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QUINTO RAPPORTO IPCC SUI CAMBIAMENTI CLIMATICI:
PUBBLICATO IL TERZO VOLUME (MITIGAZIONE)

15.04.2014
A cura di Luca Mercalli e Daniele Cat Berro, SMI - Redazione Nimbus


Al termine della sessione di lavoro del Working Group 3 dell'IPCC a Berlino (7-12 aprile 2014) è stato pubblicato il terzo volume del Quinto Rapporto di Valutazione sui Cambiamenti Climatici, dedicato alla mitigazione, che segue quelli sulle basi scientifiche (pubblicato il 27 settembre 2013) e su impatti, adattamento e vulnerabilità (31 marzo 2014).

A questo ulteriore complesso lavoro (16 capitoli, oltre 2000 pagine, 1200 scenari di sviluppo socio-economico analizzati, 10.000 citazioni bibliografiche) hanno preso parte 235 autori da 58 paesi, tra cui cinque italiani, Carlo Carraro (Review Editor capitolo 16 “Cross-cutting Investment and Finance Issues”), Valentina Bosetti (Lead Author capitolo 2 “Integrated Risk and Uncertainty Assessment of Climate Change Response Policies”), Alessandro Lanza (Lead Author capitolo 10 “Industry”). Emanuele Massetti (Lead Author capitolo 16 “Cross-cutting Investment and Finance Issues”) e Massimo Tavoni (Lead Author capitolo 6 “Assessing Transformation Pathways”).


 

La copertina del terzo volume del V Rapporto IPCC
dedicato alla mitigazione dei cambiamenti climatici.
 

I cambiamenti climatici non rappresentano soltanto una questione ambientale, ma anche sociale ed economica a scala globale. Efficaci piani di mitigazione dovranno comportare radicali ristrutturazioni dell'apparato produttivo e tecnologico, suscitare importanti svolte nei comportamenti individuali, collettivi e istituzionali, e coinvolgere grandi risorse economiche con l'obiettivo di limitare la distruzione di ecosistemi e conservare un equilibrato benessere per le future generazioni.

La consapevolezza dei problemi ambientali e climatici tra il pubblico è indubbiamente cresciuta negli anni recenti, aumentano le conoscenze e si infittiscono le iniziative per ridurre gli impatti antropici sul pianeta, ma la reazione globale è ancora troppo lenta in rapporto alla velocità dei cambiamenti in atto e previsti, e ad oggi la direzione intrapresa dall'umanità resta di fatto quella di una crescita insostenibile del consumo di risorse e dell'emissione di gas serra e inquinanti in genere. I margini di manovra verso un futuro più sostenibile rimangono, molte capacità tecnologiche per intraprendere il grande cambiamento già esistono, ma più si indugia, più le probabilità di successo si assottigliano.


Ecco dunque alcuni elementi emersi dal rapporto.

Nonostante le politiche di contenimento delle emissioni messe in atto da alcuni Paesi (soprattutto nordeuropei), a causa della crescita demografica ed economica, in particolare nei paesi in via di sviluppo, la quantità complessiva di gas serra rilasciati ogni anno continua ad aumentare, salvo una temporanea flessione nel 2007-08 dovuta alla crisi economica: +1 Gt di CO2 equivalente all'anno tra il 2000 e il 2010 (ovvero +2,2%), e 49 Gt di CO2 equivalente di origine antropica emesse a scala mondiale nel 2010.
Sempre nel 2010, le emissioni di gas serra erano così ripartite: 76% di biossido di carbonio (CO2, da combustibili fossili e cambiamenti d'uso del suolo), 16% di metano (CH4), 6,2% di protossido di azoto (N2O), 2% di gas fluorurati.
A conferma dell'accelerazione del problema, circa metà delle emissioni serra prodotte dall'inizio dell'era industriale (in totale, approssimativamente 1300 Gt di CO2 equivalente) sono avvenute dopo il 1970.




Andamento annuo delle emissioni totali di gas serra (espresse in miliardi di tonnellate di CO2 equivalente) dal 1970 al 2010. La tendenza è al costante aumento, salvo brevi eccezioni, l'ultima delle quali nel 2007-08. Nel periodo 2000-2010 il tasso annuo di crescita delle emissioni è stato del 2.2%, a fronte del +1.3% del 1970-2000, e nel 2010 si è toccato un massimo storico di 49 Gt di CO2 equivalente rilasciate in atmosfera (media di circa 7 tonnellate per abitante del pianeta). Il biossido di carbonio è di gran lunga il principale gas climalterante emesso nell'aria da parte delle attività antropiche, seguito da metano, protossido di azoto e gas fluorurati.

In assenza di politiche di riduzione delle emissioni (scenario “business-as-usual”) si stima che la concentrazione di CO2 possa superare le 1000 ppmv e la temperatura media globale possa crescere di 3,7 - 4,8 °C entro il 2100 (valori mediani; 2,5 – 7,8 °C includendo l'incertezza associata alle previsioni), scenario che comporterebbe guasti ambientali pericolosi per l'assetto sociale, politico ed economico dell'umanità, per scongiurare i quali occorrerebbe limitare a 2 °C il riscaldamento rispetto all'era preindustriale entro il 2100.

Per avere elevate probabilità di centrare questo obiettivo la concentrazione di CO2 nell'atmosfera dovrebbe stabilizzarsi a 450 ppmv a fine XXI secolo (a fronte delle 400 ppmv attuali), attraverso drastiche riduzioni delle emissioni globali del 40-70% nel 2050 rispetto al 2010, e un loro sostanziale azzeramento nel 2100. Un percorso di non facile attuazione - che comporta radicali cambiamenti su vasta scala del sistema di produzione energetica (con ampia diffusione delle fonti rinnovabili), miglioramento dell'efficienza nell'uso dell'energia, programmi di afforestazione, cattura e stoccaggio del carbonio... - tuttavia ancora alla portata, e agli iniziali costi economici di tali azioni corrisponderebbero d'altra parte grandi effetti positivi non solo in termini climatici, ma anche di qualità dell'aria, salute umana e sicurezza energetica.

Tuttavia ogni ritardo nell'attuazione di tali politiche renderà gli effetti benefici per l'ambiente e l'umanità più tardivi e marginali, mentre i costi finali cresceranno e i guasti potranno divenire irreversibili e difficilmente gestibili in termini di adattamento.

Miglioramenti nell'efficienza energetica, nei comportamenti e negli stili di vita dei singoli (scelta di prodotti di lunga durata, diversa gestione della mobilità e dell'uso dell'energia nelle abitazioni, riduzione dei rifiuti alimentari...) costituiscono una strategia cruciale per mantenere i livelli di CO2 entro 450-500 ppmv a fine secolo senza compromettere l'assetto economico.

I limiti nella disponibilità di combustibili fossili non sono sufficienti a mantenere CO2 sotto i 650 ppmv (come dire: petrolio, gas e carbone non sono illimitati... ma ce n'è ancora abbastanza per alterare gravemente il clima terrestre).


Alcuni percorsi settoriali di mitigazione dei cambiamenti climatici


Produzione elettrica
La “decarbonizzazione” della produzione elettrica sarà uno dei fattori chiave nel raggiungimento dell'obiettivo 450-530 ppmv. Negli scenari di stabilizzazione delle emissioni a bassi livelli l'insieme di fonti rinnovabili e nucleare nella produzione elettrica sale dal circa 30% attuale a oltre l'80% dopo il 2050, e l'impiego delle fonti fossili pressoché si azzera verso il 2100.
Il nucleare è una fonte energetica a bassa intensità di carbonio ormai matura e in grado di aiutare il processo di decarbonizzazione, tuttavia, nonostante i miglioramenti, restano ancora importanti problemi legati alla gestione delle scorie, alla sicurezza delle miniere di uranio e delle centrali, alla proliferazione di armi e all'opinione pubblica.
Emissioni del comparto energetico possono essere ridotte significativamente sostituendo le inquinanti centrali a carbone con nuove e più efficienti centrali a gas a ciclo combinato.



Ripartizione delle emissioni serra dirette e indirette (attraverso la produzione di elettricità) per ciascun settore economico. L'industria, ovvero la produzione dei beni di consumo che costituiscono la base dell'odierna economia globale, è responsabile della maggior parte delle emissioni (32% sul totale, tra dirette e indirette), seguita da agricoltura, allevamento, gestione delle foreste e altri usi del suolo (25%),
edifici (18%) e trasporti (14%).


Trasporti
Nel 2010 al settore dei trasporti era imputabile il 30% dell'uso finale dell'energia e l'emissione di 6,7 miliardi di tonnellate di CO2, destinata a raddoppiare nel 2050 in assenza di provvedimenti. Riduzioni delle emissioni da trasporti del 15-40% potrebbero essere raggiunte nel 2050 grazie, ad esempio, a una migliore efficienza dei veicoli, a virtuosi cambiamenti nelle abitudini personali e collettive, e alla riorganizzazione dei trasporti nelle città e dei sistemi logistici commerciali.

Edifici
Un'incidenza analoga emerge dal settore degli edifici, con il 32% dell'utilizzo finale di energia e emissione di 8,8 Gt di CO2 nel 2010. Incrementi del 50-150% al 2050 sono da attendersi a causa dei cambiamenti degli stili di vita, della progressiva urbanizzazione della popolazione e del conseguente accesso a moderni servizi energetici. Tuttavia recenti e significativi miglioramenti negli standard energetici in edilizia fanno ben sperare per una futura riduzione delle emissioni, con ricadute positive sulle spese familiari per la bolletta energetica, come già sperimentato con successo in diversi paesi del mondo.

Industria
Attualmente il comparto industriale è responsabile del 30% delle emissioni serra complessive, ma in futuro ampi margini di miglioramento si potrebbero ottenere diffondendo su vasta scala le tecnologie produttive più innovative ed efficienti, soprattutto nei paesi ove ancora non sono impiegate, insieme all'efficienza nell'uso dei materiali e alla riduzione dei rifiuti. La carenza di informazione e i costi iniziali rappresentano in tale ambito le maggiori barriere al cambiamento.

Agricoltura e foreste
Nonostante vi sia attribuibile un quarto delle emissioni nette, una recente diminuzione dei flussi di CO2 è stata osservata grazie alla minore deforestazione e un aumento dell'afforestazione. Vi sono possibilità di dimezzare le emissioni dal 2050 e di rendere il settore agro-forestale un serbatoio ("pozzo") di carbonio entro fine secolo.
La produzione energetica da biomasse può avere un ruolo chiave negli obiettivi di mitigazione, ma la sua diffusione su vasta scala deve tenere conto degli interrogativi legati alla sostenibilità complessiva dei sistemi produttivi (si ottiene davvero più energia “pulita” di quella fossile necessaria alle lavorazioni dei suoli e ai processi di produzione?), nonché al consumo di acqua e di suolo in competizione con la produzione alimentare e alle minacce per la biodiversità.

Insediamenti umani, infrastrutture e gestione del territorio
Nel 2006 il 52% della popolazione mondiale abitava in città, e nel 2011 le aree urbane contribuivano al 71-76% delle emissioni serra da consumi energetici. Poiché il tasso di inurbamento è atteso in crescita (64-69% della popolazione nel 2050 e aumento dell'occupazione di suolo del 56-310% tra il 2000 e il 2030), il ruolo delle grandi città nell'attuare politiche di mitigazione sarà vieppiù importante. Già oggi migliaia di comuni stanno varando programmi di azione per il clima, ma il loro effetto complessivo rimane incerto.

Politiche di mitigazione, finanza e istituzioni
Significative riduzioni delle emissioni serra richiedono grandi cambiamenti nelle modalità di investimento, in particolare nel settore energetico.
Per dare un'idea delle risorse in gioco, si stima che attualmente i flussi finanziari connessi ad azioni volte alla riduzione delle emissioni e all'incremento della resilienza ammontino a 343-385 miliardi di dollari USA all'anno; i fondi pubblici destinati ai paesi in via di sviluppo a 35-49 milioni di dollari/anno nel 2011-12, quelli privati a 10-72 milioni di dollari.




Insieme dei 1200 scenari di emissioni annue di gas serra fino al 2100 utilizzati nel V rapporto di valutazione Ipcc, raggruppati in 6 categorie in base alle conseguenti concentrazioni atmosferiche finali attese a fine XXI secolo (scala di colore). Gli scenari più ottimistici, a bassa intensità energetica (e a migliori effetti sulla stabilità del clima e degli ecosistemi, come RCP 2,6) comportano drastiche riduzioni delle emissioni con dimezzamento al 2050 e sostanziale annullamento al 2100, mentre scenari "business as usual" implicherebbero emissioni anche più che doppie rispetto alle attuali, oltre 100 Gt/anno, e concentrazioni di gas serra superiori a 1000 ppmv nel 2100
(con conseguente riscaldamento globale oltre +4 °C e forti ripercussioni negative
sulla civiltà globale).

Risorse e ulteriori approfondimenti sul rapporto sulla mitigazione

Summary for Policymakers

Intero rapporto

Commento su Climalteranti

Scheda sul sito CMCC
 

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