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FINE FEBBRAIO-INIZIO MARZO 2018:
GELO INTENSO E TARDIVO,
NEVE A ROMA, NAPOLI E BARI


SMI/Redazione Nimbus - 2 marzo 2018
 


Ampiamente annunciata con almeno una settimana di anticipo, una notevole irruzione d'aria gelida dalla Russia si è verificata in Europa centrale e in Italia tra domenica 25 e mercoledì 28 febbraio 2018.

Benché di breve durata (3-4 giorni nella fase più intensa), l'evento è risultato decisamente anomalo in relazione al periodo di fine inverno, mostrando molte analogie con gli episodi avvenuti a inizio marzo 1971 e a fine febbraio-inizio marzo 2005, e talora superandoli localmente per intensità del freddo.

Si segnalano alcuni elementi fortemente inconsueti, come le imbiancate di neve sulla Riviera di Ponente, a Roma, Napoli, Olbia e Bari, le temperature minime del 27-28 febbraio, talora le più basse in assoluto da 20-30 anni sopra i 1500 m sulle Alpi (circa -25 °C a 2500 m), e le gelide massime del 1° marzo in Valpadana.



Piazza San Pietro al mattino di lunedì 26 febbraio 2018, dopo la nevicata notturna che ha depositato sulla capitale spessori di manto variabili tra una spruzzata e 15 cm. A Roma non nevicava dal febbraio 2012, e un evento con accumulo al suolo
in una data così tardiva non si vedeva dal 6 marzo 1971
(fonte: webcam Città del Vaticano).
 

Dopo che già tra il 21 e il 24 febbraio la bora aveva soffiato con violenza (vedi paragrafo più avanti), l’ingresso della massa d’aria molto fredda è avvenuta attraverso il Carso tra notte e mattino di domenica 25 febbraio 2018, propagandosi poi gradualmente a tutto il Nord Italia durante la giornata insieme a venti tesi e a cadute irregolari di neve in pianura soprattutto tra Emilia e Piemonte (3 cm a Torino sotto un rovescio nel tardo pomeriggio), ma qualche fiocco è apparso anche a Genova.

Nei 3 giorni successivi, fino a mercoledì 28 febbraio 2018, la situazione sinottica è rimasta sostanzialmente invariata, con scorrimento di aria gelida da Est tra il potente anticiclone al suolo "Hartmut" centrato sulla Lapponia (massimi fino a 1054 hPa il 27 febbraio) e una blanda depressione collocata tra il Sud Italia e i Balcani.

Oltre all'Europa centrale, l'aria fredda ha coinvolto con maggiore intensità le regioni settentrionali italiane, con isoterme a 850 hPa (intorno a 1300 m) di circa -12 °C in Piemonte e -15 °C all'estremo Nord-Est, e in maniera decrescente il resto del Paese, anche se con effetti ancora vistosi fino a Sardegna, Campania e Puglia. Solo la Sicilia - pur soggetta a temperature 2-3 °C sotto media - è rimasta pressoché risparmiata dall'ondata di freddo.

Come spesso accade in queste circostanze, i nuclei perturbati hanno generato precipitazioni soprattutto tra Emilia-Romagna e Centro-Sud, nevose anche sul mare fino all'altezza di Olbia, Napoli e Bari, mentre le Alpi settentrionali interne sono rimaste pressoché all'asciutto.


Analisi di isobare e fronti al suolo alle h 00 UTC del 27 febbraio 2018: sul bordo meridionale del vasto e potente anticiclone "Hartmut" è in corso un flusso di aria fredda da Est a Ovest tra i più intensi degli ultimi anni
(fonte: Istituto di Meteorologia dell'Università di Berlino).


Carta di previsione delle temperature alla superficie isobarica di 950 hPa (circa 500 m di quota) sull'Italia, emessa il 26 febbraio 2018 alle h 00, per le h 06 dello stesso giorno (a sole 6 ore di scadenza, si tratta praticamente di una carta di analisi). In viola le zone già raggiunte dall'aria più fredda (isoterme -5 °C e inferiori), fino alla latitudine della Toscana meridionale e delle Marche. Ma le condizioni sono già favorevoli alla caduta di neve anche su Roma, con valori tra -1 e -2 °C a quote di circa 500 m, cui si aggiunge l'ulteriore raffreddamento al suolo dovuto alle precipitazioni (modello Euro4, MetOffice).  
 

Freddo anomalo e tardivo,
talora eccezionale per fine inverno
 

1) Temperature giornaliere

L'avvezione fredda ha toccato l'apice martedì 27 febbraio alle quote di montagna
, mentre sulle pianure e nei fondovalle le temperature più basse si sono registrate generalmente all'alba di mercoledì 28.

Tuttavia, quanto meno al Nord Italia, non si è osservata la formazione di un evidente strato di inversione termica al suolo, a differenza di quanto solitamente avviene, probabilmente anche a causa della parziale nuvolosità notturna e dell'assenza di un esteso manto nevoso (che invece caratterizzò l'episodio gelido del febbraio 2012).
Dunque in generale, con l'eccezione delle depressioni innevate (in località come Asiago, o Pavullo, nel Modenese), le temperature minime sono state via via meno fredde procedendo dall'alta montagna alle pianure (fatto che a prima vista può sembrare ovvio, ma d'inverno con le tipiche inversioni termiche non è così).

Molte stazioni sopra i 1500-2000 m sulle Alpi hanno registrato le temperature minime più basse per qualunque mese dell'anno degli ultimi tre decenni, sotto media di 8-12 °C (superando anche i casi del febbraio 1991, dicembre 1996, marzo 2005 e febbraio 2012), o comunque del periodo successivo al gran freddo del gennaio 1987; a bassa quota i record assoluti sono invece rimasti imbattuti, ma qualche località (Ferrara, Pontremoli) ha rilevato nuovi primati termici per la fine di febbraio.

Ecco alcuni valori tra i più significativi:
-36,6 °C
sul Monte Bianco (Colle Major, 4750 m);
-36,0 °C alla Capanna R. Margherita (Monte Rosa, 4554 m), nel febbraio 1929 si misurarono però -41 °C;
-29,9 °C alla Marmolada-Punta Rocca (Dolomiti, 3250 m);
-29,7 °C a Formazza-Pian dei Camosci (Ossola, 2453 m), minimo assoluto nella serie ARPA Piemonte dal 1988;
-28,8 °C al Plateau Rosa (Cervinia, 3488 m), ma record assoluto di -34,6 °C il 6 marzo 1971;
-25,8 °C al Rifugio Gastaldi (Valli di Lanzo, 2659 m), minimo assoluto nella serie ARPA Piemonte dal 1988;
-25,2 °C al valico di Fusine (prov. Udine, 850 m);
-21,7 °C a Sestriere (Val Susa, 2020 m), minimo assoluto nella serie ARPA Piemonte dal 1996;
-21,1 °C a Pavullo sul Frignano (Appennino Modenese, 695 m);
-20,4 °C ad Asiago (Prealpi venete, 1010 m), dove però si scese a -22,8 °C il 20 dicembre 2009;
-16,8 °C a Bardonecchia (Val Susa, 1353 m), confrontabili con i -16,0 °C del 2 marzo 2005 (record assoluto di -19,8 °C il 26 gennaio 2005, nella serie dal 1991);
-11,5 °C
a Fossano (pianura cuneese, 403 m);
-10,3 °C
a Buonconvento (prov. Siena, 188 m);
-9,6 °C a Pontremoli (prov. MS, 251 m), nuovo primato per la terza decade di febbraio dal 1929;
-9,2 °C a Ferrara-San Luca (10 m), valore che, nella serie dal 1951, non si era mai rilevato più tardi del 17 febbraio (-10,0 °C nel 1956);
-6,2 °C a Roma-Ciampino (129 m), ma il 2 marzo 1963 si toccarono i -6,5 °C;
-1,1 °C a Brindisi (15 m), ma l'11 marzo 1956 si toccarono i -4,2 °C;
-0,1 °C a Sanremo.

Il dato di -39,7 °C registrato lunedì 26 febbraio 2018 alla Dolina Campoluzzo (Prealpi Vicentine, 1768 m), più volte citato dai mezzi di informazione, pur affidabile, non è da considerarsi geograficamente rappresentativo, in quanto rilevato in condizioni molto particolari e localizzate, al fondo di una depressione carsica che può sperimentare valori di tale ordine di grandezza anche in situazioni atmosferiche invernali più ordinarie a scala regionale e continentale. Infatti già il 15 febbraio 2018 si toccarono i -39,9 °C!

Balme (1450 m, Valli di Lanzo - Torino), atmosfera nordica il 26 febbraio 2018, dopo i 53 cm di neve fresca dei 4 giorni precedenti (manto totale al suolo: 87 cm) e con una Tmin di -12,8 °C. Il mattino seguente si scenderà ulteriormente a -18,9 °C (f. Gianni Castagneri).
 

Depositi di neve e galaverna formatisi sugli alberi alle pendici della Punta Sourela (1777 m, Valli di Lanzo, Torino), ripresi al ritorno di schiarite con temperature attorno a -15 °C il 27.02.2018 (f. Fulvio Adoglio).


2) Temperature medie su più giorni

Considerando le medie termiche calcolate su periodi di 3 giorni consecutivi tra il 26 e il 28 febbraio 2018, viene confermata la forte anomalia, soprattutto in rapporto al periodo di fine inverno. Alcuni esempi:

Torino-centro: Tmed -2,5 °C, valore 9 °C sotto media; un freddo raro per questo periodo dell'anno e paragonabile - nell'ultimo secolo - solo ai casi del 5-7 marzo 1971 (Tmed -2,2 °C) e del 28 febbraio-2 marzo 2005 (Tmed -1,9 °C).

Ferrara-San Luca: Tmed -3,4 °C, mai così freddo nella terza decade di febbraio nella serie dal 1951, ma anomalia paragonabile al caso un po' più tardivo del 1971 (Tmed -1,9 °C tra 5 e 7 marzo).

Decisamente straordinaria la situazione a Roma-Ciampino: Tmed -1,2 °C, nella serie dal 1951 fece così freddo su un periodo di 3 giorni solo (in più occasioni) nel gennaio 1985 (Tmed -4,1 °C il 10-12 gennaio), e il 12-14 gennaio 1968, dunque ben di rado, e mai tardivamente come stavolta.

Al contrario, situazione quasi ordinaria a Santa Maria di Leuca: Tmed 4,6 °C, più mite rispetto ad altri episodi freddi anche più tardivi, primo fra tutti quello del marzo 1987 (Tmed 1,0 °C il 6-8 marzo).

Considerando le temperature medie di tutte le possibili sequenze di 3 giorni consecutivi nella serie di Roma-Ciampino (inizio nel 1951), si evince come il freddo del periodo 26-28 febbraio 2018 (Tmed -1,2 °C) sia secondo solo a una serie di sequenze del rigido gennaio 1985 (in particolare 10-12 gennaio, Tmed -4,1 °C) e a un altro episodio del 12-14 gennaio 1968 (Tmed -2,1 °C).
E non aveva mai fatto tanto freddo così tardivamente.



Presso l'Alpe Devero (1634 m, Ossola) il 26 febbraio 2018: al mattino seguente
la temperatura minima scenderà a ben -26,2 °C, confrontabile per anomalia con i
-25,0 °C del 6 marzo 1971, episodio di alcuni giorni più tardivo. Il primato assoluto di -27,6 °C del 5 febbraio 2012 è rimasto invece imbattuto
(f. Andrea Tamburini).


Inconsuete nevicate a Roma, Napoli, Bari,
poi anche in Riviera dei Fiori

Mentre sulle pianure del Nord Italia la neve a fine febbraio e inizio marzo non è di per sé così inconsueta, più anomala è invece lungo la riviera ligure di Ponente e nelle grandi città del Centro-Sud.

Una nevicata ha interessato Roma tra notte e mattino di lunedì 26 febbraio 2018, con quantità di 7-8 cm nei dintorni del Collegio Romano: il centro della capitale non si imbiancava dall'11 febbraio 2012, ma per trovare un episodio altrettanto tardivo con deposito al suolo occorre risalire al 7 marzo 1971. La neve ha causato gravi disagi soprattutto nei trasporti ferroviari, ma nel complesso ha mostrato conseguenze meno critiche rispetto a quelle del febbraio 2012.

Il giorno seguente, martedì 27 febbraio, è stata Napoli a imbiancarsi sotto circa 5 cm di manto, evento che sulla costa ha ricorrenza media di 5-10 anni, ma che - come a Roma - risulta più raro a fine inverno come ora: anche in questo caso l'episodio di confronto, fin più tardivo, è quello di inizio marzo 1971.
Imbiancate anche l'isola di Procida e le coste della Gallura intorno a Olbia, in Sardegna.

Nelle stesse ore una spruzzata di pochi centimetri copriva pure le spiagge intorno a Bari, ma particolarmente colpite apparivano le coste del Gargano con circa 20 cm di manto in riva al mare a Vieste, situazione decisamente inconsueta. Nell'interno del promontorio, accumuli prossimi al metro, come a Vico del Gargano, ad appena 450 m.

Nella tarda sera di mercoledì 28 febbraio, al sopraggiungere di una perturbazione dal Mediterraneo occidentale, un'effimera nevicata ha velato il suolo a Sanremo e dintorni (negli ultimi 3 decenni si ricordano gli episodi, più abbondanti anche se non così tardivi, del 13 gennaio 1985 e dell'11 febbraio 2010), mentre giovedì 1° marzo hanno assai stupito la lunga tenuta dello strato d'aria fredda e i 10 cm caduti alla Spezia in situazione di "addolcimento" da Sud-Ovest, quantità che sulla città del Levante si vede a fatica perfino nel corso di irruzioni fredde dalla Valle del Rodano (es. 9 cm il 18-19 dicembre 2009, 7 cm il 31 gennaio 2012).

E, sempre il 1° marzo, spruzzate di neve (generalmente inferiori a 3-5 cm) hanno imbiancato anche città come Genova, Pisa e Firenze.


26 febbraio 2018, Roma - Castel Sant'Angelo nelle fasi finali della nevicata
(f. Filippo Thiery).

26 febbraio 2018, Roma - Via della Navicella (f. Luigi Iafrate).

I nuclei di precipitazione nevosa attesi sulle pianure interne del Lazio, Roma inclusa, nella carta di previsione emessa il 26 febbraio 2018 alle h 00 UTC, per l'intervallo h 03-06 UTC dello stesso giorno (modello Euro4 - MetOffice).

Napoli - Piazza del Plebiscito, 27 febbraio 2018 (f. Adnkronos).

Vieste (Foggia), 27 febbraio 2018 (tratta da pagina Facebook
 Meteonetwork - Puglia).

Rimini, 27 febbraio 2018
(tratta da pagina Facebook Associazione Emilia Romagna Meteo).


Al mattino del 27 febbraio 2018 ampi rasserenamenti avanzano da Nord lungo la penisola, e alle h 9.45 UTC dal satellite NASA-Terra (sensore MODIS, canale visibile) è ben visibile la copertura di neve estesa dalla pianura dell'Emilia Romagna alle regioni centrali, fino a Roma (asterisco rosso) e Napoli (asterisco verde).
 


Prolungata tempesta di bora a Trieste

A Trieste la bora ha soffiato con grande impeto superando i 100 km/h in 6 giorni consecutivi, dal 21 (prima dell'arrivo del gelo più intenso) al 26 febbraio 2018. Nelle ore centrali del 25 e del 26 febbraio il termometro segnava -1 °C, con mare agitato dalle raffiche a 130 km/h e spruzzi d'acqua marina che congelavano sui moli.
Tuttavia nel gennaio-febbraio 2012 la bora soffiò con velocità prossime o superiori a 100 km/h per ben 15 giorni consecutivi, e il ghiacciamento dei moli perdurò per circa una settimana.

26 febbraio 2018, Trieste: la bora a 130 km/h solleva spruzzi d'acqua di mare che congelano sul Molo Audace (f. Nicola Tomasi Muttar).
 

1° marzo 2018: addolcimento atlantico, ma neve e temperature diurne eccezionalmente basse al Nord Italia, poi gelicidio

Fin dalla sera di mercoledì 28 febbraio 2018, e ancor più nel corso di giovedì 1° marzo, le correnti gelide continentali sono state rapidamente sostituite da un flusso occidentale di aria nettamente più temperata e umida.

Tuttavia, mentre sul medio-basso versante tirrenico, in Sardegna e al Sud l'aumento termico è stato brusco, tanto che il 1° marzo sotto lo scirocco si sono registrate temperature massime di 15,0 °C a Roma-Ciampino (21 °C in più rispetto a 36 ore prima!), e ben 21,8 °C a Decimomannu (Cagliari) e 24,1 °C a Palermo-Punta Raisi, al Nord Italia - soprattutto nel catino padano, al riparo dell'Appennino rispetto al flusso da SW - le temperature sono rimaste ampiamente sotto 0 °C lungo tutta la colonna atmosferica, condizioni perfette per un'estesa nevicata da "addolcimento".

Il radiosondaggio di Milano-Linate alle h 12 UTC del 1° marzo 2018 mostrava, in pieno giorno, valori di -1,3 °C al suolo (quota 103 m), -10,7 °C a 850 hPa (1388 m), in risalita a -6,3 °C a 700 hPa (2884 m), dove giungeva il flusso più "mite" da Sud.

Il profilo termico ottenuto dal radiosondaggio di Milano-Linate segnala, alle h 12 UTC del 1° marzo, un'inversione termica con temperature in aumento tra 2000 e 2800 m per l'afflusso di aria marittima più temperata, tuttavia le temperature restano ampiamente negative lungo tutta la colonna atmosferica, fatto che garantisce la caduta di neve farinosa fino al suolo, fatto non comune a inizio marzo (fonte: Università del Wyoming).

Come già detto nel paragrafo precedente, tra notte e mattino del primo giorno della primavera meteorologica la neve è dunque caduta praticamente su tutte le coste liguri (una spruzzata nel Centro-Ponente, ma fino a 10 cm alla Spezia), e su litorali e pianure della Toscana centro-settentrionale, a Pisa e Firenze (2-3 cm).

La Spezia, 1° marzo 2018 (f. Andrea Corigliano).

L'osservatorio di Pontremoli, in Lunigiana, ha ricevuto 10 cm di neve sotto forma di tormenta con temperature tra -2 °C e -4 °C.

Ma un'estesa e più duratura nevicata ha interessato gran parte della pianura padano-veneta, da Torino, a Milano, a Bologna e a Venezia, con accumuli al suolo insoliti per il 1° marzo, sebbene non straordinari (al più una decina di centimetri), che hanno ricordato la situazione, molto simile, del 3 marzo 2005. Più eccezionali però le condizioni termiche, dato che la neve, farinosa, è caduta con temperature massime che non sono salite sopra -2,0 °C a Ferrara e -1,8 °C a Bologna, valori circa 12-15 °C sotto le medie e assai raramente osservate in questo periodo dell'anno (ad esempio, a Ferrara, situazione confrontabile, nella serie dal 1951, solo con l'eccezionale Tmax di
-1,2 °C del 6 marzo 1971, unico episodio di confronto con massima negativa in marzo).

Anche a Pontremoli, Tmax -1,1 °C, primato per marzo dal 1929 insieme al caso del 5 marzo 1971 (-1,0 °C).

Invece lo scirocco trasformava la neve in pioggia sulla costa ravennate già a fine mattinata, mentre il trasporto di polvere sahariana colorava di ocra la neve sull'Appennino Romagnolo e Marchigiano.

Con l'intensificazione del flusso mite da Sud in quota e la persistenza di temperature negative al suolo, tra tardo pomeriggio e sera del 1° marzo si è affacciato il previsto e temuto gelicidio su pianure e valli tra Emilia e Romagna (Bologna, Imola, Ravenna, Rimini), con chiusura dell'autostrada A14 tra Imola e Fano e del tratto appenninico dell'Autosole, ma anche sul lato toscano (Lunigiana), chiuse autostrada e ferrovia Parma-La Spezia (un episodio analogo in questo periodo sull'Appennino Tosco-Emiliano avvenne il 28 febbraio-1° marzo 1986).
E nelle prime ore di venerdì 2 marzo la pioggia congelante si è verificata anche sul Carso triestino (qui ricordiamo l'episodio eccezionale del 25 marzo 2013).

Il profilo termico al di sopra di Bologna-San Pietro Capofiume, alle h 00 UTC del 2 marzo 2018, è piuttosto simile come andamento a quello di 12 ore prima sopra Linate, tuttavia la temperatura sale a valori positivi tra 1550 e 1900 m circa a causa del flusso sciroccale (1,2 °C a 1622 m). Così i fiocchi di neve si trasformano in pioggia durante la caduta, ma le gocce ricongelano al suolo, dove si registrano ancora -2,7 °C, determinando il fenomeno del gelicidio, o pioggia congelante
 (fonte: Università del Wyoming).

Tra il pomeriggio di giovedì 1° marzo 2018 e il mattino di venerdì 2, il gelicidio ha colpito anche parte delle Marche: l'eliofanografo (strumento per la misura della durata del soleggiamento) e la banderuola dell'osservatorio "Serpieri" di Urbino ricoperti da 1 cm di ghiaccio vitreo (da pagina facebook dell'Osservatorio Serpieri, Università di Urbino).


Gelo intenso e neve anche nel resto d'Europa

L'ondata di gelo tardivo ha colpito intensamente anche l'Europa centro-orientale, spingendosi fin sulle isole britanniche e la Francia.
Le temperature minime sono scese a valori insoliti per fine febbraio-inizio marzo, -9 °C a Parigi-Charles de Gaulle, -15 °C a Berlino-Tegel, -16 °C a Monaco di Baviera-aeroporto e Praga-Ruzyne, -20 °C a Maribor-Slivnica (Slovenia).
Nella settimana tra il 23 febbraio e il 1° marzo le anomalie negative più marcate, complessivamente fino a 9-12 °C sotto media, si sono concentrate tra Baviera, Austria, Slovenia, Repubblica Ceca, Polonia... e verso Est fino all'Ucraina e alla Russia occidentale.

Francia: freddo tardivo paragonabile solo a quello del 1971 e 2005, e abbondanti nevicate in pianura sul Sud-Est.

Corsica: neve su quasi tutta l'isola il 27 febbraio, 15 cm ad Ajaccio, come non accadeva dal 1986.

Austria: alcuni record di temperatura minima per febbraio, come i -25,4 °C di Flattnitz (1400 m, Carinzia). Sulle Alpi, un febbraio complessivamente tra i più freddi da vent'anni.

La carte delle anomalie di temperatura in Europa tra il 23 febbraio e il 1° marzo 2018 mostra scarti fino a 9-12 °C sotto media dall'Austria alla Russia occidentale; in Italia, deviazioni settimanali da circa -5 °C al Nord, a -1 °C in Sicilia
 (fonte: Weatherbell).

In quest'immagine nel canale visibile del satellite NASA-Terra (sensore Modis),
h 11.20 del 27 febbraio 2018, si nota la formazione di estese "cloud streets" sul Golfo di Biscaglia per effetto dell'instabilità atmosferica al passaggio dell'aria molto fredda dalla terraferma sopra le acque oceaniche più tiepide.


"Stratwarming": se n'è parlato molto, ma cosa significa?

Intensi episodi freddi da Est come quello di fine febbraio 2018 sono talora preceduti da un anomalo e improvviso riscaldamento della bassa stratosfera (strato di atmosfera soprastante la tropopausa, oltre i 10-15 km di quota) che innescherebbe un aumento di pressione intorno al Polo Nord, con l'indebolimento del vortice polare e la conseguente discesa di aria gelida dall'Artico verso latitudini più meridionali.

Nei giorni intorno al 20 febbraio 2018 si era in effetti verificato un episodio di “stratwarming” (riscaldamento della stratosfera), ma in generale tale evento non può essere usato in maniera univoca per prevedere future ondate di gelo sull'Europa o altrove. Questo sia perché in passato episodi di stratwarming non hanno originato grandi ondate di gelo e viceversa si sono verificate grandi ondate di gelo anche senza stratwarming, sia perché in ogni caso l'indebolimento del vortice polare e la tendenza ad avere scambi meridiani con la discesa verso sud di aria molto fredda, nulla dice (con grande anticipo) su dove questa giungerà con esattezza.


"Burian": in Italia, un termine non corretto

Per l'origine russo-siberiana delle masse d'aria e la presenza di venti gelidi, i mezzi di informazione hanno spesso usato il termine “burian”, sicuramente evocativo ma scorretto. Il buran infatti è il vento che soffia nelle steppe dell'Asia centro-settentrionale, e si origina per dinamiche che nulla hanno a vedere con la situazione meteorologica italiana o europea.

Queste ondate di gelo sono portate dall'anomala estensione sul Centro-Nord Europa dell'anticiclone russo-siberiano, caratterizzato appunto da masse d'aria di origine artica continentale: quando queste vengono richiamate verso Sud da depressioni mediterranee, raggiungono il Mediterraneo attraverso venti di bora e, dopo aver aggirato le Alpi, di maestrale, quindi le denominazioni dei venti locali sono queste, ed è scorretto utilizzarne altre.

Inoltre, al di là del nome, non si tratta nemmeno di un vento che inizia a soffiare in Siberia, e che percorre migliaia di chilometri fino a noi sibilando tra le pianure russe... Magari, in queste situazioni tra noi e la Siberia c'è un mezzo continente con atmosfera tranquilla!


Gennaio tiepido, dicembre e febbraio freddi:
nel complesso, un inverno normale al Nord Italia

Da un lato ci lascia un po' perplessi definire "normale" un inverno segnato da diversi episodi meteo-climatici estremi, talora di segno opposto, come le inconsuete alluvioni invernali e il gelicidio di metà dicembre in Emilia, le piene fluviali, i temporali, lo scirocco e le valanghe del 7-9 gennaio al Nord-Ovest, il gennaio tra i più caldi da due secoli e poi il freddo intenso di fine febbraio.

Eppure, sotto il profilo termico, dicembre e febbraio più freddi del normale hanno bilanciato i tepori eccessivi di gennaio 2018 risultando in un trimestre sostanzialmente nella norma. Così a Torino, ad esempio, con temperatura media stagionale di 4,5 °C, esattamente nella media 1981-2010.

Carte delle anomalie mensili di temperatura in Europa di dicembre 2017, gennaio e febbraio 2018. Dicembre fu freddo in Italia (-0,5 °C a scala nazionale), Francia meridionale e Spagna, ma assai più tiepido del normale tra Baltico e Russia; gennaio diffusamente tiepido, specie in Europa centrale, febbraio invece estesamente freddo salvo su Mar Nero, Turchia e Medioriente. Si noti invece come l'Artico sia stato costantemente soggetto a esorbitanti anomalie termiche positive, anche oltre +10 °C a livello mensile! (fonte: Weatherbell).

Serie delle temperature medie invernali (trimestre dicembre-febbraio) a Torino.
Il 2017-18 si colloca esattamente nella media 1981-2010, ma appare perfino mite se lo confrontiamo con i ben più rigidi inverni dei periodi precedenti (scarto +0,7 °C rispetto al 1961-90, trentennio tuttora considerato standard dall'Organizzazione Meteorologica Mondiale).


Concludendo: un anomalo evento freddo a scala regionale, ma il riscaldamento globale continua

Benché caratterizzato da alcuni elementi di eccezionalità tra Europa centrale e Italia, l'episodio di gelo tardivo di fine febbraio - inizio marzo 2018 non è in contraddizione con il riscaldamento globale di lungo periodo (qui alcune riflessioni del gruppo di esperti di "Climalteranti").
Infatti episodi molto freddi continuano a essere possibili anche in un mondo mediamente più caldo, benché più temporanei, localizzati e meno frequenti, contrariamente alle ondate di calura che diventano più numerose, lunghe e intense.

Gennaio 2018 secondo la NOAA è risultato il quinto più caldo a scala planetaria, e in questo momento stupisce più che altro la persistenza da diverse settimane e mesi di anomalie termiche oltre +10 °C su quasi tutto l'Artico (quelle sì, del tutto inedite...), con temperature positive perfino alla stazione meteorologica più settentrionale del mondo in terraferma, a Cape Morris Jesup, estremità Nord della Groenlandia (6,2 °C il 25 febbraio 2018).

Giunti in prossimità del massimo stagionale di estensione della banchisa artica, attualmente mancano circa 1,4 milioni di chilometri quadrati di ghiaccio marino intorno al Polo Nord.

Inoltre, mentre l'Europa si preparava al freddo intenso, un episodio di caldo estremo per la stagione si è verificato negli Usa nord-orientali: tra martedì 20 e mercoledì 21 otto Stati hanno registrato nuovi primati nazionali per febbraio, tra cui New Jersey (28,3 °C a Teterboro) e New York (26,1 °C all'aeroporto La Guardia).

La stazione meteorologica automatica del servizio meteorologico danese a Cape Morris Jesup, la più settentrionale del pianeta in terraferma, all'estremità nord della Groenlandia. Il 25 febbraio 2018 la temperatura è salita a 6,2 °C, circa 30 °C sopra media, e a breve distanza dal record assoluto di 7,8 °C il 12 febbraio 2011, nella serie dal 1981. Altri dettagli sull'evento qui. (f. John Cappelen-DMI).
 

Carta delle anomalie di temperatura media nel mondo nel febbraio 2018: a fronte delle condizioni più fredde del normale soprattutto in Europa e parte del Nord America, si notano le straordinarie anomalie termiche positive (oltre +10 °C) in tutto l'Artico, e - sebbene più attenuate - anche negli Stati Uniti Orientali, in Medioriente e Africa settentrionale (fonte: Weatherbell).


RINGRAZIAMENTI

Un ringraziamento a chi ha condiviso con la redazione di Nimbus immagini e informazioni, in particolare: Maurizio Ratti (osservatorio di Pontremoli), Luigi Iafrate e Maria Carmen Beltrano (CREA-AA, Roma), Renato R. Colucci (CNR-ISMAR Trieste), Andrea Corigliano (La Spezia) e Filippo Thiery (Protezione Civile Nazionale).


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