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2020, ANNO PIU' CALDO NEL MONDO E IN EUROPA,
QUINTO IN ITALIA

SMI / Redazione Nimbus
10 gennaio 2021

 

Proprio mentre alcune regioni del mondo stanno vivendo un freddo insolito (tra cui l'Europa occidentale, con la copiosa e rara nevicata dell'8 gennaio a Madrid, e l'Asia orientale), giungono i primi dati di bilancio climatico del 2020, che a livello globale è stato un altro anno complessivamente molto caldo.

Secondo il programma europeo di osservazione terrestre Copernicus, l'anomalia della temperatura media planetaria (+0,62 °C rispetto al trentennio 1981-2010) ha pressoché eguagliato il record del 2016 (+0,63 °C), nonostante l'assenza di El Niño che invece in quell'anno aveva dato un contributo determinante al primato, insieme al riscaldamento a lungo termine dovuto all'aumento dell'effetto serra antropogenico (l'oscillazione tra le fasi calde El Niño e quelle più fredde La Niña nel Pacifico equatoriale rappresenta la principale fonte di fluttuazione interannuale di origine naturale delle temperature planetarie, che si sovrappone all'effetto riscaldante a scala pluridecennale/secolare dei gas serra di origine umana).



Distribuzione delle anomalie termiche del 2020 nel mondo e in Europa. Poche le zone più fredde della media 1981-2010 (Pacifico equatoriale per l'instaurarsi della
Niña, parte del Canada, del Nord Atlantico e degli oceani australi), al contrario prevalgono le regioni più calde e in particolare spiccano gli enormi gli eccessi termici nel Nord della Siberia, fino a oltre +5 °C!
 

La serie storica Copernicus (reanalisi ERA5T) comincia nel 1979, ma poiché dalle altre serie globali più longeve (NOAA, NASA, MetOffice, Japan Meteorological Agency, le cui statistiche aggiornate saranno diramate tra alcuni giorni) sappiamo che mai, prima degli Anni Ottanta, sono state registrate temperature tanto elevate come negli anni recenti, si può ragionevolmente estendere la portata del primato indietro fino al 1850.

Sempre secondo Copernicus, in Europa il precedente record di caldo del 2019 (1,2 °C sopra media) è stato superato nettamente nel 2020 (+1,6 °C).

Ricordiamo che a scala annua continentale fluttuazioni di alcuni decimi di °C (e perfino centesimi di °C a scala globale) sono significativi per gli effetti sul territorio e gli equilibri dei delicati assetti degli ecosistemi.

Pure a livello nazionale, molti Paesi europei hanno vissuto il loro anno più caldo nelle lunghe serie storiche di misura (tutti gli Stati scandinavi, l'Estonia, il Belgio, la Francia, la Svizzera...).

In Italia il CNR-ISAC di Bologna delinea una situazione un po' meno eccezionale, ma che conferma pur sempre in maniera chiara la tendenza al riscaldamento atmosferico: quinto anno più caldo nella serie nazionale dal 1800 (anomalia di +0,96 °C rispetto al 1981-2010), appena sotto ai recentissimi casi del 2014, 2015, 2018 (il più caldo, con +1,17 °C) e 2019 (statistiche aggiornate mensilmente a cura di Michele Brunetti, ricercatore in scienze dell'atmosfera e del clima).

Oltre che caldo, è stato pure un anno complessivamente piuttosto secco nel nostro Paese, con un deficit di precipitazioni di circa il 15%.
 

Serie CNR-ISAC delle anomalie di temperatura media annua in Italia dal 1800 al 2020 (rispetto alla media del trentennio 1981-2010): evidente il rapido riscaldamento avvenuto da fine Anni 1980. Ancora più impressionante il fatto che tutti i cinque anni più caldi in oltre due secoli si siano concentrati dopo il 2013 (2014, 2015, 2018, 2019 e 2020).
 

Dunque il riscaldamento globale prosegue nonostante la temporanea riduzione delle emissioni globali di CO2 dovute alle restrizioni per il Covid-19 (34 miliardi di tonnellate emesse nel 2020 secondo il Global Carbon Budget, -7% rispetto al record del 2019, considerando il solo biossido di carbonio).

Infatti le concentrazioni totali in atmosfera, frutto dell'inesorabile accumulo di CO2 nell'ultimo secolo segnato dal crescente utilizzo di combustibili fossili, hanno continuato ad aumentare toccando nuovi massimi storici (417,1 parti per milione nel maggio 2020 all'osservatorio del Mauna Loa nelle Hawaii, e 418,4 ppm nel dicembre 2020 all'osservatorio appenninico del Monte Cimone).

Solo se efficaci politiche ambientali verranno rapidamente implementate e mantenute in permanenza dopo la pandemia (con conseguente stabilizzazione e poi diminuzione anche delle concentrazioni di gas serra a lungo termine) potremo sperare in benefici duraturi per il clima.

 

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