di Roberto Pedemonte

LA CULTURA DELLA DIVULGAZIONE SCIENTIFICA MANCANTE

Nessun periodo dell’anno è immune da speculazioni mediatiche di carattere meteorologico o climatologico, termine, quest’ultimo, usato spesso impropriamente. Su queste colonne si è fatto riferimento in più occasioni alla faciloneria, alla superficialità, all’incompetenza con cui frequentemente sui mass media si dibatte l’argomento.

Il fatto, o meglio la notizia del fatto, che possieda determinate caratteristiche, “rende” dal punto di vista giornalistico: fa aumentare la audience, la tiratura. Ma così esposta la stessa notizia non “rende” invece alla Meteorologia, che è costretta a confrontarsi con dichiarazioni approssimate, errate, confuse, che riescono a calcificarsi nella mente della gente, permanendovi.

Manca una cultura dell’informazione scientifica. Degli eventi meteorologici manca la divulgazione equilibrata e fornita con obiettività. Ciò non significa proporre il fatto con noiosi teoremi, formule, vocaboli astrusi, ma rendere la descrizione della circostanza in maniera semplice, senza “condirla” con termini enfatici che non inquadrano il fenomeno nella sua reale veste.

Convegni, corsi, assemblee, pubblicazioni che abbiano valenza scientifica non fanno notizia, se non negli ambienti specialistici, è vero. Ambienti sovente richiusi in sé stessi, dove però i media pescano le notizie che, una volta “limate” e adattate al palato della gente (o alla convenienza editoriale), vengono presentate sui mezzi di comunicazione di massa. Eppure questi ultimi potrebbero riconciliare il dato scientifico con la notizia, se ciò che è dibattuto o espresso in quelle sedi, venisse divulgato con equilibrio, senza allarmismi inutili e senza facili risoluzioni dei problemi ambientali.

E’ vero anche che lo spazio dedicato alla Meteorologia è aumentato sui canali televisivi e sulla carta stampata. Trasmissioni come “Che tempo che fa” hanno messo alla ribalta del piccolo schermo personalità del mondo scientifico, anche se lo spazio dedicato alla scienza meteorologica è andato scemando con il passare delle puntate a favore di altri argomenti; le consuete rubriche televisive sulle previsioni del tempo, che ci accompagnano più volte al giorno, sono divulgate per lo più da personale del Servizio Meteorologico Nazionale dell’Aeronautica Militare; i quotidiani impegnano molto più spazio di un tempo alle previsioni meteo, spesso con la collaborazione di esperti. E’ sicuramente un passo avanti questo aumento di coinvolgimento ufficiale, ma non basta. Nei TG e nelle pagine di cronaca dei quotidiani, si continuano a leggere strafalcioni, ascoltare imprecisioni assolute ed errori madornali.

Dal 7 di settembre prossimo, e fino al giorno 10, a Genova si terrà il 18° Convegno dell’Associazione Climatologica Internazionale (http://users.skynet.be/mvdpb/aic/index.html), per il quale redattori di questa Rivista sono stati impegnati alla stesura di un lavoro sulla climatologia urbana genovese, che sarà inserito negli Atti. Tra gli organizzatori vi sono il Prof. Gerardo Brancucci, professore di Geografia fisica e Geomorfologia presso la Facoltà di Architettura dell’Università di Genova e Luca Mercalli. Il tema è “Clima urbano, città e architettura”. Certo il convegno (a pagamento) è pressoché riservato agli addetti ai lavori, ma non si chiede che si debba partecipare alle giornate per essere aggiornati in maniera bilanciata su un particolare aspetto della meteorologia; sarebbe invece un eccellente servizio alla comunità se i mass media avessero la capacità di sintetizzare quanto uscirà da quel dibattito e quindi divulgarlo al pubblico senza enfatizzarne i risultati. Questo è solo un esempio, vicino a noi nel tempo e nei luoghi, ma ci sono decine di tali occasioni di divulgazione ragionata, pronte a venire in aiuto al cittadino lettore, basta saperle cogliere.