Genova        
Numero 27, anno VIII        
ottobre 2007        

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  di Roberto Pedemonte

Eventi meteorologici particolari, quali la densa nebbia che nell’inverno 1778/1779 gravò per numerosi giorni in molte zone d’Europa, davano spunto a considerazioni di carattere scientifico didattiche, come nel caso dell’articolo pubblicato di seguito.
Nel testo si fa riferimento a Mr. Priestley e Mr. Lavoiseir.
Joseph Priestley fu scienziato e uomo di cultura inglese (1733-1804). La conoscenza di Benjamin Franklin lo stimolò a interessarsi alle questioni scientifiche, in particolare alla chimica, disciplina alla quale si rivolse con profitto giungendo alla scoperta di numerosi gas.
Antoine-Laurent de Lavoisier (1743-1794), chimico parigino, spesso indicato come il padre della chimica moderna, enunciò la prima versione della legge di conservazione della massa, riconobbe e battezzò l'ossigeno (1778), confutò la teoria del flogisto, e aiutò a riformare la nomenclatura chimica.
Sia Priestley che Lavoisier diedero vita a esperimenti di laboratorio che portarono alla determinazione dell’esistenza dell’ossigeno nel 1774. Fu Lavoisier che gli diede il nome e scoprì la sua funzione nei fenomeni della respirazione e della combustione.

Buona lettura.


Da “Avvisi Patrii” n° CVIII del 24 Aprile 1779, Genova


Antoine-Laurent de Lavoisier (Parigi, 26 agosto 1743 – Parigi, 8 maggio 1794)
Esperimento per determinare la composizione dell'acqua.
Francia incisione 19° secolo.
The Granger Collection, New York

Anche in Francia sono stati soggetti, come noi, negli scorsi mesi all’incomodo di una oscurissima nebbia, e fra gli altri il dì ventesimo primo di Gennajo si sparse così densa in Parigi, che ne risultarono più e più gravi accidenti, quali furono persone schiacciate dai cavalli, e dalle carrozze, buoi, e altri animali traviati, o perduti, per non essersi potuti seguire da’ loro guardiani, e cose simili. In tal occasione vi è stato un Anonimo, il quale ha fatto le seguenti osservazioni pubblicate nel Giornale di Parigi sotto i 29. dell’istesso mese.

Tutto Parigi ha veduto la nebbia degli scorsi giorni, e specialmente quella de’ 21. de corrente. Io non ardisco gia di assegnarne la causa fisica; ma solo di darne al Pubblico un’idea chimica.

La maggior parte delle nebbie non sono altro, fuorché vapori aquei, ridotti in quello stato per mezzo di qualche calore sotterraneo. Quest’ultima è d’una natura un poco diversa dalle altre. Primieramente era spessissima, e somigliante ad un fumo: 2. non era possibile di scorgere a traverso di essa la luce, e formava delle onde: 3. i lumi vi ardevano con difficoltà: 4. aveva un cattivissimo odore, che in alcuni siti cangiatasi. Ho riempiuto di questa nebbia più campane d’una gran capacità. Le ho messe in vasi d’acqua, per impedire ogni comunicazione coll’aria esterna. Ne ho portato una in un luogo caldo. La nebbia è restata senza cangiare per molto tempo; ma finalmente se ne sciolse una parte in licore, che si mescolò con l’acqua, in cui era tuffata la campana. Una della medesima capacità esposta in un luogo freddo ha lasciato deporre sulle pareti della campana de’ cristalli di ghiaccio. Una bugia accesa in una campana piena di tal nebbia, vi si è spenta più presto, che nell’aria atmosferica. L’acqua di calcina era sensibilmente intorbidata. Un uccello cadde in asfissia tanto presto quanto nell’aria fissa. L’ho fatto rivivere con un poco di aceto radicale. L’aria nitrosa, per quanto sia un mezzo debole per riconoscere la purezza dell’aria, ne ha assorbito ben poca, e ho veduto con piacere, che una cipolla di giacinto ne ha ristabilito una gran campana in meno di ventiquattr’ore. Questa nebbia lavata nell’acqua si è scemata assai poco: quella, che vi restò era molto propria per la respirazione. L’alkali perfettamente caustico, dopo esservi stato agitato, e lasciato esposto per una notte, è ritornato un poco effervescente.


Joseph Priestley (Fieldhead, 13 marzo 1733 – Northumberland, 6 febbraio 1804)

Mr. Priestley nel suo Trattato dell’aria fissa, crede, che l’aria dell’atmosfera sia ristabilita dalla vegetazione. Mr. Lavoisier ha fatto vedere, che l’aria atmosferica è una mistura d’una parte d’aria deflogistizzata, e di tre parti d’aria fissa; donde ne segue, che se non fosse ristabilita dalla vegetazione, o da qualche pioggia, avvelenerebbe chiunque n’è sottoposto all’azione. Quest’aria si ristabilisce facilmente nella state, in cui la vegetazione è abbondante, le piogge son dolci, e le rugiade frequenti; ma nel verno, in cui vi ha poco, o nulla la vegetazione, l’aria dee essere anche più viziata; perciocché è carica di effluvj putridi di tutte le sostanze, che tendono alla fermentazione.

Io riguarderò dunque una tal nebbia, composta di una gran quantità di aria fissa, e di molto poca aria atta alla respirazione, e fortunatamente d’un poco d’acqua, senza la quale sarebbe affatto mortale. Dopo l’esperienza ognuno si muoverà assai di leggeri a mettere ne’ propri appartamenti, dove si vorrebbe sempre un’aria pura, delle piante, la cui vegetazione può assorbire qualunque aria cattiva.

 

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