Domenica mattina.
“Suonano alla porta, vai ad aprire Giulio, saranno i
tuoi amici.”
“Si, sono loro, allora io vado.”
“Li hai presi i soldi e i documenti?”
“Si, si, li ho presi. Nello zainetto ho tutto
l’occorrente, ho anche la videocamera del nonno, le riprese sulle
montagne russe saranno senz’altro di effetto.”
“Bene, mi raccomando, specialmente a te Albert che
sei il più grande, state attenti e non fatevi male. Ci sono alcuni
giochi che mi sembrano un po’ pericolosi.”
“Si, stia tranquilla signora, staremo attenti, e poi
c’è anche John, di lui mi fido.”
“A te Mario è passato il raffreddore? Tua madre mi ha
detto l’altro giorno che avevi un raffreddore tremendo.”
“Si, ho solamente un po’ il naso intasato, ma ormai
il più è passato.”
“Va bene, andate pure, ciao Giulio.”
“Ciao, mamma.”
“Se sapesse quello che andiamo a fare non starebbe
certo tranquilla.” Pensò Giulio mentre si allontanava.
“Le pile frontali le hai portare?” Disse Giulio.
“Certo! Le ho nello zaino,” Rispose Albert. “Ho
portato solo le pile senza i caschi, erano troppo ingombranti e avremmo
dato nell’occhio.”
“Ottimo.”
“Bene, il piano è questo,” disse Albert appena usciti
dalla stazione. “Alla biglietteria ci aspetta John, facciamo subito i
biglietti, poi mentre entriamo, scherziamo e gridiamo a voce alta in
modo da farci notare, così si ricordano di noi. Poi alla chetichella
usciamo, uno alla volta in modo da non dare nell’occhio. Ci riuniamo
tutti alla fermata dell’autobus. Lì un gruppo di persone che aspetta non
viene notato. Poi ci avviamo verso le miniere. Ci vorrà almeno mezz’ora
di cammino prima di arrivare.”
Ingresso delle miniere.
“Bene,” Disse Albert rivolgendosi a John. “Siamo
quasi all’ingresso delle miniere. Come entriamo?”
“Di certo non dall’ingresso principale.” Disse
Giulio.
“Esatto.” Rispose John. “Laggiù vi è l’ingresso
principale. Da cui dobbiamo stare alla larga. Invece qua dietro, sulla
destra, vi è una costruzione. Probabilmente era un magazzino. La griglia
che cinge tutto il piazzale della miniera, nel punto in cui è fissata al
muro è deteriorata, si può sganciare. Entreremo da lì. L’importante,
quando vi passiamo davanti, è di controllare che nessuno ci veda. Se ci
fosse qualcuno tiriamo diritti senza fermarci.”
Quando passarono davanti alla costruzione non vi era
anima viva. John sganciò la recinzione e uno alla volta passarono.
Appena oltrepassata la recinzione la riagganciò ed entrarono nella
costruzione la cui porta di ingresso all’interno del piazzale era
aperta.
“Fin’ora tutto è andato liscio.” Disse Giorgio. “Ma come entriamo nella
miniera? L’ingresso vedo che è chiuso da una pesante porta metallica.”
“Lo vedi quel masso sulla sinistra della porta,
proprio contro il battente?”
“Si.”
“Dietro quel masso vi è un buco da qui possiamo
entrare. Ora io e Albert andiamo avanti, spostiamo il masso, poi venite
avanti ed entrate attraverso il buco. Chiaro?”
“Si.” Dissero quasi tutti contemporaneamente.
“Bene.” Disse Albert. “Ora ci infiliamo le tute. Per
entrare nel buco penso che bisognerà strisciare.”
“Esatto.” Disse John, poi continuò. “E poi con le
tute se qualcuno dovesse scorgerci penserà che siamo dei tecnici che
effettuano dei controlli.”
“Buona idea.” Disse Giulio.
All’interno delle miniere e la
grotta.
“Come mai avete passato la corda attorno al masso?”
Disse Mario dopo che tutti furono entrati.
“Mi sembra di intuire il motivo,” disse Giulio mentre
si aggiustava la pila frontale. “Per mezzo della corda trasciniamo
nuovamente il masso davanti al buco di ingresso.”
“Esatto.” Disse John. “Così se qualcuno dovesse
guardare verso l’ingresso della miniera non si accorge di nulla.
Ora mi raccomando, qui intorno c’è pieno di carrelli
vecchi, rotaie e attrezzi di ogni genere abbandonati e arrugginiti.
Guardate bene dove mettete i piedi e state attenti, ci vuole tanto come
niente per farsi male.”
“Ok.” Disse Enrik. “Ma ora da che parte andiamo?”
“Dobbiamo tenerci sempre sulla destra, ci sarà almeno
mezz’oretta di cammino per arrivare all’ingresso della grotta.”
“Ma dimmi un po’,” disse Giulio rivolgendosi a John.
“Come hai fatto ad individuare l’ingresso della grotta, queste gallerie
mi sembrano tutte uguali.”
“Non è stata una cosa semplice, ho vagato per ore
avanti e indietro lungo questa galleria. Poi mi è caduto l’occhio su una
catasta di pietre un po’ diversa dalle altre. Alcune erano in una
posizione tale che era improbabile fossero finite così per caso, così ho
cominciato a toglierle ed effettivamente dietro c’era l’ingresso della
grotta.
Quando sono uscito ed ho ripristinato la catasta di
pietre ho fatto di fronte ad essa, dalla parte opposta della galleria un
piccolo segnale: tre pietre una sopra all’altra. Perciò guardate alla
vostra sinistra e cercate di individuare le tre pietre.”
Non passarono cinque minuti che Enrik gridò: “Ecco!
Ecco il segale!”
“Sssstttt. Che cosa urli!” Disse Albert. “Se ci fosse
qualcuno in giro per le gallerie ci potrebbe sentire.”
“Scusa, hai ragione. Ma mi sono lasciato trasportare
dall’entusiasmo.”
“Bene,” disse Albert. “Togliamo questo cumulo di
pietre così possiamo entrare.”
“Ba, sei sicuro che sia quello giusto?” Disse Mario.
“Bi sembra talmente piccolo.”
“Infatti, l’ingresso della grotta è molto piccolo. Ci
si entra a mala pena. Va già bene che siamo tutti magri, se qualcuno
fosse più grasso non riuscirebbe ad entrare. Sbaglio o ti sei ribeccato
il raffreddore?”
“Penso sia tutta quest’ubidità che c’è qui dentro.”
Finito di togliere le pietre che celavano l’ingresso
John disse: “Per primo vai tu Giulio che sei il più piccolo ed entri
meglio nel buco, non dovresti avere nessuna difficoltà a passare. Per
circa due metri il diametro è costante, poi va allargandosi, dopo circa
quattro metri diventa abbastanza comoda. Tu probabilmente puoi starci
addirittura in piedi.”
“Allora io vado.” Disse Giulio.
“Procedi in questo modo: allungati bene in terra con
la schiena sul pavimento, tieni le braccia in alto, ti cerchi degli
appigli per le mani sul soffitto della grotta e tirando con le mani e
spingendo con i piedi procedi verso l’interno. Non ti preoccupare di
strusciare sulla schiena, queste tute sono molto robuste. Quando sei
arrivato nella zona più larga ci avvisi così comincia ad entrate
Giorgio.”
“Bene.”
Tirando con le mani e spingendo con i piedi, piano
piano Giulio procedette verso l’interno.
Dopo neanche cinque minuti giunse nella zona più larga.
“Io sono arrivato, qui è molto più grande. Però c’è
un caldo terribile, ho fatto una di quelle sudate.”
“Riposati pure.”
Occorsero oltre venti minuti prima che tutti
riuscissero ad entrare.
“Ok, ci siamo tutti,” disse John. “Possiamo
proseguire, le difficoltà non sono ancora finite. Adesso per una
mezz’oretta cammineremo tranquilli, poi arriveremo in un grande salone.
Bisogna attraversarlo tutto.
Si incamminarono in fila indiana, John per primo.
Chiudeva la fila Mario.
“Tempo fa ho trovato in rete la foto di una grotta,
credo fosse in America,” disse Giorgio. “Era molto diversa da questa,
era piena di concrezioni: stalattiti, stalagmiti. Qui non ce ne sono, se
non alcune piccoline. Come Mai?”
“Boh… Non saprei.” Disse Albert.
“E’ semplice,” Intervenne Giulio. “Le concrezioni per
formarsi hanno bisogno di migliaia di anni. Queste rocce fino a duecento
anni fa erano ghiacciate, in superficie non c’era acqua liquida, solo
ghiaccio. Per cui non c’è stato il tempo sufficiente per la formazione
di concrezioni. Queste piccole stalattiti si sono formate certamente in
questi duecento anni.”
Improvvisamente John e i primi della fila sparirono.”
“Hei! John e gli altri dove sono finiti?”
“Siamo qui, siamo qui. Non preoccupatevi, siamo
entrati nel salone.”
“Ba è enorme!” Disse Mario. “Sembra quasi la volta di
una città.”
“Dobbiamo attraversarlo completamente. La volta
scorsa quando sono passato di qui ho fatto dei mucchietti di pietre per
segnare il percorso, soprattutto per non perdermi e ritrovare la strada
per il ritorno. Ora basta seguire i mucchietti e troveremo l’ingresso
della grotta dalla parte opposta di questo salone, e finalmente, spero,
ci condurrà all’esterno.
Se avete notato siamo sempre andati in salita, non
dovremmo essere molto lontani dalla superficie.”
“Bene. Ma io mi chiedo una cosa,” disse Albert. “Come
hai fatto l’altra volta a trovare il percorso?”
“Con un sistema molto semplice. Se l’aria calda
dell’esterno giunge fino alla miniera, significa che la città ha una
pressione leggermente inferiore che l’esterno. Questo può essere
spiegabile dal fatto che alcuni gas non riciclabili, penso prodotti
dalle centrali elettriche, vengono convogliati fuori, per cui si crea
una depressione.”
“Questo significa che la città non è completamente
sigillata.” Disse Giulio.
“Infatti, dalle fratture delle rocce, o da grotte
come questa un po’ di aria entra.”
“Ba tutto questo cosa c’entra con il trovare il
percorso corretto?” Disse Mario.
“C’entra, perché come stavo dicendo ho usato un
sistema molto semplice: ho raccolto un po’ di quella polvere fine che
c’era nella miniera e facendola cadere un pizzico alla volta guardavo da
che parte la corrente d’aria la deviava, seguendo la direzione opposta
ho trovato la continuazione della grotta.”
“Geniale!” Disse Giulio.
Seguendo i mucchietti di pietre raggiunsero la
continuazione della grotta.
“Beno bale che quest’ingresso è grande,” disse Mario
mentre si guardava attorno. “Bensavo già di dover strusciare come
nell’altro.”
“Non cantar vittoria troppo presto,” rispose John.
“Fra pochi metri arriva il difficile, è qui che l’altra volta mi sono
dovuto fermare.”
“Hei! Qui la grotta finisce!” Disse Enrik.
“No, non finisce,” rispose John. “Guarda in su,
continua verso l’alto.”
“E’ vero! Ma come facciamo a salire, è un camino
verticale!”
“E’ per questo che ho portato la corda. Venite tutti
qua, illuminiamo bene il camino. Vedete, dopo una ventina di metri
sembra riprenda con una pendenza più fattibile.”
Speriamo bene.” Disse Giorgio.
“Ho trovato in rete, in uno strano sito, un manuale
di alpinismo.”
“Alpinismo?” Disse Giorgio.
“Si, una volta quando si viveva fuori, la gente per
passare il tempo scalava le montagne.”
“Montagne? Vuoi dire le corrugazioni della crosta
terrestre?”
“Si, proprio quelle.”
“Bah… strani passatempi.”
“C’erano alcune montagne che superavano addirittura
gli ottomila metri di altezza.”
Ottomila metri! Ma sono una cosa come… oltre
quattrocento volte l’altezza della volta!”
“Esatto, e per salire su queste montagne, siccome le
pareti erano ripide, si legavano con una corda. Su questo manuale è
spiegato come legarsi e come assicurarsi alle rocce in modo che se si
cade non ci si fa male.”
Mentre diceva questo si tolse lo zaino e tiro fuori:
una lunga corda arrotolata, vari anelli di cordino, moschettoni, …
“Ecco!” Disse Giorgio. “Mi chiedevo cosa avessi lì
dentro di tanto voluminiso.”
“Con questo materiale ora ci leghiamo in modo che se
qualcuno cade non si fa male.”
“Io non ho la più piccola idea di come ci si lega ad
una corda.”
“Non preoccuparti vi lego io; anzi, vieni subito qui,
comincio proprio da te. Chiaramente questi non sono moschettoni come
quelli che usavano gli alpinisti, sono notevolmente più pesanti, ma
vanno bene lo stesso.”
Giulio osservava attentamente mentre John costruiva
l’imbraco con uno spezzone di corda, capì subito come farla girare e
quali nodi fare. Appena John finì prese un altro spezzone e costruì
un’imbraco su se stesso.
“John, Guarda un po’, è corretto come l’ho fatto?”
“Perfetto. Ma allora anche tu sapevi costruirlo.”
“Mai visto prima d’ora. L’ho imparato osservandoti.”
“Eccezionale, mai visto nessuno imparare così in
fretta. Già che ormai lo sai fare preparane uno per Mario, mentre io lo
preparo per Albert ed Enrik.”
“Adesso io vado,” disse John. “Albert mi assicurerà
mentre io salgo. Quando sarò arrivato in cima a questo camino uno alla
volta vi agganciate all’imbraco con il moschettone e salite. Non
preoccupatevi, se anche dovreste cadere vi tengo io.”
Ci volle quasi un’ora prima che tutti superassero il
camino.
“Bene, mi sembra che siamo saliti tutti piuttosto
bene.” Disse Albert.
“Era meno difficile di quello che sembrava.” Disse
Giulio.
“Ottimamente.” Disse John. “Ora mi sembra che la
grotta prosegua, sempre in ripida salita ma senza grosse difficoltà. Per
ogni evenienza gli imbrachi non li togliamo, la corda la metto a portata
di mano nello zaino. Penso che ormai non ci sia più molto, l’aria è
notevolmente più calda.”
“Spegnete un po’ le luci,” disse Giulio. “Mi sembra
di intravedere qualcosa.”
Tutti spensero le luci.
“Ba che cosa vedi?” Disse Mario. “Io non vedo dulla.”
“Si, si, eccola! La vedete là in alto? “
“Si, la vedo!” Disse John. “Una leggera luce!”
“Bene, allora ci siamo.” Disse Albert.
“Si, penso ancora pochi minuti.”
Occorsero ancora dieci minuti di faticosa salita. La
grotta era andata progressivamente allargandosi, l’apertura doveva
essere molto ampia perché il salone era illuminato pur non vedendosi
ancora l’uscita.
“E questo cos’è?” Disse Enrik.
“E’ un tronco. Non lo vedi?” disse Giulio.
“Si che lo vedo, ma cosa ci fa un tronco quassù? Come
ha fatto a risalire tutta la grotta?”
“Sicuramente non ha risalito la grotta, non poteva passare attraverso
quelle strettoie più in basso. Probabilmente arriverà da qualche altra
parte.”
“Ma da dove? Non ci sono città così vicine alla
superficie.”
“Eccola! Questa volta ci siamo davvero!” Disse Albert
“L’apertura verso l’esterno!”
“E la temperatura non è così alta, penso che potremmo
veramente uscire.” Disse Giulio.
“Ecco ora metto in funzione la videocamera 3D,
voglio immortalare questo momento.”
Uscirono in una piccola e stretta valle, davanti
all’ingresso della grotta vi era una radura, ma tutto intorno enormi
alberi ed un fitto sottobosco impedivano di vedere oltre.
“Ecco da dove veniva quel tronco.” Disse Enrik.
“Già,” disse Giulio mentre filmava con la telecamera
3D. “Probabilmente quando piove forte questa valle funge da imbuto e
convoglia l’acqua all’interno della grotta trascinando i tronchi che
abbiamo visto, però sono un po’ deluso, davanti abbiamo questo muro di
alberi che ci impedisce di vedere cosa c’è oltre.”
“Mi viene in mente una cosa,” disse John. “Poco prima
che la grotta si allargasse, ho visto una diramazione che andava verso
l’alto, non ho pensato di prendere quella perché eravamo ormai in vista
dell’uscita, però ora direi di provare a vedere dove conduce, può darsi
che sbuchi più in alto, sopra questa coltre di alberi.”
“Bene, andiamo.” Disse Giulio.
Rientrarono tutti nella grotta e presero la
deviazione.
Come di consueto apriva la strada John.
“Continua a salire molto ripida ma, almeno per il
momento, non vedo grosse difficoltà.”
Dopo mezz’ora di faticosa salita Mario disse: “Ba non
finisce più questa groddà? Saliamo sembre!”
Praticamente non finì la frase che John disse:
“Eccola! La luce! Un’alta uscita! Ormai cominciavo a disperare.”
Uscirono pochi metri sotto la vetta di una collina.
Il cielo era coperto di nubi ma l’aria era limpida. Davanti a loro una
sconfinata serie di alberi, a perdita d’occhio, fino all’orizzonte.
Uscirono dalla grotta e salirono sulla collina.
Tutto intorno a loro il terreno era collinoso e
interamente ricoperto da una infinita distesa di alberi e fiori
multicolori. Continuavano a girare in tondo guardando l’orizzonte senza
dire nulla. Mai nella loro vita avevano visto una foresta così vasta.
Vi erano dei grossi uccelli che volteggiavano sopra
la distesa di alberi, e in lontananza luccicava l’acqua di un lontano
lago.
Giulio riprendeva tutto, non staccava gli occhi dal
visore della videocamera.
Stettero mezz’ora a guardarsi intorno, rapiti dal
paesaggio. Fu John per primo a rompere il silenzio.
“Sarà meglio rientrare, non riesco quasi più a
sopportare il caldo, penso saremo almeno a quaranta gradi, con questa
scoperta penso che ora molte cose cambieranno.”
“Eh si,” disse Giulio guardando assorto la
videocamera. “Quando diffonderemo questo filmato cambieranno davvero
tante cose. Penso purtroppo che questa in Antartide sia l’ultima
foresta. Se qui siamo sui quaranta gradi a fine inverno, nel resto del
mondo il caldo avrà bruciato tutto.
Ma da qui si può ricominciare.”
FINE |