EVENTI METEOROLOGICI 
NEVOSI PENSIERI
La nevicata del 13-14 dicembre 2001

di Luca Mercalli -  16 dicembre 2001
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Sabato 15 dicembre, pomeriggio
Il sole stenta a uscire ma ce la fa. Ora che la luce è più bella, vale la pena scattare qualche foto giù nel piano, dove le ombre sono lunghe e il gelo si fa palpabile. Sembrano pianure slave invece è bassa valle di Susa. 

Gli stocchi gialli del mais emergono dalla neve, e in mezzo ci vanno i corvi a cercare qualche granello, lasciano tracce e accarezzano il soffice manto gelato con le ali nere.

 

 

Il sole che tramonta dietro le cime della Val Sangone tinge di un giallo rosato le cascine, il modesto campanile rurale emerge dai rami dei pioppi. 

Un mucchio di letame fuma in un campo, la ruota del mulino - ormai ferma da anni - si gode l’ultima luce prima della sera più lunga dell’anno, le acque lente della “bealera” scoprono erbe verdi sui bordi innevati.

 

E’ l’ora che io trovo incantevole, la luce scompare gradualmente e lascia un cielo tra il blu e il violaceo che si stempera dal giallo al rosa nell’occhio del tramonto.

Il freddo piomba improvviso sul terreno insieme alle ombre che si gettano silenziose dalle rive ai campi interi, compaiono le prime stelle, la poca neve fusa dal sole delle ore precedenti, si rapprende e crocchia sotto i piedi, i cristalli di ghiaccio luccicano sotto gli ultimi bagliori, fili di fumo escono dai camini lasciando immaginare tiepide dimore a difesa dal gelo. 

E’ un’atmosfera che già due millenni fa rapì il gran Virgilio, che nelle Bucoliche immortalò l’attimo in un verso ineguagliabile:

«…e già di lontano fumano i tetti delle cascine e più grandi scendono dagli alti monti le ombre.»

Gli fa eco con semplice realismo il nostro Pavese, ne “La luna e i falò”, del 1949:

«Così venne l’inverno e cadde molta neve e il Belbo gelò – si stava al caldo in cucina o nella stalla, c’era soltanto da spalare il cortile…si arrostivano le castagne, tirammo il vino, mangiammo due volte il tacchino e una l’oca. … La collina di Gaminella [Canelli, Asti] era brulla, bianca di neve, la vedevo in mezzo ai rami secchi di Belbo

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