OTTOBRE 2017 AL NORD-OVEST
ITALIANO:
CALDO, SICCITA' E INCENDI
Daniele Cat Berro e Luca Mercalli,
SMI / Redazione Nimbus
1° novembre 2017
Ottobre 2017 ha visto aggravarsi ulteriormente la situazione di
siccità al Nord-Ovest italiano, mentre sul resto del Paese le piogge
di settembre (e gli ulteriori rovesci di ottobre sull'Adriatico e al
Sud) avevano alleviato la crisi idrica che si trascinava dalla
primavera.
Oltre ai problemi di approvvigionamento di acqua potabile in molti
comuni soprattutto del Piemonte meridionale, l'estrema aridità del suolo
e del sottobosco hanno penalizzato la semina del frumento in
pianura e favorito la propagazione di numerosi e gravi incendi
forestali sulle Alpi, specialmente a fine mese.
L'incendio più grave ha
bruciato per otto giorni consecutivi (22-29 ottobre 2017) boschi misti
di latifoglie, praterie xeriche e pinete di pino silvestre sul versante
sinistro orografico della Val Susa tra Chianocco, Bussoleno, Mompantero
e Venaus. Qui un'impressionante veduta di fiamme alte una cinquantina di
metri (il traliccio in primo piano è alto 18 m...) il 29 ottobre nelle
pinete di Mompantero, alla base del Rocciamelone, sotto raffiche di
foehn a 90 km/h (f. Luca Giunti).
Gran parte del Piemonte non ha
ricevuto una goccia d'acqua in ottobre, situazione rarissima per un
mese che di norma al Nord Italia è tra i più piovosi dell'anno.
A Torino, in tutta la serie pluviometrica cominciata nel 1802, era
accaduto solo nel secchissimo 1921.
La causa va ricercata nell'anomala
persistenza di alte pressioni sull'Europa occidentale (situazione di
"blocco" atmosferico). In queste situazioni le poche perturbazioni
atlantiche scorrono in genere con provenienza tra Ovest e Nord, dirette
più verso i Balcani, "saltando" il versante padano delle Alpi che rimane
sottovento alle montagne in prevalenti condizioni di föhn.
Solo sulle Alpi occidentali di confine è
arrivato qualche fiocco di neve portato dai fronti da Nord-Ovest dell'8
e 22 ottobre, ma ad oggi - 1° novembre - i ghiacciai restano nelle
condizioni in cui si trovavano a fine estate, completamente spogli o
quasi di neve sia residua dell'inverno 2016-17, sia recente.
Il ghiacciaio del
Rocciamelone dall'omonima vetta al mattino del 1° novembre 2017,
completamente spoglio di neve residua e recente come a fine estate...
(f. Gabriele Savio).
Dunque ha prevalso tempo soleggiato,
secco e pure caldo, in particolare durante le fasi segnate da
potenti anticicloni subtropicali, con l'isoterma 0 °C salita fino a
quota 4350 m al di sopra della Lombardia il 16 ottobre (radiosondaggio
di Milano-Linate) e a 4200 m al di sopra del Cuneese il 26 ottobre
(radiosondaggio di Levaldigi).
A bassa quota, a parte effimeri episodi
favonici che hanno raggiunto le pianure (più frequenti nelle valli),
l'atmosfera calma e le conseguenti inversioni termiche hanno
intrappolato crescenti quantità di polveri e composti inquinanti
nell'aria, cui a fine ottobre si sono aggiunti i fumi degli
incendi in montagna.
Anomalie della pressione atmosferica al suolo nell'ottobre 2017
in Europa.
Come evidenziato dai colori arancio-rosso, gli anticicloni hanno insistito ben più del consueto
sul settore sud-occidentale del continente, costringendo i sistemi
frontali atlantici a scorrere per lo più dal Mare del Nord verso i
Balcani. Le poche perturbazioni che hanno raggiunto direttamente
l'Italia si sono presentate con flussi mediamente tra Ovest e Nord al
suolo, sfavorevoli a produrre precipitazioni sulle regioni
nord-occidentali
(Fonte:
ESRL-NOAA).
Il caldo anomalo è stato piuttosto costante, soprattutto sulle pianure
(in quota sulle Alpi ci sono stati brevi raffreddamenti in occasione dei
fronti nord-occidentali, smorzati dall'effetto föhn a valle).
Con una temperatura media mensile di
16,2 °C, 2,1 °C sopra la media 1981-2010, Torino ha vissuto il
suo 4° ottobre più caldo dal 1753, dopo i casi - peraltro molto
recenti - del 2001 (record), 2006 e 2014.
Sul resto del Nord Italia, meno soggetto
a condizioni di föhn, l'anomalia termica è stata un po' meno marcata (9°
ottobre più caldo dal 1878 a Parma, con scarto +1,6 °C),
e lungo la penisola il mese è stato perfino un po' più fresco del
normale.
Serie delle temperature medie di ottobre a Torino dal 1753: quello del
2017 occupa la quarta posizione tra i più caldi.
Il divario termico tra
le Alpi occidentali surriscaldate dal föhn (anomalie tra +2 e +3 °C) e
il Centro-Sud Italia più fresco (anomalia circa -1 °C) per i flussi
d'aria settentrionale è stato particolarmente apprezzabile nell'ultima
settimana di ottobre 2017 (fonte:
Weatherbell).
Luglio-ottobre 2017: siccità record sul
Nord-Ovest
Mentre al Nord-Est, in Emilia e sul
versante tirrenico la siccità si è concentrata tra inverno, primavera ed
estate 2017, stemperandosi quasi ovunque in settembre, al Nord-Ovest il
deficit pluviometrico si è acuito proprio tra settembre e ottobre.
A Torino dal 1° luglio al 31 ottobre
2017 si sono misurati solo 101 mm d'acqua, quantità pari ad
appena il 35% della media 1981-2010. Nello stesso periodo,
solo nel 1832 e nel 1871 piovve ancor meno, ma all'epoca le
temperature medie erano più fresche di 2-2,5 °C rispetto a quest'anno,
l'evaporazione dai suoli era dunque più moderata e gli effetti della
siccità sul territorio probabilmente meno marcati.
I
cinque periodi luglio-ottobre più secchi dal 1802 a Torino:
il caso del 2017, con 100,6 mm, si colloca al terzo posto tra i più
critici, ma considerando anche l'effetto aggravante delle temperature
più elevate e della maggiore evaporazione,
potrebbe trattarsi del caso di siccità autunnale dagli effetti più
significativi sul territorio.
Nell'insieme del Piemonte, tra gennaio e ottobre 2017 sono caduti in
media appena 534 mm di pioggia e neve fusa secondo la capillare rete di
misura dell'ARPA,
con un deficit complessivo del 40% (in questo caso rispetto alla media
1958-2016). A tale anomalia hanno contribuito soprattutto le località
del Piemonte meridionale, soggette a una siccità estrema già nel corso
dell'estate.
I
cinque periodi di 12 mesi tra novembre e l'ottobre successivo dal 1832 a
Parma (Osservatorio Università, cortesia Paolo Fantini).
La siccità del 2016-2017 (416 mm totali nei 12 mesi) è seconda -
e solo per pochi millimetri - soltanto al caso dei medesimi mesi tra il
1948 e il 1949.
Infatti, nonostante nel settembre 2017 rovesci abbondanti abbiano
attenuato le maggiori criticità legate alla carenza estiva di pioggia,
anche qui ottobre è stato quasi completamente asciutto e il totale
dei 12 mesi precedenti resta straordinariamente basso,
pari al 55% della media 1981-2010.
Siccità, föhn e mano umana:
storica ondata di incendi sulle Alpi occidentali
Nella terza decade di ottobre una grave
sequenza di estesi e persistenti incendi boschivi ha colpito le Alpi
occidentali e in particolare i rilievi cuneesi e torinesi, con gli
episodi più importanti concentrati tra il 22 e il 29 nelle valli Stura
di Demonte, Varaita, Chisone, Susa, Orco, Chiusella, e nei territori di
Cumiana e Cantalupa (Pinerolese), cui si sono aggiunti, a fine mese,
altri eventi sulle Alpi e Prealpi lombarde.
Residui focolai erano ancora attivi tra il 31 ottobre e il 1° novembre
intorno a Ribordone, Cumiana e Giaveno (Torino).
27 ottobre 2017: l'enorme pennacchio di fumo dell'incendio in pineta sul
versante meridionale del Rocciamelone, in territorio di Mompantero, Val
Susa (f. Daniele Cat Berro).
I roghi, molto probabilmente almeno in
gran parte di origine dolosa, hanno potuto propagarsi in maniera
esplosiva e talora incontrollabile a causa di un'eccezionale e
sfavorevole combinazione di fattori climatici e ambientali:
- siccità tra le più marcate da un
secolo;
- disseccamento del suolo e del sottobosco e stress della
vegetazione aggravati anche dal
caldo estivo estremo e dalla conseguente intensa evapo-traspirazione;
- forti raffiche di föhn nei giorni 22, 23, 27 e 29 ottobre;
- assenza di neve anche in quota, talora con estensione delle
fiamme oltre i 2000 m;
- abbondante biomassa secca (arbusti, foglie da poco cadute...)
disponibile anche a seguito dei processi di ri-naturalizzazione di
versanti di bassa montagna coltivati fino ad alcuni decenni fa.
Non ci addentriamo invece nelle intricate
questioni delle responsabilità nella gestione dell'emergenza da parte
delle amministrazioni, limitandoci a sottolineare come gli incendi siano
divampati in condizioni ambientali del tutto straordinarie.
Gravissima la perdita di
superfici boschive: la stima preliminare è di oltre 6200 ettari (>
62 km2) tra Cuneese e Torinese secondo il
data base satellitare EU-Copernicus, che tuttavia non include i
rilevanti roghi di Roure e Traversella, per cui il totale potrebbe
essere superiore ai 7000 ettari (> 70 km2), di cui ben
2400 attribuibili all'incendio più vasto nell'area tra Mompantero e
Bussoleno (Val Susa).
Inoltre
si annovera la morte per infarto di un giovane di 28 anni -
Alberto Arbrile - mentre tagliava alberi intorno alla sua casa di
Cantalupa (presso Pinerolo) per contrastare l'avanzata delle fiamme, la
distruzione di edifici rurali di montagna, di ripetitori e
linee elettriche (es. sulle alture di Mompantero, Val Susa). Le
fiamme hanno lambito anche i rifugi alpini "Piazza" (Traversella) e "Melano-Casa
Canada" (Frossasco), salvati dall'azione di volontari.
Si è trattato probabilmente della
peggiore ondata di incendi che il Piemonte abbia conosciuto almeno negli
ultimi 50 anni, paragonabile solo alle crisi dei periodi di föhn del
14-15 febbraio 1990 (rogo di Prarostino, presso Pinerolo, con
decine di abitazioni distrutte) e 5-7 febbraio 1999 (vasto
incendio sul Monte San Giorgio a Piossasco, vittima un giovane
volontario AIB di 22 anni, Davide Bertrand).
A stupire è stata peraltro la stagione
inconsueta in cui gli incendi si sono sviluppati con tale estensione e
violenza: sulle Alpi infatti la maggior parte degli episodi si concentra
in genere tra febbraio e marzo, a seguito del minimo annuale di
precipitazioni, con il sottobosco ricco di biomassa secca dopo la caduta
autunnale delle foglie e prima dell'inizio delle (solitamente regolari)
piogge primaverili.
Localizzazione degli
incendi boschivi che hanno interessato il Nord Italia
dal 22 ottobre 2017: gran parte degli eventi si è concentrata in
Piemonte (a Sambuco e Pietraporzio in Valle Stura di Demonte, a
Casteldelfino in Val Varaita, a Roure in Val Chisone, a Cumiana e
dintorni, a Caprie, Rubiana e Chianocco-Bussoleno-Mompantero in Val Susa,
a Ribordone, Sparone e Locana in Valle Orco, a Rueglio e Traversella in
Valchiusella), ma negli ultimi giorni del mese, complice il persistente
föhn da Nord, importanti roghi hanno colpito anche il Campo dei Fiori
(Varese), la zona di Morbegno in Valtellina, e Tremosine-Tignale (Alto
Garda).
Fonte immagine:
European Forest Fire Information System (EFFIS),
EU Copernicus
program.
L'incendio più esteso e persistente si è sviluppato in Val di Susa,
intorno alle ore 10 di domenica 22 ottobre 2017 sui versanti subito a
monte di Bussoleno, appena rinforzato il vento di föhn.
Sospinto dalle raffiche, il fuoco ha percorso oltre mille metri di
dislivello in meno di tre ore, lambendo le borgate Argiassera e
Richettera (evacuate in serata) e nei giorni seguenti si è spostato
verso Ovest coinvolgendo il SIC (Sito di Interesse Comunitario)
dell'Orrido di Foresto e poi le pendici meridionali del Rocciamelone.
Qui, al nuovo insorgere del vento secco occidentale all'alba di venerdì
27 ottobre, il fuoco si è propagato in vaste pinete di pino silvestre,
trasformandosi in un impressionante incendio "di chioma"
difficilmente controllabile nonostante l'intervento di elicotteri e
canadair, che fino alla notte tra domenica 29 e lunedì 30 ha devastato i
pendii soprastanti Mompantero a quote tra 700 e 2200 m circa, ma con
estensione su pascolo fino a 2800 m presso il Rifugio Cà d'Asti.
Qui di seguito, una sequenza di immagini
dell'evento.
L'impressionante pennacchio di fumo sviluppatosi nelle fasi iniziali
dell'incendio
di Bussoleno il 22 ottobre 2017, visto da Susa. Si noti, in alto, la
formazione di una nube vera e propria del genere "Pyrocumulus", dovuta
alla condensazione del vapore al di sopra della colonna d'aria calda
ascendente sopra il rogo, in un processo convettivo analogo a quello che
genera i cumulonembi temporaleschi estivi (f. Carlo Ravetto).
22 ottobre 2017: un canadair tenta di frenare l'incendio sui versanti
a monte di Bussoleno (f. Luca Perino).
L'incendio manda in fumo l'"adrit" (versante soleggiato) di Bussoleno e
Foresto,
nel pomeriggio del 22 ottobre (f. Carlo Ravetto).
La stessa zona era stata interessata da un rogo già il 31 agosto 2003,
al termine dell'estate più calda da oltre due secoli sulle Alpi, ma con
durata di poche ore ed estensione più limitata.
27 ottobre 2017, ore 9: all'alba del sesto giorno di incendio,
l'ingresso del föhn rinfocola le fiamme che si estendono in pineta alle
falde del Rocciamelone, a monte di Mompantero, presso Susa. Fiamme alte
più di 30 m si sprigionano dalla pineta presso la borgata Trucco, a
quota 1700 m lungo la strada che porta a La Riposa, punto di partenza
per la salita al Rocciamelone (vetta a sinistra, 3538 m).
Anche in questo caso il precedente noto, di inizio marzo 2000, benché
molto violento,
colpì un'area più ristretta e per poche ore (f. Daniele Cat Berro).
27 ottobre 2017, ore 9: l'ampio pennacchio di fumo e cenere sopra Susa
oscura quasi completamente il sole, ed entro un'ora giungerà sulla
pianura torinese incrementando ulteriormente la presenza di PM10
nell'aria (f. Daniele Cat Berro).
La città di Susa e il fronte dell'incendio la sera di sabato 28 ottobre
2017
(f. Luca Perino).
La borgata San Giuseppe di Mompantero durante le fasi finali
dell'incendio, la sera di domenica 29 ottobre 2017, quando 450 dei 600
abitanti del paese sono stati evacuati all'avvicinarsi delle fiamme alle
case (f. Luca Perino).
Qui sopra, e nella sequenza sottostante, ecco come si presentava la
pineta del Rocciamelone nel pomeriggio del 31 ottobre 2017, a 36 ore
dalla fine del rogo, a quote tra 1100 e 1500 m verso il Forte del
Pampalù (f. Daniele Cat Berro).
Mompantero, 31 ottobre 2017: gruppo AIB durante la bonifica di residui
focolai nel sottobosco a quota 1600 m (f. Daniele Cat Berro).
Mompantero, 31 ottobre 2017: il suolo del sottobosco percorso dal fuoco,
completamente spogliato della lettiera e dello strato organico
affiorante, e ridotto a una fragile e arida superficie pericolosamente
suscettibile di erosione in caso di piogge intense nei prossimi mesi (f.
Daniele Cat Berro).
Mompantero, 31 ottobre 2017: un'altra drammatica conseguenza ambientale
degli incendi è la devastazione degli habitat della fauna e la morte di
animali - probabilmente a centinaia - per soffocamento e ustione (qui
sopra, una lepre carbonizzata lungo un sentiero,
f. Luca Giunti).
Aree approssimative percorse dagli incendi in Val Susa e intorno a
Cumiana (TO),
così come desunte dal data base satellitare
EFFIS -
Copernicus/EU.
Altre mappe di dettaglio con il censimento delle aree bruciate
qui.
In un contesto di già elevato inquinamento
dell'aria in Valpadana occidentale per lo scarso rimescolamento dei
bassi strati atmosferici nei lunghi periodi anticiclonici, nei giorni
tra il 24 e il 27 ottobre 2017 si è aggiunto il denso particolato
dovuto ai fumi degli incendi sulle Alpi.
La stagnante coltre di fumi ha quasi
oscurato il sole e reso irrespirabile l'aria soprattutto nel Pinerolese,
in bassa Valle Orco, in bassa Val Chiusella, ma perfino a Torino, dove
al mattino di venerdì 27, giunto il pennacchio di fumo dell'incendio sul
Rocciamelone, si sono osservate inconsuete ricadute al suolo di cenere
(a circa 45 km dal punto di origine).
Le centraline di
ARPA Piemonte
hanno rilevato eccezionali concentrazioni di PM10 nell'aria nel
Torinese, con una punta media giornaliera, sempre il 27 ottobre, di
ben 354 microgrammi/m3 a Beinasco, valore più elevato nella
serie regionale di misure di qualità dell'aria con inizio nel 2000, ben
7 volte superiore alla soglia di 50 microgrammi/m3 già
ritenuta malsana (dettagli
qui).
Pur in assenza di un vero e proprio
ingresso del föhn in pianura, il passaggio frontale da Nord-Ovest nel
pomeriggio del 27 ha permesso un parziale rimescolamento dell'aria e una
generale riduzione delle quantità di particolato a bassa quota, sebbene
ancora elevate.
Tuttavia, con l'ingresso di deboli correnti
da Est e la prosecuzione di incendi intorno a Locana e Ribordone, si
segnala anche l'eccezionale media giornaliera di 179 microgrammi/m3
ai 1600 m di Ceresole Reale (Gran Paradiso) il 30 ottobre.
25 ottobre 2017, il fumo degli incendi intorno a Cumiana oscura quasi
completamente il sole a Giaveno (f. Maurizio Tron).
I
fumi degli incendi sul Piemonte occidentale nelle immagini satellitari
rispettivamente
del 25 ottobre (h 10:15 UTC, NASA-Terra, sensore MODIS) e del 27 ottobre
2017
(h 12:30 UTC, SNPP-VIIRS). Fonte:
NASA-Earth Data.
Il 29 ottobre 2017, durante un nuovo episodio di föhn, alcuni incendi
divampano anche sulle Alpi e Prealpi centrali. Qui sopra, il Campo dei
Fiori ripreso da Cazzago Brabbia,
nel Varesotto (f. Davide Santini).
Il riscaldamento globale
rende le foreste più vulnerabili agli incendi
Anche se non è possibile collegare
direttamente (e interamente) i singoli episodi di siccità e incendi
boschivi ai cambiamenti climatici, indubbiamente il riscaldamento
globale sta rendendo più facile la propagazione del fuoco in foresta
attraverso più rapidi processi di evaporazione e disseccamento del
sottobosco, cui si aggiunge la tendenza a più lunghi periodi senza
precipitazioni, previsti peraltro in ulteriore intensificazione futura
intorno al Mediterraneo.
Tale evoluzione è già stata attestata
sia per l'Europa, sia per gli Stati Uniti (nell'ottobre 2017 la
California è stata funestata dagli incendi forestali più mortali da un
secolo nel Paese, con almeno 43 vittime, e i più costosi mai osservati
al mondo, con danni per oltre 3 miliardi di dollari).
In questo contesto, gli incendi dunque
potranno sempre più contribuire alla drammatica frammentazione di
ecosistemi, alla perdita di biodiversità, alla mancata cattura di CO2
da parte della vegetazione, alla degradazione di suoli e all'instabilizzazione
di versanti montuosi.
Ulteriori considerazioni di Luca Mercalli sugli incendi,
pubblicate su AmbienteInforma, Notiziario del Sistema Nazionale per la
Protezione dell'Ambiente (SNPA).
RINGRAZIAMENTI
La redazione di Nimbus ringrazia tutti i collaboratori che hanno
trasmesso fotografie e condiviso informazioni, in particolare:
Luca Giunti (Ente
di Gestione Parchi Alpi Cozie), Cristiana Molin (Carabinieri
forestali, Bussoleno - Val Susa), Davide Notti (CNR-IRPI Torino),
Gabriele Savio (Rifugio Cà d'Asti al Rocciamelone), Paolo Fantini
(Osservatorio meteorologico Università di Parma).
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