L’energia eolica è generata dalla forza del
vento.
La prima menzione dell’esistenza di mulini a
vento quali macchine di uso corrente per produrre energia meccanica
(sostanzialmente per pompare acqua e macinare il grano) risale alla
prima metà del 6° secolo della nostra era, in Persia. Intorno al
1200 il mulino a vento viene introdotto in Europa e vi si diffonde
rapidamente. Nel 1750 erano in attività circa 10000 mulini in
Germania ed in Inghilterra, 8000 in Olanda, 5000 in Danimarca.
Attualmente la potenza installata nel mondo supera i 30000 MW
soprattutto in Europa nella quale spiccano Germania (più di 8000 MW
nel 2000), Danimarca, Spagna ed Olanda. Lo sviluppo è stato notevole
negli ultimi anni. L’Italia nel 2000 aveva circa 430 MW installati,
soprattutto nel Centro-Sud.
Tecnica di
sfruttamento e disponibilità della risorsa
I venti si possono dividere in: venti geostrofici,
che spirano ad altitudini in genere superiori ai 1000 m e sono
comandati dalla differenza di temperatura che esiste sulla
superficie della terra, dalle alte e basse pressioni e dalla forza
di Coriolis, ed in: venti di superficie, che risentono molto della
morfologia del suolo (orografia). Tra gli elementi che determinano
l’intensità locale del vento si può evidenziare l’effetto tunnel
(lungo una valle aperta il vento si incanala ed aumenta la propria
velocità) e l’effetto collina (sullo spartiacque esso dapprima
compresso si espande verso il lato sottovento aumentando la propria
velocità).
La velocità del vento è estremamente variabile, pur tuttavia se ne
possono individuare i valori medi giornalieri, stagionali, annuali e
costruire in particolare le curve di durata. La curva di durata, ad
esempio annuale, molto usata in idrologia e meteorologia,
rappresenta in ascissa la durata, cumulata su tutto l’anno, durante
la quale un determinato valore di una grandezza, nel nostro caso la
velocità del vento, letto sulle ordinate, è stato eguagliato o
superato. Analiticamente si può definire come l’integrale della
curva delle frequenze (o meglio delle densità di frequenza). L’area
sottesa alla curva di durata (valutata rispetto all’asse delle
ascisse a partire dall’estremità destra sino all’ascissa x )
rappresenta (in opportuna scala) il volume d’aria defluita per unità
di superficie frontale alla corrente(in m3/m2) avente una velocità <
di quella data, letta sull’asse delle ordinate (vedi fig. 2). La
densità di frequenza della velocità del vento è sovente ben
rappresentata dalla curva di Weibull (fig.1)
Fig. 1 - Istogramma di una distribuzione
tipica della velocità del vento. In ordinata le ore dell’anno
durante le quali la velocità ha i valori, nelle ascisse, compresi
negli intervalli definiti dai singoli rettangoli. L’istogramma può
essere ben rappresentato dalla curva statistica di Weibull
Fig. 2 - Esempio di curve di durata della velocità del vento.
Fig. 3 - Curve delle velocità medie annue del vento in Italia
Il CNR ha pubblicato un rapporto approfondito
sulle condizioni anemologiche italiane. Le regioni costiere
centro-meridionali e delle isole ma anche in parte della Liguria
sono le più favorite.
Tab. 1 - Velocità del vento (km/h) a Genova
alla stazione di Castellaccio, 1922-1940. (Da C. Mennella. Il Clima
d’Italia)
Espressione della
potenza e del rendimento
L’energia cinetica del vento (in J) per m3
è data da :
1) E= 1/2 ρ v2
Dove ρ (kg/m3 ) è la densità
dell’aria che può essere assunta, al livello del mare, pari a 1,225
kg/m3 e v (m/s) è la sua velocità.
Mentre la potenza che passa attraverso una
superficie S (m2) perpendicolare alla direzione
del vento è data da:
2) P = E S v = 1/2 S ρ v3
Cioè è il flusso della stessa energia attraverso
S.
La potenza per unità di area è ancora ovviamente
3) Ps = 1/2 ρ v3 (W/m2)
Formula del Betz
Il rendimento o coefficiente di prestazione di un
aeromotore (formula di Betz), inteso come rapporto tra la potenza
(lorda) fornita alla macchina e quella del vento in ingresso, è il
seguente:
4) Cp = 4a(1-a)2
Dove: a = (v1 – v)/v1
con : v1 = velocità del vento all’ingresso del
rotore, v = velocità media del vento nella macchina pari a:
(v1 +v2)/2, v2 = velocità
del vento all’uscita del rotore.
La potenza lorda fornita P è data allora
da :
5) P = Cp 1/2 S ρ v3
Il valore di Cp varia in
funzione di a che è a sua volta funzione della velocità
periferica della girante u e della velocità del vento v.
Derivando Cp rispetto ad a ed annullando la
derivata, si vede che il suo valore massimo si ha per a = 1/3
e risulta:
6) Cpmax = 16/27 = 0,59
Questo è il rendimento teorico massimo di un
aeromotore per quanto concerne la trasformazione dell’energia del
vento in energia meccanica (lorda).
Altri rendimenti da considerare nella macchina
reale per determinarne la potenza elettrica fornita sono quelli
relativi a:
girante 85%
moltiplicatore 95%
generatore 98%
trasformatore 98%
radrizzatore 98%
che danno un rendimento totale η (prodotto
di questi rendimenti parziali) di ca. il 70%.
Anche il 70% è un rendimento massimo, relativo
alle condizioni nominali di funzionamento.
In pratica questo rendimento si colloca attorno al 50 - 55% per i
generatori industriali, attorno al 25 - 40 % per i generatori
artigianali.
La potenza massima mediamente producibile di un
aerogeneratore diventa:
7) P = 16/27 η S (1/2ρ v3 ) = 0,23
d2 η ρ v3
Avendo introdotto il valore massimo di Cp
= 16/27 e dove d (m) = diametro rotore
Al livello del mare si ha, arrotondando (in W):
P = 0,25 S v3 (massimo); (con η =
0,7)
P = 0,18 S v3 – 0,20 S v3
per le macchine industriali
P = 0,09 S v3 - 0,14 S v3
per le macchine artigianali.
La velocità del vento alla quale è ottimizzata la
macchia è quella dei venti prevalenti, ad esempio per le coste
atlantiche 7-10 m/s