LE
MONTAGNE SENZA ESTATE
ASCENSIONE AL MONTE NIMBUS (3873 m)
Luca Mercalli - SMS
Torino
Tratto da
Nimbus 11/12 - 1996

Un'avventura tra meteorologia ed alpinismo nel cuore
delle Rockies
Never Summer Mountains, o meglio Ni-chebe-chii degli indiani
Arapaho: sembra uno di quei luoghi fantastici usciti dalle pagine di Tolkien, popolato da
streghe e folletti. Invece lo trovi sulle mappe dell'US Geological Survey, nel cuore del
Colorado, in uno dei più bei parchi nazionali d'America. A poco più di cento chilometri
a nord-ovest di Denver, il Rocky Mountain National Park (RMNP) ospita un insolito giogo di
montagne dedicate alla meteorologia, una cresta di vette prossime ai 4000 metri dai
toponimi vaporosi come Mount Stratus (3804), Mount Cirrus (3900), Mount Nimbus (3873 m),
Mount Cumulus (3879), Thunder Mountain (3679 m); non manca un Thunder pass e un Lake of
the Clouds... Ti chiedi se siano state chiamate così perchè a Boulder, effervescente
città universitaria a un'ora d'auto, si trova una delle concentrazioni più alte del
mondo di istituti scientifici che studiano il tempo, primo fra tutti il National Center
for Atmospheric Researc (NCAR). E invece no. Il battesimo fu opera di James Grafton
Rogers, uno dei fondatori del Colorado Mountain Club e membro del Colorado Geographic
Board, che affidò al perenne messaggio delle carte topografiche una delle caratteristiche
più singolari della zona, ovvero la frequente formazione di temporali estivi di forte
intensità. Al mattino l'aria è limpida sulle Rockies. Poi, i versanti ricoperti da foreste di
abeti cominciano a ribollire sotto il sole dell'estate e liberano colonne verticali di
umidità. Sul mezzogiorno i Cumulus cominciano a gonfiare, avvolgono le vette,
salgono a forma di torre fino a 10.000 m di altezza. Nel pomeriggio l'enorme Cumulonimbus
è al culmine della sua potenza: scoppia il temporale e i fulmini divengono una delle
insidie più temibili per gli alpinisti. Poche ore dopo è tutto finito e torna il sereno.
Un ciclo che si ripete con la regolarità di un orologio
.
Nimbus, una nuvola, una montagna, una rivista
Tutto cominciò con la visita dell'NCAR di Boulder, compiuta per conto
della redazione di "Nimbus". La fortuita combinazione di trovare un Monte Nimbus
a soli 50 km dai supercomputer del prestigioso istituto di Boulder, non poteva essere più
allettante. Lasciati dunque i monitor formicolanti di equazioni e di modelli fisici
dell'atmosfera, il pomeriggio limpido e assolato di fine luglio inonda di luce Estes Park,
la ridente cittadina dove si apre l'ingresso orientale del RNMNP. La splendida strada
d'alta quota che porta al Milner Pass (3279) attraversa la Continental Divide - quella
linea che separa le acque destinate a fluire verso l'Oceano Pacifico o verso l'Atlantico -
e si apre su panorami immensi, su altipiani e ampie vallate tutte oltre i 2500 m di
altezza, dove le foreste di conifere sembrano stendersi come un verde velluto uniforme. La
Continentel Divide segue la cresta del Baker Pass fino alla Thunder Mountain, chiudendo
come in un'asola la testata del bacino del Fiume Colorado. E' sera quando lo scuro profilo
del Never Summer Range disegna su un cielo violetto la vetta del Nimbus, a 3873 metri.
Sul
Red Mountain Trail
La notte è fresca e serena. La luna piena fa ululare i coyotes. All'alba
tutto è pronto. Mentre la foresta del fondovalle è ancora immersa nell'ombra, gli
scarponi iniziano a muoversi sul Red Mountain Trail, la traccia che sale verso i valloni
laterali del versante est del Never Summit Range. Non sembra vero di attraversare con
pochi passi un ruscello che si chiama Colorado River, destinato a percorrere oltre 2.400
km passando per il Grand Canyon prima di gettarsi, ormai provato dagli aridi deserti
dell'Arizona, nel Golfo di California. I primi raggi del sole colpiscono le sommità di
abeti affusolati alti trenta metri. Ma ora, attorno a quota 3000, il sentiero
termina e la foresta si fa sempre più intricata
Nella penombra del sottobosco si scopre
un ambiente vergine, raramente percorso dall'uomo. Un tappeto di muschi ricopre le rive
umide di mille rivoletti d'acqua che scendono a valle. Ma la marcia è faticosa, e a ogni
passo si presenta l'ostacolo degli enormi tronchi degli alberi morti, precipitati al suolo
in un intrico di costruzioni casuali. L'equilibrio della Natura è qui completamente
rispettato: tutto nasce, vive e muore senza che l'uomo vi ponga mano.Si marcia con
rispetto e ammirazione, nel timore che lo schianto di un legno secco sotto i piedi possa
turbare questa atmosfera magica, quasi una cattedrale vegetale. Ci vogliono ore per
raggiungere la timberline, il limite superiore della foresta posto attorno ai
3500 metri. Un cielo blu cobalto appare improvvisamente tra gli ultimi abeti contorti dal
vento. In fondo al vallone, circondate da un collare di neve, le due vette quasi gemelle
del Nimbus e del Cumulus.
Verso la vetta
Il paesaggio diviene minerale. Scomparsi gli ultimi cuscinetti di ginepro, solo una
lunga e noiosa pietraia di massi granitici si stende verso ovest. E' granito rosa che,
alterato e ricoperto di licheni, assume una calda tonalità ocracea. Le ore passano rapide
e il rischio del deterioramento meteorologico pomeridiano va aumentando. Un Cumulus
si forma proprio laggiù, sulla vetta del Monte dallo stesso nome.

