NEVE FRESCA IN DIMINUZIONE SULLE ALPI,
SOPRATTUTTO SUL VERSANTE MERIDIONALE
E A BASSA QUOTA (DIMEZZATA IN UN SECOLO
SU GRAN PARTE DEL NORD ITALIA)
SMI/Redazione Nimbus - 22 agosto 2024
Nel corso dell'ultimo secolo, e in particolare a partire dagli Anni
Ottanta del Novecento, la quantità di neve fresca che cade sulle Alpi
è diminuita, in modo più vistoso a bassa quota e sul versante
meridionale della catena montuosa, nonostante un lieve aumento delle
precipitazioni invernali complessive.
Alagna Valsesia, scarso innevamento sul pendii del Monte Rosa
il 12 febbraio 2023 (f. SMI).
Sono i
risultati principali dello studio
Long-term snowfall trends and variability in the Alps,
pubblicato ad accesso libero il 18 agosto 2024 sull'International
Journal of Climatology, e frutto del lavoro di un gruppo di
ricercatori italiani coordinati da Michele Bozzoli e afferenti a diversi
istituti e centri di ricerca (Università di Trento-Dipartimento di
Ingegneria Civile, Ambientale e Meccanica, EURAC Research-Bolzano, SMI,
Eumetsat, Laboratory for Air Pollution/Environmental Technology,
Dübendorf, Svizzera). La Società Meteorologica Italiana -
nelle persone di Luca Mercalli e Daniele Cat Berro, coautori
dell'articolo -
ha contribuito con dati di innevamento del Nord-Ovest d'Italia.
Dunque per la prima
volta sono state analizzate 46 serie secolari (1920-2020) di dati
giornalieri di neve fresca a differenti altitudini (da 56 m a 1878 m)
lungo tutto l'arco alpino e le pianure adiacenti, Valpadana inclusa,
mettendo anche in relazione la variabilità e le tendenze nivometriche
osservate con le temperature e le precipitazioni del periodo
novembre-maggio, e con alcuni indici di teleconnessione che descrivono
gli schemi generali di circolazione atmosferica nella regione
euro-atlantica.
Nei cent'anni di dati
considerati, i settori Sud-Ovest (corrispondente a gran parte del
Nord Italia) e Sud-Est (estremo Nord-Est italiano e Slovenia
occidentale) della regione alpina hanno sperimentato le diminuzioni
più nette delle quantità di neve fresca, mostrando tendenze
rispettivamente di -4,9% e -3,8% al decennio.
Nevica meno anche sul versante settentrionale dell'arco alpino, ma con
tendenza alla riduzione meno marcata (-2,3% al decennio).
La riduzione media di neve fresca nell'insieme delle Alpi risulta pari a
-3,4% al decennio, sempre nel periodo 1920-2020.
Nell'intero periodo
secolare oggetto di studio, le variazioni sono state pari a -34%
nell'insieme delle Alpi, -49% nel Sud-Ovest, -38% nel Sud-Est e -23% nel
Nord.
Dunque in un centinaio di anni le quantità di neve fresca si sono
mediamente ridotte di un terzo, e si sono perfino dimezzate su gran
parte del Nord Italia.
Nel complesso, la
causa principale della diminuzione della neve fresca va ricercata
non tanto in minori precipitazioni invernali (pioggia e neve fusa), le
quali al contrario sono leggermente aumentate a lungo termine nei
settori Sud-Ovest e Nord delle Alpi (beninteso al netto di una marcata
variabilità interannuale che può proporre di quando in quando stagioni
molto secche come
quelle estreme del 2021-22 e 2022-23), quanto in un aumento delle
temperature medie valutato in +0,15 °C/decennio (ovvero +1,5
°C/secolo) e omogeneamente distribuito nelle regioni analizzate.
Solo nel settore Sud-Est (estreme Alpi orientali italiane e Slovenia)
alla diminuita nevosità ha contribuito in parte anche una certa
riduzione delle precipitazioni invernali a lungo termine.
Ceresole Reale (1600 m, Gran Paradiso) dopo le straordinarie nevicate
del 3-4 e 9-10 marzo 2024 (f. P. Cullino).
La diminuzione delle quantità di neve fresca è più evidente sotto i 1000
m di quota, dove l'aumento di temperatura degli ultimi decenni ha in
gran parte trasformato in pioggia le nevicate invernali. Alle quote
superiori spesso le condizioni termiche sono ancora favorevoli al
verificarsi di copiose nevicate, allorché si instaurino situazioni
propizie a precipitazioni abbondanti, come avvenuto ad esempio nella
primavera 2024.
Tuttavia, anche quando nevica in quantità, spessore e durata del manto
nevoso sono penalizzati dalle temperature medie in aumento, come
segnalato da Matiu et al. (2021) in
Observed snow depth trends in the European Alps: 1971 to 2019.
Mentre le tendenze
delle precipitazioni complessive e delle temperature sono relativamente
omogenee alle diverse quote delle Alpi, quella della neve fresca è fortemente
dipendente dall'altitudine: nevica meno soprattutto alle quote di
bassa montagna e in pianura, dove le temperature (di solito, durante
le precipitazioni invernali, già vicine al punto
di fusione, 0 °C) sono un elemento molto critico per la conservazione
dei fiocchi fino al suolo, e il marcato aumento termico degli ultimi
decenni ha sempre più spesso trasformato in pioggia le nevicate,
divenute ormai rare ed esigue in particolare nelle pianure del Nord
Italia.
Le variazioni di neve fresca sono invece deboli e statisticamente non
significative in media-alta montagna, dove - almeno per ora - nonostante
l'incremento di temperatura l'inverno rimane ancora sufficientemente
freddo per produrre precipitazioni nevose. In alta quota l'abbondanza o
meno delle nevicate è infatti controllata più dalle quantità di
precipitazioni, che dalle temperature (fattore, quest'ultimo, meno
critico, dati i valori di solito ampiamente sotto 0 °C in inverno).
La diminuzione della
neve fresca si è concentrata in gran parte nell'ultimo quarantennio
di accelerato riscaldamento atmosferico.
L'analisi ha mostrato
che circolazioni atmosferiche associate a fasi negative degli indici
NAO (North Atlantic Oscillation) e
AO (Arctic Oscillation), dunque con vortice polare debole e
maggiore propensione a depressioni e irruzioni di aria fredda verso Alpi
e Mediterraneo, sono cruciali per sperimentare copiose nevicate a
bassa quota.
Peraltro la correlazione tra neve fresca, NAO e AO è divenuta più marcata nei
decenni recenti, segno che le nevicate a bassa quota sono sempre più
dipendenti dal realizzarsi di condizioni particolarmente favorevoli e
per nulla scontate, mentre in passato "riusciva a nevicare" in
configurazioni meteorologiche anche più marginali, date le temperature
più basse (ad esempio, in Pianura Padana, anche durante gli episodi
sciroccali miti, oggi quasi sempre apportatori di pioggia).
Un limite del lavoro è
l'ancora scarsa disponibilità di serie di misura secolari e continue
di neve fresca sopra i 1000 m di quota, ma eventuali aggiornamenti
dell'analisi nei prossimi anni potranno beneficiare dell'ingresso nel
data-set di nuove serie centenarie di misure di innevamento avviate con
l'entrata in servizio di numerosi impianti idroelettrici sulle Alpi tra
Anni Venti e Trenta del Novecento.
Questo conferma l'importanza della salvaguardia delle stazioni
meteorologiche centenarie e del recupero delle loro preziose serie di
dati per la valutazione dei cambiamenti climatici, come auspicato
dall'Organizzazione Meteorologica Mondiale nel quadro del programma
internazionale
Centennial Observing Stations.
A.
Tendenze della neve fresca (a), delle
precipitazioni (b) e delle temperature medie (c) del periodo
novembre-maggio nei tre settori in cui, in questo studio, le Alpi sono
state suddivise. Valori espressi in percentuale al decennio, calcolati
nel periodo 1920-2020. Ciascun elemento si riferisce a una stazione
meteorologica; i triangoli pieni indicano una tendenza statisticamente
significativa, quelli vuoti una tendenza non statisticamente
significativa, i quadratini grigi una tendenza assente o trascurabile.
Andamento delle anomalie di neve
fresca (in alto nel riquadro dei grafici), precipitazioni (al centro) e
temperature (in basso) nelle tre sottozone della regione alpina nel
periodo 1920-2020, medie mobili su 21 anni. Evidente la riduzione delle
quantità di neve fresca dagli Anni Ottanta in poi, più accentuata nel
settore Sud-Ovest (ovvero i bacini del Po e dell'Adige), e in gran parte
controllata dall'aumento delle temperature.
Questo articolo scientifico segue a distanza di tre anni quello dedicato
alle variazioni di spessore e durata del manto nevoso al suolo
sulle Alpi (Observed
snow depth trends in the European Alps: 1971 to 2019), pubblicato
nel marzo 2021 sulla rivista
The Cryosphere
da un gruppo di lavoro coordinato da Michael Matiu e di cui già facevano
parte molti degli autori dello studio attuale (leggi la
recensione dello studio su Nimbusweb).
Insieme, le due
pubblicazioni costituiscono dunque un cruciale riferimento per la
descrizione del declino dei parametri di nevosità sulle Alpi.
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