Una sequenza di nubifragi alluvionali ha funestato diverse regioni del
Centro-Nord Italia tra la prima e la seconda decade di ottobre 2014,
in un contesto di correnti caldo-umide sud-occidentali, mentre il Sud
è rimasto al sereno con temperature pienamente estive, fino a
35-36 °C in Sicilia.
Dapprima, tra il 7 e il 10 ottobre, è stato duramente colpito il
Genovesato, poi lunedì 13 l'Alessandrino e il Parmense, martedì 14 la
Maremma e la notte seguente Trieste e il Carso.
Effetti dell'alluvione del 10.10.2014 nella zona di Corso Torino a
Genova (f. Il
Secolo XIX).
9-10 ottobre 2014: alluvione a Genova
I gravi eventi alluvionali culminati tra il 9 e il 10 ottobre 2014 a
Genova e nell'entroterra appenninico sono stati causati da picchi di
precipitazioni intensissimi e localizzati, con massimi rilevati a
Geirato (collina genovese) pari a 135 mm in un'ora la sera di giovedì
9 e totale di 754 mm in 5 giorni tra martedì 7 e sabato 11.
Si è trattato di un evento alluvionale nel complesso paragonabile a
quelli che nel recente passato hanno interessato la città di Genova (4
ottobre 2010 sul Ponente,
4 novembre 2011 in centro), con ripetuti
temporali “rigeneranti” stazionari per più ore sulla città e
sull’entroterra appenninico, ma con una dinamica meteorologica in
parte differente che ne ha probabilmente causato la minor predicibilità.
In una prima fase le piogge abbondantissime sono state circoscritte
alla città di Genova (in particolare ai quartieri di centro-levante,
con l’eccezione del nubifragio della notte tra il 10 e l’11 ottobre,
più esteso anche al ponente cittadino), nonché alle zone appenniniche
retrostanti, in assenza pressoché totale di precipitazioni sul resto
della Liguria salvo temporanei spostamenti delle strutture
temporalesche verso il Tigullio, ma con minore intensità.
Tra il 7 e l'11 ottobre, mentre il pluviometro di Genova-Albaro ha
raccolto 453 mm, Savona – 40 km a Ovest - non ha visto cadere una
goccia d'acqua!
Sono eloquenti le immagini satellitari che, nonostante l'assenza di
passaggi frontali, mostrano per più giorni la persistenza delle celle
temporalesche, organizzate in strutture “a V”, che - formatesi sul
Golfo Ligure a Sud-Ovest di Genova - si spostavano verso la città e
l’entroterra sospinte dai venti di Libeccio in quota.
Immagine satellitare nel canale infrarosso (Meteosat 10, fonte
Eumetsat), h 21 UTC (h 23 italiane) del 09.10.2014: in un'Italia quasi
completamente al sereno, in assenza di perturbazioni, spicca l'unica
intensa cella temporalesca che staziona su Genova e dintorni, dove
iniziano a straripare
il Bisagno e il Fereggiano.
Immagine radar composita
ARPA Piemonte -
ARPA Liguria, h 20:30 UTC (h
22:30 italiane) del 09.10.2014: intensi nuclei temporaleschi (colore
arancio = oltre 70 mm/h) in
continua risalita dal Golfo Ligure si abbattono sui quartieri del Medio-Levante genovese e della Val Bisagno, determinando l'esondazione
del fiume.
A livello sinottico l’evento alluvionale si è sviluppato in una
situazione di blocco tra le circolazioni depressionarie sull’Atlantico
(depressione “Katrin”) e un potente anticiclone esteso tra il
Mediterraneo orientale e l’Europa dell’est. Tra le due figure bariche
si è così instaurato un flusso di correnti di Libeccio in quota e di
Scirocco nei bassi strati.
Sulla Pianura Padana una debole
ventilazione da est portava la formazione di strati compatti di nubi
basse a ridosso delle Alpi occidentali e l’aria più fresca traboccava
verso il Golfo Ligure attraverso il passo del Turchino con venti di
Tramontana e di Grecale. Il Genovesato è venuto così a trovarsi per più
giorni proprio nella zona di convergenza tra i venti di Scirocco e
quelli di Tramontana, convergenza che ha favorito il continuo formarsi
di celle temporalesche sul mare al largo della città.
Queste venivano
alimentate e sostenute non solo dall’apporto di aria molto mite e
umida per la presenza dello Scirocco nei bassi strati (negli stessi
giorni in Corsica si sono registrate punte vicino a 35°C), per il
contributo del mare ancora caldo e per l’effetto orografico di
sbarramento dell’Appennino, ma anche dal wind-shear con la rotazione
dei venti in senso orario da Scirocco a Libeccio passando dal livello
del mare agli strati superiori, un meccanismo che porta lo sviluppo di
moti ascensionali alla scala locale.
Questi fattori, inalterati per
almeno 3-4 giorni, dal 7 al 10 ottobre, hanno favorito l’incredibile e
continua formazione di celle temporalesche stazionarie e rigenerantisi
sul Golfo Ligure, pur in assenza di passaggi frontali e soprattutto
del getto in quota (*) che invece sovente caratterizza
la nascita e la persistenza di temporali rigeneranti, con un
meccanismo dinamico a scala più ampia, presente nelle alluvioni degli
ultimi anni, che può essere più facilmente individuato dai meteorologi
e dai modelli di previsione.
(*) Sul lato polare dell’uscita di un getto (in inglese jet–streak,
zona di massima velocità dei venti all’interno di una corrente a
getto, con punte anche superiori ai 300 km/h) si forma una divergenza
delle masse d’aria in quota e una corrispondente convergenza nei bassi
strati con un sensibile calo della pressione al suolo. Questa
configurazione, presente per esempio negli eventi alluvionali del 2010
e del 2011, favorisce lo sviluppo di correnti ascensionali
contribuendo così all’alimentazione e alla stazionarietà delle celle
temporalesche.
Situazione al suolo alle ore 00 UTC del 9 ottobre 2014. I fronti
atlantici collegati a una vasta circolazione depressionaria - 983 hPa
- sulle Isole Britanniche (ellisse blu) scorrono sull’Europa nord-occidentale,
mentre un potente anticiclone centrato sulla Russia – 1035 hPa
(ellisse rossa) - si
protende fin sul Mediterraneo orientale. Tra le due figure bariche sul
Tirreno si instaura un flusso di Scirocco nei bassi strati (freccia
arancione), che converge con correnti di tramontana in discesa dalla
Valpadana verso la riviera ligure attraverso il Passo del Turchino
(frecce gialle, venti da Sud-Est deviati dall'orografia della regione
padana-alpina). Tale convergenza ha favorito il mantenimento dei
temporali rigenerantisi sul mare di fronte alla città di Genova.
Sul
versante nord-alpino i venti meridionali originano invece condizioni di föhn
con temperature massime fino a 25-27 °C nei fondovalle di Austria e Svizzera
(Fonte:
MetOffice).
Altezza di geopotenziale e temperatura al livello isobarico di 500 hPa
prevista dal modello MetOffice – Euro4 per le ore 12 del 9 ottobre 2014.
In quota l’asse dell’anticiclone si estende dalla Tunisia verso i Balcani, mentre sul
Nord Atlantico si riconosce la circolazione depressionaria con aria più fresca. Tra le due figure bariche si
instaura un flusso di correnti di Libeccio in quota
(Scirocco al suolo).
La convergenza per più giorni sulla zona di Genova dei venti di
Scirocco (in risalita dal Tirreno) e di Tramontana/Grecale (dalla
Valpadana verso il Ponente Ligure attraverso il Passo del Turchino) ha
favorito lo sviluppo e il mantenimento delle celle temporalesche.
La carta mostra la previsione dei venti a 10 m alle ore 12 UTC del 9
ottobre 2014
del
modello LAM Moloch sviluppato dal CNR-ISAC di Bologna.
La cumulata delle precipitazioni previste dal modello ad area limitata
MetOffice -
Euro4 tra le 12 UTC dell'8 ottobre 2014 e le 12 UTC del 10 ottobre
2014 evidenziava piogge molto abbondanti tra Genova e il Levante
Ligure, con picchi di 300-400 mm in 48 ore a est della città di
Genova.
Precipitazioni orarie e cumulate a Genova-Geirato il 9-10 ottobre
2014, durante la fase più intensa dell'evento pluviometrico. Spiccano
i 135 mm/ora caduti la sera di giovedì 9, all'origine della piena
impulsiva di Bisagno e Fereggiano. In poco più di 30 ore si
totalizzano 570 mm di pioggia
(Fonte: ARPA Liguria).
Precipitazioni giornaliere misurate dal 7 all'11 ottobre 2014 a
Genova-Albaro (Università degli Studi – DICCA) e a Genova-Geirato (ARPA Liguria), con totali in 5 giorni rispettivamente di 453 e 754
mm. Spiccano gli esorbitanti apporti del giorno 9, prossimi a 400 mm
in 24 ore nell'immediato entroterra genovese, responsabili delle gravi
alluvioni nel capoluogo.
Gli effetti: dopo 3 anni, nuovi disastri del Bisagno e del
Fereggiano
A Genova i primi allagamenti si sono verificati già martedì 7 ottobre
(quando ad Albaro sono caduti 86 mm di pioggia), ma i dissesti sono
culminati tra il pomeriggio-sera di giovedì 9 e le prime ore di
venerdì 10 con le disastrose esondazioni prima del Rio Carpi a Montoggio (territorio ligure d'oltregiogo, nell'alto bacino del Fiume
Scrivia) e poi di Bisagno e Fereggiano a Genova, dove si è avuta
una
vittima.
Gli effetti e le zone più colpite sono stati simili
all'episodio del
4 novembre 2011.
I torrenti non hanno potuto smaltire
l'enorme deflusso d'acqua attraverso gli alvei ristretti
dall'edificazione degli ultimi decenni e le tombature sotto la città,
di sezione insufficiente, e le esondazioni hanno pertanto devastato
abitazioni ed esercizi commerciali su vaste zone dei quartieri del Medio-Levante, specialmente in bassa Val Bisagno.
Nuovi nubifragi, con le medesime caratteristiche, tra la sera di
venerdì 10 e il mattino di sabato 11 ottobre hanno colpito alcuni
chilometri più a Ovest, tra il Ponente cittadino e le Val Polcevera,
rovesciando 97 mm in un'ora a Pegli e 240 in 6 ore alle Capanne di
Marcarolo, presso il Turchino: nuovi straripamenti, evacuazioni e
viabilità sconvolta nell'interno, ma effetti nel complesso meno
disastrosi rispetto agli eventi della notte precedente.
Negli stessi giorni, gravi alluvioni colpivano anche il
Sud della Francia a causa di un evento di "pluies
cévenoles" con dinamiche simili a quelle genovesi.
Perché un'altra alluvione a Genova?
Tralasciando le polemiche sulla prevedibilità o meno dell'evento, il
cui rischio era stato tuttavia riportato dai previsori dalla Società
Meteorologica Italiana a margine del bollettino per Piemonte e Valle
d'Aosta di mercoledì 8 ottobre (**), ecco alcune considerazioni sul
perché della ricorrenza delle alluvioni genovesi.
1) Genova è probabilmente la città mediterranea più esposta a
violenti nubifragi (intensità spesso superiori a 100 mm/ora), a causa -
semplificando - della sua posizione sotto un arco di montagne subito a
ridosso del mare, frequentemente soggette a intensi flussi caldo-umidi
meridionali, sbarrati dai rilievi (con conseguente esaltazione delle
precipitazioni).
2) In questi casi enormi quantità d'acqua vengono convogliate in
brevissimo tempo dai versanti verso una fascia costiera su cui si
concentrano 600.000 abitanti, diffusamente cementificata, con i
torrenti appenninici costretti oggi a scorrere in alvei ben più
stretti rispetto alle loro dimensioni originarie naturalmente
plasmate per lo smaltimento delle piene.
3) La "tombinatura" dei corsi d'acqua sotto l'area urbana avviene
attraverso sezioni evidentemente insufficienti, come si può notare
drammaticamente una volta ogni qualche anno durante gli episodi
pluviometrici più intensi, tipici dei mesi tra settembre e novembre.
Un insieme di fattori di origine naturale e antropica che rende dunque
la città ligure estremamente vulnerabile nei confronti dei ricorrenti
nubifragi autunnali.
(**) Ecco il testo dell'avviso emesso dalla Società Meteorologica
Italiana a margine del bollettino per
Piemonte e Valle d'Aosta mercoledì 8 ottobre 2014:
"Sulla
Liguria di Levante tra Genovesato e Spezzino e in particolare tra
Genova e Sestri Levante/Levanto si avranno per diversi giorni e a
ondate rovesci e temporali di notevole intensità, con apporti di
pioggia copiosa, anche superiori ai 200 mm in 48 ore. La persistenza
di questa situazione, che pur con alcune pause potrebbe prolungarsi
fino a domenica-lunedì, determina un elevato rischio di allagamenti,
dissesti e situazioni alluvionali."
Montoggio (alta Valle Scrivia, Genova) invasa dalle acque esondate dal
Rio Carpi.
Nella vicina località di Torriglia si sono misurati 662 mm
di pioggia in 5 giorni, tra il 7 e l'11 ottobre (f.
La Repubblica –
Genova).
13 ottobre 2014: i diluvi si spingono sul versante padano
Dopo una pausa nelle precipitazioni di circa 24 ore, dalla sera di
domenica 12 ottobre 2014 il cedimento del blocco di alta pressione a est e
il conseguente ingresso di un sistema frontale di origine atlantica
portava un peggioramento più esteso su tutto il Nord-Ovest italiano.
Inizialmente, al mattino del giorno 13, i temporali risparmiavano la
costa ligure, sviluppandosi invece nell’entroterra del Ponente
genovese (tra Cogoleto e Arenzano) ed estendendosi poi verso nord-est,
al di là del crinale appenninico, in una stretta fascia tra le alte
valli Orba e Scrivia, fino al Tortonese. Anche in questo caso i
nubifragi localizzati e persistenti hanno portato piogge eccezionali
su porzioni di territorio relativamente limitate.
I pluviometri delle reti
ARPA Piemonte e
ARPA Liguria hanno raccolto
le seguenti quantità, pari talora a quasi metà della media annua in
mezza giornata, come nel caso di Gavi (Alessandria):
Rossiglione: 95 mm in 1 h, 213 in 6 h, 248 in 12 h
Bosio - Bric Castellaro: 102 mm in 1 h, 243 in 6 h, 329 in 12 h
Gavi (AL): 119 mm in 1 h, 380 in 6 h, 418 in 12 h
Lago Lavagnina: 123 mm in 1 h, 291 in 6 h, 353 in 12 h
Una grande piena si è sviluppata lungo i corsi dell'Orba, del Bormida
e del Grue, con gravi alluvionamenti dal Novese al Tortonese.
Analisi di ARPA Piemonte sugli eventi del 9-13 ottobre 2014.
13.10.2014: inondazione di Viguzzolo, presso
Tortona (Alessandria)
per lo straripamento del T. Grue (f. Vigili del Fuoco).
Livello del Fiume Scrivia a Guazzora (AL) dal 10 al 14 ottobre 2014:
si notano 3 impulsi di piena tra loro confrontabili, successivi alle
ondate di nubifragi rigeneranti avvenuti sul crinale appenninico tra
Genovesato e Alessandrino
(fonte: ARPA Piemonte).
Nel pomeriggio nuovi temporali si attivavano stavolta anche lungo la
costa ligure, interessando poi il Levante e l’Appennino fin sull'alto
versante emiliano, in Val di Parma e Val di Taro. È qui che ha preso
origine, a seguito di piogge fino a 200 mm in 6 h, l'eccezionale piena
dei fiumi Parma e Baganza, e soprattutto quest'ultimo è straripato
inondando parte della città di Parma come mai era accaduto da decenni,
con altezze d'acqua e fango fino a 2-3 m e danni preliminarmente
stimati in oltre 100 milioni di euro. Grave inondazione di campagne,
strade e attività commerciali anche in provincia, viabilità sconvolta
in Appennino, frane, strade interrotte e ponti crollati.
Parma, 14 ottobre 2014: il giorno dopo
l'esondazione del Baganza, che ha alluvionato alcuni quartieri con
battenti d'acqua di oltre 2 m, mettendo in galleggiamento le
automobili
(f. N. Dall'Olio).
Crollo della SP 116 per Bosco di Corniglio ad opera del T. Parma (f.
E. Monica).
Da segnalare, sempre lunedì 13
ottobre, un tornado con tetti scoperchiati e distruzione di edifici a
Ostiglia (Mantova), grandinate sul Garda veronese, e temporali con
violente raffiche e alberi sradicati nel Padovano.
14 ottobre: cessa la pioggia al Nord, ma esondazioni e vittime in
Maremma
Mentre al Nord Italia le precipitazioni finalmente cessavano, martedì
14 ottobre intensi fenomeni convettivi si sono spostati al confine tra
bassa Toscana e Lazio, in Maremma, zona già duramente colpita
dall'alluvione del 12 novembre 2012.
La rete del Servizio Idrografico Regionale ha rilevato una massima
quantità di 143 mm a Sorano, caduti in gran parte in 4 ore, con
straripamento dei fiumi Elsa e Albegna, e due vittime in un'auto
travolta dall'esondazione del Fosso Sgrilla tra Albinia e Manciano.
Notte tra il 14 e il 15 ottobre: nubifragio eccezionale a Trieste
Nella notte tra martedì 14 e mercoledì 15 ottobre è toccato infine a
Trieste e al Carso subire un
furioso temporale che ha insistito per
circa 3 ore, alimentato da un vigoroso flusso sud-occidentale in quota
(venti a 100 km/h a 3000 m). In questo lasso di tempo alla sede CNR-ISMAR (Campo Marzio) sono caduti 109 mm d'acqua, scroscio che è
risultato secondo per intensità solo ai 123 mm del 28 settembre 1926.
Inondazione di strade, abitazioni e negozi, una donna uccisa dal
crollo di un terrapieno a Muggia, 10 cm di grandine a Basovizza,
numerosi fulmini.
Il successivo spostamento della zona a maggiore convergenza verso
l'Istria ha evitato danni ancora peggiori (informazioni
CNR-ISMAR e
Unione
Meteorologica Friuli-Venezia Giulia).
Caldo anomalo, non solo al Sud Italia
La persistenza di correnti meridionali, cui si è aggiunto, tra il 18 e
il 19 ottobre, il rafforzamento di un promontorio anticiclonico
nord-africano in quota (mentre al suolo i massimi barici erano
collocati sull'Europa orientale) ha mantenuto temperature molto
elevate per la stagione.
Nella settimana dal 12 al 18 ottobre, anomalie termiche medie di 3-5
°C si sono rilevate in tutta Italia, con eccessi fino a 9-10 °C sulle
temperature giornaliere al Nord, nonostante foschie e strati nuvolosi
bassi.
Anomalie termiche del periodo 12-18 ottobre 2014
in Europa: evidenti gli eccessi di caldo su gran parte del continente,
eccetto Scandinavia e Russia settentrionale. Scarti dalla media di 3-5
°C in Italia e fino a circa 6 °C sui Balcani (fonte:
Weatherbell).
Ecco alcune tra le temperature massime giornaliere più sorprendenti di
questo periodo:
9 ottobre 2014: 35.7 °C a Palmas Arborea (Oristano), 36.3 a Ottana
(Nuoro)
11 ottobre 2014: 28 °C ad Ancona e 29 Forlì (föhn
appenninico), 32 a Decimomannu (Cagliari)
14 ottobre 2014: 35.1 °C a Palermo, 35.8 a Paternò (Catania), 36.3 a
Misilimeri (Palermo)
15 ottobre 2014: 30 °C a Napoli, 33 a Lamezia Terme, 35 a Patti
(Messina)
16 ottobre 2014: 31.9 °C a Enna, 32.9 a Lentini (Siracusa)
17 ottobre 2014: 28 °C a Forlì, 30 a Pescara, 32.7 a Dorgali (Nuoro),
35.1 a Siracusa
18 ottobre 2014: 25.8 °C a Torino-Consolata, 27 a Fiumicino e Termoli, 32 a Decimomannu
Molto miti anche le notti, in Valpadana con il contributo dei cieli
spesso nuvolosi che hanno limitato il raffreddamento della superficie
terrestre dopo il tramonto (domenica 19, Tmin 17.0 °C a Torino-Via
della Consolata, 8 °C sopra media e primato dal 1753 per la seconda
metà di ottobre).
In alta quota, al di sopra di foschie e strati di inversione termica,
la situazione era pienamente estiva. Sulle Alpi tra sabato 18 e
domenica 19 ottobre l'isoterma 0 °C è balzata a ben 4500 m, come poche
volte era accaduto la scorsa estate!
*******************
Relativamente
all'alluvione di Genova riceviamo e pubblichiamo queste riflessioni
inviate in redazione da Roberto Pedemonte, socio SMI del gruppo
locale genovese impegnato nella preparazione del volume "Il clima di
Genova", la cui pubblicazione è in programma prossimamente nell'ambito
della collana editoriale SMS "Memorie dell'atmosfera".
Cari Amici,
non mi sento di
scrivere di quest’ultimo evento alluvionale di Genova in termini
numerici, matematici, probabilistici. Desidero focalizzare un aspetto
della società che si sta facendo sempre più aggressivo, populista,
superficiale. L’atteggiamento delle persone che detengono il potere
(primo, secondo, terzo o quarto che sia) e che raffigura in maniera
emblematica il paese dove vivo e che mi rappresenta sempre di meno.
È naturale che
chi si occupa di meteorologia e climatologia abbia bisogno di dati, ma
vedete, in questo momento si potrebbe benissimo, rispetto agli
analoghi episodi del passato più recente, variare veramente di poco
l’ubicazione e il valore dei picchi di intensità di precipitazione,
fare un “copia e incolla” dei dati pluviometrici e di quelli
idrometrici, cambiare il nome delle stazioni di riferimento e tutto
ciò non si discosterebbe molto dalla realtà di oggi.
L’aspetto
scientifico nella meteorologia è primario, ne sono ovviamente
consapevole e condivido al centesimo questa prospettiva, tuttavia mi
sento di tralasciare, in questo momento, tale punto di vista, per fare
alcune considerazioni.
Non nascondo una
profonda delusione e amarezza, non solo ovviamente per i fatti
dolorosi accaduti, ma per come la situazione è stata affrontata dai
mass media (locali, nazionali, cartacei, digitali, televisivi,
radiofonici, satellitari, ecc.) e data in pasto alla gente. Quello che
emergerà dagli accertamenti e dalle indagini promosse chiarirà,
probabilmente, le varie fasi dell’evento e le risposte che, chi aveva
competenza, ha prodotto. Ma di questo se ne parlerà, forse anche
troppo, con i tempi tecnici italici.
Nella notte tra il 9 e il 10 ottobre 2014
l'esondazione del Bisagno invade la zona
della stazione Brignole a Genova (f. Balostro,
Il Secolo XIX).
Ad appena poche
ore dall’evento, già si cerca il capro espiatorio: la colpa deve
essere di qualcuno! Giornali, trasmissioni televisive locali e
nazionali, a parte le evidenti inadempienze politiche, non hanno
dubbi: negligenza e imperizia sono dei meteorologi e della protezione
civile.
Sentenziano: “Chi
non ha previsto che l’intensità della pioggia avrebbe potuto assumere
livelli eccezionali?”
Additano: “Chi
avrebbe dovuto emanare il comunicato opportuno?” (era attivo il
livello di Avviso, inferiore ai livelli 1 e 2 di Allerta)
Accusano: “A cosa
serve l’ARPAL?” Il centro giornalmente fornisce informazioni
meteorologiche, elabora previsioni del tempo e, quando è il caso,
fornisce supporto previsionale e gestionale nell’ambito di rischi
meteo idrologici al Settore Protezione Civile della Regione, quest’ultimo
settore competente per l’emanazione di Stati di Allerta su tutto il
territorio regionale.
Bollano: “La
Protezione Civile del Comune dov’era?” Il Comune di Genova, dal canto
suo, dopo la tragica esperienza del 2011, che contempla principalmente
risvolti di carattere politico-amministrativo che nulla hanno a che
vedere con l’evento atmosferico, si è dotato ex-novo di una struttura
di Protezione Civile, in via di completamento, che delinea precise e
coordinate procedure standardizzate in caso di emanazione di Allerta
nivologici e meteo idrologici, stato quest’ultimo, vi è da precisare,
che non sussisteva ufficialmente.
Naturalmente chi
predica è al sicuro, non ha alcun compito istituzionale per prendere
decisioni che coinvolgono la popolazione intera.
C’è qualche
motivo per esasperare la già alta e sicuramente condivisibile rabbia
della gente colpita dal disastro? Difficilmente ho visto un
accanimento così agguerrito. Si tratta di eventi futuri che sono
soggetti a previsione e, come tale, non è certezza, non è verità
assoluta.
È facile additare
l’anello debole del sistema che è quello degli specialisti, non certo
avvezzi a difendere le proprie azioni (come invece sono capaci i
politici o gli impresari), che spesso cadono sotto le domande dei
cronisti. Li conosco personalmente questi onesti professionisti e so
che lavorano tutti i giorni seriamente e con professionalità. Le
accuse si riversano senza tregua. Vengono sopraffatti gli aspetti
scientifici dai parolai che non sanno che il tempo di corrivazione di
un bacino idrografico come quello del Bisagno o, ancor peggio, del
Fereggiano (suo affluente), si misura in minuti, che parlano di
modelli e forse pensano a quelli di Versace, che pronunciano “bomba
d’acqua” come se fosse qualcosa di nuovo, ignorando che i nubifragi
esistevano ben prima della loro nascita. La verità è che bisogna dare
in pasto ai lettori il “mostro”. Subito.
Vogliamo
responsabilità? Andiamo pure a cercarle ma, oramai, qualsiasi termine
è prescritto, purtroppo.
Al mattino del 10 ottobre 2014, effetti
dell'alluvione notturna presso
la stazione Brignole a Genova (f. Fornetti,
Il Secolo XIX).
La
cementificazione di interi versanti collinari dopo l’ultima guerra
mondiale, voluta perché si pensava che Genova, con la grande
immigrazione dal sud e dalle regioni limitrofe, dovesse superare il
milione di abitanti, ha ristretto gli alvei naturali, e sono
centinaia, in tombinature progettate evidentemente sottomisura. Chi ha
permesso la realizzazione di quelle opere senza gli opportuni calcoli
idraulici? Si elencano in TV gli eventi passati e si comincia dal
1948. E le alluvioni nei tempi più antichi? Non ve ne sono state,
forse? Ecco alcuni anni riportati dai cronisti, quelli veri, in cui si
verificarono eventi eccezionali che sconquassarono la città: 1278
(centro storico), 1407 (grande diluvio con abbattimento di parte delle
mura), 1408 (grande diluvio), 1414, 1747 (armata austriaca spazzata
dalla piena del Polcevera), 1765 (due mesi continui di piogge con
culmine in agosto), 1822 (pioggia straordinaria con abbattimento di
due ponti), e più recentemente 1934, 1937, 1953 e l’elenco non è certo
completo. Naturalmente, i maggiori danni in antico, si “limitavano”,
oltre che ai pochi ponti, a prati e orti.
Oggi i politici
invocano che i soldi già disponibili per la messa in sicurezza dei
corsi d’acqua, almeno in parte, non sono stati spesi perché le varie
imprese in lizza per aggiudicarsi gli appalti hanno fatto “ricorsi al
TAR Liguria”, “contro ricorsi al TAR Lazio” (il Lazio??), “contro
contro ricorsi al Consiglio di Stato” e via di questo passo. E tutto
rimane a un punto fermo. È questo un paese civilizzato? Se le cose
stanno così, e stanno così, io non voglio farne parte.
Mi viene da
pensare che se Andrea Doria (tra l’altro l’attuale sindaco, forse il
meno colpevole fra i numerosi politici che si sono avvicendati, è un
suo discendente) vedesse come evidenti ingerenze storiche e
geopolitiche e colonizzazioni hanno ridotto la sua città (e di questo
consegno la colpa ai genovesi) alla mercé di uno stato ormai alla
deriva in tutti i suoi aspetti, si rivolterebbe nella tomba. Forse non
avrebbe pietà per i responsabili veri o, forse, ritornerebbe nella
tomba, giudicando il malato in fase terminale e inguaribile. Cosa,
quest’ultima, che condividerei.
“Sudore, fatica,
lacrime e sangue!”. Queste parole aveva pronunciato, tra le altre,
Winston Churchill nel famoso discorso alla Camera dei Comuni nel 1940.
Ecco, solo con questi propositi si potrebbe dare una sterzata
all’andamento dello stato di fatto del paese. Mi spiace, però,
constatare l’assoluta impossibilità di questa svolta. La tempra delle
persone che hanno seguito quel motto in tempi di guerra non è la
stessa, naturalmente, che pervade il popolo italiano, per il quale non
esiste il bene comune ma solo l’interesse personale o di parte, fatte
alcune eccezioni. Ma queste, solitarie, non bastano.
È mancata da
parte degli esperti, è evidente, una valutazione più precisa degli
eventi che da qui a qualche ora sarebbero accaduti (non era, comunque,
previsto il sole). Giusto. Ma dico io, l’acqua, forse, non sarebbe
uscita dalle sponde se fosse stata proclamata la situazione di Allerta
invece che di Avviso? Centinaia di attività non sarebbero state
allagate comunque? Non avrebbe, il destino, reclamato vite umane? Non
avrei certezza di questo. Una cosa, però, è certa. Migliaia di
ragazzi, genovesi e non, sarebbero comunque stati nelle strade,
sporchi di fango, ad aiutare, senza nulla chiedere in cambio, coloro
che vivevano una tragedia per la seconda volta in pochi mesi. Un
lumicino di speranza, assopita purtroppo appena volgo lo sguardo da
un’altra parte.
Roberto Pedemonte
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su clima e
ghiacciai
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