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di Diego Rosa |
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(Quinta parte)

Maurice Utrillo: Paesaggio
sotto la neve a Maixe, 1923
Le nuvole si fecero basse,
nere, diedero alla terra un aspetto sinistro; ma, con l’alzarsi del sole
si alzarono anch’esse e s’imbiancarono. E gli occhi di tutti, anche
quelli dei bambini dritti sullo scalino della finestra, si sollevavano
lucidi di speranza:
- Verrà la neve? Finalmente
verrà.
Alla notte però le nuvole se
n’andarono furtive; stelle mai vedute, d’uno splendore quasi terribile,
illuminarono il cielo di cristallo livido; poi all’alba, quando i rumori
anche più lontani risuonarono chiari e metallici, le nuvole tornarono
pure e cupe. Solo la sera della vigilia esse rimasero alte e pallide nel
cielo.
- Questa notte viene certo.
Viene
Grazia Deledda. Da Marianna
Sirca
Nota:
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Meteorologia della neve
La
neve da raddolcimento
Nell’Europa centrale ed
orientale, negli sterminati territori della Siberia, in gran parte del
Canada e del Nord degli Stati Uniti, la maggior parte delle
precipitazioni nevose, in inverno, sono determinate da fronti caldi
recanti aria mite di origine marittima. Questo accade anche nei rilievi
dell’Europa occidentale e nel Nord Italia. E’ la cosi detta neve da
raddolcimento, “neige de redoux”, della letteratura francese.
Nelle Alpi, lo scenario
meteorologico tipico durante il quale si hanno tali precipitazioni è il
seguente: dopo alcuni giorni di tempo anticiclonico e freddo il cielo
comincia a coprirsi da W con le nuvole tipiche dei fronti caldi: cirri,
cirro-strati, alto-strati, nembo-strati, strati; la temperatura non cala
bruscamente al tramonto come d’abitudine, ma resta mite per la quota e
la stagione, le brezze si interrompono. Nella notte la neve comincia a
cadere, e la nevicata può durare sino al mattino seguente ed oltre, se
non si trasforma in pioggia. Poi il cielo si apre e si può talora godere
di una splendida giornata di sole. Nevicate di raddolcimento si possono
avere anche nelle pianure della Francia, in Belgio, in Olanda e dell’
Inghilterra se precedentemente si era creato un cuscinetto freddo in
prossimità del suolo grazie ad un’invasione di aria polare da N-NW od
artica da NE.

Fig.1 - Neve da raddolcimento in Francia per vento da W: 24-27 dicembre 1906 a
sinistra, 24-26 dicembre 1965 a destra.Andamento indicativo della
situazione barica (da Ch. P. Péguy, “La neige”.Presse Universitarie de
France; Paris 1968 )

Fig 2 - Neve da raddolcimento in Francia. Geopotenziale a 500 hPa ed isobare al
suolo il 25-12-1965 |

Fig 3 - Neve da raddolcimento in Francia.Temperature a 850 hPa
il 25-12 1965 |
La neve da raddolcimento
nel Nord Italia
La neve da raddolcimento è la più frequente nella
Valle Padana. Qui il cuscinettto freddo, generato dal raffreddamento,
per irraggiamento notturno, dell’aria intrappolata tra Alpi ed
Appennino, si crea molto facilmente in situazioni anticicloniche:
Possiamo definire cuscino o cuscinetto freddo lo strato d’aria a
contatto del suolo caratterizzato da inversione termica. Esso,
a parità di altre condizioni , quali l’umidità (sfavorevole) e
l’intensità della precipitazione (favorevole), è tanto più efficace ai
fini della possibilità di avere neve al suolo quanto più riduce, nel
grafico temperatura-quota, figure 4, 5, 6, l’area, compresa tra la curva
e l’ asse delle coordinate Y passante per lo 0, al di sotto del livello
dello zero termico, indicante una temperatura positiva. Ciò avviene in
concomitanza di anticicloni termici piuttosto che dinamici perché quest’ultimi
riscaldano molto l’aria in quota, innalzando conseguentemente il livello
dello zero termico. La persistenza dei cuscinetti freddi a fronte dei
flussi di aria tiepida meridionale aumenta da E a W e da N a S cioè
allontanandosi dalla costa adriatica e dal versante meridionale delle
Alpi (L’Appennino blocca pressoché totalmente l’influenza del Mar
Ligure). Un secondo tipo di cuscinetto, di più rilevante spessore si può
formare a seguito di un’invasione di aria fredda dai Balcani o dall’
Europa centrale.
L’aria mite è portata da depressioni centrate a W
della Francia, sull’Inghilterra, sulla Francia centro-meridionale, sul
Tirreno o sul Golfo Ligure (la celebre “Genoa Low”). In questi ultimi
due casi le cadute di neve possono essere molto consistenti; ma nella
pianura lombardo-veneta e nelle stesse Alpi orientali, talora anche
sopra i 1000 m di quota, la precipitazione spesso si trasforma in
pioggia a causa delle correnti sciroccali tiepide provenienti
dall’Adriatico. Nel Piemonte, in particolare nel Cuneese, Alessandrino e
nell’Oltre- Giogo ligure, viceversa la nevicata può continuare anche a
bassissima quota sino al termine dell’evento perturbato.

Fig 4 - Andamento schematico della temperatura con la quota in
presenza di un cuscinetto freddo insufficiente per la neve al
suolo |

Fig 5 - Andamento schematico della temperatura con la quota in
presenza di un cuscinetto freddo. Gelicidio al suolo |

Fig. 6 - Andamento schematico della temperatura con la quota in
presenza di un cuscinetto freddo. Neve al suolo |
Ciò è dovuto non solo alla già accennata maggiore
persistenza del cuscino freddo che non viene rapidamente ridotto o
smaltellato, ma anche, nel caso di depressioni da NW, a ragioni
sinottiche (il ramo occidentale più freddo soprattutto in quota della
depressione staziona più a lungo in queste regioni) e meteorologiche (le
precipitazioni è normalmente intense per stau da E sulle Alpi
occidentali e da NE sull’Appennino e questo porta un maggior
raffreddamento dell’aria a temperatura positiva).
Quando il cuscinetto freddo è dovuto ad una
precedente invasione da E o NE di aria artica può aversi neve anche in
tutta la pianura padano-veneta ed in Liguria, come a metà gennaio 1985
(Fig.7 e 8) quando si registrarono accumuli di 50 cm nel Polesine e
nella Romagna, 60 a Vicenza, 20 a Genova, più di 70 a Milano e 130 a
Trento.
Se la depressione dall’alto Tirreno o dal Ligure si
sposta nel medio-alto Adriatico, nel Golfo di Trieste si può generare la
così detta Bora scura e le nevicate, anche se le temperature, prima
dell’arrivo della perturbazione, non sono particolarmente basse, possono
aversi ed abbondanti sul versante adriatico dell’Appennino
centro-settentrionale, sulla pianura emiliana, veneta e romagnola. Con
questo tipo di tempo, ad esempio, nell’inverno 2004 si sono avuti
accumuli totali di 200 cm sui Colli Berici ed Euganei (a ca. 400 m di
quota), alle spalle di Vicenza (complice l’effetto stau per venti da E)
ancor di più nei Lessini. Viceversa, in tale situazione, nelle Dolomiti,
sottovento, le precipitazioni sono normalmente modeste se non assenti.

Fig. 7 - Neve da raddolcimento in tutto il nord Italia (Liguria
compresa) con Hp sulla Scandinavia e depressione sul Golfo di
Genova. Isobare al suolo e geopotenziali a 500 hPa il 14 gennaio
1985 |

Fig. 8 - Neve da raddolcimento nel Nord Italia. Isoterme a 850
hPa, il 14 gennaio 1985 |
La neve da invasione fredda

Fig. 9 - Pressione media al suolo nel periodo 17-20
aprile 1965(da Ch. P. Péguy, “La neige”. Presse
Universitarie de France; Paris 1968 ).
Neve da invasione d’aria fredda in Francia |
Nella parte più occidentale d’Europa,
Francia, Regno Unito, Spagna, le nevicate nel piano sono in gran
parte dovute ad invasioni di aria polare marittima da N o da NW
più raramente artica da E, NE, che avvengono soprattutto nel
tardo inverno e nella prima parte della primavera. Tali
invasioni possono essere pilotate tanto da depressioni
scandinave che da alte pressioni situate sulle medesime zone od
ancora più a nord. A seguito di tali irruzioni fredde il
cambiamento delle condizioni termiche è brutale. Ad esempio nel
contesto della situazione sinottica della Fig. 9 sul monte
Ventoux, in Provenza, la temperatura è passata dai 3 C° il 17
aprile ai –10 C° il 20 dello stesso mese ed al Colle de la
Porte, dopo 70 mm di pioggia, in 2 giorni caddero 50 cm di neve.
In Bretagna le rare nevicate sono dovute a venti da Nord (neve
di “Noroit”). Nel Galles, in Spagna ed in tutta l’Inghilterra. è
quasi sempre il vento da NW che fa nevicare in pianura. |
La neve da invasione
fredda in Italia
Le stesse perturbazioni da NW che portano la neve
anche nel piano in Francia producono spesso depressioni sottovento nel
Mar Ligure o nella Padania . Si possono così avere nevicate in pianura
nell’Italia settentrionale (in particolare in Valle d’Aosta, Piemonte e
nell’ovest Lombardia) talora anche nei rilievi della Toscana e del
Lazio, se l’aria in arrivo è sufficientemente fredda. Ma le situazioni
più frequenti per le nevicate da invasione fredda sono determinate da
irruzioni di aria artica, continentale o marittima, convogliate da un
anticiclone sulla Scandinavia, sulla Russia nord-occidentale o nei
pressi della Groenlandia come si verificò il 5 gennaio 1985 che vide la
neve a Roma ed a Venezia ed il giorno 8 dello stesso mese quando nevicò
abbondantemente a Firenze e tutta la Toscana. A seguito di queste due
irruzioni fredde si ebbero record secolari di temperatura negativa
nell’Italia centro-settentrionale (-23 °C a Firenze Peretola, -29 °C in
provincia di Bologna). La Fig. 10, riferita al 1° febbraio 1956,
presenta la situazione sinottica più classica contraddistinta da una
marcato anticiclone sulla Scandinavia e dallo stazionamento di una
profonda depressione sul Meridione. In questo mese, con il gennaio 1985
ed il febbraio 1929, il più freddo del secolo, durante il quale tale
conformazione fu molto persistente, nevicò in quasi tutta Italia con
accumuli eccezionali nel Centro-Sud ed in Sicilia : 365 cm a Capracotta,
216 cm al Terminillo, 189 cm ad Avigliano,100 cm nelle Murgie,142 cm a
Floresta. Ma anche più di 40 cm ad Imperia.

Fig. 10 - Neve da invasione fredda. Geoptenziale a 500 hPa ed
isobare al suolo il 1° febbraio 1956 |

Fig. 11 - Neve da invasione fredda. Temperature a 850 hPa il 1°
febbraio 1956 |

Fig. 12 - Isobare e precipitazioni nevose il 1° febbraio 1956
(dalla Pubblicazione n. 26 del Servizio Idrografico) |

Fig. 13 - Bassa pressione sull’Artico scandinavo e sul
Sud-Italia.
Nevicate al Centro-Sud, bel tempo al Nord il 26 gennaio
2005 |
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Ancora copiose cadute di neve si possono avere nel Centro e nel
Meridione a seguito di irruzioni di aria polare marittima
direttamente quadranti settentrionali, pilotate da depressioni
sul Mare del Nord, sulla Scandinavia o sull’Artico ad essa
vicino. In tali casi però il versante meridionale delle Alpi è
di regola sotto vento con cielo sereno e può sperimentare il
foehn. Tali situazioni possono protrarsi per molti giorni se non
per settimane come è successo nel gennaio 2005 (Fig. 13) con
eccezionali accumuli al Sud e siccità al Nord.
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Nevicate sulla pianura padano – veneta ed in Romagna
si possono avere invece, anche se con minore frequenza, per spostamenti
retrogradi di depressioni in quota (gocce fredde) dall’Europa centrale o
dai Balcani, pilotate da alte pressioni sulla Scandinavia o sulla Russia
settentrionale, come si ebbe nel febbraio 1991 che portarono 20/25 cm di
neve in Lombardia ,18 a Verona, 30 ad Udine, 60/70 nel Riminese (Figg.
14,15).

Fig. 14 - Neve per goccia fredda da E. Isobare al suolo e
geopotenziale a 500 hPa, il 6-2-1991 |

Fig. 15 - Goccia fredda sull’Europa centrale e sul Nord Italia
il 6-2-1991 |
La neve a Genova
Robusto cuscinetto freddo nella Valle Padana, meglio
se generato da una precedente irruzione di aria gelida da E, depressione
sottovento nel Golfo Ligure: questa è la situazione più propizia per
avere la neve a Genova, cosa peraltro niente affatto rara (più di 3
giorni l’anno in media, per il cinquantennio 1951-2000, secondo i
preziosi dati raccolti da Sergio Del Ponte; più che ad Udine e Verona).
La depressione sottovento innesca venti che ruotano in senso antiorario
da SW, S, SE, ed infine da N. Quest’ultimi fanno affluire, a bassa
quota, l’aria fredda del basso Piemonte approfittando della modestissima
elevazione dell’Appennino alle spalle della città, sino sulla costa,
abbassando rapidamente la temperatura anche di 10 °C. L’aria mite ed
umida da SE scorre al di sopra, provocando nevicate che possono essere
molto abbondanti. ( ad esempio il 3 marzo 2005: 25/ 30 cm in poche ore).
Le nevicate a Genova, ma anche a Savona, sono così, in un certo senso,
di invasione fredda nei bassi strati di raddolcimento in quelli
medio-alti.
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