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![]() di Gian Carlo Nardi |
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Quel confine insidioso Ponte dell’Immacolata, il maltempo imperversa sul nord dell’Italia. Aria fredda di provenienza continentale arriva sulla pianura padana, venti di grecale spazzano i crinali dell’Appennino, e la neve è prevista fino a quote basse. Certo, il calendario consente un succulento ponte, quattro giorni filati da dedicare al tempo libero. E una associazione escursionistica di Piacenza ha da tempo in programma per quelle date una lunga traversata dell’Appennino in quattro giorni, da Ottone, in Val Trebbia, a Levanto, sulla Riviera di levante. Il percorso prevede lunghe tappe su sentieri, con un solo segmento impegnativo al secondo giorno: la traversata del Monte Aiona a 1700 metri di quota. E’ un tratto su sentiero che in condizioni normali richiede un’ora di cammino, privo di qualsivoglia difficoltà tecnica, ma tutto sul crinale ed esposto al vento. Numerosi i partecipanti, venticinque, con, sembra, un solo accompagnatore. Narrano le cronache che il secondo giorno il gruppo, proprio nello scavalcamento dell’Aiona, è stato sorpreso da una bufera di neve improvvisa (sic!) e si è disgregato. Metà del gruppo rientra in qualche modo e scende su Borzonasca dando l’allarme, un partecipante prosegue senza accorgersi di nulla e solo alla fine della tappa si rende conto di essere rimasto solo, gli altri sono dispersi sulla montagna, trovano riparo in una baracca di legno e vengono ritrovati in piena notte dalle squadre di soccorso. E’ una grande operazione di soccorso alpino. Con il maltempo l’elicottero non vola, e allora si va all’antica: a piedi. Ore di marcia nel gelo, decine di soccorritori, e San Bernardo che, da par suo, dà una mano. Per tre giorni, il vento in cresta soffia tra i 70 e i 100 km/h, le temperature sono sotto il livello di gelo. Solo il concomitante sciopero dei giornalisti non consente al grande pubblico di rendersi conto di cosa sia realmente successo. Bilancio: un (tuttora) disperso e dichiarato morto; un ipotermico grave, per tre volte in arresto cardiaco, salvo solo per l’abnegazione e la bravura dei soccorritori, e una decina di escursionisti riportati con fatica a valle. E per corollario, Soccorso alpino, Vigili del fuoco, Carabinieri, Pubbliche assistenze, elicottero e mezzi compresi, impegnati in dieci giorni di faticose ricerche. Perché tutto questo? Come è possibile cadere in trappola così banalmente? Tralasciamo in questa sede gli aspetti tecnici dell’escursione, sui quali ci sarebbe molto da dire in merito all’equipaggiamento, alla conduzione del gruppo e all’orientamento (il percorso scelto consentiva una facile variante sottovento, resta un mistero il perché non sia stata utilizzata) ed esaminiamo la gita sotto il profilo meteorologico. Due fatti emergono immediatamente ad un primo esame. I bollettini meteo della vigilia erano concordi: forti venti di grecale, temperature in diminuzione e zero termico a bassa quota. La conclusione era immediata: condizioni molto difficili sul crinale. Eppure, nessuna modifica al percorso, nessun avviso ai partecipanti (equipaggiati in modo a dir poco insufficiente), nessuna specifica procedura per la conduzione del gruppo e per mantenere l’orientamento in condizioni severe. Viene da pensare che il bollettino meteo non sia neanche stato consultato o, se si, bellamente ignorato. Secondo fatto. Alcuni dei partecipanti hanno raccontato su internet la loro avventura, e ricorre un particolare significativo. Mentre al mattino, ancora al riparo del bosco, il gruppo saliva lungo i fianchi dell’Aiona, sentivano ululare il vento. E’ una musica particolare, anche affascinante se vogliamo, una sorta di “canto delle Sirene” che ben conosce chi frequenta le montagne. Un canto che manda un messaggio ben preciso: “quassù c’è vento e fa freddo; vieni pure, se sei all’altezza”. E’ la montagna che parla, che ci avvisa. Non è stata ascoltata, non è stata capita. E così è stato superato un limite, quello tra
l’escursionismo e l’alpinismo. A volte questo limite è ben chiaro,
scolpito nella roccia e nel ghiaccio: fino a qui si cammina, oltre
inizia l’ascensione. In altri casi il limite è sfumato e diventa un
confine insidioso tracciato dalle condizioni meteorologiche e nivologiche. E una montagna come l’Aiona, che per quasi tutto l’anno è,
per dirla con i francesi, terrain a vaches, in alcuni giorni particolari
dell’inverno prende la maiuscola e diventa la Montagna, alla quale si dà
del Lei e si chiede permesso. Gian Carlo Nardi
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