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di Massimo Riso |
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Per essere in tema con la copertina ed essendo questo
un numero invernale, ho pensato di descrivere la nevicata più fitta che
abbia mai visto, non la più grossa nevicata, cioè che ha prodotto uno
spessore di neve molto alto, ma la più fitta, fu un vero e proprio
rovescio di neve quello a qui assistetti, e trovandomi in montagna fu
anche una piccola avventura. Nel nostro appennino ligure in inverno si
verificano condizioni ambientali che non hanno nulla da invidiare a quelle
che si possono verificare sui 4000 delle alpi. L'appennino in inverno è
un'ottima scuola per allenarsi ad affrontare le grandi montagne.
I fatti e i luoghi del racconto sono veri fin nei minimi dettagli, non vi
è nulla di inventato o di enfatizzato, il fatto si è svolto esattamente
come lo descrivo di seguito.
Data la particolare violenza della bufera quel giorno non sono riuscito a
fare fotografie, quelle presenti nell'articolo sono state fatte da me ma
in altri periodi, hanno però sempre come tema la neve e il monte Aiona. Buona lettura.
Mio fratello Giancarlo ed io siamo molto appassionati di montagna, ci
consideriamo alpinisti classici cioè frequentiamo la montagna in tutti i
suoi aspetti, dall’escursionismo all’alpinismo, percorrendo vie anche
piuttosto impegnative sulle Alpi, ma sempre con lo scopo di salire in
vetta, questa è l’anima dell’alpinismo: salire in vetta ad un monte,
indipendentemente dalla difficoltà.

Il Monte Aiona m. 1701
La prima nevicata autunnale
A destra la cresta Nord Ovest
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Venerdì 19 marzo 1982
Erano quasi le sette di sera, sulla scrivania vi erano aperte ogni
sorta di cartine e guide di montagna, stavamo cercando un’escursione
da fare per il fine settimana.
Bisogna tenere conto che in quegli anni non esisteva internet con
tutte le sue carte di previsione e di analisi, e le previsioni del
tempo erano poco affidabili, solo quelle a 24 ore avevano
un’affidabilità decente. Oggi già da mercoledì pomeriggio si sa che
tempo farà il fine settimana e addirittura la tendenza per l’inizio
della prossima, ma allora no, bisognava aspettare le previsioni del
colonnello Baroni su RAI 1 il venerdì sera.
“Secondo me il tempo è in peggioramento” dissi guardando fuori dalla
finestra “Ci sono degli altocirri che non mi piacciono per niente”.
“Già ieri ha piovuto tutto il giorno, vuoi dire che anche domani
povera?” Disse Giancarlo con voce dubbiosa.
“Che cosa significa, se ha piovuto ieri non può forse piovere anche
domani?”
“Beh, si, certo, però….”
“Però ci farebbe comodo una bella giornata. Ma non è detto, se
arrivasse una perturbazione fredda potremmo andare a prendere una
bella nevicata, magari in Val d’Aveto.”
“Potrebbe essere una idea, potremmo andare a fare la cresta NordOvest
dell’Aiona, ci dovrebbe essere ancora un sacco di neve.”
“E’ una bella idea, tra l’altro, anche se mi sbagliassi e fosse una
giornata serena è un’ottima gita.”
“Allora aggiudicato, andiamo all’Aiona, ci vorranno piccozza e
ramponi, cosa dici portiamo anche l’attrezzatura alpinistica?”
“Direi di no, non è una via difficile, portiamo magari il cordino
sottile da 16 metri per ogni evenienza”.
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Sabato 20 marzo 1982

La risalita di uno dei canali |
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Alle 6.30 suonò la sveglia, prima ancora di vestirmi aprii la finestra per
vedere che tempo faceva.
“Com’è il tempo?”. Disse Giancarlo assonnato e ancora sotto le coperte.
“E’ tutto coperto, in terra è bagnato ma ora non piove, il termometro
marca otto gradi”.
“Otto gradi? Non rischieremo di andare a prendere dell’acqua?” “Spero di no”. Dissi mentre chiudevo la finestra. “A mille metri dovremmo
già essere vicino allo zero.” Mentre mi vestivo continuavo a fare le mie
considerazioni. “Le previsioni di ieri sera dicevano che sarebbe arrivata
una perturbazione fredda, ora probabilmente siamo ancora nel fronte caldo,
appena passa, la temperatura dovrebbe scendere”.
“Mah! Speriamo”. Disse Giancarlo mentre si alzava dal letto.
Alle sette partimmo da casa, e poco prima delle nove arrivammo ad
Amborzasco, 873 metri di quota, in paese l’altezza della neve era un metro
scarso, ma era neve vecchia, le strade infatti erano perfettamente pulite,
ciò voleva dire che il giorno prima non era nevicato.
“Comincia a piovere”. Disse Giancarlo mentre posteggiava l’auto.
“Appena usciamo prendi il termometro dallo zaino, così misuriamo la
temperatura e possiamo avere un’idea se salendo in quota beccheremo acqua
o neve”.
Mentre indossavamo gli scarponi la pioggia si fece più intensa.
“Sarà meglio mettersi la mantella, se no finisce che ci bagnamo”. Dissi
mentre aprivo lo zaino per prendere la mantella.
“Eh si, forse hai ragione”. Mentre disse questo Giancarlo guardò il
termometro, poi riprese “tra l’altro siamo a due gradi, basta salire
qualche centinaio di metri e dovrebbe nevicare”.
“Mi sembra già di vedere dei fiocchi di neve in mezzo all’acqua. Si si, è
già acqua mista a neve!” Dissi contento di ciò.
Appesi il termometro allo zaino di Giancarlo in modo da tenere sotto
controllo la temperatura.
Dopo circa tre quarti d’ora di cammino l’acqua si era ormai trasformata
totalmente in neve, la neve vecchia al suolo era perfettamente portante
anche se non gelata, per cui camminavamo piuttosto speditamente.
Mentre salivamo di quota il vento si faceva sempre più forte e teso e la
nevicata sempre più fitta, la mantella sbatacchiava continuamente.
In circa due ore e mezza arrivammo alla base dei canali.
Tutti gli alpinisti liguri e non solo, conoscono benissimo la parete nord
del monte Aiona perché vi sono una moltitudine di canali e canalini, da
quello per i principianti a quello per gli alpinisti esperti che vogliono
fare un po’ di palestra di ghiaccio prima di affrontare i canali seri
delle Alpi.
Mi fermai e guardai verso sud dove avrebbero dovuto esserci i canali, si
vedevano pochi alberi poi solo bianco, un turbinio continuo di neve, poi
dissi: “Certo che se avessimo deciso di fare i canali sarebbe stato un bel
problema trovarli, la visibilità è veramente scarsa”.
“Già” rispose Giancarlo “e non per la nebbia ma per la neve, una nevicata
così e già parecchi anni che non la vedevo”.

Il Monte Aiona m. 1701
Veduta invernale
A destra la cresta Nord Ovest, ben visibile
all'inizio della cresta il colletto |
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“Non ci rimane che individuare la strada sterrata, seguendola arriviamo
sicuramente all’attacco della cresta”.
Alla base dei canali passa una strada sterrata ad uso della forestale, è
una strada molto lunga che collega i principali monti della Val d’Aveto
passando in alta quota, dalla tarda primavera, quando è andata via tutta
la neve, fino alle prime nevicate autunnali, è un ottimo itinerario per
mountain bike.
Ora con circa 1,5 metri di neve la si intravede solo come un’ondulazione
del terreno.
Con difficoltà individuammo la strada e la seguimmo fino al caratteristico
colletto dove interseca la cresta NO, qui comincia un fitto bosco di
larici.
“Sarà meglio toglierci la mantella” disse Giancarlo “in mezzo ai rami
rischiamo di romperla, ora è molto freddo, la neve non bagna più”.
“Hai ragione, intanto vediamo quanto è la temperatura”.
Giancarlo si tolse la mantella e io guardai subito il termometro ancora
appeso allo zaino.
“Il termometro segna meno cinque, mi pareva di sentire piuttosto freddo!”
“E già, sarà anche meglio mettersi i ramponi, il pendio si fa piuttosto
ripido e con la temperatura così bassa è facile che lo troveremo piuttosto
gelato”.
Dal colletto la cresta comincia molto ripida 40° - 45° di inclinazione, fortunatamente
essendo il bosco ancora molto fitto non è il caso di legarsi, finito il
bosco l’inclinazione diventa più dolce ma la cresta si fa rocciosa con
passaggi di primo grado.
Mentre salivo il ripido pendio nel bosco, appoggiandomi con la destra alla
piccozza e con la sinistra ai vari rami dei faggi, pensavo alla cresta
successiva, la roccia me la immaginavo ricoperta di ghiaccio e con oltre
un metro e mezzo di neve i tratti non rocciosi li immaginavo con grosse
cornici, cominciavo a pentirmi di non aver preso l’attrezzatura
alpinistica.
Dopo circa un quarto d’ora uscimmo dal bosco e il vento ci assalì come un
animale inferocito, ci attaccava e tentava di dilaniare ogni centimetro di
pelle esposta.
Io aprivo la pista, un passo dopo l’altro avanzavo lungo la cresta, l’aria
era talmente intrisa di neve che sembrava di camminare non nel latte, come
a volte si suol dire, ma nella ricotta, durante la respirazione i fiocchi
di neve mi entravano nel naso e li sentivo arrivare fino in gola.
Camminammo in quelle condizioni ancora per circa un quarto d’ora, poi si
presentò davanti a me il primo risalto roccioso, lo passammo senza
difficoltà, un secondo invece ci dette più problemi, era un salto roccioso
verticale alto circa tre-quattro metri, la roccia era ricoperta di
ghiaccio a sua volta ricoperto di neve fresca.
Mi fermai davanti al salto roccioso, il rumore del vento era assordante,
dissi gridando: “Porca miseria! Mi sa che questo sarà un osso duro!”
“Prova a vedere se sulla destra si può aggirare” Disse Giancarlo indicando
la direzione con il puntale della piccozza.
“Si” pensai “solo che nella direzione del puntale non si vede nulla”. Il
bianco del pendio finiva nel bianco della neve e il pendio non era banale,
intorno ai 45°, almeno il tratto che si vedeva, cioè qualche metro, poi il
nulla.
Scesi faccia a monte per tre - quattro passi, mi sentivo molto insicuro,
il pendio era molto ghiacciato e ricoperto da circa un palmo di neve
fresca che impediva al rampone di penetrare nel ghiaccio.
Tornai indietro.
“Come mai torni indietro?” Disse Giancarlo “Non si va bene?”
“No, no, è molto pericoloso, la neve fresca impedisce ai ramponi di
piantarsi nel ghiaccio, e non vedendo nulla non riesco a capire che cosa ho
alle spalle choocc… choocc.. choocc… porca miseria, mi sono andati in gola
dei fiocchi di neve.”
“Effettivamente una nevicata così fitta non l’ho mai vista in vita mia”.
“Non ci resta che tentare di passare questo salto roccioso”.
Con la piccozza cercai di scrostare dal ghiaccio gli appigli, poi mi
appesi la piccozza al polso e salii per quasi due metri, non avevo più
niente per le mani, non sapevo dove tenermi per proseguire, i ramponi
facevano una buona presa sulla roccia, mi stabilizzai bene sui piedi poi
con la piccozza ripulii l’ultimo metro, sotto il ghiaccio e la neve vi
erano alcuni buoni appigli, salii ancora un metro, con il viso superai la
cima del risalto roccioso, in quel momento il vento mi riempì
letteralmente gli occhi di neve, rimasi praticamente cieco per qualche
minuto.
“Cosa succedeee?!” gridò Giancarlo, io quasi non lo sentivo. “Ci sono
difficoltà?!”
“Nooo! Nooo! Solo mi si sono riempiti gli occhi di neveee! Sembra in
brutte condizioni ma si va beneee!”
Una bufera di neve è la cosa peggiore per l’udito, bastano pochi metri di
distanza e non si sente più nulla.
Passato il bruciore agli occhi salii l’ultimo metro e superai il risalto
roccioso, a ruota mi seguì Giancarlo.
Quando mi raggiunse dissi: “Per un momento me l’ho vista brutta, appena ho
superato la cima della roccia il vento mi ha letteralmente riempito gli
occhi di neve, non vedevo nulla e il bruciore era incredibile, ora mi è
fortunatamente passato, con questa bufera non si possono mettere gli
occhiali, si incrostano subito di ghiaccio e non si vede neppure quel poco
che si vede senza”.
“Beh! Comunque la cresta dovrebbe essere quasi finita, te la senti di
continuare?”
“Si, si, ora il bruciore mi è passato”.
Continuammo ancora per circa quindici minuti senza particolari difficoltà,
nell’ultimo tratto la cresta si snoda quasi in piano per poi innalzarsi
gli ultimi metri.
“La cresta si fa più ripida, dovremmo quasi essere arrivati”. Dissi
contento.
Percorsi gli ultimi metri, poi davanti mi si presentò il nulla, un bianco
uniforme totale, la cresta finiva nel bianco, il vento era talmente forte
che non si riusciva a stare in piedi, piantai bene la piccozza e mi misi
in ginocchio per poter essere più stabile e ammirai il panorama che avevo
davanti, mio fratello mi si affiancò e in silenzio guardammo davanti a
noi. La sensazione era unica e incredibile, per chi ama la neve penso che
non vi sia nulla di più bello, vi eravamo totalmente immersi, ci turbinava
intorno spinta dal forte vento e si accumulava con una velocità
incredibile.
La spessa giacca a vento di piumino e il passamontagna ci riparavano
egregiamente dal freddo e ci permisero di assaporare quel momento che non
dimenticherò più per tutta la vita.
Dopo qualche minuto dissi: “Sarà meglio tornare indietro, continuare
sarebbe da incoscienti.”
“Hai ragione, è meglio tornare indietro, anche se mi dispiace non
raggiungere la vetta”.
“Lo so, anche a me, ma con una situazione del genere penso sia impossibile
primo trovare la vetta, secondo ritrovare la via del ritorno, da qui alla vetta è un vasto altopiano, ci
saranno ancora alcune centinaia di metri da percorrere e con questa
visibilità, è proprio il caso di dirlo: zero, non mi sembra proprio il
caso”.
Lentamente discendemmo la cresta, quando raggiungemmo nuovamente la base
dei canali erano passate due ore, la nevicata era ritornata ad una
intensità normale, la neve caduta era circa trenta centimetri, la nevicata
aveva avuto una intensità di 15 centimetri all’ora.
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