Mentre le moderne tecnologie e conoscenze
permettono di prevedere in anticipo e con un certo grado di
affidabilità fenomeni estremi in grado di produrre una Criticità
Diffusa (che colpisce cioè ampie porzioni del territorio regionale
su zone con l’estensione tipica almeno delle Aree di allertamento
interprovinciali), allo stato attuale non sono prevedibili con
sufficiente accuratezza gli eventi caratterizzati da Criticità
Locali (che colpiscono cioè piccole porzioni del territorio
regionale, ovvero aree con estensione tipica comunale). Un esempio è
costituito dagli eventi pluviometrici intensi di breve durata (forti
temporali o rovesci anche persistenti), che riguardano porzioni di
territorio limitate a qualche decina di Kmq e che quindi risultano
critici per il reticolo idrografico minore e per le reti fognarie
(vedere fig. 4). In tali casi l’attività non può che esplicarsi in
una previsione sulla probabilità di accadimento, piuttosto che
sull’esatta localizzazione e quantificazione dell’evento (che con i
mezzi attuali è impossibile) secondo una serie di soglie ben
definite.
Solo mediante la fase di monitoraggio e
sorveglianza in corso di evento, con l’ausilio dei radar
meteorologici, delle reti pluvioidrometriche e mediante procedure di
“nowcasting”, è possibile localizzare e tracciare l’evoluzione a
breve termine di fenomeni di natura localizzata. I temporali più
pericolosi sono eventi definiti come Sistemi Convettivi a Mesoscala
(MCS) in grado d’interessare le regioni mediterranee e la nostra
penisola, soprattutto nel periodo caldo, quando le forzanti in quota
riescono ad interagire con l’umidità ai medi-bassi livelli. Proprio
quest’ultima, può essere rinforzata dal sollevamento della massa
d’aria di origine marina (direttamente a contatto con l’orografia),
con il conseguente innesco di un’intensa convezione caratterizzata
da quantitativi significativi (>50-60 mm/h) su aree estremamente
localizzate. Gli MCS, spesso, risultano associati a forti raffiche
di vento (> di 70-80 km/h), un’ intensa attività elettrica ed
episodi grandinigeni estremamente pericolosi per le coltivazioni
agricole.
Fig. 4: le due figure evidenziano in
concomitanza con un intenso evento temporalesco,
quantitativi significativi (circa 50 mm/h al Passo del
Turchino), quanto estremamente localizzati nell’entroterra
del Genovese (14 luglio 2006)
Le precipitazioni quando presentano un carattere
di persistenza superare i 100 mm/h possono in alcuni casi
eccezionali. Basta tornare qualche mese indietro per ripensare
all’evento temporalesco che si è autorigenerato nell’entroterra di
Recco ad inizio Giugno 2007, oppure all’intenso fortunale che si è
abbattuto a Venezia attorno alla metà dello stesso mese, provocando
molti feriti a causa delle forti raffiche di vento (per un
rovesciamento del palco sul pubblico).
Nel primo caso, quello Ligure, è importante
chiarire come tale possibilità fosse stata prevista ed ampiamente
evidenziata nei bollettini di vigilanza e Liguria, attraverso
un‘alta probabilità’ di temporali intensi (da non confondere con le
condizioni di ALLERTA idrogeologica 1 o 2) con raffiche e grandine
associata anche a precipitazioni più significative e più persistenti
nelle tre aree B, C, E corrispondenti al Centro-Levante (rispetto
alle 5 aree in cui è stata suddivisa l’intera regione). Tale
suddivisione (fig. 5 di sinistra), utilizzata nel bollettino di
Vigilanza, permette di differenziare 5 aree caratteristiche
(comprese tra 600 e 1700 Kmq), che a loro volta (fig. 5 di destra)
rientrano in aree più ampie e climatologicamente affini, utilizzate
nella mappa del Bollettino di vigilanza meteo nazionale – (www.protezionecivile.it/meteo).
Fig. 5: Le aree A,B,C, D ed E (comprese tra
600 e 1700 Kmq) vengono attualmente utilizzate nel
Bollettino di vigilanza del CF e sono raggruppate a loro
volta in aree più ampie e climatologicamente affini dalla
Veglia meteo nazionale.
Come accennato, questi sistemi temporaleschi a
mesoscala sono legati ad un innesco di significative correnti
ascensionali che vengono aspirate verso i livelli più alti
dell’atmosfera in concomitanza di diversi altri fattori, tra cui in
particolare la vicinanza della corrente a getto, in grado di creare
una significativa divergenza in quota ed una conseguente convergenza
ai bassi livelli. Proprio quest’ultima, se risulta esaltata
dall’orografia e accompagnata condizioni di elevata umidità ai
medio-bassi livelli, può innescare sistemi temporaleschi molto
intensi nella stagione calda (fig. 6).
Fig. 6: lo sviluppo di un intenso MSG sul
genovese (e sulla Pianura Padano Veneta) ha determinato una
serie di sistemi temporaleschi, caratterizzati da forti
correnti ascendenti (osservabili nel top delle nubi nel
canale del visibile a sinistra) e nubi dall’aspetto più
fibroso che corrispondono all’incudine del cumulonembo;
invece nell’immagine di destra il canale infrarosso permette
di definire i contorni più freddi (violacei) del temporale
(Copyright Eumetsat).
Queste strutture possono anche non essere
associate al passaggio sistemi frontali, rendendo in alcuni casi la
previsione ancora più complicata. In questo caso le intrusioni di
aria stratosferica spesso non sono accompagnate da alcun segnale
alla medio-bassa troposfera. Infatti, come accennato, il motore di
questi fenomeni risiede principalmente agli alti livelli della
troposfera, in quanto risulta legato ad un’intrusione di aria
estremamente secca diretta dalla tropopausa verso la media
atmosfera, che si colloca nella parte posteriore dei sistemi
temporaleschi.
Dalle uscite modellistiche ci si accorge come
l’evoluzione di queste anomalie non sia sempre in fase con la
realtà: in queste situazioni lo strumento che ci può dare un
ulteriore quanto decisivo aiuto nella previsione a brevissimo
termine e nel monitoraggio di questi fenomeni è sicuramente il
satellite “Meteosat Second Generation” attraverso i canali del
vapore acqueo (e/o le specifiche composizioni colorate): questi
ultimi, se opportunamente confrontati con i dati modellistici e le
relative osservazioni sinottiche, possono essere estremamente utili
per l’individuazione nell’alta atmosfera di zone caratterizzate da
intense anomalie di tropopausa (associate a fenomeni convettivi
intensi).
In alcuni casi particolari, tali sistemi
interagendo con l’orografia, possono dare origine ad intense
strutture temporalesche caratterizzate da una significativa
persistenza, come è accaduto nel recente caso di Recco (giugno
2006): parliamo dei temuti sistemi a ‘V’ (fig.7-8) , forieri di
precipitazioni eccezionali ed estremamente persistenti al vertice
(quantitativi > 120 mm/h), in grado di provocare un rapido
innalzamento dei livelli idrici dei torrenti in un brevissimo lasso
di tempo associate possibili inondazioni localizzate in aree
contigue all'alveo e conseguenti frane e/o smottamenti.
Fig.7: Il canale del Vapore Acqueo del MSG evidenzia
chiaramente l’MCS a forma di ‘V’, responsabile di
precipitazioni eccezionali quanto estremamente locali
nell’interno di Recco (ad inizio mattinata del 1
giugno). Copyright Eumetsat
Se è possibile definire in base ad una serie di
parametri (scenari sinottici, avvezione d’umidità, indici
temporaleschi, divergenza della corrente getto ecc..) una
‘probabilità di formazione’ di questi sistemi (ALTA o BASSA) per le
diverse aree (ritornare ad ex al caso di fig. 2), invece il loro
esatto sviluppo e di conseguenza la successiva evoluzione
spazio-temporale risultano allo stato attuale imprevedibili, anche
per i più importanti centri meteorologici internazionali.
Fig. 8 : due Sistemi a ‘V ’ responsabili di
temporali intensi e localizzati, rispettivamente sulla Costa
Azzurra (immagine dal Visibile a sinistra) e sul Tigullio
(immagine all’infrarosso a destra). L’aspetto sfilacciato
dell’immagine nel canale del visibile evidenzia l’incudine
del temporale (trasportata dalle forti correnti in quota
Sud-occidentali), caratterizzata nei suoi margini esterni da
velature anche dense appartenenti ai cirrostrati (Copyright
Eumetsat).
Anche la presenza di correnti discendenti può
originare forti raffiche al suolo (> di 80-100 km/h), che prendono
il nome di “Down Burst”; queste ultime una volta arrivate al suolo
tendono ad espandersi orizzontalmente in tutte le direzioni,
insinuandosi sotto l’aria calda e meno densa. Il loro bordo
anteriore può raggiungere 1000 m di spessore e viene chiamato “gust
front” o fronte di raffica (Fig. 9). Il sistema frontale è
fisicamente visualizzabile come una serie di nubi decisamente più
scure in grado di avanzare velocemente verso l’esterno dell’area
temporalesca al di sotto del cumulonembo e si presenta generalmente
accompagnato da forti salti di vento ed improvvisi rinforzi
estremamente pericolosi, anche per il piccolo diporto (a causa di un
aumento del moto ondoso locale che risulta caratterizzato da onde
corte e ripide, responsabili di rovesciamenti e/o affondamenti).
Fig 9: fotografia di un fronte di raffica
sul Levante Ligure, legato ad un MCS proveniente dalla
Versilia (in movimento verso Nord-Ovest), ripreso
dall’arsenale militare di La Spezia il 2 giugno (Foto:
Roberto Cresta). L’immagine nel visibile ad alta risoluzione
delle 11.30 UTC ripresa un’ora dopo rispetto alla foto
evidenzia un limitato fronte di raffica (appena visibile a
SE della linea azzurra) in espansione verso N,NW, che
precedeva l’MCS ormai in fase di dissolvimento nella Golfo
dei Poeti. (Copyright Eumetsat, elaborata Onorato)
Come già accennato è possibile monitorare
fisicamente la formazione e l’evoluzione di queste strutture grazie
alle nuove tecniche nowcasting, allertando nel brevissimo termine le
possibili zone potenzialmente a rischio. Questi sistemi, infatti, ad
un certo punto del loro ciclo vitale subiscono un andamento che
viene definito ‘esplosivo’, che a volte risulta estremamente
stazionario nella sua fase ‘esplosiva’ (MCS a ‘V’ ), mentre in altre
situazioni invece è caratterizzato da una dinamica estremamente
rapida e difficilmente prevedibile (nell’ordine di grandezza di una
cinquantina di km/h). A questo proposito possiamo ricordare il caso
di una cella temporalesca generatasi al Largo del Ponente Ligure,
che dopo essere entrata in una fase ‘esplosiva’, proprio nella zona
centrale della regione, ha raggiunto il suo stadio maturo nell’alta
Toscana per poi morire, neanche 2 ore dopo, al confine con il Lazio.