UN ESTRATTO
Il mito della stabilità naturale
Due orientamenti di filosofia ambientale hanno attraversato la storia umana. Il primo afferma che lo stato naturale dell'universo è quello di una stabilità infinita, che la terra è immutabile e determina i regolari moti di rivoluzione del sole, della luna e delle stelle. Ogni rivoluzione scientifica che abbia messo in dubbio questa idea, dall'eliocentrismo di Copernico all'espansione cosmica di Hubble, dalla deriva dei continenti di Wegener al principio di indeterminazione di Heisenberg fino al caos macroscopico (deterministico) di Lorentz, ha incontrato la fiera resistenza delle egemonie religiose, politiche e persino scientifiche.
Anche il secondo orientamento considera stabile lo stato naturale dell'universo, ma sostiene che esso è stato incrinato dall' azione dell'uomo. Nelle tradizioni religiose le grandi inondazioni sono generalmente rappresentate come il tentativo di un dio o degli dei di purificare la terra dalla corruzione umana. Le eccezioni alla predittività cosmica, come le meteore o le comete, venivano considerate più spesso presagi che fenomeni naturali. Nella mitologia greca il caldo rovente dell'Africa e la pelle bruciata dei suoi abitanti erano attribuiti a Fetonte, un figlio del dio del sole Elio, il quale per dimostrargli di essere veramente suo padre, finì per lasciargli guidare il suo carro nel cielo. In questa catastrofe ambientale originaria Fetonte perse il controllo del carro e arrostì la terra rimanendo ucciso.
Queste due posizioni fondamentali hanno pervaso molte culture nel corso di gran parte della storia e tuttora influenzano pesantemente i modi di vedere il cambiamento climatico.
Nel 1837 Louis Agassiz sollevò il pubblico clamore e fu deriso nell'ambiente accademico quando affermò che molti aspetti misteriosi dei sedimenti geologici, come le caratteristiche striature sulle rocce e i massi erratici (boulders) situati lontano dalla roccia madre, potevano essere spiegati con l'avanzamento e l'arretramento di enormi lastre di ghiaccio.
Questa scoperta segnò la nascita di una disciplina di grande rilievo, oggi nota come paleoclimatologia, che analizza le caratteristiche fisiche e chimiche dei sedimenti geologici per capire come è cambiato il clima nel corso dei tempi. Una tale impresa ha prodotto progressi scientifici tra i più profondi e tuttavia meno riconosciuti della nostra epoca. Oggi abbiamo una conoscenza minuziosamente dettagliata di come il clima sia cambiato da qualche milione di anni a questa parte, una conoscenza che si fa sempre meno precisa e più incerta man mano che si risale indietro fino alla nascita del pianeta, quattro miliardi e mezzo di anni fa.
Per quanti trovano conforto nell'idea della stabilità, l'esistenza di questa documentazione è una magra consolazione. Negli ultimi tre milioni di anni il nostro clima ha oscillato tra condizioni temperate simili a quelle attuali e durate da 10 a 20.000 anni, e periodi di 100.000 anni in cui gigantesche lastre di ghiaccio, in qualche zona dello spessore di diversi chilometri, coprivano i continenti settentrionali. Ancor più impressionante dell' esistenza di queste fasi cicliche è la rapidità con cui il clima sembra in grado di cambiare, soprattutto quando si riprende dalle ere glaciali.
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