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MAGGIORE RISCHIO ALLUVIONI DOPO LA SICCITA' ?
UN LUOGO COMUNE, SALVO SITUAZIONI LOCALI

28 marzo 2022
SMI/Redazione Nimbus

 

Il blocco anticiclonico che - prima sull'Atlantico, poi sul Nord Europa - per quasi quattro mesi ha inibito le precipitazioni su gran parte d'Italia e soprattutto nel bacino padano è destinato ad allentarsi permettendo finalmente l'ingresso di saccature e sistemi perturbati tra fine marzo e inizio aprile 2022.

Le piogge attese in questa prima fase non basteranno ancora a estinguere il massiccio deficit pluviometrico accumulato in un periodo così lungo e su territori così estesi, ma è un inizio... nella speranza che un cambiamento di configurazione atmosferica duraturo e a grande scala possa riservare ulteriori occasioni piovose, come peraltro quasi sempre avviene al Nord Italia tra aprile e maggio.
 

La straordinaria magra fluviale del marzo 2022 alla confluenza del Trebbia nel Po presso Piacenza, la città sullo sfondo (veduta aerea del
24 marzo 2022, foto Antonio Carpenetti).

 

Al ritorno di precipitazioni dopo un lungo periodo di siccità, molti si domandano se queste possano generare più facilmente piene fluviali e in generale dissesti idrogeologici, presumendo una minore capacità dei suoli secchi e polverosi di assorbire l'acqua improvvisamente ritornata.

Ma quanto è vero questo? Analizziamo alcuni punti.
 

SUOLI E BACINI FLUVIALI IN SICCITà
ASSORBONO PIU' ACQUA

In linea generale, un bacino fluviale in stato siccitoso, con suoli ben lontani dalla saturazione e livelli di falda molto bassi, è in grado di assorbire maggiori quantità d'acqua e dunque di sopportare meglio un grande episodio di precipitazioni.

Pertanto - a parità di intensità, durata ed estensione delle piogge - è più difficile subire un evento idrogeologico importante e dannoso al termine di un lungo periodo asciutto.

A tal proposito diversi autori hanno identificato, in Europa e nel mondo, una recente riduzione delle portate fluviali e dell'occorrenza di alluvioni nonostante un aumento delle precipitazioni estreme.

La causa di questa evoluzione in apparenza controintuitiva è stata attribuita proprio ai suoli resi più frequentemente secchi (dunque in grado di assorbire più acqua all'arrivo della pioggia) dall'intensa evaporazione associata al riscaldamento globale e/o a una maggiore concentrazione degli eventi piovosi, alternati a periodi asciutti più lunghi, come nel caso italiano dell'inverno 2021-22.

In sostanza, nella maggioranza dei casi i suoli più secchi negli intervalli senza precipitazioni controbilancerebbero gli effetti dell'apporto più rapido e concentrato di acqua durante rovesci divenuti più intensi.

Si veda ad esempio:

- articolo "Evidence of shorter more extreme rainfalls and increased flood variability under climate change", di Wasko et al. (2021) sul Journal of Hydrology, basato sui dati di 2776 stazioni di portata fluviale nel mondo;

- studio “Evaporation enhancement drives the European water-budget deficit”, di Massari et al., 2022, su Hydrology and Earth System Sciences: si sottolinea il ruolo dell'evaporazione - in un pianeta più caldo – nel peggiorare le magre fluviali e le siccità, già di per sé più lunghe e frequenti in molte regioni, con pesanti effetti sulla produzione di energia, l'agricoltura e la gestione dell'acqua;

- articolo sulla riduzione delle alluvioni attribuita ai suoli più secchi in Australia, sempre a cura di Conrad Wasko e di Rory Nathan (Università di Melbourne), da cui è tratto il seguente grafico che in base all'analisi di 49 mila eventi mostra, a parità di intensità pluviometrica, alluvioni peggiori al crescere del contenuto idrico dei suoli, e viceversa.

 

LOCALMENTE, ASSORBIMENTO LIMITATO
NEI SUOLI PERCORSI DA INCENDI

Tuttavia, oltre al loro contenuto idrico, anche altre caratteristiche dei suoli possono influenzarne la capacità di assorbimento dell'acqua meteorica (grado di compattazione, tessitura, porosità, tipo e stato della copertura boschiva...), ad esempio a seguito di incendi forestali o di pratiche agronomiche intensive, ma a livello per lo più locale.

Per capirne di più sul ruolo dei suoli nell'assorbimento dell'acqua e nel ciclo idrologico, abbiamo chiesto un commento al prof. Michele Freppaz, docente al Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari dell'Università di Torino ed esperto di pedologia, suoli alpini, ecologia della neve, nonché Presidente dell'Alpine Soil Partnership.

"Tra i molteplici servizi ecosistemici che il suolo garantisce all'uomo, il contributo alla regolazione del ciclo idrologico riveste una straordinaria importanza. In particolare esso si riferisce alla riduzione del ruscellamento superficiale, a favore dell’infiltrazione delle acque provenienti da precipitazioni, fusione nivale, ecc... L'infiltrazione dell’acqua nel suolo riduce il ruscellamento e di conseguenza l’erosione, con effetti positivi sulla conservazione dei nutrienti e della sostanza organica, e sul filtraggio e la purificazione delle acque.

Sono molteplici i fattori che influenzano l'infiltrazione dell'acqua nel suolo, tra i quali la tessitura, la possibile presenza di una crosta superficiale, il grado di aggregazione e la struttura, la compattazione, il contenuto idrico e la porosità. In generale, le aree boscate danno un buon contributo a questo servizio, ma in ogni caso è necessario porre attenzione alla composizione vegetazionale, ai metodi di utilizzazione, alle pratiche di gestione forestale che possono ridurre l’infiltrazione modificando alcune specifiche proprietà del suolo (densità, spessore e tipo di lettiera, tipo di humus, porosità dovuta all’attività biologica).

A seguito dei cambiamenti climatici ci si attende un incremento delle temperature, accompagnato da lunghi periodi secchi e frequenti incendi che potrebbero determinare la formazione di croste idrofobiche sulla superficie del suolo, con conseguente riduzione dell’infiltrazione e l'innesco di fenomeni erosivi anche importanti.

Solo un suolo "in salute" e ben gestito è in grado di assorbire efficacemente l'acqua, riducendo il ruscellamento superficiale, garantendo allo stesso tempo un altro servizio ecosistemico fondamentale, e cioè la ritenzione idrica. Un suolo pienamente funzionante può immagazzinare tra 100 e 300 litri di acqua per metro cubo. La capacità del suolo di trattenere e immagazzinare acqua dipende in larga misura dall’uso e dalla gestione. In agricoltura, la coltivazione e le lavorazioni possono ridurre la capacità di ritenzione idrica, ad esempio nel caso di forte compattazione da parte di macchinari pesanti, oppure aumentarla nel caso in cui si utilizzino ammendanti organici. Per ulteriori approfondimenti visitare questo link."
 

TIMORI SOVRADIMENSIONATI,
SALVO SITUAZIONI LOCALI

Dunque da un lato è vero che suoli compattati e/o polverosi/crostosi, soprattutto in assenza di copertura forestale, in zone interessate da precedenti incendi o da pratiche agronomiche intensive, al ritorno di rovesci intensi possono temporaneamente assumere caratteristiche idrofobiche e incentivare l'innesco di dissesti per rapido ruscellamento superficiale, erosioni e colate detritiche soprattutto in piccoli bacini montani.

Ma, in generale, si tratta di fenomeni locali, e il timore di una maggiore probabilità di dissesti all'arrivo di piogge su suoli precedentemente inariditi dalla siccità è sovradimensionato, e genera quello che possiamo considerare un luogo comune.


L'arrivo di rovesci intensi su territori percorsi dal fuoco - privati dunque della vegetazione e dello strato organico superficiale, con suoli dalle caratteristiche talora idrofobiche, e con abbondanti detriti mobilizzabili - può predisporre più facilmente le condizioni locali per rapido ruscellamento, erosioni e colate detritiche.

Nelle immagini, suoli e sottobosco di pino silvestre mineralizzati e inariditi dal passaggio di incendi in Val Susa, rispettivamente sulle alture di Mompantero e di Chianocco (eventi di fine ottobre 2017 e fine febbraio 2022, f. Daniele Cat Berro).

Tuttavia, per quanto gli incendi forestali siano attesi in aumento a causa del riscaldamento globale, tali fenomeni di accresciuto rischio idrogeologico al termine di siccità sono da considerarsi locali e minoritari rispetto alla generale migliore capacità di assorbimento di acque meteoriche da parte di un bacino fluviale lontano dallo stato di saturazione dopo un lungo periodo asciutto.
 

7 giugno 2018: l'abitato di Bussoleno (Val Susa, Torino) invaso da una violenta colata di fango innescatasi durante un temporale breve e intenso sui suoli percorsi dagli incendi di ottobre 2017. Non vi era documentazione relativa a episodi analoghi in passato nel piccolo bacino montano
del Rio Reforno o Rio delle Foglie, a conferma del ruolo esercitato da una situazione dei suoli del tutto nuova.

In questo caso però la responsabilità è da ricercarsi nella mancata protezione del suolo da parte della vegetazione bruciata, e dalla grande quantità di detriti e ceneri disponibili in superficie dopo gli incendi, e non tanto all'arrivo di piogge su suoli secchi: al contrario, si proveniva da un periodo (novembre 2017 - maggio 2018) di precipitazioni eccessive e suoli già decisamente saturi d'acqua (f. Daniele Cat Berro).



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