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INVERNO 2021-22, TRA I PIU' MITI E SECCHI
AL NORD ITALIA, SOPRATTUTTO AL NORD-OVEST

Daniele Cat Berro, SMI / Redazione Nimbus
4 marzo 2022

 

Su gran parte del Nord Italia, e al Nord-Ovest in particolare, l'inverno 2021-22 verrà ricordato come uno dei più caldi e secchi nelle lunghe serie meteorologiche secolari, a causa di un persistente blocco di alte pressioni sull'Europa occidentale che ha ostacolato l'arrivo di perturbazioni atlantiche e mediterranee, e deviato verso i Balcani e il Medioriente le masse d'aria fredda artica, attive solo marginalmente sul nostro Paese e per lo più sulle regioni adriatiche e meridionali.

Per contro sono state frequenti le risalite di promontori anticiclonici con apporto di aria subtropicale e periodi tiepidi più evidenti in montagna, alterni a numerosi episodi di foehn - spesso molto mite - nelle valli alpine (circa un giorno su tre!).

Parallelamente alla prevalenza di alte pressioni, la Valpadana ha vissuto invece molte giornate di inversione termica, nebbia, aria stagnante e relativamente fredda, specie tra dicembre e gennaio, elemento che tuttavia non ha impedito di registrare, anche in pianura, temperature medie stagionali sopra la norma, seppure in maniera meno marcata che in collina e montagna.
 

Veduta aerea del Po in magra al ponte della Gerola nel Pavese, 2 km a valle del confine tra Piemonte e Lombardia. ARPA Piemonte segnala che la portata media del fiume nel febbraio 2022 alla vicina stazione idrometrica di Isola Sant'Antonio (Alessandria) è stata la più bassa nella serie dal 1996,
con 156 m3/s (foto Antonio Carpenetti).

Le anomalie di altezza del geopotenziale alla superficie di 500 hPa (circa 5500 m di quota) sull'Europa nel trimestre dicembre 2021 - febbraio 2022 sono molto marcate e distinte in due configurazioni di segno opposto: da un lato gli anticicloni in quota più forti e presenti del solito (arancio-rosso) tra penisola iberica, Francia e Regno Unito, dall'altro profonde depressioni tra Baltico, Finlandia e Russia nord-occidentale. In questo contesto le perturbazioni nord-atlantiche sono state deviate verso l'Est Europa, o sono giunte sulle Alpi da Nord-Ovest producendo venti secchi di foehn sul versante italiano, e solo isolate e temporanee fasi di precipitazioni sull'arco ligure-tirrenico e al Nord-Est. Parallelamente sono mancate del tutto le saccature in approfondimento sul Mediterraneo occidentale con risalita di aria umida ed episodi di sbarramento da Sud (Fonte: ESRL-NOAA; clicca sulle immagini per ingrandire).

Anomalie di temperatura in libera atmosfera alla superficie di 850 hPa (circa 1500 m di quota) sull'Europa nel trimestre dicembre 2021 - febbraio 2022. Le prevalenti alte pressioni portano spesso con sé anche aria tiepida subtropicale e inibiscono le irruzioni artiche, deviate verso i Balcani, il Mediterraneo centro-orientale e fin sulla Libia. In colore arancio, anomalie termiche prossime a +2 °C tra Alpi occidentali, Francia e Regno Unito
(Fonte: ESRL-NOAA; clicca sulle immagini per ingrandire).
 

L'anomalia di circolazione atmosferica a scala continentale è riconducibile a una fase positiva dell'oscillazione nord-atlantica (NAO+), che comporta forti gradienti di pressione al suolo tra Gibilterra (anticicloni) e l'Islanda (depressioni), come riscontrato anche in altri inverni tiepidi e secchi in Europa meridionale, ad esempio nel 1989-90, 2006-07 e 2019-20.
Questo, soprattutto nel febbraio 2022, si è tradotto in una situazione marcatamente zonale con forti flussi da Ovest o Nord-Ovest.

Lungo il percorso della corrente a getto si generano frequentemente tempeste in moto dal Nord Atlantico verso l'Europa orientale che nel loro transito toccano più o meno intensamente anche le Alpi e l'Italia con venti molto forti e situazioni di foehn sul versante padano (in febbraio, serrata sequenza di burrasche battezzate Dudley, Eunice e Franklin dal MetOffice).

Tale flusso zonale si è alternato nel corso della stagione a frequenti condizioni di blocco con persistenti promontori di alta pressione che hanno richiamato masse d'aria subtropicale tiepida fin nel cuore del continente europeo (specie a fine dicembre 2021).

Ecco in tabella una sintesi delle anomalie di temperatura e precipitazioni nel trimestre dicembre-gennaio presso alcuni osservatori meteorologici storici del Nord Italia (cliccare sulla tabella per ingrandirla).


TEMPERATURE: TRA I PRIMI TRE INVERNI PIU' CALDI
AL NORD-OVEST

Le anomalie termiche più rilevanti, prossime o superiori a +1,5 °C rispetto alla media del nuovo (e già caldo) trentennio di riferimento 1991-2020, si sono registrate lungo le Alpi e in generale al Nord-Ovest.
L'osservatorio del Santuario di Oropa, a 1181 m sui rilievi biellesi, con una temperatura media stagionale di 4,0 °C è riuscito a eguagliare il record di inverno più mite, il recentissimo 2019-20, mentre l'osservatorio del Campo dei Fiori, a quota analoga sopra Varese, con 4,2 °C (anomalia +2,3 °C) ha perfino superato il precedente primato dell'inverno 2006-07.

Terza posizione nell'elenco degli inverni più caldi a Torino e Varese, quinta a Rovereto, mentre lungo la Valpadana centrale le situazioni di inversione termica e nebbia - ricorrenti soprattutto tra dicembre e gennaio, talora con episodi di galaverna - hanno in parte mascherato l'anomalia mite, generando una diffusa impressione di inverno non proprio tiepido...

Eppure, nonostante tutto, complice la latitanza di irruzioni fredde, nonché la pressoché totale assenza di neve al suolo, anche negli osservatori posti lungo la nebbiosa via Emilia (Piacenza, Parma, Modena) la stagione si è collocata entro il quintile superiore delle temperature medie invernali (soglia che isola la frazione di inverni più caldi pari a un sesto della serie ordinata per valori termici), con anomalie intorno a +0,5 °C.

Storica è stata l'ondata di caldo fuori stagione dei giorni intorno a Capodanno, particolarmente avvertita in quota su Alpi e Appennino settentrionale con temperature massime fino a 20 °C a 1000 m e isoterma 0 °C a 4000 m il giorno di San Silvestro (radiosondaggio di Cuneo - Levaldigi), ma si sono contati diversi altri episodi analoghi, solo un po' meno appariscenti per intensità e durata.

In pianura anomale temperature primaverili - come i 19-21 °C del 2 febbraio a Milano e dintorni - si sono registrate durante gli episodi favonici.

A causa del gran numero di giornate serene le escursioni termiche sono state assai elevate, e a contribuire all'anomalia calda sono state più le temperature massime di quelle minime.

9 febbraio 2022, precoce fioritura di mandorli e api in attività a quota 600 m sui versanti assolati della bassa Val Susa (f. Daniele Cat Berro).
 



Dato il tempo quasi ininterrottamente anticiclonico e sereno, le inversioni termiche a bassa quota sono state una caratteristica dominante dell'inverno 2021-22, tanto che il numero di notti con gelo nelle pianure e nei fondovalle è stato prossimo al normale, e a contribuire alla marcata anomalia tiepida in queste zone sono state soprattutto le temperature massime/diurne. Nell'immagine, situazione di inversione termica, resa visibile da uno spesso strato di foschia, ripresa il 25 gennaio 2022 verso l'alta Val Susa dal Monte Pampalù, quota 1600 m. Sullo sfondo, la sagoma triangolare del
M. Chaberton (3131 m), presso il Monginevro (f. Luca Giunti).
 



Anche le nebbie in Pianura Padana sono state più frequenti di quanto sperimentato negli anni recenti (in cui il fenomeno si era nettamente diradato), e in concomitanza con il gelo notturno talora hanno generato la formazione di galaverna, come - qui sopra - l'11 gennaio 2022 a Noviglio, nella cintura Sud-Ovest di Milano (f. Davide Santini).

 

PRECIPITAZIONI: SCARSE OVUNQUE,
MA SOPRATTUTTO IN PIEMONTE

Dopo le nevicate che l'8 e il 10 dicembre 2021 hanno imbiancato alcune città padane tra cui Torino (6 cm l'8), Piacenza e Parma (rispettivamente 11 e 5 cm in totale nei due episodi), tutto il Nord Italia ha vissuto un sensibile deficit di precipitazioni, che si è tradotto in un innevamento notevolmente inferiore al normale sulle Alpi, in una spiccata magra dei laghi prealpini e dei corsi d'acqua, e in condizioni favorevoli alla propagazione di incendi boschivi.

Ma mentre l'Appennino settentrionale, la Lombardia, l'Emilia-Romagna e il Nord-Est hanno ricevuto precipitazioni al passaggio delle perturbazioni da Ponente del 4-5 gennaio e 14-15 febbraio, le uniche significative della stagione (anche con belle nevicate sulle Alpi orientali), il Nord-Ovest, sottovento alle Alpi occidentali rispetto ai flussi dominanti tra Ovest, Nord e Nord-Est, è rimasto pressoché ininterrottamente all'asciutto.

Centro geografico dell'evento di siccità può essere considerata la fascia prealpina e pedemontana dal Cuneese al Lago Maggiore.

A Torino la lunga sequenza di giorni asciutti (precipitazioni giornaliere < 1 mm) iniziata il 9 dicembre è stata timidamente interrotta dopo 65 giorni dalla breve pioggia mattutina del 12 febbraio (4,2 mm al pluviometro ARPA Piemonte della Consolata), del tutto insignificante nell'attenuare la siccità che in seguito si è ripresa come e più di prima.
L'intero trimestre ha raccolto 16,6 mm di pioggia e neve fusa, pari ad appena il 14% del normale.

Alla stazione ARPA Piemonte di Pinerolo, dove la pioggia del 12 febbraio non si è avvertita, il periodo asciutto prosegue tuttora e al 4 marzo ha raggiunto gli 86 giorni consecutivi (si rammenta che a Torino il più lungo periodo ininterrottamente asciutto in 220 anni di misure fu di ben 114 giorni con termine il 28 marzo 1878).

Stesso livello di anomalia per i 29,6 mm registrati all'osservatorio di Oropa, dove, nella serie dal 1913, solo gli inverni 1951-52 (26,0 mm) e 1980-81 (28,0 mm) furono ancora più avari d'acqua.

Sia a Varese sia al Campo dei Fiori, rispettivamente con 48,8 e 42,0 mm (20% dell'apporto consueto), è stato invece il secondo inverno più secco nelle serie dal 1967 e dal 1973, dopo il caso del 1980-81 (7,6 e 8,0 mm).

Apporti più generosi verso Est, ma pur sempre carenti di quantità tra un terzo e due terzi della norma.

Parallelamente alla scarsità di precipitazioni l'inverno 2021-22 è stato in generale anche molto soleggiato, soprattutto al di sopra delle nebbie padane. Ma, nonostante queste, il radiometro dell'osservatorio di Moncalieri ha registrato un trimestre dicembre-febbraio tra i più radiosi da un ventennio (581 MJ/m2 di radiazione solare globale) pressoché pari merito con il primato dell'inverno 2018-19 (582 MJ/m2). Meno anomala la situazione in Valpadana centro-orientale, dove le nebbie sono state più presenti.
 



Sole splendente, mitezza e assenza totale di neve il 23 gennaio 2022 sulla sommità del Bric Paglie (1890 m, Prealpi tra Ivrea e Biella). Sullo sfondo, inversione termica e foschia densa sulla pianura torinese (f. Alessandro Conta). Nel trimestre dicembre-febbraio sulle Alpi occidentali circa il 60% dei giorni è trascorso con cielo in prevalenza sereno, solo il 10% circa con tempo in prevalenza coperto, e in parte nuvoloso nel restante 30% delle giornate.
 

ECCEZIONALE CONNUBIO DI TEPORI E SICCITA'

Se, prese singolarmente, le anomalie di temperatura e precipitazioni non hanno raggiunto entità da record, è la stata la loro concomitanza a costituire un elemento di eccezionalità a scala secolare sulle regioni alpine e nord-occidentali.

A Torino ancora più caldi di questo furono gli inverni 2006-07 (Tmed 7,0 °C) e 2019-20 (7,4 °C), ma le precipitazioni non scarseggiarono tanto quanto stavolta. Di tutti gli inverni con media oltre 6,0 °C, nessuno fu così secco, e in 220 anni di misure termo-pluviometriche in città solo la stagione 1989-90 mostrò caratteri confrontabili (grafico qui sotto).
 

Situazione analoga, anzi ancora più spiccata, nell'insieme del Piemonte, dove - stando all'analisi regionalizzata dell'Arpa - l'inverno 2021-22 ha nettamente distanziato casi precedenti di stagioni tiepide e secche come quelle del 1988-89, 1989-90 e 2018-19 (grafico qui sotto, fonte ARPA Piemonte).



Benché con anomalie meno marcate rispetto alle Alpi occidentali, anche più a Est, all'osservatorio di Rovereto-San Rocco, l'inverno non era mai stato tanto mite e asciutto insieme, con 5,3 °C di temperatura media e 71,2 mm di pioggia e neve fusa, superando il precedente connubio record tiepido-secco del recente inverno 2019-20 (5,6 °C e 94 mm).
 

SOLO FUGACI COMPARSE DELLA NEVE IN VALPADANA,
E INNEVAMENTO PROSSIMO AI MINIMI STORICI SULLE ALPI

Dalle configurazioni atmosferiche descritte fin qui, deriva che le occasioni di osservare la neve nell'inverno 2021-22 sono state isolate e marginali, soprattutto a bassa quota.

Dopo che importanti nevicate erano avvenute a metà novembre 2021 per lo più sopra i 1800 m (75 cm di neve fresca ai 2850 m del ghiacciaio Ciardoney, Gran Paradiso), l'8 dicembre un sistema perturbato atlantico ha imbiancato parte della Valpadana tra Piemonte, bassa Lombardia ed Emilia, nonché i fondovalle alpini (6 cm a Torino, unico evento della stagione, 5 cm a Parma, 10 cm a Rovereto, 20-30 cm nelle valli torinesi).

Altri modesti episodi a bassa quota si sono verificati il 10 dicembre 2021 tra Alessandria e Piacenza (8 cm al Collegio Alberoni), il 9 gennaio 2022 tra pianura e coste romagnole (circa 5 cm a Rimini) e irregolarmente il 15 febbraio 2022 (1 cm a Novara, 3 a Parma, una decina a Trento).

Invece non si sono mai imbiancate le pianure comprese tra la Lombardia orientale, la bassa pianura emiliana e il Ferrarese, il Veneto e il Friuli (salvo un'effimera imbiancata fino a 1-2 cm nella notte tra il 5 e il 6 gennaio in alcune zone tra la pianura udinese e la costa veneta intorno a Caorle).

Belle nevicate, talora con depositi di 30-40 cm, si sono verificate sulle Alpi orientali e l'Appennino settentrionale al passaggio delle perturbazioni del 5 gennaio e del 14-15 febbraio, in questo secondo caso anche sulle Alpi Liguri e Marittime tra l'entroterra imperiese e le alte valli Tanaro, Vermenagna e Gesso nel Cuneese.

Qualche apporto è arrivato sulle alte valli presso i confini con Savoia, Svizzera e Austria in occasione dei numerosi fronti da Nord-Ovest con foehn a fondovalle, ma per il resto non si è visto praticamente nulla, e in particolare i primi rilievi alle spalle delle pianure tra Torinese, Biellese, Verbano e Varesotto dopo l'evento dell'8 dicembre sono rimasti totalmente a secco.

Soprattutto in queste zone prealpine le temperature elevate e l'insistente soleggiamento instauratisi dopo la metà di dicembre hanno fuso la poca neve caduta il giorno 8, e tra gennaio e febbraio il limite del manto nevoso residuo sui versanti assolati è risalito perfino sopra i 2500 m, situazione molto rara a fine inverno, quando di solito la montagna gode degli accumuli nevosi consolidatisi via via con il progredire della stagione.

Ecco le quantità di neve fresca totalizzate in alcune stazioni da novembre 2021 a febbraio 2022 (ancora suscettibili di eventuali incrementi - si spera - nelle prossime settimane di primavera):

Balme (1450 m, TO): 68 cm (appena il 26% della media 1991-2020)
Oropa (1181 m, BI): 39 cm (32%)
Gressoney-D'Ejola (1850 m, AO): 105 cm (42%)
Campo dei Fiori (1226 m, VA): 43 cm (26%)
Asiago (1000 m, VI): 49 cm (44%)
Arabba (1630 m, BL): 185 cm (70%)
Auronzo di Cadore (850 m, BL): 73 cm (101%)

In molte località di media-bassa montagna delle Alpi dunque è caduto solo
da un quarto a metà della della neve mediamente attesa
.

Eccezioni a questa generale situazione di carenza nevosa si sono verificate in alcune zone delle Alpi e Prealpi orientali (si noti Auronzo, nel Cadore).

Inoltre in alcuni fondovalle ombrosi, soggetti a inversioni termiche e raggiunti più di rado dai tiepidi episodi di foehn, come la Valsugana, la Val Belluna e la Valle del Tagliamento, la neve caduta l'8 dicembre 2021 è rimasta tenacemente al suolo fino a fine gennaio 2022, talora metà febbraio, anche a quote di 300-400 m.




Torino - chiesa di San Bernardino (quartiere San Paolo), 8 dicembre 2021: l'unica nevicata dell'inverno 2021-22, pari a 6 cm (f. Stefano Ferraris).
 



12 dicembre 2021, Montechiaro d'Asti: grazie ad alcuni giorni freddi sulle colline tra Torino e Asti la neve caduta il giorno 8 resiste, ma fonderà in gran parte entro la fine del mese (f. Paolo Valpreda).
 



2 gennaio 2022, Sauze d'Oulx (alta Val Susa): il caldo eccezionale dei giorni intorno a Capodanno termina di fondere la neve caduta tra la terza decade di novembre 2021 e la prima di dicembre, e solo le piste di neve programmata biancheggiano ancora in una montagna altrimenti brulla
(f. Daniele Cat Berro).
 



Stessa situazione il 23 gennaio 2022 nel comprensorio di Bielmonte, nel Biellese e, più lontano a sinistra, in quello del Mottarone presso il Lago Maggiore. Al di là della siccità dell'inverno appena terminato, anche quando la neve cade con più abbondanza le temperature mediamente più elevate ne compromettono la permanenza al suolo, tanto che nell'ultimo mezzo secolo sulle Alpi italiane la stagione innevata si è accorciata in media di un mese sotto i 2000 m di quota, come ha attestato uno studio coordinato da EURAC Research di Bolzano. Questo impone riflessioni sul futuro del turismo alpino legato alla neve: perseverare con massicci investimenti pubblici e privati in un settore sempre più in difficoltà e dagli elevati costi ambientali ed economici per l'acqua e l'energia elettrica necessari alla produzione di neve artificiale? O pianificare una transizione verso un'economia montana più diversificata e resiliente facendo leva su altre peculiarità dei territori che certo non mancano? Consci che in termini economici l'"industria" della neve è difficilmente sostituibile, un dibattito in merito è inevitabile
(f. Daniele Cat Berro).




Mentre gran parte del Nord-Ovest (Liguria e Alpi Marittime a parte) rimaneva ancora a secco, le Alpi orientali e anche il fondovalle della bassa Val d'Adige hanno beneficiato di una copiosa nevicata il 14-15 febbraio 2022. Qui la città di Trento, su cui sono caduti 7-10 cm di neve a seconda delle zone, vista all'alba del giorno 16 dalle alture di Martignano, frazione a quota 400 m che ha invece ricevuto 23 cm. Sullo sfondo, il gruppo della Paganella illuminato dal sole nascente (f. Filippo Orlando).
 

Lo stesso episodio ha deposto 30 cm di neve fresca alla stazione meteorologica Alpi Giulie Meteo-Lab di Sella Nevea, con manto totale al suolo di 90 cm a quota 1124 m. Si tratta di una tra le località abitualmente più nevose d'Italia in questa fascia altitudinale.
 



Rifugio Bassano, presso Cima Grappa (1776 m, Prealpi Vicentine) il 24 febbraio 2022: scarso innevamento nonostante la nevicata avvenuta alcuni giorni prima, il 15. Giornata ventosa, nubi alte, foschia a bassa quota
(f. Milos Lago).
 

A partire dal 20 febbraio 2022 il suolo ha cominciato a scoprirsi intorno all'asta nivometrica dell'osservatorio di Gressoney-D'Ejola (1850 m, Monte Rosa; snowcam consultabile in tempo reale qui), automatizzato e gestito da SMI e Centro Funzionale della Regione Autonoma Valle d'Aosta (dati meteo in tempo reale qui). A fine febbraio - dall'inizio delle osservazioni nel 1927 - era accaduto solo un'altra volta, nel 1949.
 



Anomalie di durata del manto nevoso al suolo nell'inverno 2021-22 sulle Alpi, rispetto alla media del periodo 2001-2021: i pixel rossi indicano la diffusa anomalia negativa (neve presente solo per brevi periodi) specie alle quote medio-basse delle Alpi centro-occidentali. Situazione pressoché normale in quota sulle Alpi interne, che talora hanno beneficiato di nevicate in arrivo da oltralpe con i flussi tra Ovest e Nord, e anche sopra media (durata del manto nevoso più lunga del solito) sulle estreme Alpi orientali (blu).
La stima deriva dall'elaborazione delle osservazioni acquisite dal sensore MODIS a bordo del satellite NASA-Terra, a cura dell'Observatoire Midi- Pyrenées / Alps Snow Monitor.

Andamento giornaliero della frazione di territorio alpino (italiano ed estero) coperto di neve nel bimestre gennaio-febbraio 2022 (linea rossa), confrontato con le evoluzioni dal 2001 in poi (linee grigie).
La superficie innevata a fine febbraio 2022 (poco più del 40% dell'area alpina totale) è la più bassa in un ventennio
(Observatoire Midi- Pyrenées / Alps Snow Monitor).



IMPORTANTE MAGRA DI LAGHI E FIUMI,

E INCENDI BOSCHIVI


Se già di norma l'inverno vede modesti deflussi idrici a causa del minimo annuo di precipitazioni che caratterizza il regime pluviometrico alpino e del gelo e della neve che "fermano" l'acqua in forma solida, il primo bimestre del 2022 ha conosciuto una straordinaria magra di laghi e fiumi al Nord Italia.

ARPA Piemonte segnala che la portata media del Po in febbraio alla stazione di Isola Sant'Antonio, presso l'uscita del fiume dal territorio piemontese, è stata di appena 156 m3/s, minimo per il mese nella serie dal 1996.

Ulteriori dati preoccupanti giungono dall'ultimo aggiornamento (3 marzo 2022) dell'Autorità di Bacino del Po, secondo cui si rilevano anomalie dell'ordine di -40% nelle portate del fiume, di -60% in quelle degli affluenti, e di
-70% nel volume d'acqua attualmente immagazzinato in forma nevosa sulle Alpi italiane
(SWE, Snow Water Equivalent).
Inoltre anche le falde sono in sofferenza, e il ridotto apporto di acqua dolce nel Delta del Po sta favorendo la risalita del cuneo salino e l'intrusione di acque marine salate - dannose per le coltivazioni - nei sistemi irrigui fino a 10-15 km dalle coste adriatiche.

Ancora ARPA Piemonte indica che lo SWE del bacino padano chiuso al Ponte della Becca presso Pavia, dunque comprendente Piemonte, oltregiogo ligure, Val d'Aosta e Canton Ticino, ammonta a poco più di 600 milioni di metri cubi di acqua equivalente, appena un terzo del normale, minimo storico per questo periodo dell'anno nell'ultimo ventennio, e pari a quanto dovrebbe esserci a inizio giugno.

Come spesso accaduto dopo lunghe siccità invernali del passato, la stagione delle piogge primaverili potrà ancora alleviare il secco prima che arrivi l'estate, ma di certo la situazione di partenza è molto critica e difficile da sanare.

La siccità di suoli e sottobosco e il frequente insorgere del foehn ha instaurato le condizioni predisponenti alla propagazione di numerosi incendi forestali soprattutto lungo le zone prealpine tra Piemonte, bassa Val d'Aosta, Canton Ticino e Lombardia. Tra i vari roghi si è distinto quello durato una settimana a inizio febbraio sul Monte Gambarogno, al confine tra Canton Ticino e Varesotto. Significativo, nello stesso periodo, anche l'incendio sul Monte Basso tra Lanzo Torinese e Cafasse (7-9 febbraio).

Se da un lato (ed entro certi limiti) il fuoco fa parte delle normali dinamiche degli ecosistemi forestali, il report “Spreading like Wildfire” diramato a fine febbraio dall'UNEP, il programma ambientale delle Nazioni Unite, sottolinea il ruolo del riscaldamento globale nell'amplificare la frequenza e la gravità degli incendi anche in zone che ne erano quasi esenti come l'Artico, penalizzando lo stoccaggio di carbonio atmosferico (gas serra) negli ecosistemi.



27 febbraio 2022: il Po in magra alla confluenza con il Ticino (in alto da sinistra) in corrispondenza del Ponte della Becca (Pavia), dove si trova una storica stazione idrometrica sul fiume (f. aerea di Antonio Carpenetti).
 



Due inconsuete immagini dell'invaso idroelettrico IREN Energia di Ceresole Reale, a 1579 m in alta Valle Orco (Gran Paradiso), quasi completamente vuoto e soggetto al sollevamento di nubi di polvere dal fondale secco e privo di neve durante le frequenti burrasche di foehn dell'inverno 2021-22.
Il lago, la cui capacità massima è di 32 milioni di metri cubi, aveva già sofferto gli effetti dell'inverno 2020-21, il più magro di nevicate in 60 anni di misure al soprastante Lago Serrù a 2275 m (316 cm totali, metà della media), e durante l'estate 2021, tra le precipitazioni sotto norma e lo scarso contributo di fusione della risorsa nivale in quota, il suo livello era rimasto straordinariamente basso. Il rinnovarsi della siccità da dicembre 2021 in poi ha ulteriormente peggiorato la situazione, che va ben oltre l'ordinaria situazione di magra che di solito si osserva d'inverno quando ai prelievi per la produzione idroelettrica a valle (centrale di Rosone) si somma lo scarso afflusso idrico da monte per effetto di neve e gelo. Situazioni del 1° febbraio 2022 in alto (f. Federica Moretti) e del 21 febbraio qui sopra
(f. Pierluigi Cullino).
 



Sequenza di immagini dell'incendio divampato nel pomeriggio del 23 febbraio 2022 nei boschi a prevalenza di pino silvestre sul fianco sinistro della Riserva Naturale dell'Orrido di Chianocco, bassa Val Susa. L'intervento di un elicottero, di due canadair e dei volontari a terra ha permesso di estinguere le fiamme entro il mattino successivo (f. Daniele Cat Berro).


PIU' FREDDO A INIZIO MARZO,  MA LA SICCITA' PROSEGUE

Curiosamente, l'inizio di marzo 2022 ha portato un po' dell'inverno che era mancato in precedenza, con l'afflusso a più riprese di venti freddi nord-orientali (bora e tramontana).
Alcune località hanno rilevato le temperature più basse di questo periodo invernale (ma ormai a primavera meteorologica iniziata), come a Pontremoli-Verdeno (Massa-Carrara), con la minima di -5,3 °C di mercoledì 2, che peraltro rappresenta il valore più basso in marzo del periodo successivo al 2005 in questa stazione.

Tra il 26 febbraio e il 1° marzo copiose nevicate hanno imbiancato l'Appennino fino a quote di collina, dalla Romagna al Gargano e all'Irpinia (anche 30-50 cm intorno ai 1000 m), mentre al Nord la situazione della siccità non è cambiata, e non cambierà significativamente fintantoché non arriverà una situazione di sbarramento di venti umidi da Sud, che per ora non pare all'orizzonte.


ALTRE RISORSE SULL'INVERNO 2021-22

Liguria: secondo ARPAL, stagione complessivamente secca e tiepida, ma con anomalie di precipitazioni meno marcate sul Levante (tabelle anomalie).

Svizzera: approfondimento di MeteoSvizzera sull'inverno più mite e secco insieme dal 1864 sul versante sudalpino.

Francia: articolo e bilanci di MétéoFrance sull'inverno, complessivamente mite e anche molto secco nel Sud-Est.


GRAZIE A...

... tutti i soggetti ed enti che hanno condiviso dati, fotografie e informazioni con la nostra redazione, in particolare i soci e corrispondenti SMI Alessio Bozzo e Filippo Orlando (osservatorio di Rovereto), Gianni Castagneri (osservatorio di Balme), Renato R. Colucci (Società Meteorologica Alpino-Adriatica e CNR-ISP), Paolo Fantini (osservatorio di Parma), Luca Lombroso (Osservatorio Geofisico di Modena), Marco Pifferetti, Maurizio Ratti (osservatorio di Pontremoli), Davide Rosa, Paolo Valisa (osservatori di Varese e Campo dei Fiori, Centro Geofisico Prealpino), Mauro Valt (tecnico neve e valanghe AINEVA e ARPA Veneto).

 

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