SCIENZIATI, FIRMATE L'APPELLO MONDIALE SULL'EMERGENZA CLIMATICA
29.11.2019
- SMI/Redazione Nimbus
Seguendo un
obbligo morale nei confronti dell'umanità, oltre undicimila scienziati
da tutto il mondo, coordinati dall'ecologo
William Ripple dell'Università dell'Oregon, hanno firmato l'appello
“World Scientists’ Warning of a Climate Emergency”, pubblicato il 5
novembre 2019 con
accesso libero sulla rivista scientifica “BioScience” (Oxford
University Press).
La traduzione integrale dell'articolo in italiano è
disponibile sul blog scientifico Climalteranti.

Il collasso ambientale e climatico in corso (identificato da una
moltitudine di indicatori rappresentati con grafici nell'articolo, vedi
esempio qui sotto) è peggiore delle attese, e lo si potrebbe
attenuare con tempestive azioni raggruppabili in sei punti:
1) energie rinnovabili ed efficienza energetica;
2) riduzione dell'inquinamento;
3) protezione della biodiversità;
4) dieta meno carnivora e azzeramento dello spreco di cibo;
5) contenimento della crescita economica;
6) stabilizzazione della popolazione globale.
Tutte strategie che sarebbero già a portata di mano, in attesa di essere
perseguite su larga scala con l'impegno sia della politica, sia della
collettività e dei singoli individui.

Esempio di alcuni indicatori tra quelli
presi in considerazione da Ripple et al. (2019) per descrivere
l'evoluzione delle criticità ambientali e climatiche in corso, dal 1979
a oggi: alcuni segnali sono incoraggianti (riduzione del tasso di
fertilità, della deforestazione in Amazzonia - salvo i recenti timori
per le politiche di Bolsonaro - crescenti disinvestimenti istituzionali
dal settore delle fonti fossili, l'aumento della produzione energetica
da fonti rinnovabili e della proporzione di emissioni coperte da
tassazione), ma altri segnali sono altamente preoccupanti
(crescita della popolazione umana e del numero di ruminanti da
allevamento, del consumo pro capite di carne, delle emissioni-serra,
della deforestazione globale, l'accelerazione del riscaldamento
atmosferico e marino, della deglaciazione e dell'acidificazione degli
oceani...). La rappresentazione completa degli indicatori è visibile
nell'articolo.
UN APPELLO DA
DIFFONDERE
NELLA COMUNITA' SCIENTIFICA
Per ottenere la
massima diffusione ed efficacia di questo appello cruciale per il nostro
futuro, gli autori chiedono ad altri scienziati di leggerlo,
sottoscriverlo e diramarlo, seguendo le semplici indicazioni di
questa pagina web.
DAI "PUNTI DI NON-RITORNO",
UNA MINACCIA ALL'ESISTENZA DELL'UMANITA'
La gravità della
situazione climatica, con il crescente rischio di innesco di
cambiamenti brutali e irreversibili nel sistema-Terra (tipping
points), è riassunta e aggiornata nel recentissimo articolo "Climate
tipping points — too risky to bet against" apparso sulla rivista
Nature a firma di Timothy M. Lenton (University of Exeter, UK) e
autorevoli colleghi.
Fino a 15-20 anni fa si riteneva che questi "punti di non ritorno"
(enorme rilascio di metano dal permafrost, collasso delle calotte polari
e svariati metri di aumento di livello marino nei prossimi secoli,
perdita delle foreste pluviali, alterazione della circolazione oceanica
e conseguente riduzione delle stagioni piovose che permettono
l'agricoltura nel Sahel e nel Sud-Est asiatico...) potessero realizzarsi
solo con un riscaldamento globale dell'ordine dei 5 °C a fine XXI
secolo.
Oggi invece ci sono
evidenze che anche un paio di gradi Celsius di aumento termico rispetto
all'era preindustriale (attualmente siamo già a +1 °C...) possa avviare
un pericoloso effetto-domino di stravolgimenti climatici e ambientali
a scala globale, tali da condurci verso una condizione di
"pianeta-serra" e da porre una minaccia esistenziale per l'umanità.
Questo è ciò che dice la migliore scienza internazionale sul clima e il
sistema-Terra.
Dopo decenni persi in chiacchiere, tra inerzia collettiva e negazionismo,
il tempo per evitare il peggio si sta riducendo drammaticamente.

Sintesi dei
principali "tipping points" climatico-ambientali, e relative
interconnessioni (da
Lenton et al., 2019). Ad esempio, il collasso della calotta glaciale
della Groenlandia per l'aumento delle temperature (con ingente
immissione di acqua dolce in mare) genera un rallentamento della
circolazione oceanica nell'Atlantico, già in atto, che a sua volta può
alterare il regime delle piogge in Amazzonia e i monsoni che alimentano
la produzione agricola in diverse regioni del mondo, dal Sahel al
Sud-Est asiatico. Una "cascata" di conseguenze che potrebbe attivarsi
anche con un riscaldamento globale dell'ordine dei 2 °C (qualora si
applicasse l'Accordo di Parigi si stima che l'aumento termico si
attesterebbe sui +3 °C al 2100) e in grado di rendere il pianeta sempre
più ostile per la specie umana.
|