Le informazioni riguardanti i cambiamenti
climatici risultino via, via più nette ed oggettive ed è ormai
sempre più evidente la presenza di molti indicatori (ex. due
ondate calde in sole 6 anni, scioglimento di ghiacciai alpini, ecc)
che le confermano.
Tuttavia continua a permanere una scarsa
consapevolezza del fenomeno da parte dell’opinione pubblica italiana
(Mercalli, 2009), proprio quando a livello mondiale tali dati
scientifici sono sempre più spesso recepiti (dal semplice
cittadino alla politica) ed è stata superata l’idea che essere
consapevoli del cambiamento climatico non vuol dire appartenere ad
un determinato schieramento politico. Infatti ancora oggi, nel
2010, le istituzioni italiane continuano a dare linee molto
contraddittorie e a volte contrastanti in merito alle modifiche in
atto, mentre la comunità scientifica internazionale è ormai
complessivamente concorde nell’affermare che dati non devono essere
più oggetto di pretestuose e futili polemiche. Probabilmente,
sarebbe il momento di andare avanti sulla base di quanto ormai
assodato (e non più in discussione), cercando solo di comprendere
meglio quale sarà l’entità e la portata del cambiamento in atto e
quindi le incertezze che necessariamente lo caratterizzano.
Può valere la pena di confrontare la stima delle
perdite e dei costi di una politica di riduzione del rischio. Ma
bisognerebbe tener in debito conto che il fenomeno è ormai avviato a
causa delle emissioni del passato e che anche un’azione politica
forte non potrebbe invertire nel breve termine il trend di aumento
della anidride carbonica; di conseguenza continueremmo a pagare
quanto fatto in passato per un periodo abbastanza lungo.
In secondo luogo, i costi di una riduzione delle
emissioni comincerebbero a crescere dalla loro entrata in vigore,
divenendo molto alti nel prossimo futuro.
Ritornando al fattore incertezza, si può
ragionevolmente affermare che, anche se non siamo sicuri delle
dimensioni che assumerà tale cambiamento climatico (in quanto la C02
sta raggiungendo concentrazioni mai viste negli ultimi milioni di
anni), potremmo anche pensare che non valga la pena di agire,
considerata l’incertezza; tuttavia in molti sostengono che la
possibilità di accadimento di eventi climatici catastrofici sia
abbastanza realistica, anche se non la più probabile. In
particolare, Weitzman (Università Harvard) afferma che è doveroso
prendere in seria considerazione questo rischio, piuttosto che
concentrarsi sul solo calcolo dei costi/benefici. Infatti, è
abbastanza probabile che le attuali proiezioni climatiche non si
modificheranno significativamente nei prossimi anni, continuando ad
essere indirizzate verso scenari molto seri, per non dire
apocalittici.
Ma per capirci meglio ritorniamo al concetto
generale di Clima; la cui parola deriva da “klìma” che, in greco
significa inclinazione. Il clima infatti è in massima parte una
funzione dell'inclinazione dei raggi solari sulla superficie della
Terra al variare della latitudine. La parola oggi denota l'insieme
di condizioni meteorologiche ed ambientali che caratterizzano una
determinata regione per lunghi periodi (almeno 30 anni ha stabilito
l’Organizzazione Meteorologica Mondiale WMO) determinandone la flora
e la fauna e influenzandone le attività umane. Stiamo parlando di un
sistema altamente dinamico: le condizioni climatiche di una zona e
dell'intero globo, infatti, possono variare nel tempo in modo anche
significativo.
Quando tale dinamismo avviene su una scala
temporale molto lunga si può affermare che sia principalmente legato
alle periodicità astronomiche, ovvero alla variazione dell'orbita
terrestre rispetto al sole e quindi alla quantità di energia che
raggiunge la terra e influenza direttamente le temperature. Alcuni
recenti cambiamenti però sembrano essere troppo veloci rispetto ai
cicli naturali. La comunità scientifica, infatti, è arrivata alla
conclusione che (con probabilità superiore al 95%) il riscaldamento
osservato dagli anni '50 a oggi non possa derivare solo da cause
naturali, in quanto il sole, alla luce delle conoscenze
scientifiche, potrebbe dare un apporto massimo del 30% rispetto
all'attuale aumento di temperatura globale. E' quindi assai
probabile che il fattore scatenante del cambiamento climatico in
corso sia legato all'emissione dei gas serra prodotti dalle attività
umane. Di sicuro, come già accennato nella precedente pillola,
sappiamo che la temperatura sulla terra sta aumentando a ritmo
serrato. In 100 anni, dal 1906 al 2005, si è registrata una crescita
costante. In particolare 11 degli ultimi 13 anni hanno segnato i
valori in assoluto più alti da quando è possibile misurare la
temperatura (il 1850). Ora, però, gli esperti devono comprendere
con che velocità sta avvenendo questo cambiamento. Per mezzo
secolo infatti le variazioni sono state lente e limitate, ma negli
ultimi 50 anni la Terra si è riscaldata sempre più in fretta.
Ultimamente la temperatura è aumentata al tasso di circa 0,25C° per
decennio. Già dopo il 2003 questa tendenza è diventata evidente sino
a segnare alcuni preoccupanti record: l’autunno scorso, nel Nord
Italia, si sono registrate temperature più alte di 2°C rispetto al
periodo 1960-90. Il 2009 ha presentato un’anomalia termica positiva
anche superiore al 2003. A seguito di 2-3 irruzioni invernali
abbiamo visto un susseguirsi di ondate di caldo che hanno
interessato il suolo europeo fino al tardo autunno.
Un altro segno preoccupante viene dalle cime
montuose. Dal 1900 ad oggi i ghiacciai alpini hanno perso in
media il 40 per cento della loro massa (dati Agenzia Europea per
l'Ambiente) pari ad un ritiro del 30 per cento in termini di
superficie. Un esempio per tutti è quello del ghiacciaio della
Marmolada che si è ritirato di circa 650 metri in meno di un secolo.
Se da un lato il riscaldamento globale è facilmente monitorabile
attraverso i rilevamenti, dall’altro i suoi effetti su parametri
locali come intensità delle precipitazioni, siccità, regimi dei
venti ecc, non sono ancora chiari. Gli scienziati sono però concordi
nell’evidenziare una tropicalizzazione del clima alle medie
latitudini ed una conseguente estremizzazione dei fenomeni
atmosferici (basti pensare il moltiplicarsi di eventi
estremamente intensi come quello che è avvenuto in Francia questo
inverno con oltre 30 morti lungo la costa atlantica, per non parlare
di molte altre tempeste extratropicali che dall’inizio secolo hanno
interessato con un maggiore frequenza l’Europa).
Fig. 7 – simulazione (linea rossa) e osservazione
(linea nera) delle anomalie di temperature dal 1990 a oggi. Fig. 8 - osservazione (linea nera) delle anomalie di
temperature registrate e simulazione dell’anomalia
eliminando le emissioni di gas serra antropici (linea blu).
Siccità prolungata alternata a precipitazioni
brevi ma devastanti, alluvioni, venti estremamente violenti anche in
Mediterraneo con un aumento delle mareggiate intense (nel solo golfo
di Genova ricordiamo quella disastrosa dell’ottobre 2008, del 1
gennaio 2010 e del 4 maggio ’10). Senza lanciare allarmismi
insensati, si può ormai affermare che quando parliamo di cambiamento
climatico non ci riferiamo ad un futuro vago e lontano, ma con una
certa probabilità siamo di fronte ad eventi ormai in corso e
caratterizzati da una maggiore frequenza di accadimento. In questo
senso, i negazionisti del cambiamento climatico, oltre ad essere una
ristretta minoranza, dimostrerebbero di non avere alcun legame con
la scienza.
Concludiamo la pillola con questo grafico
frutto di simulazioni modellistiche sempre più affidabili che tra
l’altro hanno riprodotto assai bene l’andamento termico attuale e
passato.
Il grafico ci mostra come l’anomalia di
temperatura sia osservata (linea rossa) che simulata (linea nera)
mostra un trend crescente a partire dalla metà del secolo scorso
(evidenziano 1°C di aumento dagli anni ’60); la seconda figura
confronta il trend di temperatura realmente osservata fino ad oggi,
con una simulazione in cui è stato eliminato preventivamente ogni
contributo di emissioni antropiche legate ai gas serra (linea
azzurra che r
iproduce un trend di temperatura condizionato da
emissioni solo naturali, quali eruzioni vulcaniche, macchie solari,
ecc). Quest’ultimo andamento (legato alle sole emissioni naturali )
ci mostra chiaramente che eliminando il contributo umano le
temperature non mostrerebbero la tendenza all’aumento, ma anzi un
calo (trend in azzurro), più accentuato in occasione dei periodi
eruttivi (linee in grigio verticali).
Abbassandoci di scala e scendendo a livello
Europeo, gli scienziati sono abbastanza concordi nel prevedere in
Nord Europa un aumento di temperatura maggiore nel periodo
invernale, mentre nel Mediterraneo questo aumento tenderà a
manifestarsi sempre di più in estate, periodo in cui purtroppo
ci aspetteranno onde di calore via, via più frequenti ed intense,
con un aumento della durata del periodo estivo in un futuro non
troppo lontano (quando l’estate si potrà allungare di circa 1 mese).
“Il termine riscaldamento richiama immediatamente alla mente
“dell’uomo comune” fenomeni come la siccità, la desertificazione. In
realtà a livello, globale, l’aumento della temperatura, sembra anche
essere legata a un aumento dei fenomeni precipitativi “estremi”, con
un possibile aumento dell’intensità delle precipitazioni.
Fig. 9 - Lo scenario A1B che è
caratterizzato da un moderato incremento termico (intermedio
tra le i due diversi scenari più e meno estremi), si
evidenziano sull’area Mediterranea (box blu e rossi) i
seguenti andamenti di temperatura e precipitazione (simulati
per il periodo 2080-2099) rispettivamente per il periodo
estivo e per quello invernale: si può evidenziare come per i
mesi estivi il Mediterraneo e altre zone alla stessa
latitudine potranno essere interessate da un significativo
incremento temperatura (all’incirca tra 4 e 5 °C ), mentre
per i mesi freddi si assisterà ad una progressiva riduzione
delle precipitazioni (tra – 0.2 e 0.6 mm/giorno) sul
Mediterraneo, (Sud-Est asiatico, Centro America, Sud
pacifico, ecc); viceversa le regioni settentrionali europee
dovrebbero essere interessate da un discreto aumento (tra
0.4 a 0.6 mm/giorno)
Concluderei la pillola con un semplice esempio:
le piogge che in questi ultimi anni hanno colpito il Nord Europa
sono state particolarmente violente e intense ma, allo stesso tempo,
sono diminuite drasticamente nell’area del Mediterraneo, in
particolare nel periodo estivo, a vantaggio di fenomeni
precipitativi più brevi ma più violenti e molto spesso devastanti
(anche al di fuori del periodo caldo); pensiamo alla recente
alluvione che ha flagellato l’alta Toscana la scorsa stagione
Impressionante mareggiata sulla costa Genovese.
Ripresa da: Corso Italia - Genova
Inverno 2009