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COME SOPRAVVIVERE ALLO SVILUPPO
Dalla decolonizzazione dell'immaginario economico alla costruzione di una società alternativa
Latouche S.
Bollati Boringhieri , 2005
144 pagine, bianco/nero, no illustrazioni,
cop. in brossura, dim. x cm .
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UN ESTRATTO

Vita, morte e resurrezione di un concetto

Poco più di centoquarant’anni fa è nata una grande speranza per l’umanità, soprattutto per gli umiliati, gli oppressi, gli esclusi. Questa speranza si chiamava « socialismo ».
Poco più di settant’anni fa, degli uomini, per la maggior parte generosi e coraggiosi, hanno intrapreso con successo l’opera di dare corpo a quell’ideale e di costruire il socialismo. Per farlo, si sono sacrificati, e hanno anche sacrificato altri, molti altri.., generazioni e generazioni sono state sacrificate per costruire un avvenire radioso. E poi, dopo anni e anni, si è cominciato a capire che il socialismo altro non era che il socialismo realmente esistente. Era quello e solo quello. E si è scoperto che il socialismo realmente esistente significava il gulag più la nomenklatura, con Chernobyl in sovrappiù...
Poco più di cinquant’anni fa, per i nuovi «dannati della terra», i popoli del Terzo mondo, è nata un’altra grande speranza paragonabile a ciò che era stato il socialismo per il proletariato dei paesi occidentali. Una speranza forse più sospetta nelle sue origini e nei suoi fondamenti, in quanto erano stati i bianchi a portarne i semi, che avevano piantato prima di lasciare i paesi che avevano duramente colonizzato. Questa speranza era lo sviluppo. Comunque sia,i responsabili, i dirigenti e le élite dei paesi di nuova indipendenza presentavano ai loro popoli lo sviluppo come la soluzione di tutti i problemi.
I nuovi Stati indipendenti hanno tentato l’avventura dello sviluppo. Forse l’hanno fatto in modo maldestro, e spesso con una violenza e un’energia disperate, ma non si può dire che non l’abbiano tentata. Il progetto sviluppista costituiva anzi la sola legittimità delle élite al potere. Sicuramente si potrebbe discettare all’infinito per stabilire se esistevano o meno le condizioni oggettive per il successo dell’avventura modernista. Pur senza aprire questo enorme capitolo, si deve comunque riconoscere che le condizioni non erano affatto favorevoli né a uno sviluppo pianificato né a uno sviluppo liberale. I responsabili dei giovani Stati si trovavano di fronte a contraddizioni insolubili. Non potevano né rifiutare lo sviluppo né realizzarlo. Di conseguenza non potevano né rifiutare di introdurre né riuscire a radicare nelle loro realtà i diversi elementi che costituiscono la modernizzazione: l’educazione, la medicina, la giustizia, l’amministrazione, la tecnica occidentali. Freni, ostacoli e blocchi di ogni tipo, cari alle analisi degli economisti, rendevano poco credibile il successo di un progetto che implicava la capacità di accedere alla competitività internazionale nel momento in cui si preparava l’ipermondializzazione attuale, ovverosia la guerra economica generalizzata. Lo sviluppo, per quanto teoricamente riproducibile, non è universalizzabile. Le ragioni più note e più facilmente comprensibili di questo fatto sono quelle ecologiche: la finitezza del pianeta renderebbe il tentativo di generalizzazione del modello di vita americano impossibile ed esplosivo.
(continua sul libro...)

 

 

 

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