
di Roberto Pedemonte
Eventi meteorologici particolari, quali
la densa nebbia che nell’inverno 1778/1779 gravò per
numerosi giorni in molte zone d’Europa, davano spunto a
considerazioni di carattere scientifico didattiche, come nel
caso dell’articolo pubblicato di seguito.
Nel testo si fa riferimento a Mr. Priestley e Mr. Lavoiseir.
Joseph Priestley fu scienziato e uomo di cultura inglese
(1733-1804). La conoscenza di Benjamin Franklin lo stimolò a
interessarsi alle questioni scientifiche, in particolare
alla chimica, disciplina alla quale si rivolse con profitto
giungendo alla scoperta di numerosi gas.
Antoine-Laurent de Lavoisier (1743-1794), chimico parigino,
spesso indicato come il padre della chimica moderna, enunciò
la prima versione della legge di conservazione della massa,
riconobbe e battezzò l'ossigeno (1778), confutò la teoria
del flogisto, e aiutò a riformare la nomenclatura chimica.
Sia Priestley che Lavoisier diedero vita a esperimenti di
laboratorio che portarono alla determinazione dell’esistenza
dell’ossigeno nel 1774. Fu Lavoisier che gli diede il nome e
scoprì la sua funzione nei fenomeni della respirazione e
della combustione.
Buona lettura.
Da “Avvisi Patrii” n°
CVIII del 24 Aprile 1779, Genova


Antoine-Laurent de Lavoisier (Parigi, 26 agosto
1743 – Parigi, 8 maggio 1794)
Esperimento per determinare la composizione
dell'acqua.
Francia incisione 19° secolo.
The Granger
Collection, New York |
Anche in Francia sono stati soggetti, come noi, negli scorsi
mesi all’incomodo di una oscurissima nebbia, e fra gli altri
il dì ventesimo primo di Gennajo si sparse così densa in
Parigi, che ne risultarono più e più gravi accidenti, quali
furono persone schiacciate dai cavalli, e dalle carrozze,
buoi, e altri animali traviati, o perduti, per non essersi
potuti seguire da’ loro guardiani, e cose simili. In tal
occasione vi è stato un Anonimo, il quale ha fatto le
seguenti osservazioni pubblicate nel Giornale di Parigi
sotto i 29. dell’istesso mese.
Tutto Parigi ha veduto la nebbia degli scorsi giorni, e
specialmente quella de’ 21. de corrente. Io non ardisco gia
di assegnarne la causa fisica; ma solo di darne al Pubblico
un’idea chimica.
La
maggior parte delle nebbie non sono altro, fuorché vapori
aquei, ridotti in quello stato per mezzo di qualche calore
sotterraneo. Quest’ultima è d’una natura un poco diversa
dalle altre. Primieramente era spessissima, e somigliante ad
un fumo: 2. non era possibile di scorgere a traverso di essa
la luce, e formava delle onde: 3. i lumi vi ardevano con
difficoltà: 4. aveva un cattivissimo odore, che in alcuni
siti cangiatasi. Ho riempiuto di questa nebbia più campane
d’una gran capacità. Le ho messe in vasi d’acqua, per
impedire ogni comunicazione coll’aria esterna. Ne ho portato
una in un luogo caldo. La nebbia è restata senza cangiare
per molto tempo; ma finalmente se ne sciolse una parte in
licore, che si mescolò con l’acqua, in cui era tuffata la
campana. Una della medesima capacità esposta in un luogo
freddo ha lasciato deporre sulle pareti della campana de’
cristalli di ghiaccio. Una bugia accesa in una campana piena
di tal nebbia, vi si è spenta più presto, che nell’aria
atmosferica. L’acqua di calcina era sensibilmente
intorbidata. Un uccello cadde in asfissia tanto presto
quanto nell’aria fissa. L’ho fatto rivivere con un poco di
aceto radicale. L’aria nitrosa, per quanto sia un mezzo
debole per riconoscere la purezza dell’aria, ne ha assorbito
ben poca, e ho veduto con piacere, che una cipolla di
giacinto ne ha ristabilito una gran campana in meno di
ventiquattr’ore. Questa nebbia lavata nell’acqua si è
scemata assai poco: quella, che vi restò era molto propria
per la respirazione. L’alkali perfettamente caustico, dopo
esservi stato agitato, e lasciato esposto per una notte, è
ritornato un poco effervescente.

Joseph Priestley (Fieldhead, 13 marzo 1733 –
Northumberland, 6 febbraio 1804) |
Mr. Priestley nel suo Trattato dell’aria fissa, crede, che
l’aria dell’atmosfera sia ristabilita dalla vegetazione. Mr.
Lavoisier ha fatto vedere, che l’aria atmosferica è una
mistura d’una parte d’aria deflogistizzata, e di tre parti
d’aria fissa; donde ne segue, che se non fosse ristabilita
dalla vegetazione, o da qualche pioggia, avvelenerebbe
chiunque n’è sottoposto all’azione. Quest’aria si
ristabilisce facilmente nella state, in cui la vegetazione è
abbondante, le piogge son dolci, e le rugiade frequenti; ma
nel verno, in cui vi ha poco, o nulla la vegetazione, l’aria
dee essere anche più viziata; perciocché è carica di effluvj
putridi di tutte le sostanze, che tendono alla
fermentazione.
Io
riguarderò dunque una tal nebbia, composta di una gran
quantità di aria fissa, e di molto poca aria atta alla
respirazione, e fortunatamente d’un poco d’acqua, senza la
quale sarebbe affatto mortale. Dopo l’esperienza ognuno si
muoverà assai di leggeri a mettere ne’ propri appartamenti,
dove si vorrebbe sempre un’aria pura, delle piante, la cui
vegetazione può assorbire qualunque aria cattiva.
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