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Genova        
Numero 36, anno X        
Maggio 2010        

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di: Luca Onorato

 

Seconda parte

Cosa ci dicono le proiezioni?

Le informazioni riguardanti i cambiamenti climatici risultino via, via più nette ed oggettive ed è ormai sempre più evidente la presenza di molti indicatori (ex. due ondate calde in sole 6 anni, scioglimento di ghiacciai alpini, ecc) che le confermano.

Tuttavia continua a permanere una scarsa consapevolezza del fenomeno da parte dell’opinione pubblica italiana (Mercalli, 2009), proprio quando a livello mondiale tali dati scientifici sono sempre più spesso recepiti (dal semplice cittadino alla politica) ed è stata superata l’idea che essere consapevoli del cambiamento climatico non vuol dire appartenere ad un determinato schieramento politico. Infatti ancora oggi, nel 2010, le istituzioni italiane continuano a dare linee molto contraddittorie e a volte contrastanti in merito alle modifiche in atto, mentre la comunità scientifica internazionale è ormai complessivamente concorde nell’affermare che dati non devono essere più oggetto di pretestuose e futili polemiche. Probabilmente, sarebbe il momento di andare avanti sulla base di quanto ormai assodato (e non più in discussione), cercando solo di comprendere meglio quale sarà l’entità e la portata del cambiamento in atto e quindi le incertezze che necessariamente lo caratterizzano.

Può valere la pena di confrontare la stima delle perdite e dei costi di una politica di riduzione del rischio. Ma bisognerebbe tener in debito conto che il fenomeno è ormai avviato a causa delle emissioni del passato e che anche un’azione politica forte non potrebbe invertire nel breve termine il trend di aumento della anidride carbonica; di conseguenza continueremmo a pagare quanto fatto in passato per un periodo abbastanza lungo.

In secondo luogo, i costi di una riduzione delle emissioni comincerebbero a crescere dalla loro entrata in vigore, divenendo molto alti nel prossimo futuro.

Ritornando al fattore incertezza, si può ragionevolmente affermare che, anche se non siamo sicuri delle dimensioni che assumerà tale cambiamento climatico (in quanto la C02 sta raggiungendo concentrazioni mai viste negli ultimi milioni di anni), potremmo anche pensare che non valga la pena di agire, considerata l’incertezza; tuttavia in molti sostengono che la possibilità di accadimento di eventi climatici catastrofici sia abbastanza realistica, anche se non la più probabile. In particolare, Weitzman (Università Harvard) afferma che è doveroso prendere in seria considerazione questo rischio, piuttosto che concentrarsi sul solo calcolo dei costi/benefici. Infatti, è abbastanza probabile che le attuali proiezioni climatiche non si modificheranno significativamente nei prossimi anni, continuando ad essere indirizzate verso scenari molto seri, per non dire apocalittici.

Ma per capirci meglio ritorniamo al concetto generale di Clima; la cui parola deriva da “klìma” che, in greco significa inclinazione. Il clima infatti è in massima parte una funzione dell'inclinazione dei raggi solari sulla superficie della Terra al variare della latitudine. La parola oggi denota l'insieme di condizioni meteorologiche ed ambientali che caratterizzano una determinata regione per lunghi periodi (almeno 30 anni ha stabilito l’Organizzazione Meteorologica Mondiale WMO) determinandone la flora e la fauna e influenzandone le attività umane. Stiamo parlando di un sistema altamente dinamico: le condizioni climatiche di una zona e dell'intero globo, infatti, possono variare nel tempo in modo anche significativo.

Quando tale dinamismo avviene su una scala temporale molto lunga si può affermare che sia principalmente legato alle periodicità astronomiche, ovvero alla variazione dell'orbita terrestre rispetto al sole e quindi alla quantità di energia che raggiunge la terra e influenza direttamente le temperature. Alcuni recenti cambiamenti però sembrano essere troppo veloci rispetto ai cicli naturali. La comunità scientifica, infatti, è arrivata alla conclusione che (con probabilità superiore al 95%) il riscaldamento osservato dagli anni '50 a oggi non possa derivare solo da cause naturali, in quanto il sole, alla luce delle conoscenze scientifiche, potrebbe dare un apporto massimo del 30% rispetto all'attuale aumento di temperatura globale. E' quindi assai probabile che il fattore scatenante del cambiamento climatico in corso sia legato all'emissione dei gas serra prodotti dalle attività umane. Di sicuro, come già accennato nella precedente pillola, sappiamo che la temperatura sulla terra sta aumentando a ritmo serrato. In 100 anni, dal 1906 al 2005, si è registrata una crescita costante. In particolare 11 degli ultimi 13 anni hanno segnato i valori in assoluto più alti da quando è possibile misurare la temperatura (il 1850). Ora, però, gli esperti devono comprendere con che velocità sta avvenendo questo cambiamento. Per mezzo secolo infatti le variazioni sono state lente e limitate, ma negli ultimi 50 anni la Terra si è riscaldata sempre più in fretta. Ultimamente la temperatura è aumentata al tasso di circa 0,25C° per decennio. Già dopo il 2003 questa tendenza è diventata evidente sino a segnare alcuni preoccupanti record: l’autunno scorso, nel Nord Italia, si sono registrate temperature più alte di 2°C rispetto al periodo 1960-90. Il 2009 ha presentato un’anomalia termica positiva anche superiore al 2003. A seguito di 2-3 irruzioni invernali abbiamo visto un susseguirsi di ondate di caldo che hanno interessato il suolo europeo fino al tardo autunno.

Un altro segno preoccupante viene dalle cime montuose. Dal 1900 ad oggi i ghiacciai alpini hanno perso in media il 40 per cento della loro massa (dati Agenzia Europea per l'Ambiente) pari ad un ritiro del 30 per cento in termini di superficie. Un esempio per tutti è quello del ghiacciaio della Marmolada che si è ritirato di circa 650 metri in meno di un secolo. Se da un lato il riscaldamento globale è facilmente monitorabile attraverso i rilevamenti, dall’altro i suoi effetti su parametri locali come intensità delle precipitazioni, siccità, regimi dei venti ecc, non sono ancora chiari. Gli scienziati sono però concordi nell’evidenziare una tropicalizzazione del clima alle medie latitudini ed una conseguente estremizzazione dei fenomeni atmosferici (basti pensare il moltiplicarsi di eventi estremamente intensi come quello che è avvenuto in Francia questo inverno con oltre 30 morti lungo la costa atlantica, per non parlare di molte altre tempeste extratropicali che dall’inizio secolo hanno interessato con un maggiore frequenza l’Europa).

Fig. 7 – simulazione (linea rossa) e osservazione (linea nera) delle anomalie di temperature dal 1990 a oggi.
Fig. 8 - osservazione (linea nera) delle anomalie di temperature registrate e simulazione dell’anomalia eliminando le emissioni di gas serra antropici (linea blu).

Siccità prolungata alternata a precipitazioni brevi ma devastanti, alluvioni, venti estremamente violenti anche in Mediterraneo con un aumento delle mareggiate intense (nel solo golfo di Genova ricordiamo quella disastrosa dell’ottobre 2008, del 1 gennaio 2010 e del 4 maggio ’10). Senza lanciare allarmismi insensati, si può ormai affermare che quando parliamo di cambiamento climatico non ci riferiamo ad un futuro vago e lontano, ma con una certa probabilità siamo di fronte ad eventi ormai in corso e caratterizzati da una maggiore frequenza di accadimento. In questo senso, i negazionisti del cambiamento climatico, oltre ad essere una ristretta minoranza, dimostrerebbero di non avere alcun legame con la scienza.

Concludiamo la pillola con questo grafico frutto di simulazioni modellistiche sempre più affidabili che tra l’altro hanno riprodotto assai bene l’andamento termico attuale e passato.

Il grafico ci mostra come l’anomalia di temperatura sia osservata (linea rossa) che simulata (linea nera) mostra un trend crescente a partire dalla metà del secolo scorso (evidenziano 1°C di aumento dagli anni ’60); la seconda figura confronta il trend di temperatura realmente osservata fino ad oggi, con una simulazione in cui è stato eliminato preventivamente ogni contributo di emissioni antropiche legate ai gas serra (linea azzurra che r

iproduce un trend di temperatura condizionato da emissioni solo naturali, quali eruzioni vulcaniche, macchie solari, ecc). Quest’ultimo andamento (legato alle sole emissioni naturali ) ci mostra chiaramente che eliminando il contributo umano le temperature non mostrerebbero la tendenza all’aumento, ma anzi un calo (trend in azzurro), più accentuato in occasione dei periodi eruttivi (linee in grigio verticali).

Abbassandoci di scala e scendendo a livello Europeo, gli scienziati sono abbastanza concordi nel prevedere in Nord Europa un aumento di temperatura maggiore nel periodo invernale, mentre nel Mediterraneo questo aumento tenderà a manifestarsi sempre di più in estate, periodo in cui purtroppo ci aspetteranno onde di calore via, via più frequenti ed intense, con un aumento della durata del periodo estivo in un futuro non troppo lontano (quando l’estate si potrà allungare di circa 1 mese). “Il termine riscaldamento richiama immediatamente alla mente “dell’uomo comune” fenomeni come la siccità, la desertificazione. In realtà a livello, globale, l’aumento della temperatura, sembra anche essere legata a un aumento dei fenomeni precipitativi “estremi”, con un possibile aumento dell’intensità delle precipitazioni.

Fig. 9 - Lo scenario A1B che è caratterizzato da un moderato incremento termico (intermedio tra le i due diversi scenari più e meno estremi), si evidenziano sull’area Mediterranea (box blu e rossi) i seguenti andamenti di temperatura e precipitazione (simulati per il periodo 2080-2099) rispettivamente per il periodo estivo e per quello invernale: si può evidenziare come per i mesi estivi il Mediterraneo e altre zone alla stessa latitudine potranno essere interessate da un significativo incremento temperatura (all’incirca tra 4 e 5 °C ), mentre per i mesi freddi si assisterà ad una progressiva riduzione delle precipitazioni (tra – 0.2 e 0.6 mm/giorno) sul Mediterraneo, (Sud-Est asiatico, Centro America, Sud pacifico, ecc); viceversa le regioni settentrionali europee dovrebbero essere interessate da un discreto aumento (tra 0.4 a 0.6 mm/giorno)

Concluderei la pillola con un semplice esempio: le piogge che in questi ultimi anni hanno colpito il Nord Europa sono state particolarmente violente e intense ma, allo stesso tempo, sono diminuite drasticamente nell’area del Mediterraneo, in particolare nel periodo estivo, a vantaggio di fenomeni precipitativi più brevi ma più violenti e molto spesso devastanti (anche  al di fuori del periodo caldo); pensiamo alla recente alluvione che ha flagellato l’alta Toscana la scorsa stagione


Impressionante mareggiata sulla costa Genovese.
Ripresa da: Corso Italia - Genova
Inverno 2009