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Genova        
Numero 31, anno IX        
Marzo 2009        

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     di: Diego Rosa
 

Parte terza – L'energia eolica - I

L’energia eolica è generata dalla forza del vento.

La prima menzione dell’esistenza di mulini a vento quali macchine di uso corrente per produrre energia meccanica (sostanzialmente per pompare acqua e macinare il grano) risale alla prima metà del 6° secolo della nostra era, in Persia. Intorno al 1200 il mulino a vento viene introdotto in Europa e vi si diffonde rapidamente. Nel 1750 erano in attività circa 10000 mulini in Germania ed in Inghilterra, 8000 in Olanda, 5000 in Danimarca. Attualmente la potenza installata nel mondo supera i 30000 MW soprattutto in Europa nella quale spiccano Germania (più di 8000 MW nel 2000), Danimarca, Spagna ed Olanda. Lo sviluppo è stato notevole negli ultimi anni. L’Italia nel 2000 aveva circa 430 MW installati, soprattutto nel Centro-Sud.

Tecnica di sfruttamento e disponibilità della risorsa

I venti si possono dividere in: venti geostrofici, che spirano ad altitudini in genere superiori ai 1000 m e sono comandati dalla differenza di temperatura che esiste sulla superficie della terra, dalle alte e basse pressioni e dalla forza di Coriolis, ed in: venti di superficie, che risentono molto della morfologia del suolo (orografia). Tra gli elementi che determinano l’intensità locale del vento si può evidenziare l’effetto tunnel (lungo una valle aperta il vento si incanala ed aumenta la propria velocità) e l’effetto collina (sullo spartiacque esso dapprima compresso si espande verso il lato sottovento aumentando la propria velocità).
La velocità del vento è estremamente variabile, pur tuttavia se ne possono individuare i valori medi giornalieri, stagionali, annuali e costruire in particolare le curve di durata. La curva di durata, ad esempio annuale, molto usata in idrologia e meteorologia, rappresenta in ascissa la durata, cumulata su tutto l’anno, durante la quale un determinato valore di una grandezza, nel nostro caso la velocità del vento, letto sulle ordinate, è stato eguagliato o superato. Analiticamente si può definire come l’integrale della curva delle frequenze (o meglio delle densità di frequenza). L’area sottesa alla curva di durata (valutata rispetto all’asse delle ascisse a partire dall’estremità destra sino all’ascissa x ) rappresenta (in opportuna scala) il volume d’aria defluita per unità di superficie frontale alla corrente(in m3/m2) avente una velocità < di quella data, letta sull’asse delle ordinate (vedi fig. 2). La densità di frequenza della velocità del vento è sovente ben rappresentata dalla curva di Weibull (fig.1)

Fig. 1 - Istogramma di una distribuzione tipica della velocità del vento. In ordinata le ore dell’anno durante le quali la velocità ha i valori, nelle ascisse, compresi negli intervalli definiti dai singoli rettangoli. L’istogramma può essere ben rappresentato dalla curva statistica di Weibull


Fig. 2 - Esempio di curve di durata della velocità del vento.
 


Fig. 3 - Curve delle velocità medie annue del vento in Italia

Il CNR ha pubblicato un rapporto approfondito sulle condizioni anemologiche italiane. Le regioni costiere centro-meridionali e delle isole ma anche in parte della Liguria sono le più favorite.

Tab. 1 - Velocità del vento (km/h) a Genova alla stazione di Castellaccio, 1922-1940. (Da C. Mennella. Il Clima d’Italia)

 

Espressione della potenza e del rendimento

L’energia cinetica del vento (in J) per m3 è data da :

1) E= 1/2 ρ v2

Dove ρ (kg/m3 ) è la densità dell’aria che può essere assunta, al livello del mare, pari a 1,225 kg/m3 e v (m/s) è la sua velocità.

Mentre la potenza che passa attraverso una superficie S (m2) perpendicolare alla direzione del vento è data da:

2) P = E S v = 1/2 S ρ v3

Cioè è il flusso della stessa energia attraverso S.

La potenza per unità di area è ancora ovviamente

3) Ps = 1/2 ρ v3 (W/m2)

 

Formula del Betz

Il rendimento o coefficiente di prestazione di un aeromotore (formula di Betz), inteso come rapporto tra la potenza (lorda) fornita alla macchina e quella del vento in ingresso, è il seguente:

4) Cp = 4a(1-a)2

Dove: a = (v1 – v)/v1 con : v1 = velocità del vento all’ingresso del rotore, v = velocità media del vento nella macchina pari a:
(v1 +v2)/2, v2 = velocità del vento all’uscita del rotore.

La potenza lorda fornita P è data allora da :

5) P = Cp 1/2 S ρ v3

Il valore di Cp varia in funzione di a che è a sua volta funzione della velocità periferica della girante u e della velocità del vento v. Derivando Cp rispetto ad a ed annullando la derivata, si vede che il suo valore massimo si ha per a = 1/3 e risulta:

6) Cpmax = 16/27 = 0,59

Questo è il rendimento teorico massimo di un aeromotore per quanto concerne la trasformazione dell’energia del vento in energia meccanica (lorda).

Altri rendimenti da considerare nella macchina reale per determinarne la potenza elettrica fornita sono quelli relativi a:

  • girante 85%

  • moltiplicatore 95%

  • generatore 98%

  • trasformatore 98%

  • radrizzatore 98%

che danno un rendimento totale η (prodotto di questi rendimenti parziali) di ca. il 70%.

Anche il 70% è un rendimento massimo, relativo alle condizioni nominali di funzionamento.
In pratica questo rendimento si colloca attorno al 50 - 55% per i generatori industriali, attorno al 25 - 40 % per i generatori artigianali.

La potenza massima mediamente producibile di un aerogeneratore diventa:

7) P = 16/27 η S (1/2ρ v3 ) = 0,23 d2 η ρ v3

Avendo introdotto il valore massimo di Cp = 16/27 e dove d (m) = diametro rotore

Al livello del mare si ha, arrotondando (in W):

P = 0,25 S v3 (massimo); (con η = 0,7)

P = 0,18 S v3 – 0,20 S v3 per le macchine industriali

P = 0,09 S v3 - 0,14 S v3 per le macchine artigianali.

La velocità del vento alla quale è ottimizzata la macchia è quella dei venti prevalenti, ad esempio per le coste atlantiche 7-10 m/s