
di Roberto Pedemonte

Giuseppe Saverio Poli.
Liborio Romano: olio su tela |
Mantenendo puntata, anche per questo
numero, la nostra attenzione sulle Aurore Boreali,
riscopriamo le considerazioni che Giuseppe Saverio Poli,
dopo aver assistito direttamente ad un tale fenomeno,
esprime in merito alle apparizioni delle aurore boreali e
l’accadimento di tempeste nelle ore successive a quel
evento.
Tali “Congetture” fanno seguito alla
lettera scritta il 12 agosto 1772 da Isaac L. Winn,
Comandante della Marina Britannica, a Benjamin Franklin,
nella quale sono annotate alcune constatazioni riferite a
eventi tempestosi che hanno fatto seguito al verificarsi di
episodi di aurora boreale, durante la navigazione nel Canale
della Manica nel 1769. Come vedremo, anche Poli concorda con
quelle asserzioni.
Giuseppe Saverio Poli nacque a Molfetta
il 26 ottobre 1746 e, dopo aver studiato presso i Gesuiti,
si iscrisse alla facoltà di Medicina presso l’Università di
Padova. Dall’età di 24 anni si stabilì a Napoli, dove
insegnò Storia e Geografia presso l’Accademia Militare.
Ottenuta la fiducia di Ferdinando Re di Borbone, il quale
gli diede anche il compito di istitutore per il Principe
Ereditario Francesco, indossò l’uniforme militare con il
grado di luogotenente e iniziò a interessarsi delle scienze
della natura, acquistando apparecchi fisici per l’Accademia.
Nella sua vita incontrò e strinse rapporti, non solo
professionali, con i più rinomati scienziati d’Europa. Sua
fu la pubblicazione intitolata “Formazione del tuono, della
folgore e di altre meteore". Nel 1787 scrisse gli "Elementi
della fisica sperimentale" che, nel 1822, a tre anni dalla
sua morte avvenuta il 7 aprile 1825 all’età di 79 anni, dopo
varie ristampe, diede alle stampe in una nuova edizione, in
cinque volumi, arricchita delle nuove scoperte e delle nuove
teorie. Nel 1791 pubblicò le sue memorie, concernenti
l'elettricità, il magnetismo e le sue applicazioni mediche
Buona lettura.
Da “Avvisi Patrii” n° LXXII
del 15 Agosto 1778


Chromolitografia di Aurora Boreale verificatesi a
Port Foulke in Groenlandia il 6 gennaio 1861
Fonte:Wikimedia Commons |
Del Signor
Giuseppe Saverio Poli Professore di Geografia, e storia
militare nella R. Accademia del Battaglione R. Ferdinando di
Napoli
Fra le molte scoperte
fattesi in questo Secolo, un luogo distinto per la sua
utilità può meritare quella del Sig. Winn; che ha fornito ai
Naviganti un indizio certissimo, onde predire in alcune
occasioni una futura burrasca, e quindi cercare di porsene
in salvo. Sì fatto indizio è l’Aurora Boreale, che egli ha
trovato in ventitré differenti osservazioni costantemente
uniformi nel fatto, venir sempre seguita da venti del Sud,
ovvero del Sud-Sud-Ovest, produttori poi di una fiera
tempesta (a). Or mi do il piacere di poter aggiungere una
mia osservazione alle 23. sopraccennate del Sig. Winn, e che
servir può di ulteriore conferma alla sua verace assertiva
soggiungendo nel tempo stesso una breve spiegazione di un
tal fenomeno.
Nel giorno 3.
Dicembre 1777, essendosi a noi renduta visibile una vaga
Aurora Boreale, volli tosto valermi di tale occasione per
verificare il ritrovato del Sig. Winn, ed ecco il risultato
delle mie osservazioni.

Parte del testo della lettera di Winn a Franklin |
La comparsa
dell’aurora boreale avvenne verso le ore sette della notte
del 3., nel qual tempo l’altezza del mercurio nel Barometro
segnava pollici 29. ed 8. linee (b)
[1004.7 hPa N.d.R.].
In tutta la giornata seguente videsi l’aria piovosa col soffiar
del vento Sud-Sud-Est, il quale continuò costantemente fino
alla sera del giorno e piovigginò nel mattino, allorché il
mercurio nel Barometro era asceso all’altezza di 29.
pollici, e 6. linee
[999.1 hPa N.d.R.]: ma avvicinatesi
appena le ore sette della notte (ora corrispondente a
quella, in cui nella notte del giorno 3 comparve, siccome ho
detto, l’aurora boreale) incominciò a spirare il vento
Sud-Sud-Ovest il quale giusta le osservazioni del citato
Autore, esser dovea il preludio della futura tempesta. Così
di fatti addivenne conciossiaché dopo il tratto di due ore,
e propriamente in sull’avvicinarsi dell’ora nona, mentreché
il mercurio nel Barometro ritrovatasi all’altezza di pollici
29., e linee 5., e mezza [997.6 hPa N.d.R.] , sopravvenne,
soffiando con somma violenza, il medesimo vento, una
fierissima burrasca, e tale, che i nostri piloti volendola
caratterizzare, l’hanno enfaticamente denominata tremuoto di
mare. I bastimenti di varie nazioni, che si vennero a
ricovrare nel Golfo di Baja, oltrepassarono il numero di
cento: il freddo, che l’accompagnò, fu molto sensibile; e la
pioggia fu continua. L’impeto del vento anche quì in Città
fu violento a segno, che scosse orribilmente,e portò via
alcune invetriate in casa di persona mia conoscente.
Proseguì la burrasca così furibonda fino all’ora una del
seguente mattino; dal qual tempo in poi andò abbonacciandosi
di mano in mano fino al far del giorno; talmente ché dopo il
levar del Sole cessando il vento già detto, incominciò a
spirare dall’Ovest-Sud-ovest per quasi due giorni
consecutivi: al medesimo poi sono succeduti venti variabili,
i quali soffiavano ora dal Sud, ora dall’Est-Sud-Est, ed ora
dal Nord-Est, accompagnati sempre da tempo navigabile.
Ora io avrei
considerato, che il Sig. Winn avesse determinato partitamene
in tutti i 23 casi da esso osservati (siccome ha fatto in
soli due) sì la forza, e la vivacità dell’aurore boreali,
che l’impero del vento, e della procella ad esse seguita,
come ancora gl’intervalli di tempo frapposti tra il comparir
di quelle, e il sopravvenire della burrasca; conciossiaché
paragonando cotesti dati con tutti quegli altri, che dopo di
lui sarebbonsi potuto osservare, assai più presto, e con
maggiore facilità, ed esattezza sarebbesi in istato di
rilevare la verità del suo sospetto; cioè a dire, che
l’impeto del vento sia proporzionato alla vivacità
dell’aurore, e che quanto maggiore si è la vivacità
medesima, altrettanto più prontamente cominci il soffiar del
vento, la cui durata è poi corrispondente alla sua
prontezza, e gagliardìa. Ragionando sul caso da me riferito,
sembra che sì fatte particolarità quantunque si possano in
buona parte insiem conciliare, non si accordino poi tutte
appuntino. Nel caso da lui osservato nel canal d’Inghilterra
nel 1769, l’aurora fu molto sfolgorante, e vivace, la
burrasca seguì pria che scorse fossero ventiquattro ore, ed
ebbe la durata di circa ore otto; nel caso da me divisato la
vivacità dell’aurora fu mediocremente considerevole, e la
procella succedé dopo l’intervallo di quarantotto ore;
queste circostanze quantunque si accordino in buona parte
colle sue, non sono però esattamente corrispondenti, ed in
particolare in ciò, che riguarda l’impeto della procella.
Quanto giovar potrebbero ad assodare un tal puntole
diligenti osservazioni di que’ Piloti, che praticavano
sovente l’Oceano Settentrionale, e quindi la collazione de’
differenti risultati da esse! Profittevol cosa sarebbe,
specialmente per esso loro, che di un tal fatto, il quale
sembra finora sufficientemente contestato dalle
osservazioni, determinar si potessero nel tempo medesimo le
varie circostanze, che l’accompagnano.

Chromolitografia di Aurora Boreale verificatesi
nell'isola di Skye in Scozia l'11 settembre 1874
Fonte:Wikimedia Commons |
Per ciò che riguarda
la spiegazione del fatto, di cui si ragiona, a me sembra, se
mal non suppongo, potersi appoggiare sulla natura, e sulla
qualità dei fenomeni, che li compongono. Sembra in oggi
bastantemente provato (ed io ne ragiono a sufficienza nel
capitolo IV. delle mie Riflessioni intorno agli effetti di
alcuni Fulmini (c), che la
formazione dell’aurora boreale attribuir si debba al fuoco
elettrico, il quale diffondendosi dolcemente per entro
all’aria alquanto rarefatta di quella porzion d’atmosfera,
in cui sa esso la sua vaga appariscenza, rende in se un
bellissimo, e variato spettacolo. Indizj non dubbj della
ragionevolezza di una conghiettura a me sembra, che sieno le
seguenti osservazioni. I. Il potersi produrre ad arte col
mezzo dell’ordinario elettricismo le aurore boreali con
imitarne ben anche le continue diffusioni, ed i reiterati
getti di luce (d) II. La variazione sensibilissima, che le
naturali aurore han per costume d’indurre negli aghi
calamitati, siccome ebber la sorte di osservarne Celsio in
Upsal, Hiorter in Holmia, e Graham in Londra fenomeno che
non altrimenti succede per virtù delle fulgori, od anche in
forza di un elettrico torrente, da cui facciansi gli aghi
suddetti, quand’altri voglia, ad arte attraversare. 3. la
virtù elettrica, che esse diffondono sulle punte metalliche,
qual ora collocate queste dentro a tubi di vetro, tengansi
difese dall’azione dell’aria esteriore. 4. finalmente il
continuo, e vivace scoppiettio, da cui esser sogliono
accompagnate, e che sentitosi da coloro, che le hanno
riguardate da vicino, si rapporta del tutto somigliante allo
scoppio originato dall’elettriche scintille. Alle quali cose
puossi aggiunger ben anche la rarità somma di quella luce,
onde vengono costruite le aurore boreali; dimodoché
attraverso la medesima nulla perdono i raggi più deboli
degli astri; ma facendosi strada molto liberamente per entro
ad essa (e) fanno agevolmente ravvisare ancora le stelle
della minima grandezza. Ora una proprietà così fatta, ch’è
uno de’ segni caratteristici per poter distinguere la
boreale Aurora da qualunque altro fenomeno somigliante,
oltre la competere, oltre al competere a pelo al fuoco
elettrico, fa benanche vedere a chiaro lume non esser
formata la boreale Aurora dalle ordinarie, grossolane
esalazioni, siccome quelle, che impedirebbero senza verun
dubbio il libero passaggio della luce atraverso di esse.
Ciò posto non avrassi
alcuna difficoltà in supporre, che il fuoco elettrico già
detto induca un considerevole accrescimento di rarefazione
di quel vasto spazio d’atmosfera, entro a cui si diffonde;
ed in conseguenza, che ne disturbi molto sensibilmente
l’equilibrio; il quale turbamento poi forz’è, che sia
maggiore a proporzione della maggior quantità, ed azione del
fuoco elettrico, che val quanto a dire, a proporzione che
più vivace, e più sfolgorante si addimostra l’aurora
boreale. Da ciò dee seguire, che l’aria più densa movendosi
dall’opposta parte, correrà verso il Nord, giusta le note
leggi. A restituir l’equilibrio; ed il suo corso sarà tanto
più rapido, e più veemente, quanto più grande sarà la
mentovata rarefazione; corrispondentemente alla cui quantità
uopo è, che scorra eziandio maggiore, o minore intervallo di
tempo innanzi che rendasi sensibile a sufficienza
l’agitazione, e la correntia dell’aria, che tende con forza
a restituir l’equilibrio già detto. Seguiranno inoltre, che
l’equilibrio medesimo rimetterassi tanto più prontamente,
quanto sarà maggiore la velocità, con cui l’aria più densa
farassi strada infino al sito del suo accennato turbamento.
Ecco dunque l’origine dello spirare del vento dal Sud,
oppure dal Sud-Sud-Ovest dopo le aurore boreali: ecco perché
il suo impeto esser suole corrispondente alla vivacità delle
aurore; ecco anche il motivo, per cui l’intervallo di tempo,
che si frappone tra la comparsa dell’aurora, e il soffiar
del vento, serba della corrispondenza colla qualità del
fulgore di quella, ed ecco finalmente donde avviene, che la
durata del vento medesimo scorgesi proporzionata al suo
impeto, e alla sua gagliadìa.
E poiché esse vi
possono nell’atmosfera disposizioni tali, che vagliano ad
impedire, oppure ad alterare in qualche modo il nascimento
di coteste particolarità concomitanti, ognun comprende
benissimo donde mai può aver tratta l’origin sua la picciola
varietà, da me riferita di sopra, tra il risultato delle mie
osservazioni, e quelle del Sig. Winn; il quale divario per
altro nulla deroga alla verità, ed alla costanza del fatto
divisato.
Note
(a) Veggasi la
lettera del Signor Winn al Dot. Franklin nel vol. 30. Scelta
d’Opusc. Interef.
(b) I pollici qui
nominati sono del pié d’Inghilterra, avendo ricavate sì
fatte misure dal Giornale Meteorologico del Signor D.
Giovanni Vivenzio, Medico di Camera di S. M. il quale fa uso
di un eccellente barometro costruito a Londra da Ramsden, in
cui oltre al nonio ordinario, evvi un nonio proporzionale,
fra mezzo al barometro, e ad un termometro, che gli è a
lato, destinato a correggere le alterazioni cagionate dal
caldo, e dal freddo nell’altezza del Mercurio del barometro
medesimo. L’aut.
(c) Si stamparono in
Napoli nel 1773. in 8°. Presso Donato Campi.
(d) Produconsi queste
entro a tubi, ovvero bottiglie di vetro e differenti
grandezze. La più bella però, ch’io abbia giammai veduta si
è quella, che si produce dentro un gran tubo di cristallo
della lunghezza di 16. pollici [40.6 cm N.d.R.], e del
diametro di pollici 2. e mezzo [6.4 cm N.d.R.] armato in una
estremità di una punta metallica, che sporge al di dentro, e
nell’estremità opposta di una palla similmente di metallo.
Quando il medesimo sia già elettrizzato col mezzo della
macchina, e cosa da rimaner dolcemente sorpreso lo scorgere
al buio i vaghissimi, e continuati getti di luce, ch’entro
al vuoto del tubo si diffondono. Uno dei cotesti tubi vien
posseduto dal già nominato D. Giovanni Vivenzio, che in
virtù di un fino gusto, accompagnato da sode cognizioni
anche in tal sorta di materie, si è provveduto di più
macchine esatte, ed eccellenti, costruite in Inghilterra,
e’l cui numero si va tuttogiorno aumentando mercì di nuovi,
e pregevolissimi acquisti. L’aut.
(e) Veggansi su ciò
le memorie de’ Sigg. Meyer e Poleni; l’una inserita nel tom.
1. de’ Comment. dell’Accad. Imp. delle Scienze di
Pietroburgo pag. 336 e lpaltra nel tom. 8. pag. 398.
edizione di Bologna L’aut.
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