Dopo la
prima ondata di freddo e neve del 6-12 gennaio 2017, e un breve
intervallo più tiepido dovuto al libeccio il giorno 13 (Tmax 14 °C ad
Alghero; diffusi episodi di pioggia congelante al suolo sulla pianura
lombarda ed emiliana), una seconda irruzione fredda da Nord-Est si
è verificata il 15-19 gennaio, ed è stata caratterizzata da:
- violente raffiche di bora su Trieste e di tramontana in Liguria:
- prolungato e intenso sbarramento orografico sul versante adriatico
degli Appennini, con prevalenza di piogge lungo le coste, e neve
molto abbondante da quote collinari soprattutto tra Marche e Abruzzo
(fino a 1,5 - 2 m di neve fresca). Nel pomeriggio del 18 gennaio
una valanga, forse favorita da una serie di terremoti, ha
travolto l'Hotel Rigopiano (1200 m, Gran Sasso), gremito di turisti.
- copiose nevicate anche negli
entroterra della Sardegna centro-settentrionale (apporti prossimi
al metro a quota 1000 m).
Il Corpo Nazionale
Soccorso Alpino e Speleologico e l'Esercito in azione all'Hotel
Rigopiano (Farindola, Gran Sasso) travolto dalla
valanga del 18 gennaio 2017.
Nel pomeriggio del 23 gennaio il bilancio provvisorio è di 7 vittime e
22 dispersi
(f. CNSAS).
Pretoro (600 m,
Chieti), la popolazione libera le strade dallo strato di circa 120 cm
di neve fresca caduta tra il 15 e il 19 gennaio 2017 (f. Mariangela
Marcantonio).
Tempesta di bora su Trieste: raffiche a 148 km/h
L'area di Trieste è stata spazzata da una
tempesta di bora di insolita intensità e durata: l'anemometro
del molo Bandiera (rete
OSMER) ha rilevato raffiche superiori a 120 km/h per quattro
giorni consecutivi, dal 16 al 19 gennaio 2017, con una punta di 148
km/h alle ore 21 del 17, appena inferiore a quelle rilevate
durante le storiche burrasche del 10 marzo 2010 (152 km/h) e del 5
febbraio 2015 (156 km/h).
Diffusi i danni in città, tra tetti lesionati, alberi abbattuti su
vetture, una gru pericolante... circa
200 feriti e due vittime.
Il Golfo di Trieste in burrasca sotto la bora a
oltre 140 km/h. Sullo sfondo l'area industriale di Monfalcone e le
Alpi Giulie finalmente innevate dai circa 40 cm di neve caduti con il
fronte nord-atlantico del 13 gennaio 2017, che al Nord-Est ha
interrotto una siccità perdurante da 47 giorni, dal 28 novembre 2016
(17.01.2017, f. Nicola Tomasi).
Sull'Abruzzo un "nevone"
confrontabile con quello del 2012 sulle Marche; valanga mortale sul
Gran Sasso
Un intenso episodio di sbarramento dei
venti freddi da Nord-Est, caricatisi di umidità sopra le acque
adriatiche, ha determinato precipitazioni abbondanti concentrate tra
il 16 e il 19 gennaio 2017 tra Marche e Abruzzo, ma in parte anche più
a Nord, sulla Romagna, e più a Sud, su Molise e Puglia.
Le temperature, più elevate rispetto
all'episodio dell'Epifania che aveva portato la neve fin sulle coste
siciliane (isoterme di circa -5 °C alla superficie isobarica di 850
hPa, attorno a 1500 m, sulle regioni del medio Adriatico), hanno
permesso nevicate fin quasi sul mare solo inizialmente (16 gennaio)
tra Marche e Abruzzo.
Ma sulla fascia collinare e montana la
nevicata è stata imponente, con quantità di neve fresca cadute in
3-4 giorni prossime al metro già a quote di 400-500 m, e vicine a 2 m
sopra i 1000 m, dai Sibillini al Gran Sasso.
L'osservatorio meteorologico
"Serpieri" di
Urbino ha rilevato 96 cm di neve fresca totale in 3
giorni, e un massimo spessore nevoso al suolo di 66 cm (inferiore alla
somma delle nevicate giornaliere a causa dell'assestamento del manto),
valori ragguardevoli tuttavia non eccezionali.
L'episodio è stato certamente più
inconsueto nelle zone maggiormente colpite tra le Marche meridionali e
l'Abruzzo, ma purtroppo non sono disponibili al momento altre
rilevazioni ufficiali che permettano di dare una precisa connotazione
statistica all'evento, lavoro peraltro complicato in Italia dalla
mancanza di una rete unificata di stazioni meteorologiche, e dalla
scarsità di banche di dati nivometrici storici lungo l'Appennino.
Al mattino di sabato 21 gennaio, a evento
concluso, il
servizio Meteomont segnalava spessori nevosi totali al suolo di
170 cm nei dintorni di Bolognola (1186 m, versante marchigiano dei
Monti Sibillini) e di 150 cm sulle alture di Ascoli Piceno (a
quota 600 m), e altezze di neve prossime a 200 cm erano stimabili
anche alle falde del Gran Sasso, dalle immagini scattate nei dintorni
dell'Hotel Rigopiano (1200 m, Farindola, Pescara) travolto
dalla
valanga mortale del 18 gennaio. Ma non è dunque possibile
eseguire confronti efficaci con il passato sulle stesse zone.
Altre immagini dei
soccorsi all'Hotel Rigopiano (f.
Vigili del Fuoco
e CNSAS).
Si spala la neve
spessa un paio di metri sui tetti di Valle Castellana - loc. Mattere,
nel Teramano (18.01.2017, fonte:
Rete
Meteo Amatori).
Ovindoli (1380 m,
L'Aquila) il 18.01.2017 (f. Franco D'Elia).
Interessato dalle
nevicate, seppure più marginalmente, anche l'Appennino romagnolo: qui
circa 20 cm di manto a Pennabili, a 630 m in Valmarecchia, nel
Riminese (f.
Valmarecchia Turismo).
Sulla rete si sono moltiplicate
segnalazioni inaffidabili di spessori nevosi esorbitanti, anche
tre o quattro metri, riconducibili però quasi sempre alle “dune” di
neve accumulata dal vento, e non rilevati secondo gli standard
internazionali in corrispondenza di aste nivometriche graduate e
installate in posizioni opportune, né troppo vicino a edifici, né
troppo esposte al vento, e seguite con continuità per decenni.
Le montagne adriatiche non sono nuove
a eventi invernali di questo genere: spesso si ricorda
l'eccezionale caduta di 340 cm di neve in un giorno nel dicembre 1961
a Roccacaramanico (Majella), forse uno tra i massimi mondiali,
ancorché non ufficiale, ma citato all'epoca anche da Edmondo Bernacca.
Questa nevicata è sicuramente tra le più
rilevanti degli ultimi anni quanto a intensità, estensione e
persistenza in Italia centrale, tuttavia paragonabile a quelle che
nel
febbraio 2012 scaricarono oltre due metri di neve in una dozzina
di giorni un po' più a Nord, tra San Marino e Urbino.
Nel caso di quest'anno, però, la neve più umida e pesante alle quote
collinari deve aver contribuito maggiormente a diffusi e duraturi
black-out elettrici.
Se a questo già difficile quadro
meteorologico si aggiunge la precaria condizione delle popolazioni
terremotate, e le nuove scosse che probabilmente hanno contribuito a
innescare la valanga sul Gran Sasso... allora la situazione si fa più
unica che rara, e proibitiva per chi si occupa dei soccorsi e della
gestione di un territorio montuoso complesso e impervio.
Il 16-17 gennaio nevicate di insolita
abbondanza hanno coperto anche i rilievi interni della Sardegna
centro-settentrionale sopra i 200 m circa (spruzzata di 1-2 cm pure a
Sassari), con depositi dell'ordine di un metro attorno a 1000 m di
quota (es. Fonni, Barbagia di Ollolai).
Pastore e gregge in
difficoltà nella tormenta di neve a Desulo,
a circa 900 m nel Nuorese (fonte:
Rete
Meteo Amatori).
La situazione a Fonni,
a 1000 m nel Nuorese (f. Andrea Marongiu).
La situazione a Fonni,
a 1000 m nel Nuorese (f. Andrea Marongiu).
Fiumi in piena verso le coste
abruzzesi
Nonostante negli entroterra abbiano
prevalso le precipitazioni nevose, l'abbondanza degli apporti piovosi
sulle pianure costiere (totale di 290 mm tra il 15 e il 18 gennaio
a Pescara, rete
Meteonetwork) e in parte la fusione della neve sulle prime colline
verso la fine dell'evento sono state sufficienti a determinare un'importante
piena dei corsi d'acqua, in particolare del F. Pescara, che
localmente è straripato.
Prime due decadi di gennaio 2017:
3-6 °C sotto media al Centro-Sud Italia
Il periodo freddo è durato circa due
settimane, dal 6 al 19 gennaio, in seguito le correnti nord-orientali
prevalenti sono state sostituite da un flusso più mite da Sud-Est.
L'anomalia termica ha riguardato gran parte d'Europa con l'eccezione
delle isole britanniche e della Scandinavia, ma è stata di entità
inconsueta solo tra i Balcani e il Centro-Sud Italia, dove si sono
registrati scarti termici dalla norma per lo più tra -3 °C e -6 °C
nelle prime due decadi di gennaio, e prossimi a -7 °C al confine
tra Serbia, Bosnia e Montenegro.
Quanto a durata, estensione e intensità,
si può preliminarmente affermare che l'ondata di gelo del gennaio 2017
in Europa sud-orientale sia stata confrontabile con quella che nel
febbraio 2012 ha colpito con dinamiche simili i territori posti
alcune centinaia di chilometri più a Nord, coinvolgendo allora più
direttamente l'Italia settentrionale.
Carta delle
anomalie termiche 1-20 gennaio 2017 in Europa: le due irruzioni fredde
da Nord-Est del 6-12 e 15-19 gennaio hanno determinato deviazioni
termiche fino a 3-6 °C sotto la norma al Centro-Sud Italia, e
localmente fino a
-7 °C nei Balcani (Fonte:
Weatherbell).
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