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29-30 GIUGNO 2024, ALLUVIONI SULLE ALPI OCCIDENTALI, DA COGNE AL CANTON TICINO; TEMPESTA DI VENTO E GRANDINE IN CANAVESE

di Daniele Cat Berro, SMI / Redazione Nimbus
con contributi di Luca Mercalli, Valentina Acordon e Claudio Castellano
4 luglio 2024
 


Tra pomeriggio e tarda sera di sabato 29 giugno 2024 violenti temporali autorigeneranti hanno colpito le Alpi occidentali, con massimi effetti tra le Valli di Lanzo e il Gran Paradiso, e tra Cervino, Monte Rosa e Sempione, nonché nelle  valli Bavona e Maggia (Canton Ticino, Svizzera), zone che hanno subito gravissimi danni per alluvioni-lampo e colate detritiche (5 vittime accertate e 5 dispersi nel comune di Cevio, distretto di Vallemaggia, Svizzera, e un'ulteriore vittima a Saas-Grund, nel Vallese).

Le linee temporalesche hanno solo sfiorato le pianure sottostanti in serata, ma in Alto Canavese (Torino) hanno avuto modo di produrre episodi distruttivi di grandine e vento.

L'episodio, tra i più rilevanti nel suo genere degli ultimi decenni, si è esaurito entro le prime ore di domenica 30 giugno, quando all'alba le prime luci del giorno hanno rivelato appieno la gravità della situazione.

Distruzione della strada regionale 47 a valle di Cogne a opera della piena del
T. Grand Eyvia (fonte: pagina FB Regione Valle d'Aosta).
 

Cervinia, si lavora per lo sgombero dell'enorme massa di detriti lasciati
dal T. Marmore (f. Enrico Martinet, La Stampa).
 



L'impressionante ingrossamento della cascata del T. Noaschetta, tributario sinistro dell'Orco a Noasca (Valle Orco, Torino), fin superiore agli episodi storici del 24 settembre 1993 e del 14-15 ottobre 2000 in base a testimonianze ed evidenze locali, e in ogni caso eccezionale per la rapidità con cui si è sviluppato, in meno di tre ore (f. Danilo Aimonino).
 

Le cause meteorologiche: convergenza tra venti da Sud in quota e Sud-Est al suolo, aria caldo-umida molto instabile
e ricca di vapore acqueo, sbarramento orografico

I fenomeni si sono sviluppati all'avvicinarsi di una saccatura alle quote della media-alta troposfera sull'Europa occidentale, con annesso minimo barico al suolo che alle h 16 UTC di sabato 29 giugno era posizionato sulla Francia centrale (1006 hPa).

Sul loro fianco orientale, al di sopra delle Alpi soffiava un vigoroso flusso da Sud-Sud-Ovest (in prossimità di un ramo della corrente a getto), mentre nei bassi strati atmosferici masse d'aria caldo-umida e molto instabile, con elevati livelli di energia potenziale per la convezione nonché di vapore acqueo, fluivano da Sud-Est - dall'afosa Valpadana - verso i rilievi torinesi, aostani e dell'alto Piemonte.

Dal radiosondaggio eseguito alle h 12 UTC (le 14 locali italiane) del 29 giugno all'aeroporto di Novara-Cameri risultava un indice CAPE di 2974 J/kg (indicativo di energia disponibile per la formazione di forti temporali) e ben 46 mm di acqua precipitabile sull'intera colonna atmosferica, un valore molto elevato e segnale di un'atmosfera molto umida e propensa allo sviluppo di precipitazioni intense. Ciò significa che se tutta l'acqua presente nell'aria in un certo momento sotto forma di vapore condensasse in forma liquida e precipitasse istantaneamente, produrrebbe una pioggia di 46 mm. Tuttavia questa non è la massima precipitazione teoricamente possibile in tali condizioni, perché durante un evento piovoso/temporalesco la continua avvezione di aria umida (e la sua aspirazione entro i sistemi temporaleschi) nel corso di svariate ore è in grado di produrre totali di precipitazione di gran lunga più elevati.

Tra pomeriggio e sera si è quindi venuta a creare una situazione sia di rotazione del vento con la quota - proveniente da Sud-Sud-Ovest a circa 5000-6000 m e da Sud-Est al suolo (wind shear) - sia di convergenza alle quote medio-basse e di divergenza in prossimità della tropopausa (12-13 km di quota), responsabile della marcata aspirazione di aria caldo-umida e instabile verso l'alto, dunque di intensi moti verticali all'origine di celle temporalesche autorigeneranti per più ore sulle stesse zone. Ad alimentare la produzione di violente precipitazioni ha pure contribuito la componente di sbarramento dei venti umidi sud-orientali contro i rilievi.
 

Analisi della situazione meteorologica in Europa alle h 16 UTC di sabato 29 giugno 2024 (le 18 ora legale italiana), con le isobare e il tempo in atto in superficie, e (in tratteggio rosso) le isoipse del geopotenziale al livello di 500 hPa, più semplicemente l'altitudine (circa 5800 m sulle Alpi) a cui si raggiunge tale valore di pressione atmosferica (più in basso nelle depressioni, più in quota negli anticicloni).
Il tratteggio delinea una saccatura in quota con asse SW-NE sull'Europa occidentale, contrapposta a un promontorio nord-africano sul Centro-Sud Italia. Le isoipse a curvatura ciclonica sulle Alpi occidentali indicano una situazione favorevole all'avvezione di vorticità positiva, propensa a produrre moti verticali dell'aria, dunque nubi e precipitazioni. In superficie, tra una depressione sulla Francia e una blanda alta pressione sulla Valpadana si genera un flusso di aria caldo-umida e instabile da Sud-Est verso le Alpi piemontesi e valdostane, con conseguente situazione di sbarramento orografico (fonte: Meteocentre).

 

Campi di direzione e velocità del vento alla superficie isobarica di 300 hPa (circa 9000 m di quota) previsti alle h 00 UTC del 29 giugno 2024 per le h 12 UTC dello stesso giorno (le 14 locali in Italia). L'area in magenta delinea, tra il Golfo del Leone e la Provenza, il "jet-streak", ovvero la regione di brusco rinforzo del vento in alta quota in seno al ramo ascendente della corrente a getto, in questo caso con direzione da Sud sulle Alpi occidentali. Proprio in corrispondenza del getto da Sud si vengono a creare le condizioni propizie alla brusca aspirazione di aria caldo-umida e instabile dalla Valpadana, all'origine dello sviluppo di celle temporalesche autorigeneranti (fonte: ECMWF, via Kakekmannwetter).


Un primo sistema di celle temporalesche, ben visibile nelle immagini Meteosat h 13, 14 e 15 UTC (sotto), si è formato nel primo pomeriggio di sabato 29 ed è migrato dalle montagne torinesi verso N-NE, ma - per quanto esteso e appariscente - ha prodotto temporali a rapido spostamento senza ancora generare criticità di sorta.

A produrre i fenomeni più violenti e stazionari in area alpina, nonché, in serata, le tempeste di grandine grossa e vento sull'Alto Canavese, sono state invece le celle temporalesche sviluppatesi in seguito, e visibili nelle immagini dalle h 16 UTC in poi.
 

 

 Sequenza oraria di immagini satellitari Meteosat Second Generation nel canale RGB Airmass, dalle h 13 UTC alle 22 UTC del 29 giugno 2024
(fonte: visualizzatore immagini Eumetsat).

 

Rovesci temporaleschi di rara intensità
fin oltre i 3500 metri, e su suoli già saturi d'acqua
per le piogge e la fusione nivale pregresse
(e non tanto per la fusione in corso d'evento)

I più intensi rovesci temporaleschi hanno colpito dapprima un "corridoio" esteso tra la bassa Val Susa, le Valli di Lanzo, la media valle Orco e quella di Cogne tra le h 17 e le 21 locali, dopodiché, in serata e nella notte, questi si sono concentrati maggiormente tra il Monte Rosa e il Sempione, e sul limitrofo Canton Ticino.  
 

Il frame radar Arpa Piemonte delle h 18:50 locali del 29 giugno 2024 mostra lo sviluppo dei sistemi temporaleschi autorigeneranti lungo un "corridoio" che dalle valli pinerolesi risale verso N-NE fino alla bassa Val Susa, alle Valli di Lanzo e al Gran Paradiso. Ulteriori celle temporalesche si formeranno nelle ore serali più a Nord, migrando poi fino all'alto Piemonte e al Canton Ticino.
 

Frame radar Arpa Piemonte delle h 20:15 locali del 29 giugno 2024, dettaglio tra la bassa Val Susa e il Gran Paradiso. In viola un nucleo temporalesco di particolare intensità (rain rate istantaneo >100 mm/h) si accanisce tra la Val Grande di Lanzo e la media Valle Orco, innescando da un lato l'impetuosa piena del T. Vassola a Chialamberto, dall'altro la colata detritica sulla ex SS 460 a Locana-Fornolosa, e alimentando la notevole piena del T. Orco e affluenti.
 


Carte di previsione delle precipitazioni cumulate in 24 h durante l'evento sulle Alpi Cozie e Graie (modello ICON-D2), emesse rispettivamente alle h 00 (in alto) e h 18 UTC (qui sopra) del 28 giugno 2024. La localizzazione del "corridoio" percorso dai temporali autorigeneranti tra bassa Val Susa e Gran Paradiso è sorprendentemente corretta, e l'uscita più recente, a 24 ore dall'evento, migliora nettamente anche la previsione delle quantità, superiori a 150 mm tra Val Grande di Lanzo e Gran Paradiso (fonte: modello ICON-D2, via Kakekmannwetter).
 

Considerando i totali dell'evento registrati fino al mattino di domenica 30 giugno dai pluviometri dell'Arpa Piemonte e del Centro Funzionale della Regione Autonoma Valle d'Aosta, il centro di scroscio in territorio italiano si è localizzato all'Alpe Veglia (Valle Cairasca, Ossola) con 226,3 mm di precipitazione, a seguire in ordine decrescente troviamo 179,8 mm al Rifugio Zamboni (Macugnaga), 179,0 mm a Macugnaga-Pecetto, 176,4 mm a Noasca (Valle Orco), 133,6 mm a Cogne-Lillaz, 130,6 mm ad Alagna Valsesia, 119,6 mm a Cogne-Valnontey, 108,5 mm a Forno Alpi Graie, per citare solo alcuni tra i valori più appariscenti.

Su intervalli più brevi, di 1, 3 e 6 ore, vale la pena segnalare:

Noasca (TO): rispettivamente 62,5 mm, 127,2 mm e 155,7 mm
Cogne-Lillaz (AO): 44,6, 96,2 e 114,0 mm
Macugnaga-Pecetto (VB): 34,3, 82,6 e 121,6 mm
Alpe Veglia (VB): 46,8, 95,8 e 162,2 mm
Lago Larecchio (VB): 62,0, 86,7 e 114,9 mm

Le quantità di pioggia più anomale e rare a vedersi (con tempi medi di ritorno valutati talora in più di 100-200 anni) sono state registrate in periodi di 3 e 6 ore, che corrispondono anche alla durata delle fasi di pioggia più intensa.

Ulteriori dettagli sulle precipitazioni registrate si trovano in un primo approfondimento di Arpa Piemonte, pubblicato domenica 30 giugno, a evento terminato.

Ancora più abbondanti le precipitazioni in territorio ticinese, con 250 mm caduti a Bignasco (Valle Maggia), zona particolarmente disastrata (vedi l'analisi preliminare di MeteoSvizzera).
 

Precipitazioni orarie e cumulate durante l'evento in alcune località più colpite del Piemonte e della Valle d'Aosta.


La stima delle precipitazioni cumulate da radar (Arpa Piemonte), per quanto affetta da sottostime nelle zone alpine interne soggette a schermatura orografica del segnale radio, mostra bene la fascia geografica più colpita dall'evento, estesa dalle valli pinerolesi al Canton Ticino, passando per il Gran Paradiso e il Monte Rosa, mentre la quasi totalità delle pianure del Nord-Ovest è rimasta all'asciutto.

 

Oltre all'intensità in sé dei fenomeni, ai gravi effetti sul territorio hanno contribuito:

1) la caduta di pioggia fino a quote molto elevate, probabilmente fino ad almeno 3600-3700 m, all'interno della massa d'aria calda subtropicale che precedeva l'arrivo del fronte freddo; durante la fase di precipitazione, alla stazione meteorologica SMI al Ghiacciaio Ciardoney (2850 m, Gran Paradiso) la temperatura ha oscillato per lo più tra 6 °C e 7 °C, scendendo poi a una minima giornaliera di 4,0 °C solo a fine evento, alle h 20 del 29 giugno;

2) lo stato di diffusa saturazione dei suoli, l'abbondante circolazione di acqua all'interno degli ammassi rocciosi e gli elevati livelli dei corsi d'acqua già prima dell'evento, a causa delle straordinarie precipitazioni pregresse del periodo febbraio-giugno 2024 e della fusione nivale in corso in queste settimane di inizio estate.

Riteniamo invece che - a differenza di un'opinione comune - la fusione della neve in corso di evento, sotto la pioggia intensa, abbia potuto contribuire in misura molto modesta in proporzione alle precipitazioni.
Sempre riferendosi al pianoro frontale del Ghiacciaio Ciardoney, sia le misure del nivometro automatico sia le osservazioni dell'asta nivometrica da webcam indicano che nelle 6 ore di massima intensità dell'evento pomeridiano-serale lo spessore della neve al suolo (145 cm) non è cambiato in maniera significativa, riducendosi di non più di 2 cm (equivalenti a < 15 mm di acqua equivalente considerando una densità della neve dell'ordine di 650-700 kg/m3 come rilevato il 5 giugno 2024, e peraltro in porzioni di territorio relativamente ridotte rispetto ai bacini idrografici colpiti, dunque con scarso incremento dei volumi defluiti a valle).

Al contrario, la presenza di una copertura nevosa ancora piuttosto estesa sopra i 2500-2800 m può talora aver limitato l'azione erosiva delle acque ruscellanti sui fragili sedimenti morenici in ambiente periglaciale, rispetto a una situazione di tarda estate in cui questi sarebbero stati maggiormente esposti a dilavamento ed erosione, con ulteriore contributo all'innesco di colate detritiche fin dalle quote più elevate e al trasporto solido da parte delle piene a valle.

In sintesi, la violenta attività torrentizia e i dissesti osservati sono da ascriversi principalmente al pregresso stato idrologico del territorio montano (fattore predisponente) e alle straordinarie quantità di pioggia cadute in 3-6 ore (fattore innescante).
 

Nell'immagine ripresa dalla webcam SMI del Ghiacciaio Ciardoney alle h 09 del
4 luglio 2024 si notano (asterischi) le zone di innesco di colate detritiche avvenute nel tardo pomeriggio-sera del 29 giugno, in corrispondenza degli unici tratti di morena laterale sinistra già privi di manto nevoso. Il flusso torrentizio concentrato si è poi propagato a valle scorrendo sulla superficie della neve fino ai pressi della stazione meteorologica e oltre. In condizioni di innevamento meno esteso, come sarebbe stato a fine estate o inizio autunno, a parità delle altre condizioni meteo-idrologiche l'innesco di processi torrentizi sarebbe stato potenzialmente ancora più diffuso e marcato. Lo spessore del manto il 4 luglio 2024 all'asta nivometrica è ancora di 120 cm, analogo al massimo per la data nella breve serie dal 2012
(125 cm il 4 luglio 2013).

 

Gli effetti sul territorio: piene torrentizie e colate di detriti
a rapido innesco

L'aspetto forse più sorprendente dell'evento del 29 giugno 2024 è la rapidità (meno di 3-4 ore) con cui si sono attivate impetuose piene torrentizie e violente colate detritiche su molteplici bacini compresi tra la Val Grande di Lanzo e il gruppo Gran Paradiso-Emilius, tra il Cervino-Monte Rosa e le valli del Sempione, nonché nella svizzera Valle Bavona.

Pur senza scendere in dettagli di cui la cronache giornalistiche si sono diffusamente occupate, segnaliamo che le località più colpite, con pesante coinvolgimento di centri abitati, infrastrutture e viabilità, sono state, da Sud a Nord:

- Chialamberto (Val Grande di Lanzo), dove il torrente Vassola, tributario sinistro della Stura di Val Grande, si è ingrossato come raramente visto nell'ultimo secolo, invadendo alcune vie del paese (evacuate alcune persone dalle abitazioni più esposte).

- Il tratto di media Valle Orco tra Rosone e Noasca, località minacciata dalla spettacolare cascata del T. Noaschetta, che ha sormontato il ponte della ex SS 460, delineando localmente un evento fin superiore a quelli storici (ma ben più duraturi ed estesi) del 24 settembre 1993 e 14-15 ottobre 2000; una colata detritica lungo un minuscolo rio in sinistra Orco ha interrotto la ex SS 460 presso Fornolosa (transitabilità ripristinata entro il tardo pomeriggio del 30 giugno); gravemente danneggiata la strada Iren per la diga del Telessio, diffusamente coinvolta da erosioni e colate di detriti di grandi dimensioni.

- L'intera Valle di Cogne, interessata dagli impetuosi straripamenti dei torrenti Valnontey e Grand Eyvia, causa di ampie erosioni spondali, inghiaiamento di pascoli, asportazione di vetture da strade e parcheggi, e la distruzione per lunghi tratti della strada regionale 47. L'abitato di Cogne, rilevato di alcuni metri sulle aste torrentizie, non ha subito danni significativi, ma è rimasto per un paio di giorni privo di acqua potabile per la compromissione dell'acquedotto, ed è tuttora privo di rete internet e isolato via terra; centinaia di turisti sono stati evacuati in elicottero; quanto a viabilità è il paese più penalizzato dall'evento sulle Alpi occidentali.

- L'alta Valpelline, in cui si segnala in particolare il collasso di una morena del Ghiacciaio delle Grandes Murailles, con propagazione di un'imponente lava torrentizia nel vallone sottostante in direzione di Prarayer, e interruzione del sentiero di accesso al Rifugio Aosta. Il fenomeno ricorda quanto accaduto il 24 settembre 1993 sulle morene del Ghiacciaio di Mulinet, a monte di Forno Alpi Graie (Valli di Lanzo). Poco a monte di Prarayer, asportati i ponti sui percorsi per il Rifugio Aosta e per i colli di Valcornera e di Livournea.

- L'abitato di Breuil-Cervinia, raggiungibile via strada regionale 46, ma gravemente sinistrato dall'esondazione del T. Marmore nella notte tra il 29 e 30 giugno, con ingente trasporto in massa di detriti derivanti da erosioni di morene ai piedi del Cervino (settore compreso tra l'Oriondé e il Furggen); gravi danni ad abitazioni, negozi e alberghi. Per gravità degli effetti, l'evento non ha precedenti per lo meno da quando la località turistica si è sviluppata alla metà del Novecento (sviluppo edilizio che evidentemente ha concorso esso stesso a moltiplicare gli impatti dell'evento).

- Bassa Valle d'Aosta ed Eporediese: la Dora Baltea ha inondato in più punti il fondovalle dalla zona di Arnad ai dintorni di Ivrea (Lessolo, Fiorano, Salerano), con allagamento e interruzione di strade, pur rimanendo al di sotto dei livelli della recente piena del 3 ottobre 2020 (tempesta Alex).

- L'alta Val Sesia, da Alagna fino a Scopa e Campertogno, nonché nella laterale Val Vogna, ha subito danni a strade, ponti, sentieri e strutture turistiche.

- Sul versante ossolano del Monte Rosa, Macugnaga è tra le località più penalizzate dall'evento: ha sofferto soprattutto, intorno a mezzanotte, gli effetti dello straripamento e del massiccio trasporto di detriti da parte del Rio Tambach (che scende dal versante meridionale del Monte Moro) in centro a Staffa, con grave alluvionamento di abitazioni, esercizi commerciali e viabilità; erosioni di strade e danni a edifici e infrastrutture turistiche (tra cui le piste del Burki-Belvedere, con interessamento dei piloni della seggiovia) anche lungo l'asta del T. Anza, in piena straordinaria. A memoria degli abitanti del posto, si è trattato dell'evento alluvionale più grave per il paese in almeno mezzo secolo.

- Valli Divedro e Cairasca: isolata l'Alpe Veglia per interruzione della strada di accesso da parte di una grande colata detritica scesa lungo il Rio Croso in località Nembro poco prima delle h 18 di sabato 2 giugno, evacuati in elicottero 102 turisti.
Chiusa anche la strada del Sempione per analogo fenomeno avvenuto alle 16:30 di sabato 29 in prossimità della galleria Engi, tra Simplon-Dorf e il valico.

- Valli Bavona, Lavizzara e Maggia (Canton Ticino): il nubifragio serale-notturno ha sconvolto i territori a monte di Cevio, adiacenti all'italiana Val Formazza. Qui si sono avute almeno cinque vittime (tre delle quali in un imponente trasporto torrentizio in massa lungo il Ri di Larechia presso la frazione Fontana, in sinistra orografica della Valle Bavona), ma altrettanti sono i dispersi. Molti danni anche a Prato Sornico, nella limitrofa Val Lavizzara. Piena eccezionale del fiume Maggia, la cui portata a Bignasco in sole tre ore è passata da meno di 50 a 721 m3/s, massimo in una serie si misura avviata nel 1982 (nel basso corso del fiume, nel Locarnese, resta peggiore invece l'evento dell'agosto 1978). Più a valle, presso Cevio, il fiume ha fatto cedere il ponte di Visletto.

Per il territorio svizzero posto al Sud delle Alpi si tratta della seconda grave alluvione-lampo nell'arco di una settimana, dopo l'evento avvenuto il 21 giugno in Valle Mesolcina (Grigioni) sotto un nubifragio da 84 mm in due ore a Grono (due morti e un disperso, piena storica della Moesa e autostrada A13 asportata).

Inoltre, sempre riguardo alla Svizzera, le piogge intense cadute nel pomeriggio-sera del 29 giugno lungo il confine italo-elvetico hanno determinato ulteriori situazioni alluvionali anche nel Vallese, già colpito dall'episodio del 20 giugno scorso.
Così lo straripamento della Vispa ha di nuovo invaso Zermatt, un uomo è rimasto vittima di una lava torrentizia a Saas-Grund, un altro è disperso a Binn, e a fondovalle si è propagata una piena secolare del Rodano (portata di oltre 900 m3/s a Sion), imponendo l'evacuazione di centinaia di abitanti tra Sierre e Sion e l'interruzione del traffico autostradale e ferroviario.

Tornando al territorio italiano, la propagazione delle piene a valle nella notte tra il 29 e il 30 giugno ha portato al superamento delle soglie "rosse" di livello di pericolo presso alcune stazioni idrometriche, in modo più appariscente lungo l'Anza a San Carlo (transito del colmo alle h 00 UTC del 30 giugno), ma anche lungo l'Ovesca a Villadossola, la Dora Baltea a Champdepraz e a Hone, l'Orco a Spineto, la Stura di Valgrande a Cantoira e, poco più a valle, lungo la Stura di Lanzo a Mezzenile (Valli di Lanzo).
In Valle di Cogne l'eccezionale piena della Grand Eyvia ha asportato la stazione di misura di Cretaz.


Straordinaria piena della cascata del T. Noaschetta a Noasca, Valle Orco
(f. Danilo Aimonino).
 

Il T. Orco in piena a Noasca, appena ricevute le acque del T. Noaschetta. Queste sono riuscite a sormontare il ponte della ex SS 460 (non visibile nell'immagine), nonostante la maggiore luce complessiva della nuova struttura realizzata dopo l'alluvione del 2000 (f. Danilo Aimonino).
 

A monte di Noasca, il T. Noaschetta in piena storica ha eroso le sponde e ha notevolmente ampliato il proprio alveo, coprendo con grossi blocchi e tronchi d'albero la piana in cui sorgono l'opera di captazione Iren per la centrale idroelettrica di Rosone, e la casa di servizio con l'annesso Rifugio Noaschetta della sezione CAI di Rivarolo Canavese (quota 1520 m), i cui arredi all'interno hanno subito danni importanti. Qui i processi torrentizi hanno superato per violenza quelli (già notevolissimi) del 24 settembre 1993 e 14-15 ottobre 2000. Si notino, in primo piano a destra, gli effetti dell'impetuoso ruscellamento di acque "selvagge" con notevole trasporto solido lungo il pendio al di fuori del reticolo idrografico, anche minore.


Fornolosa (Locana, Torino), interruzione della ex SS 460 per Ceresole Reale a seguito di una colata detritica scesa lungo un piccolo rio in sinistra orografica
(foto Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco).
 

Fornolosa (Locana, Torino), operazioni di sgombero dei detriti e ripristino
della percorribilità della ex SS 460 nelle ore centrali del 30 giugno 2024
(f. Daniele Cat Berro).


La strada del Vallone di Piantonetto verso la diga del Telessio (Valle Orco) sconvolta da erosioni e colate di detriti (f. Sonia Calderola).




Straripamento del T. Valnontey nell'omonima frazione di Cogne,
la sera del 29 giugno 2024.
 

Valnontey (Cogne), la piena travolte auto e camper parcheggiati al campeggio "Gran Paradiso".
 

Effetti della rovinosa piena a Valnontey, Cogne.
 

Cogne, distruzione della strada della Valnontey a opera della piena dell'omonimo torrente (fonte: pagina FB Regione Valle d'Aosta).
 

Cogne, due immagini di alluvionamenti e danni a ponti
nel Vallone di Grauson (f. Damien Charrance).
 

Erosione al piede e conseguente cedimento della SR 47 a valle di Cogne, a opera del T. Grand Eyvia (f. Marco Foretier).
 

Il centro di Cervinia invaso dai sedimenti deposti dall'alluvione del T. Marmore nella notte tra il 29 e 30 giugno 2024 (fonte: pagina FB Regione Valle d'Aosta).


Cervinia, si lavora per lo sgombero dell'enorme massa di detriti lasciati
dal T. Marmore (f. Enrico Martinet, La Stampa).
 

La Dora Baltea in piena al Ponte Vecchio di Ivrea all'alba del 30 giugno 2024. Qui il livello delle acque, per quanto impressionante per il tumulto dei flutti nella forra che separa il centro della città (a destra nell'immagine) dal rione del Borghetto (a sinistra), è inferiore agli eventi del 24 settembre 1993, 15 ottobre 2000 e 3 ottobre 2020 (f. Emiliano Stabile).


Alagna Valsesia, il fiume Sesia al colmo di piena al ponte di Zam Tackj
nella tarda sera del 29 giugno 2024 (f. Michele Cucchi).


Alagna Valsesia, strada della Val Vogna interrotta da una colata di detriti di grossa pezzatura a Sant'Antonio (f. Michele Cucchi).


Alagna Valsesia, il fiume Sesia al termine dell'evento, in località Kreas, presso le antiche miniere (f. Michele Cucchi).


Due immagini degli effetti dello straripamento del Rio Tambach nel centro di Staffa, frazione-capoluogo del comune di Macugnaga (f. Beba Schranz).


Altre immagini dell'alluvionamento di Staffa di Macugnaga (f. Beba Schranz).
 

Macugnaga-Staffa: il Rio Tambach ha cambiato alveo e ora scorre tra le abitazioni
(f. Beba Schranz).

 

Fontana, frazione di Cevio (Canton Ticino) prima e dopo il violentissimo trasporto torrentizio in massa del Ri di Larechia, tributario sinistro del Fiume Bavona. All'evento sono imputate almeno tre delle cinque vittime accertate dell'alluvione nell'insieme della Valle Maggia, che alla testata si biforca nelle valli Bavona e Lavizzara (fonte: Corriere del Ticino).


Cedimento del ponte di Visletto, presso Cevio (Canton Ticino), durante la straordinaria piena del Fiume Maggia nella notte tra il 29 e il 30 giugno 2024. Poco a monte, a Bignasco, il fiume ha raggiunto la massima portata dall'inizio delle misure nel 1982, pari a 721 m3/s (f. Michael Buholzer, via TvSvizzera.ch).
 

Confronto storico: categoria di eventi relativamente comune d'estate sulle Alpi, ma episodio sorprendente per intensità, rapidità di innesco ed estensione dei territori coinvolti

Data la varietà di fenomeni meteorologici e dei relativi effetti sul territorio che hanno colpito molteplici vallate delle Alpi dal Torinese, alla Valle d'Aosta, all'Ossola, fino al Vallese e Canton Ticino, una classificazione storica complessiva dell'evento è complessa e richiederà tempi più lunghi.

Di certo si può affermare che le quantità di pioggia superiori a 100 mm (talora >200 mm) osservate in alcune località come Noasca, Cogne, Alagna Valsesia, Macugnaga e l'Alpe Veglia - già di tutto rispetto se registrate nell'arco di un'intera giornata - a maggior ragione appaiono rare e straordinarie essendo cadute per lo più nell'arco di 3-6 ore tra pomeriggio e sera del 29 giugno 2024.

Ad esempio, a Noasca (Torino) nella serie di misura dal 1913 una precipitazione giornaliera di 176 mm (o più) si è verificata in media una volta ogni 12 anni (massimo di 312,8 mm il 15 ottobre 2000), ma i 155,7 mm misurati in 6 ore il 29 giugno 2024 rappresentano un massimo su tale intervallo nella serie di dati orari dal 1943.

Le alluvioni estive sulle Alpi non sono una novità, giacché svariati episodi punteggiano le cronache storiche anche di decenni recenti. Restando solo sulle Alpi occidentali, ricordiamo gli eventi rovinosi del 7-8 agosto 1978 tra Val Vigezzo e Locarnese, del 24-25 agosto 1987 in Val d'Ossola, del 23-24 luglio 1996 in Valle d'Aosta occidentale, del 13 giugno 2000 nelle Alpi Cozie e Marittime, del 15 luglio 2002 nelle valli cuneesi...

Tuttavia alcuni elementi rendono peculiare l'evento recente:

1) L'estrema rapidità con cui violenti processi torrentizi e di versante si sono sviluppati (talora meno di 3 ore), complici anche condizioni meteo-idrologiche pregresse particolarmente favorevoli al loro innesco.

2) L'interessamento di svariate località in un territorio molto ampio compreso tra le Valli di Lanzo, il Vallese e il Canton Ticino (150 km in linea d'aria separano Chialamberto nelle Valli di Lanzo dalla Valle Bavona, estremi rispettivamente sud-occidentale e nord-orientale dell'area in cui sono stati osservati danni).

3) L'inserirsi dell'episodio in una sequenza di eventi alluvionali ravvicinati, essendo stato preceduto, solo a distanza di pochi giorni, dalle gravi alluvioni del 20 giugno 2024 nel massiccio francese degli Ecrins e nell'alto Vallese, e del 21 giugno in Valle Mesolcina, nei Grigioni (analisi dell'evento di MeteoSvizzera).
 

La Bérarde, frazione di St-Cristophe-en-Oisans (Parco Nazionale degli Ecrins), sommersa dai detriti dell'alluvione del 20 giugno 2024 (foto tratta dall'articolo sull'evento apparso sulla rivista francese Alpine).
 

L'autostrada svizzera A13, che risale la Valle Mesolcina da Bellinzona al San Bernardino, durante il nubifragio del 21 giugno 2024 è stata asportata dalle acque della Moesa in piena straordinaria, a sua volta deviate da una violenta colata detritica scesa lungo un torrente laterale presso Lostallo. L'evento ha causato tre vittime, una delle quali non ancora ritrovata.
 

Benché nei dintorni delle zone oggi colpite non manchino episodi passati fin peggiori (tra tutti, ricordiamo i gravissimi eventi estivi del 19-20 agosto 1958 nelle valli del Sempione, con 387 mm di pioggia in meno di 24 ore a Varzo, e del 7-8 agosto 1978 tra Val Vigezzo, Centovalli e Locarnese, con apporti superiori a 300 mm e 21 vittime), attenti testimoni locali affermano che effetti al suolo rovinosi come quelli sofferti il 29-30 giugno 2024 non abbiano precedenti almeno nell'arco di 50-70 anni, come nel caso di Cervinia e di Macugnaga.

Per quanto riguarda l'eventuale ruolo del riscaldamento globale, sul singolo evento è molto difficile pronunciarsi, tuttavia i dati osservativi e modellistici dicono che precipitazioni brevi e intense all'origine di eventi come quelli recenti sulle Alpi sono in aumento, in linea con l'accresciuta evaporazione dagli oceani in surriscaldamento e con la maggiore capacità dell'aria calda di contenere vapore acqueo, dunque acqua precipitabile (+7% per ogni grado °C di aumento della temperatura, secondo la legge di Clausius-Clapeyron).

Di conseguenza le simulazioni modellistiche per l'Europa indicano che le precipitazioni più intense osservate nel clima attuale raddoppieranno di frequenza per ciascun ulteriore aumento di 1 °C di temperatura (Myhre et al., 2019), con incrementi più marcati sull’Europa settentrionale e sulla regione alpina.

La sempre maggiore propensione a piogge intense e concentrate - unita alla tendenza a precipitazioni liquide a quote vieppiù elevate con l'aumento delle temperature, nonché alle crescenti instabilità strutturali di ammassi rocciosi e morene al degradarsi del permafrost - impone riflessioni sulla gestione dei territori di montagna e la revisione dei criteri di progettazione di infrastrutture e opere di smaltimento delle acque e difesa geoidrologica, evidentemente non più adeguati di fronte agli incalzanti eventi estremi di un clima in cambiamento.


Tempeste di vento e grandine gigante in Canavese

Oltre ai rovinosi danni alluvionali sulle Alpi, di assoluto rilievo sono quelli causati da una supercella temporalesca che verso le h 22 locali di sabato 29 giugno 2024 si è affacciata sull'estremità nord-occidentale della pianura piemontese, colpendo la fascia prealpina-pedemontana dell'Alto Canavese (Torino).
 
Il temporale associato ha prodotto grandine di straordinarie dimensioni (fino a 8-10 cm di diametro) responsabile della devastazione di tetti in particolare nel paese di Forno Canavese, ma danni a edifici, vetture e colture si sono verificati anche in altre località quali Valperga, Cuorgné, Pont Canavese e sulle colline di Castellamonte.

Inoltre il fronte di violente raffiche discendenti dai cumulonembi (downburst) si è spinto verso il bordo orientale della supercella fino a Busano, Oglianico, San Ponso e Salassa, scoperchiando edifici e atterrando svariate decine di alberi d'alto fusto. Una raffica di 118 km/h è stata registrata a Salassa (stazione amatoriale SalassaMeteo, cortesia Gianni Cena), peraltro un po' al di fuori della zona più colpita.
La dettagliata analisi dei danni, eseguita tramite un sopralluogo sul posto e il sorvolo della zona con un drone da parte di un gruppo coordinato da Andrea Vuolo (meteorologo RAI Meteo per il Piemonte), in collaborazione con il team Pretemp, ha permesso di chiarire la natura dell'evento (raffiche "lineari" discendenti dal sistema temporalesco) e di escludere il passaggio di un tornado, di cui in un primo tempo vi era il sospetto.

In ogni caso la tempesta di vento e grandine è stata tra le più intense e dannose di cui vi sia memoria nella zona, per lo meno negli ultimi decenni, mostrando elementi in comune con la sequenza di eventi del 31 luglio-2 agosto 1998 tra Alto Canavese ed Eporediese.



Il frame radar Arpa Piemonte delle h 22:05 locali del 29 giugno 2024 segnala,
in viola, il violentissimo temporale con intensità pluviometriche istantanee
>100 mm/h e presenza di grandine sull'Alto Canavese.
 

Chicchi di grandine di eccezionali dimensioni raccolti a Sant'Anna dei Boschi, frazione di Castellemonte (Torino), con diametro fino a circa 10 cm
(f. Chiara Querio, via pagina FB Andrea Vuolo - Meteo in Piemonte).
 

Un chicco di grandine pesato la sera del 29 giugno 2024, tra i più grandi recuperati nell'Alto Canavese, si è rivelato di massa di circa 180 g
(autore ignoto, via pagina FB Andrea Vuolo - Meteo in Piemonte).


Tetto distrutto dalla grandine a Forno Canavese (Torino)
(f. AL.PI Edilizia, via pagina FB Andrea Vuolo - Meteo in Piemonte).
 

Busano (Torino), parabrezza anteriore di un auto danneggiato dalla grandine
(f. Daniele Cat Berro).


Busano (Torino), abitazione scoperchiata dalle furiose raffiche di vento da Sud-Ovest, le cui immagini sono divenute virali nelle cronache nazionali e internazionali
(f. Daniele Cat Berro).

 

Ringraziamenti

Oltre a tutti gli enti e agli autori di immagini citati nel testo, un ringraziamento particolare va a Gabriele Savio (socio SMI e collaboratore esterno CNR-IRPI Torino), a Gianni Mortara e Fabio Luino (CNR-IRPI, Torino), ad Alessio Golzio (socio SMI e meteorologo Arpa Piemonte) e ad Andrea Vuolo (meteorologo RAI Meteo) per i numerosi confronti e scambi di informazioni durante e dopo l'evento. Inoltre, per l'aiuto nel rintracciare informazioni e immagini: Enrico Martinet e Andrea Parodi (giornalisti La Stampa), Luca Lorenzini (responsabile portale DiscoveryAlps), Elisabetta Bottinelli (Valtournenche), Piero Giorgis e Bruno Merlo (Noasca), Giuseppe Cutano e Marco Foretier (Cogne), nonché ai contributori del gruppo Facebook Memoria storica dei processi geo-idrologici.



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