DOVE MI TROVO:  Nimbus Web » Glaciologia» 30 anni di bilancio di massa al ghiacciaio Ciardoney

    


LA "RISCOPERTA" DEL GHIACCIAIO CIARDONEY
E I TRENT'ANNI DI MISURE DI BILANCIO DI MASSA:
UN RICORDO DI LUCA MERCALLI


Luca Mercalli, Presidente SMI,
14 settembre 2021
 


La prima volta che vidi il ghiacciaio Ciardoney fu verso mezzogiorno di venerdì
5 settembre 1986
. Appena cooptato come operatore del Comitato Glaciologico Italiano - le cui campagne di osservazione sulle Alpi occidentali all'epoca erano coordinate dal prof. Ernesto Armando, scomparso quest'anno - avevo affrontato i 1700 metri di dislivello partendo prima dell’alba dalle sonnacchiose case di Forzo in Valle Soana in compagnia di Fulvio Fornengo, responsabile dei controlli glaciologici del versante piemontese del Gran Paradiso.

Il sentiero, grazie al continuo susseguirsi di ambienti, permetteva di ignorare la fatica: prima il bosco di frassini e aceri, poi i larici, quindi l’incantevole ripiano della grangia Vassinetto a duemila metri, dove iniziano a emergere tra i pascoli spettacolari rocce montonate di solido gneiss. Poi il laghetto di Pian delle Mule tra antiche morfologie glaciali, la gialla botte di lamiera del bivacco Revelli a 2600 metri e l’erta morena edificata dal Ciardoney duecento anni fa.

Attualmente il ghiacciaio è invisibile a chi sale, e anche allora mi apparve all’improvviso, superato il gradino glaciale a quota 2850 m, come un cetaceo adagiato lungo un vallone poco inclinato e per questo poco crepacciato e ottimale per le osservazioni. Fu un’immagine mitica, in quel luogo severo, appartato, remoto, si avvertiva come una presenza aleggiare tra giganteschi blocchi rocciosi, sabbioline alluvionali, meandri di acque lattiginose.

Scattammo fotografie (in pellicola), rinfrescammo segnali topografici abbandonati da alcuni anni (senza GPS), prendemmo misure (con la cordella metrica) e tornammo a valle che era notte. Glaciologia ottocentesca, ma utile a documentare un ghiacciaio ancora in forma.

La radicale trasformazione dell'ambiente al Ghiacciaio Ciardoney è evidenziata da questo confronto tra le fotografie riprese dalla stazione di riferimento "S2"
il 5 settembre 1986 (data della prima salita di Mercalli e Fornengo, dopo che il ghiacciaio non veniva più controllato dal 1978) e il 13 settembre 2019. In questo lasso di tempo la fronte si è ritirata di circa 430 m (aggiornamento al settembre 2021) e la superficie glaciale si è abbassata di oltre 60 m nel settore inferiore, che da un profilo convesso (apice di una fase di avanzata, 1986) è passato ad avere un profilo appiattito e perfino leggermente concavo.


Negli anni successivi, visto l’elevato dislivello da percorrere, cambiammo itinerario, pervenendo dalla Valle Orco, sfruttando un passaggio nella galleria del piano inclinato verso la Diga di Valsoera fino a 2400 metri e poi percorrendo settecento metri di dislivello fino al Colle Ciardoney. Iniziò allora il fecondo rapporto con l’Azienda Energetica Municipale di Torino, oggi Iren Energia, che mise a disposizione il suo apparato logistico a servizio degli impianti idroelettrici appoggiando la nostra ricerca scientifica.

Frequentavo allora il Laboratoire de Glaciologie a Grenoble (LGGE, oggi IGE, Institut des Géosciences de l’Environnement), e il mio docente, Louis Reynaud (1943-2016), mi propose di impiegare una tecnica di monitoraggio glaciale più completa, il bilancio di massa. Se fossi stato d’accordo mi avrebbe insegnato lui, venendo di persona ad attrezzare il ghiacciaio con materiali e apparecchiature. Ci teneva molto, perché le Alpi occidentali italiane erano completamente sprovviste di una serie di misura di quel genere. Fu così che scegliemmo il Ciardoney e le eccellenti doti didattiche di Louis si espressero in una vera spedizione condotta nel giugno 1992, mese tempestoso come non mai che ci intralciò non poco nelle operazioni (epoca in cui le previmeteo erano molto meno affidabili di oggi).

Salimmo in elicottero sul ghiacciaio dotati di carotieri, sonda a vapore e paline e attrezzammo i siti di misura tra bufere di neve e gelidi bivacchi. Louis era un professore generoso, non era scontato offrire piena fiducia a un giovane e inesperto studente straniero per una missione tanto impegnativa e matura. Ma è così che si impara.

Louis Reynaud (a sinistra) e Luca Mercalli (a destra) durante l'installazione delle prime paline ablatometriche sul ghiacciaio il 17 giugno 1992...




... e il campo base al mattino successivo, inaspettatamente coperto da una nevicata nella notte (f. Luca Mercalli).


Oggi Louis non c’è più, ma la sua eredità scientifica è qui, più importante che mai: festeggiamo con la campagna 2021 trent’anni di misure di bilancio di massa che fanno entrare il Ciardoney tra gli apparati glaciali campione del World Glacier Monitoring Service, soltanto una quarantina in tutto il mondo. E ne documentano purtroppo l’inesorabile ritiro sotto i colpi del riscaldamento globale.

Non sono attività che procurano pubblicazioni prestigiose con elevato Impact Factor. Sono soltanto pazienti e tenaci progetti di acquisizione di misure in luoghi e in condizioni difficili. La continuità e la confrontabilità dei dati sono il loro lascito più importante.

E proprio per la loro durata sono frutto di molte persone che lavorano in squadra: oltre ai colleghi del Comitato Glaciologico Italiano e della Società Meteorologica Italiana che sono gli enti a cui afferisce il programma, desideriamo qui ringraziare i dirigenti e i tecnici degli impianti idroelettrici Valle Orco di Iren Energia per l’indispensabile appoggio logistico, il CNR-IRPI di Torino per il ricorrente prestito della sonda a vapore per l'installazione delle paline ablatometriche, e il Parco Nazionale del Gran Paradiso per aver creduto in un progetto di monitoraggio glaciologico che dal Ciardoney, per iniziativa dell'Ente, si è ampliato a tutto il massiccio con la cooperazione dei guardiaparco, in particolare con l'avvio delle misure di bilancio di massa anche sul ghiacciaio del Grand Etret (Valsavarenche) a partire dal 1999. A completare il quadro delle collaborazioni figura infine ARPA Valle d'Aosta, che, sempre in Valsavarenche, dal 2001 conduce il bilancio di massa anche sul ghiacciaio del Timorion, contribuendo a rendere il massiccio del Gran Paradiso uno dei più studiati d'Italia sotto il profilo glaciologico.


 

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