di Massimo Riso

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IV e ultima Puntata

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Finalmente i nostri amici giungono alla fine dell'avventura, potremo così sapere la causa di queste misteriose tempeste che avvengono in Val Grana.

Buona lettura.


LA TEMPESTA

La grotta presentava una imboccatura quasi circolare di circa due metri di diametro, leggermente ovalizzata in orizzontale. Sull'esterno era circondata da un anello di ghiaccio, che nella parte superiore formava una cortina di candelotti mentre nella parte inferiore vi era quella famosa colata. Il ghiaccio penetrava per circa cinque-sei metri verso l'interno, diminuendo progressivamente di spessore. A tratti era coperto da neve ammucchiata dal vento. Lasciava poi il posto a delle croste sottili annidate negli avvallamenti del pavimento. Infine c'era roccia nuda. Avevano raggiunto questo limite e la luce era ormai molto ridotta. Avevamo già acceso le pile frontali.

"Cosa ne dite ci fermiamo qua?" Chiesi.

"Direi di si, non c'è più neve e non siamo molto lontani dagli strumenti, possiamo continuare a tenerli d’occhio mentre mangiamo qualcosa, ora non ci resta che aspettare.” Rispose Giovanni.

Arrivarono così le otto, le nove, le dieci, … ed infine arrivò l’una. La tempesta era andata progressivamente aumentando d’intensità, il vento aveva raggiunto un’intensità tale che si insinuava ormai all’interno della grotta. L’anemometro segnava raffiche abbondantemente oltre i 100 Km/h.

“Porca miseria!” Disse Emilio. “Se il vento continua ad aumentare d’intensità finisce che si porta via l’anemometro!”

Avevamo piantato una piccozza nel ghiaccio all’imboccatura della grotta, vi avevamo legato l’anemometro con un cordino. In quel punto il ghiaccio era di tipo spugnoso, sufficientemente morbido da potevi penetrare il puntale della piccozza ma una volta piantato rimaneva conficcato saldamente.

“Il vecchio aveva proprio ragione in tutto,” disse Giovanni. “Pensate un po’ essere sulla vetta nelle tendine in questo momento.”

“Non farmici neppure pensare!” Disse Vittorio. “Già qui dentro il vento fa volare ogni cosa, figuriamoci lassù.”

Ci eravamo rannicchiati tutti assieme in una piccola rientranza della grotta ad una distanza tale da poter tenere d’occhio gli strumenti. Le parole di Vittorio mi fecero venire in mente una frase che aveva detto il Vecchio: “Ancora una cosa prima che ve ne andiate, quando sarete nella grotta e si leverà il vento assicuratevi molto bene con la corda, non lasciatevi ingannare dall’ingannevole sicurezza della grotta, quando il vento comincia a soffiare, li soffia forte; il mio amico fu sbalzato via proprio da una raffica di vento, perciò mi raccomando, fatevi un punto di sosta a prova di bomba.”

Il vento aveva cominciato a soffiare già da un po’, e continuava ad aumentare d’intensità. Guardai il display dell’anemometro, oscillava fra i 100 e i 150 Km/h e continuava ad aumentare, per contro la pressione continuava a scendere, nell’ultima ora era già scesa di 20 HPa. Istintivamente misi una mano sulla chiusura dell’imbraco, non eravamo assicurati. Guardai l’orologio, era l’una e venti.

“Emilio!” Dissi con voce allarmata. “A che ora è il plenilunio?”

“All’una e quarantatre minuti.”

“Ci rimangono ancora ventitre minuti. Facciamo ancora a tempo.”

“A tempo per cosa?” Domandò Vittorio.

“Per fare una buona assicurazione. Non ricordate quanto ci aveva detto il vecchio? Dobbiamo assicurarci con la corda. A questo punto penso che il massimo della tempesta sarà raggiunto in coincidenza con il plenilunio, e se il vento supera già i 150 Km/h penso che fra venti minuti qui ci sarà l’inferno.”

Non sapevo allora quanto vicino alla realtà potessi essere. Mi stavo preparando al peggio, ma al peggio non vi è mai limite.

Scandagliammo le pareti in cerca di un buon punto da assicurarci. Ancora mi vennero in mente le parole del vecchio: “... non fatevi ingannare dalla falsa sicurezza che vi ispira la grotta, ci sono degli ottimi spuntoni di roccia qualche metro all’interno sulla destra in alto, fatevi una buona assicurazione e legatevi per bene, l’assicurazione deve essere a prova di bomba.”

Guardai subito sulla destra in alto, ma non vidi nulla. Stavo guardando verso l’imboccatura della grotta: forse il vecchio intendeva sulla destra entrando. Andai allora verso l’ingresso: mi voltai e guardai a destra in alto, erano proprio lì, semi nascosti, degli ottimi spuntoni. Chiamai subito tutti gli altri. “Giovanni, Vittorio, Emilio, Rinaldo, venite qui, li ho trovati!”

Accorsero subito.

“Mi sembrano ottimi,” disse Giovanni. “Si può fare veramente un’assicurazione a prova di bomba.”

“Sono un po’ alti,” disse Vittorio. “Come facciamo ad arrivarci?”

“Non c’è problema, due di voi fanno una specie di sgabello con le mani. Ognuno con la destra si stringe il polso della sinistra, e con la sinistra stringe il polso dell’altro. Si crea così una specie di seggiolino su cui si può salire.” Io e Rinaldo facemmo il seggiolino, Giovanni vi salì. Arrivò così all’altezza degli spuntoni.

“Hei! Giovanni sbrigati, comincio a non farcela più.” Dissi.

“Ancora un attimo, ho quasi finito.”

Quando finimmo era quasi l’una e quaranta. Il vento stava cambiando direzione, si avvertiva quasi un risucchio, come se qualcosa cercasse di risucchiarci fuori dalla grotta. Guardai gli strumenti: l’anemometro segnava oltre 200 KM/h, non più a raffiche, ma continuo, un vento teso in continuo aumento, il barometro 950 HPa. In totale la pressione era diminuita di 60 HPa, la temperatura era scesa di due gradi, mentre l’umidità stava aumentando. Guardai l’orologio, l’una e quarantatre.

“Mamma mia!” Pensai. “Qui stiamo registrando un evento unico. Credo che in montagna non si sia mai verificato nulla di simile.” Ero molto eccitato, forse eravamo i primi esseri umani a registrare quel fenomeno.
 


Un Phantom tratto dal film "FINAL FANTASY"

Il suono del vento era ormai assordante, perciò gridai per farmi sentire dagli altri: “RAGAZZI! CI SIAMO!”

“GLI STRUMENTI! GLI STRUMENTI! STANNO VOLANDO VIA!” Gridò a squarcia gola Rinaldo.

Per primo volò via l’anemometro, di sfuggita vidi il display: superava i 300 km/h. Poi partì il termoidrografo, e via via tutti gli altri. Riuscii a scorgere il display del barometro un attimo prima che volasse, 840 HPa. La pressione era diminuita di oltre 260 HPa. Nemmeno in un tornado si ha un salto di pressione così alto, e continuava rapidamente a scendere. Fino a dove sarebbe arrivata?

Il boato del vento era assordante.

“MIO DIO! MIO DIO!.” Gridò Vittorio. “IL VENTO CI STA RISUCCHIANDO FUORI, NON RIESCO PIU’ A TENERMI, AIUTOOO!!”

Cercammo di tenerci l’un l’altro. Ma non ci fu nulla da fare, poco alla volta fummo trascinati verso l’uscita. Quando le corde andarono in tensione eravamo ormai all'imbocco della grotta. Mi rammaricai di averle lasciate così lunghe. Ormai non era più solo vento era un vero e proprio risucchio, neve, polvere, ghiaccio, perfino frammenti di roccia, tutto veniva aspirato intorno a noi. Sentii il terreno staccarsi da me. Guardai in basso: la luce della pila frontale illuminava un terreno che si stava allontanando. No, eravamo noi ad allontanarci dal terreno. Eravamo ormai sospesi in orizzontale, legati alle corde e stavamo avvicinandoci al soffitto. Girai il capo sul davanti, al centro. Dove tutto convergeva c'era una luce, una vivida presenza blu scuro che andava via via schiarendo. Sulla mia destra avevo Rinaldo. Gli diedi due colpi sulla spalla e gli feci cenno verso la luce.

A quel punto tutti se ne accorsero, eravamo aggrappati uno all’altro, trattenuti dalle corde. Fortunatamente le avevamo messe doppie, eravamo trattenuti da quattro corde da 11 millimetri.

Tutti fissavamo quella strana luce che andava via via espandendosi divenendo sempre più chiara.

Vidi come un’ombra che passò in mezzo alla luce e sparì. Feci cenno agli altri. Ormai comunicare era impossibile, il suono di quel risucchio era impressionante.

Mentre facevo dei cenni per spiegare quello che avevo visto, l'ombra ricomparve. Questa volta non più solo come una sagoma, ma come qualcosa di distinto, di grande, sospeso a mezz’aria, incurante del vento, con lunghi tentacoli, o zampe, non si percepiva chiaramente.

Poi ne comparvero altre, più grandi e più piccole. Cose totalmente aliene. La luce ci aveva ormai avvolto e quelle cose turbinavano intorno a noi. Una la vidi addirittura passare attraverso le corde, come se non esistessero. Sembrava ci ignorassero totalmente.

Avevano un aspetto gelatinoso, semi trasparente. Alcune erano di forma allungata, quasi vermiforme, altre erano quasi sferiche, come dei pesci palla, ma tutte avevano delle grandi bocche come i pesci abissali, oltre a delle sorte di zampe corte e robuste, con le quali sembravano spostarsi.

Un "pesce palla" meno trasparente degli altri si fermò davanti ad una corda, quasi ad annusarla, poi spalancò la bocca enorme e la tranciò di netto con un morso. Il terrore mi assalì. Se avesse tranciato tutte le corde dove saremmo finiti? Fu questa la fine del compagno del vecchio?

Mentre assistevo a tutto ciò mi sentii picchiare su una spalla. Trasalii. Era Rinaldo che richiamava la mia attenzione, facendomi segno disperato di guardare in avanti. Una di queste forme, grande quanto un bue si fermò davanti a noi, ci guardava con occhi che parevano senza fondo. Anche quella non era trasparente come le altre, ma era come il pesce palla che aveva tranciato la corda, era anche dotata di numerosi tentacoli sulla parte anteriore.

“Mio Dio! Si è accorto di noi.” Pensai, mentre anch’io lo scrutavo. Noi restavamo legati alle corde, risucchiati verso l’alto, impossibilitati a fare qualunque cosa, mentre la forma tentacolare ci stava fissando. Dietro ne spuntò un’altra, ancora più grande, immensamente più grande, come una balena. Si avvicinò alle spalle di quella che ci stava fissando, aprì la bocca e ne fece un boccone. Restammo allibiti. Poi un occhio grande come una padella ci fissò. A quel punto la forma perse la trasparenza, divenne completamente opaca, aprì nuovamente quell’enorme bocca, e questa volta puntò su di noi. Non potevamo fare nulla se non attendere l’inevitabile. Poi con uno schiocco, uno boato assordane piombammo sul pavimento. Il vento sparì, ed insieme ad esso tutte quelle forme. Restava sospesa nell’aria una fitta polvere che si andava rapidamente depositando sul terreno.”

“Fuuiiiii…..” Disse Emilio stravolto. “Che roba! Ma… esistevano davvero o le abbiamo sognate?”

“Io so soltanto che il vecchio lo sapeva,” disse Vittorio mentre si sgrovigliava la corda da un piede. “E’ stata una cosa dannatamente pericolosa.”

“Ma, sarà stato tutto vero o erano semplicemente visioni?” Disse Giovanni mentre si metteva in una posizione più comoda.

Fortunatamente le pile frontali non furono portate via dal vento. Almeno avevamo ancora un po’ di luce che ci permetteva di valutare la situazione.

Io intanto mi massaggiavo il ginocchio destro. Avevo battuto sulla roccia quando eravamo precipitati a terra nel momento che era cessato il vento. Avevo il dubbio che quello che avevamo visto non fosse stato reale, forse allucinazioni causate dal rapido abbassamento della pressione. Doveva aver raggiunto livelli bassissimi. Nel mentre mi venne in mente il “pesce palla” che aveva tranciato la corda, così dolorante, mi alzai e seguii con la luce della pila frontale le corde.

Dopo circa dieci metri la vidi, tranciata di netto. “Allora non è stata un’allucinazione, era tutto reale.” Pensai.


Un Phantom tratto dal film "FINAL FANTASY"

“Hei!, venite un po’ qui a vedere.” Gridai

“Che cosa c’è adesso.” Disse Rinaldo.

“Una delle corde si è rotta!” Disse Giovanni.

“No, non si è rotta,” risposi. “E’ stata tranciata.”

"È stata tranciata?" Disse Vittorio. "Ma come poteva tranciarsi?"

"E' stata una di quelle cose che assomigliano ai pesci palla." Dissi mentre guardavo le due estremità recise. "Ciò significa che tutto quello che abbiamo visto é stato reale e non allucinazioni. Dannatamente reale."

"Mamma mia!" Disse Vittorio. "Ma da dove venivano tutte quelle bestie volanti? Mi sembra impossibile che fossero vere."

"Eppure se la corda è stata tranciata significa che quelle cose non possiamo essercele inventate." Dissi mentre guardavo ancora i due tratti di corda. Erano proprio recise di netto, senza sfilacciature. Quel 'coso' doveva avere dei denti veramente affilati.

“E poi,” aggiunsi . “Come è possibile che tutti noi abbiamo avuto la stessa allucinazione? Pensateci bene.”

“Già,” disse Giovanni. “Mi sembra proprio dei essere piombato in uno dei tuoi racconti. Ma… non è che tu hai già idea di quello che ci è successo?”

“In effetti una mezza idea comincio a farmela.”

“Ebbene…” Disse Rinaldo. “Non puoi lasciarci così senza una spiegazione, dobbiamo pur far passare la notte, non sono certo nello stato d’animo di farmi una dormita.”

“Una dormita!” Disse Vittorio. “E chi ha sonno dopo tutto quello che abbiamo passato! Penso che non riuscirò più a dormire per il resto della mia vita. E se quelle cose ritornano mentre dormo?”

L’idea che avevo in testa cominciava a prendere forma. Guardai l’orologio. Questo confermò la mia teoria, tutti i tasselli cominciavano ad andare al loro posto: l’abbassamento di pressione, il vento, il risucchio, le strane bestie, lo schiocco che mise fine a tutto, ed infine questo, l’orologio e il cielo.

“Mario, che cos’hai?” Disse Rinaldo. “Mi sembri con la testa nelle nuvole.”

“Stavo pensando che tutto quello che abbiamo visto ha un senso. Avete visto che ore sono?”

Tutti guardarono l’orologio, e quasi in contemporanea dissero: “E' l'una e cinquanta.”

"Ora guardate un po' il cielo."

"Comincia ad albeggiare." Disse Rinaldo

Ma un momento," intervenne Giovanni. "Come è possibile che alle due del mattino albeggi?"

"E' possibile," dissi. "Perchè sono passate più di cinque ore da quando è cominciata la tempesta."

“Ma non è possibile,” disse Emilio. “Quando è cominciata la tempesta non era ancora l’una e mezza. Non è possibile che siamo rimasti risucchiati dal vento per più di cinque ore!”

“Infatti, saremo stati risucchiati per cinque o dieci minuti al massimo, in caso contrario non ne saremmo usciti vivi.”

“Ma… come è possibile…” Disse Giovanni. “Tu cosa ne pensi di tutto ciò?”

“In effetti devo ancora chiarirmi alcuni elementi. Intanto guardate, comincia ad albeggiare. Direi di prepararci. Appena farà chiaro risaliamo l’ultimo tratto del canale e torniamo a Castelmagno. Credo che il vecchio abbia molte cose da aggiungere al suo racconto.”

Così cominciammo a prepararci. C’era molto da fare. Prima di tutto un inventario dell’attrezzatura che ci era rimasta. Fortunatamente gli zaini li avevamo riposti in un anfratto all’interno della grotta, il vento non era riuscito a risucchiarli.

Quando fummo pronti la luce era già sufficiente per valutare la situazione. Andammo all’imboccatura della grotta e guardammo il canale. Sembrava fosse passato un aspirapolvere: il vento aveva risucchiato tutta la neve che era caduta durante la tempesta, c’era rimasta solo quella vecchia completamente ghiacciata.

 “Vedo che la neve fresca è stata completamente spazzata via dal vento,” disse Giovanni. “Questo dovrebbe facilitarci la risalita dell’ultimo tratto del canale.”

“Perché dici dovrebbe?” Disse Vittorio.

“Il fatto che non c’è neve fresca ci facilita perché fatichiamo meno e non c'è pericolo di Valanghe.”

“Sempre che non vi sia qualche accumulo in alto,” dissi. “Vedo che sui monti qui in giro è venuta un bel po’ di neve, sono tutti completamente coperti.”

“Certo, comunque non credo. In questo punto penso che tutta le neve sia stata spazzata via dal vento, però il fondo del canale potrebbe essere di ghiaccio duro, e questo ci obbligherebbe a mettere un mucchio di assicurazioni intermedie. Parlo di viti da ghiaccio e ne abbiamo pochissime. Per questo dicevo dovrebbe, nella speranza che il ghiaccio non sia troppo duro.”

“Non ci resta che andare a vedere.” Dissi mentre passavo un anello di cordino sullo spuntone che avevamo già usato per la salita.

“Questo anello va benissimo per una discesa in corda doppia. Mi sembra l’unico modo per scendere sul canale.”

“Si, direi che è il metodo migliore.” Disse Giovanni mentre guardava il salto che ci separava dal canale.

Questa volta la fortuna fu dalla nostra, la neve sul fondo del canale non si dimostrò particolarmente dura, così salimmo rapidamente e prima delle otto ne fummo fuori.
 


Punta Tempesta a sinistra e il M. tibert a destra
al centro il colle Intersile

Ci sedemmo su una pietra per riporre l’attrezzatura alpinistica. Ormai non serviva più. Solo un lungo sentiero ci separava da Castelmagno.

Finito di stipare gli zaini ci sedemmo un poco ad assaporare i tiepidi raggi del sole. Era una goduria dopo quello che avevamo passato la notte. Solo Giovanni stava, con calma, ancora arrotolando la corda.

“Avete notato,” dissi. “I monti sono bianchi solo nelle vicinanze, a qualche chilometro di distanza non è venuto un solo fiocco di neve.”

“Già,” disse Rinaldo. “Questo è un fenomeno veramente locale. Ma, dimmi un po’ ci puoi ora raccontare quello che credi sia accaduto?”

“Già, quello che è accaduto...” Dissi.

“Non dirmi che non lo sai,” disse Giovanni mentre serio faceva il nodo di arresto per bloccare la corda così che non si srotolasse. “Hai l’espressione di uno che sa qualcosa.”

“Si, in effetti un’idea l’avrei, anzi, più che un’idea a pensarci bene. Non vedo altra spiegazione.”

“Ebbene?” Ribadì Giovanni.

“La conoscete la teoria degli universi paralleli?”

“Universi paralleli? Mai sentita nominare.” Rispose Giovanni.

“A me invece sembra di averne già sentito parlare,” disse Rinaldo. “Non è quella che teorizza l’esistenza non di un solo universo, ma di molti, il cui tempo è diverso uno dall’altro?”

“Più universi il cui tempo trascorre in modo differente dal nostro?” Disse Vittorio.

“Beh, non proprio,” dissi. “Mmmm… per chiarire il concetto pensate di avere una macchina del tempo andare in Germania al tempo di Hitler e ucciderlo, poi ritornare ad oggi, secondo voi che cosa trovereste al vostro ritorno?”

“Probabilmente una condizione diversa da quella attuale, in cui la storia ha avuto un altro corso.” Disse Emilio.

“Secondo me una cosa del genere non può succedere,” disse Rinaldo. “Infatti si ricadrebbe nel paradosso del tizio che andò nel passato e uccise sua madre prima che lui nascesse, per cui lui non potrebbe esistere.”

“Questa è la teoria dell’universo unico.” Risposi.

“Perché, secondo te una cosa del genere è possibile?” Disse Vittorio. “Sarebbe possibile andare indietro nel tempo e uccidere la propria madre? E’ una cosa terribilmente pericolosa!”

“Si, almeno teoricamente è possibile; e si, é davvero pericolosa. Ne abbiamo avuto una dimostrazione questa notte, ma non nel senso che pensi tu, perché quando ti sposti nel tempo cambi universo, uccidi tua madre, ma non è più tua madre, ma è la madre di un altro tizio uguale a te in un altro universo. Ritorni ad oggi, ma non sei più in questo universo, ma in un terzo, esattamente parallelo a questo, avente esattamente lo stesso tempo e che occupa lo stesso spazio, ma con un passato relativo differente e di conseguenza un presente differente.”

“Se ho ben capito,” disse Giovanni con il suo solito gesto di perplessità. “Quando ci si sposta nel tempo, sia nel passato che nel futuro ci si sposta in un altro universo e non si può più ritornale da dove si è partiti.”

“Vedo che hai afferrato il concetto. Ora dovete pensare che esistono universi vicinissimi al nostro, supponi che mentre ti stavi massaggiando il mento un attimo fa con un’unghia un po’ rotta ti fossi graffiato, ecco che esiste un universo praticamente uguale a questo in cui tu avresti in graffio in più sul mento. Ma ritorniamo all’esempio di prima: se fosse riuscito l’attentato a Hitler la storia moderna sarebbe molto differente. Ma andiamo ancora più indietro, se il meteorite che è caduto sulla Terra 65 milioni di anni fa avesse deviato un pochino e invece di picchiare sulla Terra e l’avesse solo sfiorata, ecco forse i dinosauri non si sarebbero estinti e ora gli esseri intelligenti sulla Terra non sarebbero magari gli uomini ma i sauri. Ma andiamo ancora più indietro. Se la nube cosmica che ha dato origine al sistema solare avesse avuto un poco più di massa, forse Giove sarebbe stato più grande e avremmo ora un sistema di stelle doppie con due soli, e magari anche Marte sarebbe stato più grande e ora avremmo due pianeti in cui si è sviluppata la vita.”

“Mmmm… molto interessante,” Disse Emilio che stava ascoltando attentamente. “Ma mi sfugge una cosa, che cosa c’entra tutto questo con quello che ci è accaduto questa notte?”

“Mi sono dilungato un po’ troppo, ma il concetto non è facile da capire. Veniamo a quello che ci è capitato questa notte. Immaginate un universo in cui la storia della Terra sia totalmente differente da quella attuale, una Terra con una pressione atmosferica molto più bassa, una vita animale che ha sviluppato la capacità di volare non come gli uccelli, ma come i pesci che galleggiano nell’acqua, con una specie di vescica natatoria piena di gas leggeri, come l'elio. Ebbene immaginate che avvenga un piccolo, piccolissimo contatto fra i due universi, che cosa pensate che succeda?”

“Con una pressione atmosferica più bassa della nostra si formerebbe un forte risucchio, una specie di locale bassa pressione, tipo quella di una tromba d’aria o di un tornado.” Disse Rinaldo. Poi fece una piccola pausa, e riprese. “Porca miseria! Vuoi dire che questa notte…”

“Esatto, è proprio quello che pensi. Questa notte abbiamo assistito al contatto fra due universi paralleli, fra due Terre che hanno avuto un’evoluzione differente. Gli animali che abbiamo visto appartengono alla Terra di un altro universo e noi eravamo proprio in mezzo, nel punto di congiunzione.

Questo spiega anche i pochi minuti misurati dai nostri orologi, mentre in effetti il tempo trascorso nel nostro universo è stato di ore. Nel punto di congiunzione vi era un’anomalia temporale, probabilmente in quel punto il tempo trascorreva in modo diverso rispetto ai due universi. Quel forte schiocco che abbiamo sentito alla fine non è stato altro che l’interruzione brusca del contatto, un po’ come il colpo d’ariete che avviene in una condotta d’acqua quando si chiude di colpo un rubinetto”

“Fuuiiiii…. Altro che influenza della Luna sul clima terrestre,” disse Emilio. “Qui la faccenda è molto, ma molto più significativa, se riuscissimo a provarlo potremo dimostrare l’esistenza degli universi paralleli, e la loro reciproca interferenza.”

“Già, ma come lo possiamo provare?” Disse Giovanni. “Abbiamo perso tutto.”

“Non penserai di fare un’altra spedizione?” Disse Vittorio. “Io non ci tengo a farmi mangiare da quei cosi che abbiamo visto. Ora l’abbiamo scampata per il rotto della cuffia, un’altra volta … non farmici neppure pensare.”

“Comunque la Luna c’entra sicuramente, anzi è la causa scatenante.” Dissi.

“Ma perché solo nei pleniluni, e soprattutto quelli equinoziali?” Disse Rinaldo.

“Intanto, ai pleniluni, e non solo, anche nei noviluni, vi è il massimo della marea, e nei pleniluni equinoziali, se non ricordo male, vi è il massimo assoluto della marea.” Dissi.

“Sicuramente non è solo questione di marea.” Disse Emilio. “Penso che c’entri anche la posizione della Luna.”

“E’ molto probabile. Se non fosse così le tempeste si verificherebbero anche nei noviluni, magari con minore intensità.”

“Io intanto direi di avviarci verso valle,” disse Vittorio. “Fra un discorso e l’altro sono quasi le undici.”

“Già, intanto ci penseremo.” Disse Rinaldo.

“No! Non pensare. Anzi, pensa solo a scendere a valle.”

“Io ora sto pensando a quella bella trattoria dove abbiamo mangiato l’altro giorno. Ho una fame che non ci vedo più.” Dissi.

“Come al solito Mario è il affamato!” Rispose Giovanni.

“Ho fame sì, è da ieri che non mangio in modo decente. Per prima cosa quando raggiungiamo Castelmagno facciamo un lauto pranzo, poi andiamo dal vecchio. Mi sa che ha molto da raccontarci.


EPILOGO

Ore 17

Eravamo nuovamente tutti sul terrazzino. Non facemmo neppure a tempo a bussare che l’uscio si aprì.

“Ah, bene, vedo che ci siete tutti. Entrate.” Disse il vecchio. “Vi stavo aspettando, anzi pensavo arrivaste un po’ prima, cominciavo a preoccuparmi.”

“Il fatto è che ci siamo fermati un po’ per discutere su quello che ci è capitato.” Disse Rinaldo guardando il vecchio in tralice.

Ci accomodammo nello stesso salottino dell’altra volta.

“Vi vedo tutti integri, arguisco che avete seguito i miei consigli e vi siete rifugiati nella grotta.” Disse il vecchio mentre si sedeva su una poltrona.

“Si, ma non è stato facile,” disse Giovanni. “Se non era per Mario non so se ce l’avremo fatta. L’ultimo salto di roccia per raggiungere la grotta è stato veramente difficile da superare.”

“Beh, non esagerare,” risposi. “Penso che ce l’avreste fatta anche voi, solo che io ho individuato la via di salita per primo.”

“Allora, ditemi come è andata.”

“E’ stato pericolosissimo,” disse Vittorio con tono secco. “Io una cosa del genere non l’ho mai passata in vita mia.”

“Una volta tanto sono d’accordo con te sulla pericolosità,” risposi. “Ma cominciamo dall’inizio.”

Così raccontammo tutta la nostra avventura, compresa la discussione sugli universi paralleli.

“Bene, bene, questo è un aspetto a cui non avevo mai pensato,” disse il vecchio. “Tutto è generato dal contatto fra due universi, questo spiega molte cose.

Ora vi racconto tutto quello che so. Capirete perché non ve l’ho detto prima.”

“Non vi avremmo mai creduto.” Rispose Vittorio.

“Esatto, ma cominciamo dall’inizio.

Andiamo nel III secolo d.c.; in questo periodo San Dalmazzo percorreva le Gallie con i suoi compagni predicando il Vangelo, alla fine morì martire. Questo fatto ha portato a credere che Magno fosse uno dei compagni del santo di Pedona (oggi Borgo san Dalmazzo), e che anch'egli avesse subito la stessa fine, come attesta la memoria liturgica.


La statua di Santo Magno

Le prime testimonianze sul culto di San Magno, nel Piemonte sud occidentale risalgono all'inizio del secolo XI, in coincidenza con il risorgere delle strutture monastiche benedettine dopo la distruzione saracena del 900 d. C.

Ma soltanto nel 1604 compare nell’iconografia ritratto come legionario romano, con lancia e vessillo o scudo bianco crociato di rosso, cioè come un guerriero. Ma sapete a cosa è dovuto questo cambiamento?"

Ci guardammo scambiandoci uno sguardo. Il vecchio continuò.

Molti lo fanno risalire al fatto che proprio in quell’anno lo storico Guglielmo Baldesano pubblicò un'opera, con la quale, forse per far cosa gradita a Carlo Emanuele I di Savoia, considerò soldati martiri ben 97 santi il cui culto aveva profonde radici nella popolazione del Ducato di Piemonte. Si sa che questa tesi non aveva solide radici storiche, ma si basava sulla leggenda della Legione Tebea.

Ma io non credo molto a questa teoria. Secondo ricerche che ho fatto personalmente negli archivi storici del santuario, proprio in quegli anni veniva annotato sul diario del parroco che custodiva il santuario: “... tempeste di inaudita violenza, in cui spesso compaiono schiere di diavoli ...”, ebbene questo non vi dice nulla?”

“Le strane creature che abbiamo visto nella tempesta.” Risposi.

“Esatto, perché proprio in quegli anni il Santo compare vestito da guerriero?”

“Forse per proteggere il paese dai diavoli.” Disse Emilio.

“Perfetto, è la stessa cosa che ho pensato anch'io.”

“Per cui il fenomeno è cominciato agli inizi del 1600,” riprese Emilio. “E da allora si ripete ad ogni novilunio specialmente a quelli equinoziali. Sono oltre 400 anni che la cosa sta andando avanti, ma come mai non si è risaputo?”

“Forse perché inconsciamente la gente pensa che è meglio lasciare stare i diavoli e non parlarne in giro. Perché credono possano uscire dalla tempesta e invadere il mondo.” Dissi.

“Vedo che anche tu stai arrivando alle mie conclusioni. Ora se è vero che tutto questo è dovuto al contatto fra due universi, che cosa succederebbe se un giorno il contatto non si chiudesse?”

“Mamma mia, non farmici neppure pensare!” Disse Vittorio.

“I diavoli potrebbero davvero invadere il mondo.” Disse Rinaldo.

“Eppure bisogna pensarci,” disse Giovanni. “Pensa se il prossimo plenilunio il contatto non si interrompe.


Un Phantom tratto dal film "FINAL FANTASY"

 

 

 

"Questa tua frase mi fa venire in mente una cosa," dissi. "Vi ricordate del film Final Fantasy?"

"No." dissero quasi tutti contemporaneamente.

"A me sembra di ricordarlo," disse Rinaldo. "Non era quel film con attori virtuali tratto da un videogioco, che parlava di una specie si fantasmi che erano piombati sulla Terra con un meteorite?"

"Esatto," risposi. "E' un vecchio film del 2001, ispirato a quello che allora era il più famoso videogioco in voga al momento. Fu il primo film con attori virtuali, oggi è una consuetudine, ma allora fu una novità e il film ebbe molto successo. Io ho ancora la copia originale, naturalmente essendo appassionato di queste cose appena uscì lo acquistai immediatamente. Mi piacque talmente che ogni tanto me lo rivedo. Ho tenuto un vecchio lettore DVD per vedere questi vecchi film."

"Rinaldo, tu che ti ricordi il film, ti viene in mente che forma avevano i "phantom" i fantasmi?"

"Non avevano tutti la stessa forma, alcuni erano vermiformi, altri con molti tentacoli, e fluttuavano in aria..., mamma mia!"

"Te ne sei reso conto anche tu, erano molto simili alle creature abbiamo visto questa notte, solo che invece di essere in una luce blu erano rossicci, ma sostanzialmente erano molto simili."

"Questo vuol dire che chi ha fatto il film è venuto fin qui?" Disse Vittorio.

"No, non credo. L'ideatore del gioco, che fu anche il produttore del film, era giapponese. Si chiamava, anzi si chiama, non mi risulta sia morto: Sakaguchi, e non penso proprio che venne mai in questi luoghi. Potrebbe anche essere una coincidenza, ma potrebbe anche essere che esistano altri luoghi simili a questo. La condizione degli uomini in quella Terra invasa da Phantom non era certamente allegra, se il contatto fra i due universi non si chiudesse, la condizione della Terra potrebbe assomigliare veramente a quella del film. Vengono i brividi solo a pensarci"

"In tal caso la cosa è ancora più pericolosa." Disse Vittorio.

"Su questo non vi è dubbio." Risposi. Dopo una piccola pausa ripresi: "Emilio ti ricordi quando sarà il prossimo plenilunio equinoziale?”

“Se non ricordo male dovrebbe essere il 20 settembre 2021, non è esattamente l'equinozio, ma è il più vicino possibile, per avere un altro plenilunio equinoziale bisogna andare al 22 marzo 2027, e anche quello non è perfettamente sull'equinozio.”

"No, no, troppo tempo, quello del 20 settembre dovrebbe andare bene, abbiamo comunque tutto il tempo che vogliamo per pensare ad un’altra spedizione, e questa volta sapendo a cosa andiamo incontro prenderemo le dovute contromisure.”

“Si ma..., se quella cosa che sembrava una balena ti pappa, puoi prendere tutte le contromisure che vuoi.” Disse Vittorio.

“Comunque io direi di non fasciarci la testa ora, abbiamo due anni e mezzo di tempo per preparare tutto come si deve.


Fine

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Ogni riferimento a persone o fatti realmente accaduti è puramente casuale.
Ogni riferimento a luoghi o ambienti naturali è volutamente reale (escluso la grotta).