di Diego Rosa

 

Informazione ed indice di calore

I “mass media” sono una fonte inesauribile di cattiva informazione, se non di disinformazione, soprattutto in campo scientifico in particolare meteorologico.

Non ricordate? Cito a memoria: “Ondata di freddo in Italia; eccezionali nevicate nelle Dolomiti; strade interrotte e pericolo di valanghe”.
Piuttosto: aria calda e umida: da S-W in quota, da S-E al suolo con effetto stau nelle Alpi orientali.
Ed ancora, in pieno gennaio: “ L’Italia si è capovolta: pioggia e neve al Sud, sole splendente al Nord”
Piuttosto: Tutto secondo la norma climatica
E recentemente: “ Siccità al Sud; Se non piove al più presto sarà catastrofe”
Al Sud una fase piovosa che possa risolvere la siccità è assolutamente da escludere prima dell’autunno. Qui è il clima mediterraneo che detta legge.

Ma oltre esserci la siccità al meridione (che è l’eredità della carenza di piogge dell’autunno e dell’inverno scorsi) in questi giorni ha fatto molto caldo, caldo forse anticipato ma non eccezionale. La novità però sta nel fatto che quest’anno nei giornali è apparso “l’indice di calore”, ovviamente di derivazione americana, l’Heat Index definito da Steadman nel 1979, e si è letto : “la temperatura massima di Milano, 34 C°, data l’umidità è stata equivalente a 39 °C.” con sotto una bella tabellina con le temperature max di varie città e le relative temperature equivalenti. Ma che vuol dire che 34 °C, data l’umidità presente, sono equivalenti a 39 C°, se non si precisa in quale situazione igrometrica sono da considerarsi questi 39 C°? Temo che nessun articolista l’abbia precisato anzi che nessuno di essi si sia posto il problema di precisarlo. Eppure tale affermazione è assolutamente incompleta, direi assurda dal punto di vista logico: è come dire che A è maggiore, semplicemente maggiore, senza precisare ad es.: di B.
Eppure sarebbe bastata questa affermazione qualitativa per evitare l’assurdo : “equivalenti a 39°C in condizioni di umidità bassa” oppure “ottimale” oppure per non sbagliarsi “opportunamente fissata” ed accanto alla tabellina era fondamentale indicare le condizioni di disagio ed i rischi sanitari legati ai vari intervalli di valori dell’indice di calore. Con un po’ di sforzo si poteva essere più precisi. Cercando su Internet con un motore di ricerca la voce “heat index” si può trovare una sua definizione quantitativa che qui semplifichiamo: la temperatura apparente indicata dall’indice di calore è quella che provocherebbe lo stesso disagio fisiologico di quella data se si avesse in un ambiente dove la temperatura di rugiada fosse di 57 F (circa 14 °C). Però quanti tra i lettori avrebbero capito?