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Genova        
Numero 25, anno VII        
ottobre 2007        

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     di: Luca Onorato
 

SECONDA PARTE

Mentre le moderne tecnologie e conoscenze permettono di prevedere in anticipo e con un certo grado di affidabilità fenomeni estremi in grado di produrre una Criticità Diffusa (che colpisce cioè ampie porzioni del territorio regionale su zone con l’estensione tipica almeno delle Aree di allertamento interprovinciali), allo stato attuale non sono prevedibili con sufficiente accuratezza gli eventi caratterizzati da Criticità Locali (che colpiscono cioè piccole porzioni del territorio regionale, ovvero aree con estensione tipica comunale). Un esempio è costituito dagli eventi pluviometrici intensi di breve durata (forti temporali o rovesci anche persistenti), che riguardano porzioni di territorio limitate a qualche decina di Kmq e che quindi risultano critici per il reticolo idrografico minore e per le reti fognarie (vedere fig. 4). In tali casi l’attività non può che esplicarsi in una previsione sulla probabilità di accadimento, piuttosto che sull’esatta localizzazione e quantificazione dell’evento (che con i mezzi attuali è impossibile) secondo una serie di soglie ben definite.

Solo mediante la fase di monitoraggio e sorveglianza in corso di evento, con l’ausilio dei radar meteorologici, delle reti pluvioidrometriche e mediante procedure di “nowcasting”, è possibile localizzare e tracciare l’evoluzione a breve termine di fenomeni di natura localizzata. I temporali più pericolosi sono eventi definiti come Sistemi Convettivi a Mesoscala (MCS) in grado d’interessare le regioni mediterranee e la nostra penisola, soprattutto nel periodo caldo, quando le forzanti in quota riescono ad interagire con l’umidità ai medi-bassi livelli. Proprio quest’ultima, può essere rinforzata dal sollevamento della massa d’aria di origine marina (direttamente a contatto con l’orografia), con il conseguente innesco di un’intensa convezione caratterizzata da quantitativi significativi (>50-60 mm/h) su aree estremamente localizzate. Gli MCS, spesso, risultano associati a forti raffiche di vento (> di 70-80 km/h), un’ intensa attività elettrica ed episodi grandinigeni estremamente pericolosi per le coltivazioni agricole.

Fig. 4: le due figure evidenziano in concomitanza con un intenso evento temporalesco, quantitativi significativi (circa 50 mm/h al Passo del Turchino), quanto estremamente localizzati nell’entroterra del Genovese (14 luglio 2006)

Le precipitazioni quando presentano un carattere di persistenza superare i 100 mm/h possono in alcuni casi eccezionali. Basta tornare qualche mese indietro per ripensare all’evento temporalesco che si è autorigenerato nell’entroterra di Recco ad inizio Giugno 2007, oppure all’intenso fortunale che si è abbattuto a Venezia attorno alla metà dello stesso mese, provocando molti feriti a causa delle forti raffiche di vento (per un rovesciamento del palco sul pubblico).

Nel primo caso, quello Ligure, è importante chiarire come tale possibilità fosse stata prevista ed ampiamente evidenziata nei bollettini di vigilanza e Liguria, attraverso un‘alta probabilità’ di temporali intensi (da non confondere con le condizioni di ALLERTA idrogeologica 1 o 2) con raffiche e grandine associata anche a precipitazioni più significative e più persistenti nelle tre aree B, C, E corrispondenti al Centro-Levante (rispetto alle 5 aree in cui è stata suddivisa l’intera regione). Tale suddivisione (fig. 5 di sinistra), utilizzata nel bollettino di Vigilanza, permette di differenziare 5 aree caratteristiche (comprese tra 600 e 1700 Kmq), che a loro volta (fig. 5 di destra) rientrano in aree più ampie e climatologicamente affini, utilizzate nella mappa del Bollettino di vigilanza meteo nazionale – (www.protezionecivile.it/meteo).

Fig. 5: Le aree A,B,C, D ed E (comprese tra 600 e 1700 Kmq) vengono attualmente utilizzate nel Bollettino di vigilanza del CF e sono raggruppate a loro volta in aree più ampie e climatologicamente affini dalla Veglia meteo nazionale.

Come accennato, questi sistemi temporaleschi a mesoscala sono legati ad un innesco di significative correnti ascensionali che vengono aspirate verso i livelli più alti dell’atmosfera in concomitanza di diversi altri fattori, tra cui in particolare la vicinanza della corrente a getto, in grado di creare una significativa divergenza in quota ed una conseguente convergenza ai bassi livelli. Proprio quest’ultima, se risulta esaltata dall’orografia e accompagnata condizioni di elevata umidità ai medio-bassi livelli, può innescare sistemi temporaleschi molto intensi nella stagione calda (fig. 6).

Fig. 6: lo sviluppo di un intenso MSG sul genovese (e sulla Pianura Padano Veneta) ha determinato una serie di sistemi temporaleschi, caratterizzati da forti correnti ascendenti (osservabili nel top delle nubi nel canale del visibile a sinistra) e nubi dall’aspetto più fibroso che corrispondono all’incudine del cumulonembo; invece nell’immagine di destra il canale infrarosso permette di definire i contorni più freddi (violacei) del temporale (Copyright Eumetsat).

Queste strutture possono anche non essere associate al passaggio sistemi frontali, rendendo in alcuni casi la previsione ancora più complicata. In questo caso le intrusioni di aria stratosferica spesso non sono accompagnate da alcun segnale alla medio-bassa troposfera. Infatti, come accennato, il motore di questi fenomeni risiede principalmente agli alti livelli della troposfera, in quanto risulta legato ad un’intrusione di aria estremamente secca diretta dalla tropopausa verso la media atmosfera, che si colloca nella parte posteriore dei sistemi temporaleschi.

Dalle uscite modellistiche ci si accorge come l’evoluzione di queste anomalie non sia sempre in fase con la realtà: in queste situazioni lo strumento che ci può dare un ulteriore quanto decisivo aiuto nella previsione a brevissimo termine e nel monitoraggio di questi fenomeni è sicuramente il satellite “Meteosat Second Generation” attraverso i canali del vapore acqueo (e/o le specifiche composizioni colorate): questi ultimi, se opportunamente confrontati con i dati modellistici e le relative osservazioni sinottiche, possono essere estremamente utili per l’individuazione nell’alta atmosfera di zone caratterizzate da intense anomalie di tropopausa (associate a fenomeni convettivi intensi).

In alcuni casi particolari, tali sistemi interagendo con l’orografia, possono dare origine ad intense strutture temporalesche caratterizzate da una significativa persistenza, come è accaduto nel recente caso di Recco (giugno 2006): parliamo dei temuti sistemi a ‘V’ (fig.7-8) , forieri di precipitazioni eccezionali ed estremamente persistenti al vertice (quantitativi > 120 mm/h), in grado di provocare un rapido innalzamento dei livelli idrici dei torrenti in un brevissimo lasso di tempo associate possibili inondazioni localizzate in aree contigue all'alveo e conseguenti frane e/o smottamenti.

Fig.7: Il canale del Vapore Acqueo del MSG evidenzia chiaramente l’MCS a forma di ‘V’, responsabile di precipitazioni eccezionali quanto estremamente locali nell’interno di Recco (ad inizio mattinata del 1 giugno). Copyright Eumetsat

Se è possibile definire in base ad una serie di parametri (scenari sinottici, avvezione d’umidità, indici temporaleschi, divergenza della corrente getto ecc..) una ‘probabilità di formazione’ di questi sistemi (ALTA o BASSA) per le diverse aree (ritornare ad ex al caso di fig. 2), invece il loro esatto sviluppo e di conseguenza la successiva evoluzione spazio-temporale risultano allo stato attuale imprevedibili, anche per i più importanti centri meteorologici internazionali.

Fig. 8 : due Sistemi a ‘V ’ responsabili di temporali intensi e localizzati, rispettivamente sulla Costa Azzurra (immagine dal Visibile a sinistra) e sul Tigullio (immagine all’infrarosso a destra). L’aspetto sfilacciato dell’immagine nel canale del visibile evidenzia l’incudine del temporale (trasportata dalle forti correnti in quota Sud-occidentali), caratterizzata nei suoi margini esterni da velature anche dense appartenenti ai cirrostrati (Copyright Eumetsat).

Anche la presenza di correnti discendenti può originare forti raffiche al suolo (> di 80-100 km/h), che prendono il nome di “Down Burst”; queste ultime una volta arrivate al suolo tendono ad espandersi orizzontalmente in tutte le direzioni, insinuandosi sotto l’aria calda e meno densa. Il loro bordo anteriore può raggiungere 1000 m di spessore e viene chiamato “gust front” o fronte di raffica (Fig. 9). Il sistema frontale è fisicamente visualizzabile come una serie di nubi decisamente più scure in grado di avanzare velocemente verso l’esterno dell’area temporalesca al di sotto del cumulonembo e si presenta generalmente accompagnato da forti salti di vento ed improvvisi rinforzi estremamente pericolosi, anche per il piccolo diporto (a causa di un aumento del moto ondoso locale che risulta caratterizzato da onde corte e ripide, responsabili di rovesciamenti e/o affondamenti).

Fig 9: fotografia di un fronte di raffica sul Levante Ligure, legato ad un MCS proveniente dalla Versilia (in movimento verso Nord-Ovest), ripreso dall’arsenale militare di La Spezia il 2 giugno (Foto: Roberto Cresta). L’immagine nel visibile ad alta risoluzione delle 11.30 UTC ripresa un’ora dopo rispetto alla foto evidenzia un limitato fronte di raffica (appena visibile a SE della linea azzurra) in espansione verso N,NW, che precedeva l’MCS ormai in fase di dissolvimento nella Golfo dei Poeti. (Copyright Eumetsat, elaborata Onorato)

Come già accennato è possibile monitorare fisicamente la formazione e l’evoluzione di queste strutture grazie alle nuove tecniche nowcasting, allertando nel brevissimo termine le possibili zone potenzialmente a rischio. Questi sistemi, infatti, ad un certo punto del loro ciclo vitale subiscono un andamento che viene definito ‘esplosivo’, che a volte risulta estremamente stazionario nella sua fase ‘esplosiva’ (MCS a ‘V’ ), mentre in altre situazioni invece è caratterizzato da una dinamica estremamente rapida e difficilmente prevedibile (nell’ordine di grandezza di una cinquantina di km/h). A questo proposito possiamo ricordare il caso di una cella temporalesca generatasi al Largo del Ponente Ligure, che dopo essere entrata in una fase ‘esplosiva’, proprio nella zona centrale della regione, ha raggiunto il suo stadio maturo nell’alta Toscana per poi morire, neanche 2 ore dopo, al confine con il Lazio.