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MISURE 2006 AL GHIACCIAIO CIARDONEY (GRAN PARADISO, TO):L'AGONIA CONTINUA
Luca Mercalli, Daniele Cat Berro, Fulvio Fornengo, SMI Redazione Nimbus - 15 settembre 2006
L’annuale sopralluogo per le misure glaciologiche al ghiacciaio Ciardoney (alta Valle Soana, Parco Nazionale Gran Paradiso) è stato condotto dagli operatori della Società Meteorologica Italiana il 5 settembre 2006, con la collaborazione logistica - ormai ventennale - dell’Azienda Energetica Metropolitana di Torino e con il supporto economico della Fondazione CRT.


Il ghiacciaio Ciardoney visto il 05.09.2006 dal segnale A3B: la perdita di circa 8 metri di spessore in 3 anni presso la fronte ha causato la rapida emergenza di roccette in destra orografica: le variazioni morfologiche divengono vieppiù sensibili anche tra un anno e l’altro.

Anomalie climatiche: neve invernale scarsa ed estate molto calda
Con il 2006 è proseguita la sequenza di stagioni molto calde e sfavorevoli ai ghiacciai alpini. L’inverno 2005-06 è stato assai avaro di precipitazioni, e oltre i 2000 m è risultato il meno nevoso da 50 anni sul versante Sud del Gran Paradiso: al Lago Valsoera (2440 m) si sono totalizzati appena 338 cm di neve fresca, minimo dal 1959, quantità pari al 44% del normale. I calori precoci e intensi di giugno e luglio hanno rapidamente fuso il modesto manto, producendo – per la quarta estate consecutiva – notevoli perdite di massa glaciale, solo in parte alleviate dalla relativa frescura sopraggiunta in agosto. Tra Piemonte e Valle d’Aosta il trimestre giugno-agosto 2006 ha mostrato anomalie termiche comprese tra +1 e +2 °C rispetto alla norma (+0.9 °C al Lago Valsoera).

Il regresso del ghiacciaio: 26 m alla fronte e circa 2.5 m di spessore
Al sopralluogo del 5 settembre il ghiacciaio Ciardoney era spoglio di ogni traccia di neve e ingrigito dai detriti rocciosi: un panorama ormai consueto negli anni recenti. Dopo il modesto rigelo notturno della superficie, la fusione riprendeva abbondante al primo sole. Già alle 8.30 il termometro segnava infatti 11.5 °C ai 3150 m del Colle Ciardoney.

Il controllo delle paline rivelava perdite di spessore di ghiaccio comprese tra i 146 cm del sito n. 1 al Colle e i 292 cm del sito n. 7 sul settore frontale, con un bilancio di massa specifico di -2.10 m di equivalente d’acqua. Tale valore colloca la stagione idrologica 2005-06 sul ghiacciaio al quinto posto tra le più sfavorevoli dall’inizio delle misure nel 1992: furono peggiori il 1997-98 (-3.36 m), il 2002-03 (-3.00 m), il 1998-99 (-2.43 m) e il 2004-05 (-2.23 m).


Bilancio di massa del ghiacciaio Ciardoney dalla stagione 1991-92 alla stagione 2005-06. Nei 15 anni di osservazione soltanto nel 2001 si è avuto un leggero guadagno (+0.16 m). Dal 2003 è ripresa un’intensa fase di riduzione, e il valore di bilancio di quest’anno, pari a -2.10 m di equivalente d’acqua, si colloca in quinta posizione tra i più negativi. Il bilancio cumulato in 15 anni sfiora ormai i -20 m.


Il ghiacciaio si presentava spoglio di neve residua anche nel suo bacino superiore, dove la perdita di spessore di ghiaccio è stata di 1.5-2 m.

 

 

 


Fulvio Fornengo sorregge la palina n. 5, settore mediano del ghiacciaio, fuoriuscita dal ghiaccio di ben 2.5 m durante l’estate 2006.

Con la perdita di spessore, l’emergenza di rocce montonate in sinistra poco sopra la fronte – iniziata nel 2003 - è proseguita causando un netto ridimensionamento del margine frontale.

Il forte arretramento si è avvertito anche alla fronte, che si è ritirata di ben 26 m come media dei due segnali di riferimento, portando a 305 m il regresso cumulato dal 1971. Si è quindi reso utile il riposizionamento dei segnali frontali, la cui distanza dal ghiaccio ormai superiore a 100 m rendeva scomode le operazioni di misura.


Variazioni frontali del ghiacciaio Ciardoney dal 1971 al 2006: il regresso quest’anno ha toccato i 26 m (media dei due segnali), portando il totale degli ultimi 35 anni a ben 305 m.

Risvolti idrologici
Dal 1° giugno al 5 settembre 2006 la fusione ha asportato dal ghiacciaio l’equivalente di 2.4 milioni di m3 d’acqua, che hanno contribuito ad alimentare un po’ le portate dei T. Soana e Orco durante una stagione nuovamente molto secca, a costo però di intaccare pesantemente le riserve idriche da decenni immagazzinate in forma solida. Alla data del sopralluogo il ghiacciaio era ancora percorso da attivissime bedières, che sono state oggetto di rilevamenti di portata da parte di alcuni ricercatori del Dipartimento di Idraulica del Politecnico di Torino.


Con la radiazione solare intensa e il caldo eccezionale sopraggiunto con l’anticiclone nord-africano, la fusione sul ghiacciaio era molto forte, come in un pomeriggio di piena estate. Ecco alcune immagini delle bedières che incidevano la superficie.(vedi anche foto sotto)

 

 


L’abbondante portata del torrente glaciale nel pianoro a valle della fronte,
carico di sottile limo in sospensione.

 


Un’équipe di ricercatori del Politecnico di Torino ha eseguito stime di portata delle bedières tramite misure di conduttività dell’acqua (a sinistra). La temperatura dell’acqua di fusione a contatto del ghiaccio era di 0.0 °C
(a destra la misura di temperatura con sensore elettronico ad alta precisione)

 

 

Anche quest’anno erano visibili alcuni “pozzi” glaciali nei pressi della palina n. 5.

Una curiosità: la “brezza di ghiacciaio”
Spesso sui libri viene indicata tra i vari tipi di brezza, anche quella “di ghiacciaio”, dovuta a un flusso discendente di aria più fredda e densa di quella circostante. Durante il sopralluogo del 5 settembre 2006 si è potuto osservare il fenomeno grazie a una giornata completamente soleggiata e con aria estremamente calma: in corrispondenza del margine frontale si avvertiva infatti un moderato vento discendente dal ghiacciaio verso valle (una lama d’aria dello spessore probabilmente non superiore a 2-5 m), che manteneva la temperatura intorno a 8 °C alle ore 14, mentre soltanto un centinaio di metri più a valle, in zona morenica rocciosa, tornava a soffiare la tiepida brezza valliva, e la temperatura dell’aria (misurata all’ombra con termometro a fionda), saliva a ben 17 °C, valore peraltro eccezionale per il mese di settembre.

Conclusioni: ancora 15-20 anni di vita per il ghiacciaio?
Dal 2003 il regresso dei ghiacciai sulle Alpi occidentali ha conosciuto una brusca accelerazione, e il Ciardoney ha perso, in soli 4 anni, ben 87 m di lunghezza alla fronte e 8.4 m di spessore medio (espresso in metri di acqua equivalente). Di questo passo, poiché il ghiacciaio è spesso al massimo 30-40 m, se le condizioni dovessero mantenersi così sfavorevoli anche nei prossimi anni (come è verosimile, dati i risultati forniti dai modelli climatici), questo potrebbe frammentarsi e scomparire nel volgere di appena 15-20 anni.


Sebbene tra lo scatto delle due fotografie (stazione fotografica “F”) siano passati soltanto 9 anni, la riduzione del ghiacciaio tra il 1997 (sinistra) e il 2006 (destra) è stata sorprendente. La maggiore visibilità delle creste sullo sfondo evidenzia la diminuzione di spessore del ghiacciaio, che in 9 anni è stata di circa 18-20 m.


Situazione molto negativa anche al vicino ghiacciaio di Teleccio (a sinistra la Torre del Gran San Pietro, 3692 m), oramai un “relitto” in disfacimento, totalmente esposto al sole e alla fusione (veduta dall’elicottero).


I ghiacciai di Valsoera, visti al mattino del 5 settembre 2006 dal Colle Ciardoney: a sinistra il settore meridionale, a destra quello settentrionale, quest’ultimo pressoché occultato dal detrito roccioso franato dai versanti, sempre più abbondante. Durante il sopralluogo si sono uditi ripetuti crolli di roccia dai rilievi intorno al ghiacciaio Ciardoney, fenomeno in intensificazione in queste ultime estati molto calde, e sicuramente attribuibile all’alterazione del permafrost (terreno permanentemente gelato in profondità).

Si ringrazia l’Azienda Energetica Metropolitana SpA di Torino per la collaborazione nella logistica della giornata di misure, e per la fornitura dei dati meteorologici.
 


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