UN ESTRATTO
Prima d'imbarcarsi
Non sono scienziato ma viandante. E ghiotto di domande banali che mettono in imbarazzo i genitori ma anche i dotti: perché la notte è nera? Perché l'acqua bagna? .. E perché le correnti corrono?
Si dà il caso che, fin dall'infanzia, io ami appassionatamente le correnti marine. Amo quei fiumi nascosti nell' acqua. Mi piace lasciarmi ghermire e andare alla deriva, come in vacanza: qualcuno, forte, d'improvviso, ti prende per mano. Non resta che lasciarsi portare.
Mi piace anche, però, risalire l'onda, bordeggiare per ore veleggiando, conquistare metro dopo metro, e tanto peggio se viene notte, e non mi si parli di motore: non si torea con un mitra. Amo quelle piccole alleate che si scoprono allora, le controcorrenti. Hanno forme leggere: riccioli, volute. Hanno tutto dello gnomo o del folletto. Ti chiamano, bisogna rispondere? Non sarà una trappola, quell'invito? Vivono soltanto vicino, troppo vicino, alle coste. Non andremo a «toccare », a «tallonare », ovvero a finire su uno scoglio, o magari a incagliarci, se ci avviciniamo?
Mi piacciono le carte nautiche striate di frecce nere di ogni misura e direzione. Raccolgono questa sfida: afferrare l'imprendibile, disegnare di ora in ora la fantasia delle correnti.
Sogno che se ne facciano di simili per la cosiddetta terraferma. Tutti sappiamo che il nostro suolo è agitato da forze oltremodo sconosciute. La lava non è la sola a scorrere. Sotto i nostri passi il movimento è continuo. Dappertutto, slittamenti, affossamenti, crolli. Senza parlare dei nostri
continenti così grossi e pesanti. A dispetto di questa pinguedine, pare che vadano alla deriva. Anche la geografia è una navIgazIOne.
Quanto ai nostri corpi, i nostri corpi fisici, la Cina ha risolto il problema da un pezzo. Inventando l'agopuntura, ha dimostrato che è tutta questione di energia. Per curare, basta individuare i canali attraverso cui l'energia circola, e pungere laddove l'energia si accumula. Una faccenda di correnti, insomma.
Ricordo il giorno in cui mio padre m'insegnò la deriva. Quel padre che durante la mia infanzia, per farmi addormentare, mi raccontava le avventure di un rimorchiatore. Dovevo avere sette o otto anni. Navigavamo. D'un tratto, mi affidò il timone. «E adesso entra nella baia ». Puntai dritto tra le due boe gemelle, la verde e la rossa. E, naturalmente, non imbroccai iIsanale: la cara corrente Kerpont ci aveva portati sugli scogli, un buon quarto di miglio verso nord. È facile capire perché, da allora, la linea retta non ha più avuto la mia fiducia.
A conti fatti, la pratica delle correnti mi avrà insegnato l'abbandono, l'ostinazione e l'astuzia. Era ora di rendere omaggio a tanta generosità.
Anche se, come altri i francobolli o le farfalle, io colleziono correnti, approfittando di ogni viaggio nautico per accrescere il mio tesoro, la Corrente del Golfo regna sovrana sulle sue consorelle.
Nella mia famiglia, di tradizione cattolica, le nostre preghiere dovevano rendere omaggio a Dio (per la totalità della sua opera), e subito dopo alla Corrente del Golfo. Ogni volta che uscivamo, tremanti, dai nostri bagni gelidi in Bretagna, c'era sempre una nonna o una zia pronta a esclamare: «Ringrazia la Corrente del Golfo! Senza di lei, il nostro mare sarebbe freddo ». E ogni passeggiata ai giardini era accompagnata da laudi. «Come sta bene questa palma! Mi ricorda Algeri! Come cresce quest'agave, sembra d'essere in Madagascar! Com' è vero Dio, anche quest'anno la Corrente del Golfo ci ha fatto dei bei regali ».
In fondo, la Corrente del Golfo ci consolava della perdita delle nostre colonie. Regalandoci l'acqua calda e il tepore dell' aria, ci aveva permesso di portare a casa il meglio del nostro defunto impero. La passione degli inglesi per i rododendri - cercherò di dimostrarlo - non ha altra origine nostalgica.
La Corrente del Golfo non mi ha mai lasciato.
I nostri rapporti, però, sono pian piano cambiati.
Al dovere costante di gratitudine sono subentrati una preoccupazione e un dubbio.
La preoccupazione, sempre più ampiamente condivisa, riguarda la salute, se non la sopravvivenza stessa, della mia cara Corrente del Golfo. Una preoccupazione tanto più allarmante in quanto basata su un paradosso: il riscaldamento del pianeta non finirà con l'uccidere quella corrente d'acqua calda?
Tra gli specialisti, le discussioni imperversano. Discussioni che sfociano in una domanda radicale, per me ancor più crudele dell'incertezza precedente: il dubbio. E se la Corrente del Golfo fosse un'imbrogliona? E se il suo titolo di Grande Benefattrice fosse soltanto usurpato? In una parola: è davvero alla Corrente del Golfo che dobbiamo il clima cosÌ temperato della nostra vecchia Europa?
Questa ipotesi - lo si sarà capito - erode uno dei pilastri della mia vita, una delle poche certezze su cui mi basavo.
Per molto tempo ho preferito chiudere gli occhi.
Ma è giunto il momento. Facciamoci coraggio e andiamo, per terra e per mare, incontro ai dotti e ai luoghi. continua sul libro
|