ah! Il tè è pronto.»
Il vecchio si alzò e sparì oltre la soglia.
«Cosa ne dite», dissi a voce bassa. «Ci sarà da
fidarsi?»
«A me sembra una persona seria», disse Giovanni. «E
soprattutto mi sembra molto lucido.»
«Ssssttt.. sta arrivando», disse a voce bassissima
Vittorio.
Il vecchio entrò nel salotto con un vassoio sul quale
vi erano sei tazzine da tè, una strana teiera, e un cestino ricolmo di
biscotti.
«Questa teiera me l’ha spedita mio figlio
dall’America», disse mentre appoggiava il vassoio sul tavolino. «Dice che
in Italia non se ne trovano, e fa un tè eccezionale.»
«L’aroma è veramente ottimo», dissi io annusando
l’aria. «Se non sbaglio è tè al bergamotto.»
«Esatto, e del migliore.»
Vi fu un attimo di silenzio mentre versava il tè, poi
riprese: «Prendete pure questi biscotti, li fanno qui a Castelmagno, sono
ottimi.»
«Ora, mentre beviamo il tè e sgranocchiate i biscotti
vi dico alcune cose sull’itinerario che dovete seguire, naturalmente
sarebbe meglio che rinunciaste. Va bene, va bene, non fate quelle facce.
Allora, stavo dicendovi, è inutile che vi racconto la mia ascensione»,
mentre diceva questa frase involontariamente si guardò la mano con le dita
amputate. «Sarà meglio invece che vi dia alcuni consigli sull’itinerario
che dovete seguire, voi che cosa pensavate di fare?»
«Crunk… Pensavamo di andare con l’automobile fino al
Santuario di Santo Magno, crunk, crunk…», dissi io mentre finivo di
sgranocchiare un biscotto, poi ripresi: «Lasciata lì l’auto pensavamo di
prendere il sentiero per il colle Sibolet, poi per cresta arrivare fino
alla cima; lì piantare le tendine, sistemare gli strumenti e attendere la
notte.»
«No, no, no, non dovete fermarvi sulla vetta, il vento
vi spazzerà via!»
«Ma le nostre sono tendine d’alta quota, fatte per
essere piazzate a 8000 metri», ribadii io.
«Certamente resisteranno a 8000 metri, ma non
resisteranno alla tempesta che incontrerete, ricordate che siamo in un
solstizio equinoziale, il peggio delle tempeste che si possono scatenare.
Se non vi fidate è inutile che vado avanti.»
«No, no», intervenne Emilio guardandomi di sbieco.
«Sicuro che ci fidiamo, vada pure avanti.»
«Bene, allora l’itinerario che dovete fare è il
seguente: dal Santuario prendete il sentiero che avevate deciso, ma
anziché andare al colle Sibolet deviate a destra per il colle Intersile,
quello sulla sinistra del Tibert, quando siete sul colle scendete lungo il
vallone sottostante, troverete senz’altro parecchia neve, sarete sul
versante nord, i versanti sud sono tutti puliti ma quelli nord sono ancora
carichi di neve, tenetevi sulla sinistra, dovrete raggiungere il lago
Tempesta, quando sarete al lago avrete il canalino nord di fronte a voi.»
Si fermò un attimo per bere due sorsi di tè.
«Bene, stavo dicendo, quando sarete al lago, avrete di
fronte il canalino, non sottovalutatelo, portatevi tutto il materiale
alpinistico che avete, spero che ne avrete portato!» «Si, certo», dissi. «Imbraco, ramponi, piccozza, due
corde, vari moschettoni, cordini, un chiodo da ghiaccio a testa.»
«Avete solo una piccozza a testa?»
«Beh, si certo, non ci aspettavamo di dover risalire un
canalino.»
«Se siete sufficientemente in gamba dovrebbe bastarvi.
Stavo dicendo, dopo che vi siete legati risalite il canalino, non è
eccessivamente difficile, ma se lo trovate ghiacciato non è banale.
Quando sarete circa a due terzi, ve ne accorgerete perché l’inclinazione
aumenta, sulla destra a circa dieci metri di altezza vi è una grotta, la
si vede solo all’ultimo momento, non la si vede né dall’alto né dal basso,
la si vede solo quando si è a due terzi del canalino, quei dieci metri per
arrivare alla grotta sono il tratto più difficile. Dovete entrare, lì
troverete rifugio, non vi serviranno le tendine, potete anche lasciarle
qui.
Una cosa importantissima: non fatevi ingannare dalla falsa sicurezza che
ispira la grotta, ci sono degli ottimi spuntoni di roccia qualche metro
all’interno sulla destra in alto, fatevi una buona assicurazione e
legatevi per bene. L’assicurazione deve essere a prova di bomba, deve
resistere sia dall’alto che dal basso. Credetemi è importante: è lì che ho
trovato rifugio quella volta, il mio compagno di cordata non era
sufficientemente assicurato, è volato via...»
«Ma…, non ha detto che eravate legati?» Dissi.
«Si, ma le corde di allora non erano come quelle di
ora, quella con cui eravamo legati si spezzò.»
«Spero vivamente che quelle di ora resistano, se
succedesse quello che è successo a me… non lo so…», pensò; mentre
finiva la frase assunse un’espressione corrucciata, poi riprese:
«All’imboccatura della grotta potrete sistemare tutti i vostri strumenti,
poi quando tutto sarà finito, all’indomani, vi conviene risalire il
canalino. Quando sarete in cima andate verso il colle Sibolet e ritornate
qui a raccontarmi come è andata. Mi raccomando, ci tengo.»
«Sicuramente, dopo tutti i consigli che ci ha dato è il
meno che potremmo fare.» Dissi io.
«Avete ancora qualche dubbio? Qualche domanda?»
«Beh… di dubbi penso ne avremo ancora molti», disse
Giovanni stringendosi il mento tra l’indice e il pollice della mano
destra. «Comunque l’itinerario che dovremo fare è molto chiaro, la
posizione della grotta anche, il resto lo vedremo quando saremo sul posto.
Direi che potremmo anche andare. Se non avete qualche domanda voi.»
Ci fu qualche secondo di silenzio. Gli interrogativi ci
turbinavano nella mente, ma non avevamo il coraggio di porli. Rispondemmo
che tutto era chiaro.
«Ancora una cosa prima che ve ne andiate: ricordatevi,
quando sarete nella grotta assicuratevi molto bene con la corda; quando il
vento comincia a soffiare, lì soffia forte.»
«D’accordo», dissi io mentre cominciavo ad alzarmi. «Lo
terremo presente, ora sarà meglio che andiamo, abbiamo molte cose da
preparare per domani.»
Mentre camminavamo lungo la via centrale di Castelmagno
per fare ritorno all’albergo dissi: «Che cosa ve ne pare del racconto che
ci ha fatto?»
«Se devo dire la verità», disse Vittorio. «Mi sembra un
po’ fissato con il vento.»
«Beh… non è che sia tanto giovane, gli anziani alle
volte sono un po' fisati», risposi. «Però mi sembra molto lucido, direi di
non sottovalutare le sue parole.»
«Comunque quando saremo nella grotta valuteremo la
situazione.» Disse Giovanni.
Fine seconda puntata ------------------------------------------------------
Ogni riferimento a persone o fatti realmente accaduti è puramente casuale.
Ogni riferimento a luoghi o ambienti naturali è volutamente reale (escluso
la grotta). |