| TORINO,
          19 OTTOBRE 2000 -  Già durante l'isolamento della Valle Orco,
          durante i momenti della grande piena, eravamo riusciti a raccogliere
          molte informazioni dai comuni della valle, finché le linee
          telefoniche sono rimaste attive. Sapevamo delle frane che avevano
          cancellato tratti della statale, abitazioni, ponti, dei danni subiti
          dagli impianti dell'Azienda Energetica Metropolitana di Torino (AEM). 
           Cartina
          delle valli Orco e Soana 
          Fonte:
          Istituto Geografico Centrale - 10121 Torino - Via Prati,2 
            
            
          Mentre studiavamo un
          percorso alternativo che consentisse già lunedì all'AEM di
          raggiungere con un proprio automezzo Sparone tramite una pista che
          collega Cuorgné ad Alpette e di portare in valle un gruppo
          elettrogeno, dal Comune di Pont Canavese veniamo informati che il
          ponte sull'Orco a Cuorgné sarebbe stato aperto a breve a senso
          alternato. 
          E' il tardo pomeriggio di lunedì 16, termina l'isolamento tra la
          pianura e i comuni della bassa valle. E' possibile raggiungere Locana,
          ma il viadotto di Pont Canavese è inagibile, occorre utilizzare la
          vecchia strada provinciale che passa in paese. Comunichiamo agli
          uffici di Torino dell'AEM di partire con il gruppo elettrogeno. Anche
          noi attraversiamo il ponte sull'Orco a Cuorgné, quel ponte che molti
          temevano crollasse, ma che ha dimostrato di avere sette vite. Dal
          ponte scorgiamo il nuovo percorso che il torrente ha tracciato con il
          salto di un grande meandro. Tra il nuovo alveo e quello vecchio,
          entrambi occupati dalle acque, rimangono alcuni edifici. Le abitazioni
          di Cuorgné poste in sinistra idrografica erano state evacuate nel
          giorno della grande piena, qualcuna più vicina alla sponda è stata
          scalzata.  
            
    
      Sotto gli ultimi
          millimetri di pioggia tentiamo l'ingresso in valle, insieme ai primi
          automezzi autorizzati ad accedere oltre Pont Canavese. La luce è
          scarsa, ma nel primo viaggio verso Locana non possiamo fare a meno di
          notare la nuova geografia del fondovalle. Quella valle percorsa più e
          più volte per le numerose escursioni alpinistiche, per raggiungere e
          misurare i ghiacciai del Parco Nazionale del Gran Paradiso, per
          rilevare già sette anni fa i guai della pesante alluvione del 24
          settembre 1993, non è più la stessa.  
          Mentre vengono a
          morire le ultime luci del giorno arrivano da Genova, Como e Firenze i
          gruppi elettrogeni dell'ENEL. Torniamo in valle nella notte insieme a
          un'autobotte carica di 10.000 litri di gasolio per alimentarli. Martedì
          sulla valle torna a splendere il sole,  dopo una settimana di
          nubi e una pioggia monsonica che ha accumulato in 72 ore dai 500 a
          oltre 600 mm, quanto piove in un anno ad Alessandria. Il nostro nuovo
          viaggio verso Locana consente di scorgere meglio le grandi
          trasformazioni e le distruzioni che la valle ha subito.  
           Da Cuorgné partono i
          soccorsi e i rifornimenti alimentari verso i paesi non raggiungibili
          con gli automezzi, a monte di Locana. Poco prima di Pont Canavese il
          viadotto della statale di Ceresole è gravemente danneggiato, la
          carreggiata stradale manca per un tratto di 50 m; per proseguire
          occorre entrare in paese. Il transito in valle è regolato, ma come
          inviati di Nimbus siamo tra i pochi a essere autorizzati a procedere
          in auto verso Sparone e Locana. Il primo tratto di fondovalle era già
          ampio, ma ora lo appare ancora di più per la mancanza degli alberi
          che sul lato stradale nascondevano l'alveo. Procedendo verso Sparone
          scorgiamo un primo ponte abbattuto, poi in località Apparé i segni
          della piena sono più evidenti. Tutto il fondovalle è stato invaso
          dalle acque dell'Orco nel primo pomeriggio di sabato 14, intorno alle
          13.30-13.45.  
          Mentre osserviamo le
          estese divagazioni dell'Orco nel fondovalle ci viene incontro il
          Signor Aldo. La sua azienda, La Doppia A (tel 0124818039), addetta
          allo stampaggio di materie plastiche non produce più nulla. I
          componenti già pronti per essere consegnati a FIAT, IVECO e ditte
          polacche sono in mezzo al fango. La volontà di Aldo è di far
          ripartire quanto prima la produzione, che impiega 18 persone. La
          struttura del prefabbricato ha resistito, ma il recupero dei
          macchinari   richiederà molto tempo. Più a monte, verso la località
          Calsazio, un ampio tratto della statale è crollata, le sponde in
          destra Orco sono qui piuttosto elevate, ma quasi interamente erose.
          Altri due ponti sull'Orco sono crollati poco oltre, in località Nosé.  
          Le prime abitazioni
          di Locana che incontriamo, in località Bardonetto e Boschietto sono
          immerse in un paesaggio assai desolato; nel centro della valle l'alluvionamento
          esteso dell'Orco, i primi tralicci elettrici e telefonici piegati,
          altri salti di meandro, qualche edificio danneggiato. Il ponte per
          Nusiglie ha retto. A Locana San Donato il trasporto torrentizio del
          Rio Fura ha invaso alcune abitazioni. Poco oltre il Rio Fura una vasta
          voragine sulla strada impedisce di proseguire in auto; con qualche km
          di marcia potremo raggiungere Rosone. I primi metri di cammino ci
          riservano immagini di distruzione e disperazione. Una casa
          completamente distrutta, una apparentemente integra, ma la signora che
          ci apre la porta d'ingresso con le lacrime agli occhi, ci mostra il
          crollo di una parte di abitazione nel corso dell'Orco. Oltre
          Bottegotto un altro ponte eroso, poi verso Casetti altre due vaste
          voragini sulla strada. Qualche persona del luogo davanti alla propria
          casa illesa osserva il fondovalle, ci invita a proseguire per vedere i
          disastri di Casetti e Rosone.  
      Giunti a Casetti la
          strada è sbarrata da una immensa colata detritica. Intorno ai blocchi
          di gneiss 4 abitazioni sventrate, tra cui la vecchia scuola che
          avevano frequentato i più anziani della zona quando erano ancora
          bambini. Dopo Casetti siamo a Rosone. Un altro immenso trasporto
          torrentizio dal Vallone di Piantonetto ha sventrato Perebecche. Rosone
          era stato evacuato nel pomeriggio di sabato, quando la situazione
          faceva temere il peggio. Intorno a quello che resta delle officine
          dell' Azienda Energetica non ci sono molte persone, ma i volti non
          sono ignoti, sono i dipendenti dell'Azienda; sono le stesse persone
          che vediamo ogni anno quando si parte con l'elicottero messo a
          disposizione dall'AEM verso il Ghiacciaio Ciardoney, per compiere le
          misure frontali e il bilancio di massa.  
        
          Ci viene incontro
          Elio, uno dei guardiani della Diga di Valsoera responsabili della
          lettura e della comunicazione dei dati meteorologici che pubblichiamo
          regolarmente su Nimbus. Ci racconta di quello che è accaduto alle
          13.10 di sabato 14, di quell'ondata di acqua, fango e massi che ha
          sventrato Perebecche di Rosone. Ci porta a vedere la sua casa, il
          negozio della moglie sotto casa, completamente invasi da fango e
          detriti. La moglie e la figlia sono tra gli sfollati di Rosone a
          valle, Elio rimane per recuperare il possibile dalla sua abitazione,
          per aiutare l'Azienda a risollevarsi nel momento più difficile della
          sua storia.  
           Il ritardo che
          abbiamo accumulato per osservare tutti i cambiamenti della valle non
          ci consente di proseguire e raggiungere Noasca. Il nostro viaggio si
          ferma a Rosone, ma sappiamo da Andrea, compagno di molte escursioni in
          Valle Orco, che anche oltre Rosone la valle è devastata. Vasti crolli
          stradali sono presenti verso Noasca, tra Fornetti e Fei; in alcuni
          punti l'asfalto è stato sostituito dal nuovo corso dell'Orco; il Rio
          Arianas, già teatro di numerosi scaricamenti, ha nuovamente attivato
          un'imponente colata detritica. Riprenderemo il nostro viaggio verso
          Noasca in un nuovo giorno.  
          Nel primo pomeriggio,
          salendo verso Locana in auto, riusciamo a risentire telefonicamente
          Domenica dal Municipio di Noasca. Era da oltre 48 ore che non avevamo
          più potuto comunicare con Noasca, quando gran parte della popolazione
          si era rifugiata in Comune nella parte più alta del paese.  
          Domenica è la
          sorella di Piero, il responsabile della stazione meteorologica di
          Noasca, che già avevamo chiamato venerdì per comunicargli l'avviso
          di alluvione che noi stessi avevamo diramato tramite Internet nel
          pomeriggio. E ' da Piero che sabato mattina riceviamo la prima
          segnalazione di allarme, poi ripetuti contatti fino alla successiva
          terribile notte, quando solo le torce elettriche consentivano di
          scorgere il livello dell'Orco dal Municipio di Noasca. Anche a Noasca
          i primi raggi di sole danno sollievo, finalmente possiamo fornire
          previsioni ottimistiche. Domenica ci comunica che Piero ha cambiato il
          foglio al pluviografo, che sono caduti oltre 600 mm: è la
          pioggia più intensa del secolo.     
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