DOVE MI TROVO:  Nimbus Web » Attualità » Sesto Rapporto IPCC, la mitigazione


SESTO RAPPORTO IPCC SULLA MITIGAZIONE
DEI CAMBIAMENTI CLIMATICI

5 aprile 2022
SMI/Redazione Nimbus

 

Dopo i primi due volumi dedicati rispettivamente alle conoscenze scientifiche di base (Working Group - WGI) e agli impatti, vulnerabilità e all'adattamento alla parte di cambiamenti climatici ormai inevitabili (WGII), lunedì 4 marzo 2022 l'IPCC (Intergovenrmental Panel on Climate Change) ha diramato il terzo volume del sesto rapporto di valutazione sui cambiamenti climatici (AR6, Sixth Assessment Report), ovvero quello realizzato dal WGIII e dedicato alle azioni di mitigazione, sempre più urgenti per scongiurare gli effetti peggiori della crisi climatica già in atto.


 

Senza immediate e profonde riduzioni  
delle emissioni serra in tutti i settori,
limitare il riscaldamento globale a 1,5 °C  
è fuori portata.

IPCC / SAR - WGIII,

4 marzo 2022  

 

Ricordiamo che l'IPCC è un autorevole gruppo internazionale di esperti del clima istituito nel 1988 dall'Organizzazione Meteorologica Mondiale (WMO) e dal Programma ambientale delle Nazioni Unite (UNEP) per valutare la letteratura scientifica internazionale sui cambiamenti climatici e proporre periodici rapporti di valutazione utili a guidare i decisori politici, l'economia e la società nel compiere le migliori scelte per attenuare e affrontare una delle più grandi sfide per il futuro dell'umanità.

Di seguito vi proponiamo, senza pretesa di completezza, una contestualizzazione di alcuni tra i principali risultati e messaggi del rapporto.
 

GRANDE RITARDO NELLA DECARBONIZZAZIONE,
QUESTO DECENNIO SARA' CRUCIALE

Siamo in grave ritardo nella lotta ai cambiamenti climatici, nel decennio 2010-2019 le emissioni serra hanno raggiunto i livelli più elevati di sempre, fino alle 59 Gt di CO2 equivalente nel 2019 (valore nuovamente raggiunto e fin superato nel 2021, dopo il temporaneo calo per i lockdown Covid, secondo l'International Energy Agency).

Serve agire adesso con convinzione e rapidità per cogliere ancora la sfuggente possibilità di mantenere il riscaldamento globale sotto i 2 °C e possibilmente entro 1,5 °C come auspicato dall'Accordo di Parigi.

Tecnicamente è ancora possibile e non mancano alcuni segnali incoraggianti, tra cui la riduzione delle emissioni consolidata da almeno un decennio in molti Paesi tra cui l'Italia (-23% tra il 1990 e il 2019, fonte ISPRA), il rallentamento nel tasso di crescita delle emissioni (da +2,1% all'anno nel 2000-2009 al +1,2% nel 2010-2019), il netto calo dei costi e la crescente diffusione degli impianti a fonti rinnovabili (vedi il grafico più in basso), ma occorre fare molto di più, e il decennio in cui viviamo sarà cruciale per un'azione climatica che sia ancora efficace.

 

Questi grafici tratti dal Summary for Policymakers del rapporto mostrano gli andamenti delle emissioni globali dal 1990 al 2019, ripartite per gruppi di gas serra. Due terzi del contributo climalterante sono attribuibili al CO2 (biossido di carbonio) da fonti fossili e industria (fonte IPCC, 2022).
 

Nel periodo 2000-2020 i costi delle fonti rinnovabili per unità di energia  prodotta (installazione e manutenzione degli impianti incluse) sono rapidamente diminuiti fino a divenire del tutto concorrenziali rispetto a quelli dei combustibili fossili (banda grigia orizzontale nei grafici in alto: tra circa 55 e 148 dollari USA al megawattora nel 2020, considerando gas e carbone, peraltro in netto rincaro con l'attuale guerra Russia-Ucraina). Lo stesso vale per le batterie per veicoli elettrici. Parallelamente, l'impiego di tali nuove tecnologie è molto aumentato (grafici a linea gialla in basso), e anche se ad oggi coprono ancora una parte minore del mercato energetico, le potenzialità di sviluppo futuro sono elevate (fonte IPCC, 2022).
 

Secondo il rapporto, per essere compatibili con gli scenari di contenimento del riscaldamento a 1,5 °C o 2 °C, le emissioni globali complessive (di biossido di carbonio, metano e altri gas climalteranti) dovranno raggiungere il picco entro il 2025 e poi diminuire rispettivamente del 43% o del 27% rispetto al 2019 già entro il 2030, in vista del raggiungimento della neutralità delle emissioni negli Anni Cinquanta o Settanta di questo secolo (bilanciamento tra emissioni residue e loro assorbimento da "pozzi" naturali come foreste e suoli, o tramite opportune tecnologie di rimozione dei gas serra dall'aria).

Strada facendo, l'aumento termico globale rispetto all'era preindustriale potrà temporaneamente superare tali soglie, in maniera più o meno considerevole a seconda della rapidità ed efficacia delle azioni intraprese, per poi stabilizzarsi a decarbonizzazione avvenuta nei decenni finali XXI secolo.
 

SOBRIETA', EFFICIENZA ENERGETICA, FONTI RINNOVABILI
E ASSORBIMENTO DI CARBONIO DA SUOLI E FORESTE: ABBIAMO CIò CHE SERVE PER AGIRE SUBITO

Dalle indicazioni contenute nell'insieme del report, la neutralità climatica si potrà ottenere tramite azioni che possiamo riassumere e concentrare in tre strade principali e parallele:

1) riduzione della domanda di energia, grazie ad adeguamenti sociali e comportamentali (sobrietà nei consumi, telelavoro, economia circolare di filiera corta) e migliori standard tecnologici per l'efficienza energetica negli edifici, nei trasporti e nell'industria;

2) massiccia elettrificazione degli usi di energia in tutti i settori, purché si poggi su un mix energetico a stragrande prevalenza di fonti rinnovabili (fotovoltaico, eolico, idroelettrico, biomasse; idrogeno come accumulo e vettore di elettricità rinnovabile).
L'impiego residuo di fonti fossili potrà essere associato a tecnologie di cattura del carbonio emesso (CCS = Carbon Capture and Storage), con costi tuttavia elevati.
Il report include tra le strategie di mitigazione, seppure con modeste potenzialità di decarbonizzazione al 2030, anche il nucleare, considerata come una consolidata fonte low-carbon [tecnologia sulla quale, al di là degli aspetti climatici, noi esprimiamo tuttavia delle riserve in ragione di questioni ancora critiche come la gestione delle scorie radioattive, almeno per quanto riguarda gli attuali reattori a fissione].

3) protezione, gestione e potenziamento dei pozzi naturali di carbonio, ovvero suoli, foreste e zone umide (nature-based solutions), fondamentali per assorbire la parte residua di gas climalteranti che inevitabilmente ancora emetteremo.
La riduzione della deforestazione (così come, in generale, delle emissioni della filiera agroalimentare) passa anche attraverso una dieta meno carnivora (meno richiesta di nuove superfici da destinare ad allevamento e coltivazioni per mangimi) e la lotta agli sprechi alimentari.
Interessante anche l'edilizia sostenibile con impiego durevole di legname che ha stoccato carbonio atmosferico, in sostituzione di acciaio e cemento (la cui produzione è molto energivora).

Le opportunità di assorbimento naturale o cattura artificiale del carbonio atmosferico in eccesso non devono comunque rappresentare un alibi per continuare su un percorso business-as-usual a elevate emissioni-serra: si tratta di opzioni che possono aiutare a raggiungere l'obiettivo di decarbonizzazione solo se accoppiate a una drastica riduzione dell'impiego di combustibili fossili.


Elenco delle opzioni di mitigazione, loro contributo entro il 2030 in termini di emissioni evitate, e relativi costi (dollari per tonnellata di CO2 equivalente evitata). Proprio la stima dei costi associati a ogni categoria di soluzioni è una novità di questo report.
Le prospettive più efficaci (colonne orizzontali più lunghe) e al tempo stesso poco costose (colore giallo) o perfino in guadagno (azzurro) sono rappresentate dal solare e dall'eolico, seguite dallo stop alla deforestazione e - con investimenti necessari però crescenti (arancio-rosso) - dal ripristino e gestione di suoli ed ecosistemi (forestali ma anche agrari) in grado di assorbire carbonio atmosferico, dall'efficienza energetica negli edifici, e dall'adozione di combustibili a bassa intensità di carbonio nell'industria. Si noti come al nucleare, spesso chiamato in causa come soluzione salvifica da implementare contro il riscaldamento globale, il report - che si basa sull'analisi imparziale della bibliografia disponibile - assegna un potenziale contributo di decarbonizzazione dell'ordine di sole 0,5 Gt di CO2 equivalente all'anno entro il 2030, pari a meno dell'1% delle attuali emissioni globali, e peraltro con costi rapidamente crescenti (rosso) all'aumentare delle emissioni evitate
(fonte IPCC, 2022).



UNO SFORZO EPOCALE MA INDISPENSABILE
E CONVENIENTE A OGNI LIVELLO:
AMBIENTALE, ECONOMICO, SANITARIO, SOCIALE

Tutto ciò comporta un colossale ma irrinunciabile sforzo collettivo e individuale, dal mondo della ricerca a quello della politica che deve recepire le indicazioni della scienza e pianificare la rapida transizione energetica ed ecologica e sostenere cittadini e imprese in un percorso virtuoso che tenga conto anche della giustizia sociale e dell'equità, soprattutto nei Paesi emergenti in cui la sfida è intanto un accesso sostenibile a livelli accettabili di benessere e disponibilità energetica.

A nostro avviso, i singoli cittadini devono a loro volta sentirsi motivati e coinvolti attivamente in questo processo epocale, che oggi purtroppo non ci pare ancora interiorizzato nella sua urgenza e desiderato. Così come sono cruciali politiche coordinate a grande scala per evitare che la transizione sia caotica e inefficace, fondamentali sono pure i
cambiamenti di stili di vita e comportamentali degli individui.

Le conoscenze e gran parte delle tecnologie sono già oggi a disposizione, e si tratta di eseguire un massiccio spostamento degli investimenti finanziari dal settore fossile a quello delle fonti energetiche a basse emissioni (tra cui i biocombustibili che paiono promettenti per i trasporti aerei e navali), peraltro economicamente sempre più competitive.

I risvolti positivi della decarbonizzazione si distribuirebbero non solo sul clima, ma anche sulla qualità di aria, acqua e suoli, dunque sulla salute delle persone e degli ecosistemi, e sulla resilienza individuale e sociale di fronte all'esaurimento delle risorse fossili che peraltro - a differenza di una generazione energetica rinnovabile e diffusa - comportano attriti geopolitici e conflitti internazionali, come l'attualità di queste settimane insegna.

L'applicazione delle azioni di mitigazione comporta anche nuove opportunità economiche: se la trasformazione potrà inevitabilmente indurre la perdita di posti di lavoro in alcuni settori, d'altra parte l'enormità della sfida che abbiamo davanti comporterà crescenti e inedite possibilità di lavoro e sviluppo a vari livelli: ricerca scientifica e tecnologica, innovazione, educazione, pianificazione e gestione territoriale e urbana, produzione energetica, edilizia...

Il fotovoltaico offre grandi potenzialità di espansione e di contributo capillare alla decarbonizzazione, con costi decrescenti e concorrenziali e interessanti opportunità di risparmio e resilienza/autonomia energetica di famiglie e imprese, a maggior ragione in questi tempi di caro-bollette e crescente instabilità geopolitica. Il vantaggio diviene ancor più evidente se l'impianto viene accoppiato a un sistema di accumulo a batterie
e/o all'adozione di un'auto elettrica (foto SMI).
 


RISORSE ON LINE SUL RAPPORTO IPCC

Segnaliamo qui i link per scaricare:

- il report originale e il suo riassunto per i decisori politici (in inglese),

- il comunicato stampa IPCC,

- il comunicato stampa dell'Organizzazione Meteorologica Mondiale;

- i materiali del report in italiano e il video della presentazione italiana a cura dell'IPCC Focal Point Italia e del CMCC.

- un articolo/commento sul blog scientifico Climalteranti.

Scarica inoltre i consigli di SMI - Nimbus sulle azioni di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici sulle Alpi (clicca sull'immagine per ingrandirla).

 



Torna indietro

Guida al   sito    |    Contattaci    |    Segnala il sito    |   Credits    |   Copyrights