La prima volta che vidi il ghiacciaio Ciardoney
fu verso mezzogiorno di venerdì
5 settembre 1986. Appena cooptato come operatore del
Comitato
Glaciologico Italiano - le cui campagne di osservazione sulle
Alpi occidentali all'epoca erano coordinate dal prof. Ernesto
Armando, scomparso quest'anno - avevo affrontato i 1700 metri di
dislivello partendo prima dell’alba dalle sonnacchiose case di Forzo
in Valle Soana in compagnia di Fulvio Fornengo, responsabile
dei controlli glaciologici del versante piemontese del Gran Paradiso.
Il sentiero, grazie al continuo susseguirsi di ambienti, permetteva di
ignorare la fatica: prima il bosco di frassini e aceri, poi i larici,
quindi l’incantevole ripiano della grangia Vassinetto a duemila metri,
dove iniziano a emergere tra i pascoli spettacolari rocce montonate di
solido gneiss. Poi il laghetto di Pian delle Mule tra antiche
morfologie glaciali, la gialla botte di lamiera del bivacco Revelli a
2600 metri e l’erta morena edificata dal Ciardoney duecento anni fa.
Attualmente il ghiacciaio è invisibile a chi sale, e anche allora mi
apparve all’improvviso, superato il gradino glaciale a quota 2850 m,
come un cetaceo adagiato lungo un vallone poco inclinato e per questo
poco crepacciato e ottimale per le osservazioni. Fu un’immagine
mitica, in quel luogo severo, appartato, remoto, si avvertiva come
una presenza aleggiare tra giganteschi blocchi rocciosi, sabbioline
alluvionali, meandri di acque lattiginose.
Scattammo fotografie (in
pellicola), rinfrescammo segnali topografici abbandonati da alcuni
anni (senza GPS), prendemmo misure (con la cordella metrica) e
tornammo a valle che era notte. Glaciologia ottocentesca, ma utile a
documentare un ghiacciaio ancora in forma.


La
radicale trasformazione dell'ambiente al Ghiacciaio Ciardoney è
evidenziata da questo confronto tra le fotografie riprese dalla
stazione di riferimento "S2"
il 5 settembre 1986 (data della prima salita di Mercalli e
Fornengo, dopo che il ghiacciaio non veniva più controllato dal 1978)
e il 13 settembre 2019. In questo lasso di tempo la fronte
si è ritirata di circa 430 m (aggiornamento al settembre 2021) e
la superficie glaciale si è abbassata di oltre 60 m nel settore
inferiore, che da un profilo convesso (apice di una fase di
avanzata, 1986) è passato ad avere un profilo appiattito e perfino
leggermente concavo.
Negli anni successivi, visto l’elevato dislivello da percorrere,
cambiammo itinerario, pervenendo dalla Valle Orco, sfruttando un
passaggio nella galleria del piano inclinato verso la Diga di Valsoera
fino a 2400 metri e poi percorrendo settecento metri di dislivello
fino al Colle Ciardoney. Iniziò allora il fecondo rapporto con
l’Azienda Energetica Municipale di Torino, oggi
Iren Energia,
che mise a disposizione il suo apparato logistico a servizio degli
impianti idroelettrici appoggiando la nostra ricerca scientifica.
Frequentavo allora il Laboratoire de Glaciologie a Grenoble (LGGE,
oggi IGE,
Institut des Géosciences de l’Environnement), e il mio docente,
Louis Reynaud (1943-2016), mi propose di impiegare una tecnica
di monitoraggio glaciale più completa, il bilancio di massa. Se
fossi stato d’accordo mi avrebbe insegnato lui, venendo di persona ad
attrezzare il ghiacciaio con materiali e apparecchiature. Ci teneva
molto, perché le Alpi occidentali italiane erano completamente
sprovviste di una serie di misura di quel genere. Fu così che
scegliemmo il Ciardoney e le eccellenti doti didattiche di Louis si
espressero in una vera spedizione condotta nel giugno 1992,
mese tempestoso come non mai che ci intralciò non poco nelle
operazioni (epoca in cui le previmeteo erano molto meno affidabili di
oggi).
Salimmo in elicottero sul ghiacciaio dotati di carotieri, sonda a
vapore e paline e attrezzammo i siti di misura tra bufere di neve e
gelidi bivacchi. Louis era un professore generoso, non era scontato
offrire piena fiducia a un giovane e inesperto studente straniero per
una missione tanto impegnativa e matura. Ma è così che si impara.

Louis Reynaud (a sinistra) e Luca Mercalli (a destra) durante
l'installazione delle prime paline ablatometriche sul ghiacciaio il 17
giugno 1992...

... e il campo base al mattino
successivo, inaspettatamente coperto da una nevicata nella notte (f.
Luca Mercalli).
Oggi Louis non c’è più, ma la sua eredità scientifica è qui, più
importante che mai: festeggiamo con la campagna 2021 trent’anni di
misure di bilancio di massa che fanno entrare il Ciardoney tra gli
apparati glaciali campione del
World Glacier Monitoring
Service, soltanto una quarantina in tutto il mondo. E ne
documentano purtroppo l’inesorabile ritiro sotto i colpi del
riscaldamento globale.
Non sono attività che procurano pubblicazioni prestigiose con elevato
Impact Factor. Sono soltanto pazienti e tenaci progetti di
acquisizione di misure in luoghi e in condizioni difficili. La
continuità e la confrontabilità dei dati sono il loro lascito più
importante.
E proprio per la loro durata sono frutto di molte persone che lavorano
in squadra: oltre ai colleghi del
Comitato
Glaciologico Italiano e della Società Meteorologica
Italiana che sono gli enti a cui afferisce il programma,
desideriamo qui ringraziare i dirigenti e i tecnici degli impianti
idroelettrici Valle Orco di
Iren Energia
per l’indispensabile appoggio logistico, il
CNR-IRPI di Torino per il ricorrente prestito della sonda a
vapore per l'installazione delle paline ablatometriche, e il
Parco Nazionale del Gran
Paradiso per aver creduto in un progetto di monitoraggio
glaciologico che dal Ciardoney, per iniziativa dell'Ente,
si è ampliato a tutto il massiccio con la cooperazione dei
guardiaparco, in particolare con l'avvio delle misure di
bilancio di massa anche sul ghiacciaio del Grand Etret (Valsavarenche)
a partire dal 1999. A completare il quadro delle collaborazioni figura
infine ARPA
Valle d'Aosta, che, sempre in Valsavarenche, dal 2001 conduce
il bilancio di massa anche sul ghiacciaio del Timorion,
contribuendo a rendere il massiccio del Gran Paradiso uno dei più
studiati d'Italia sotto il profilo glaciologico.
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