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ghiacciaio Ciardoney: L'ESTATE 2019
INIZIA CON UNa BUONa aLIMENTAZIONE NEVOSA


Daniele Cat Berro e Luca Mercalli, SMI/Redazione Nimbus
18 giugno 2019

 

Lunedì 17 giugno 2019 l'équipe della Società Meteorologica Italiana - in collaborazione con IREN Energia e l'Ente Parco Nazionale del Gran Paradiso, e nel quadro delle campagne di misura del Comitato Glaciologico Italiano - ha condotto i consueti rilievi di spessore e densità del manto nevoso per la determinazione del bilancio invernale sul ghiacciaio Ciardoney.

La stagione di alimentazione nevosa è stata caratterizzata da abbondanti nevicate a fine ottobre-novembre 2018 e nell'aprile 2019, intervallate da un lungo periodo di precipitazioni scarse tra dicembre 2018 e marzo 2019.

17 giugno 2019: dopo un'alba serena, nubi cumuliformi si sviluppano rapidamente sopra al Ghiacciaio Ciardoney, senza tuttavia disturbare i rilievi nivometrici e l'elitrasporto di personale e attrezzature.


Il freddo inconsueto di maggio 2019 ha poi determinato - rispetto alle calde primavere recenti - un certo ritardo nell'avvio della fusione della neve, che il 17 giugno 2019 sul ghiacciaio era spessa tra 305 cm (pendio frontale, 2900 m) e 440 cm (Colle Ciardoney, 3100 m), valori circa 20% superiori alla media del periodo 1992-2018, con densità variabili tra 445 kg/m3 (settore mediano) e 657 kg/m3 (Colle Ciardoney).

A causa della frequente instabilità atmosferica che a fine primavera rendeva difficile l'accesso al ghiacciaio, le misure sono avvenute con una decina di giorni di ritardo rispetto al solito, tuttavia - essendo cominciati solo da pochi giorni il caldo estivo e la fusione nivale in alta quota - la situazione riscontrata alla data del sopralluogo si può considerare rappresentativa del massimo accumulo nivale a fine stagione.

L’equivalente d’acqua mediato sull’intero ghiacciaio (bilancio invernale) era di 1780 mm, (+45% rispetto alla media 1992-2018, pari a 1220 mm), e indicativo di una buona disponibilità idrica per gli utilizzi idroelettrici nell'estate 2019.

Tuttavia saranno le temperature estive a decidere il bilancio finale, ovvero se una parte di questa neve riuscirà o meno a conservarsi per alimentare un ghiacciaio in agonia...




17 giugno 2019, ore 8,30: vista dal Colle Ciardoney in direzione Sud, verso la Valle Orco e le basse Valli di Lanzo. Il cielo è sereno sotto un blando anticiclone che interessa le Alpi.
Si noti, sullo sfondo, la coltre di caligine e fumi che staziona sopra la pianura piemontese.
 

Spessori nevosi rilevati il 17 giugno 2019: graduale decremento dai 440 cm del Colle Ciardoney ai 305 cm del pendio frontale (sito n. 6), poi nuovo lieve aumento più a valle, in corrispondenza della fronte (320 cm, sito n. 7), dove spesso si verificano accumuli nevosi più consistenti per valanghe o trasporto eolico.
 

Serie degli accumuli invernali specifici sul ghiacciaio Ciardoney, espressi in mm di lama d’acqua equivalente, nelle stagioni idrologiche dal 1991-92 al 2018-19:
il valore di 1780 mm del 2018-19 si colloca in settima posizione.
L'utilizzo nel tempo di tubi carotieri con caratteristiche diverse potrebbe aver introdotto disomogeneità nella serie degli accumuli invernali, con possibili sottostime in alcune annate antecedenti il 2012 (anno di adozione dell'ottimo carotiere "Valtecne"),
ma non vi sono comunque dubbi che gli accumuli nevosi di diversi inverni recenti, segnati da importanti precipitazioni, figurino tra i più abbondanti dal 1992 (benché poi sempre vanificati dalla massiccia fusione di stagioni estive troppo calde).


Ore 8,30: si inizia a lavorare per la misura di spessore, densità ed equivalente in acqua del manto nevoso. Come sempre, i rilievi vengono effettuati a partire dal Colle Ciardoney, alla quota più elevata del ghiacciaio (3100 m).

Luca Mercalli, presidente SMI, e Raffaella Miravalle, guardaparco del Gran Paradiso, inseriscono il tubo carotiere "Valtecne" per il prelievo dei campioni di neve lungo tutto il profilo del manto depositatosi nell'inverno 2018-19, fino a toccare la superficie di ghiaccio che affiorava nel settembre 2018.
 

I primi tre metri di carotiere sono completamente inseriti nel manto nevoso ...
 



... ma in totale qui la neve è spessa 440 cm, dunque occorre spalare fino a 140 cm di profondità per poter giungere - con il carotiere da 3 m - fino alla base del manto,
in modo da campionarlo lungo tutto il suo profilo.
 



Luca Mercalli sorregge una delle "carote" di neve estratte e pesate al Colle Ciardoney:
la densità del manto nevoso è di 657 kg/m3. In questo punto alla sommità del ghiacciaio si misurano sempre le densità più elevate, per la presenza di strati di neve molto compattati dall'azione eolica durante le burrasche invernali ("lastroni" da vento).




Raffaella Miravalle (Parco Nazionale Gran Paradiso) prosegue con le misure di spessore nevoso tramite sonda da valanga, seguendo il consueto transetto Ovest-Est lungo il ghiacciaio, verso la fronte.
 



Nel settore mediano del ghiacciaio (in prossimità della palina ablatometrica n. 2, sepolta dalla neve in questa stagione), si esegue un secondo carotaggio del manto nevoso, che fornisce una densità di 445 kg/m3 (neve meno compatta e pesante).
Un terzo prelievo, sul pendio frontale, rivelerà una densità di 577 kg/m3.
 



Il videomaker Erik Gillo riprende e intervista Luca Mercalli sui primi risultati delle misure nivometriche e sulle relazioni tra cambiamenti climatici e ghiacciai.
 



Ci si avvicina alla fronte glaciale, e il lavoro è quasi terminato. Sono le 10,30, cumuli si formano anche al margine del pianoro frontale, tuttavia l'atmosfera è anticiclonica e relativamente stabile, per cui il loro sviluppo è limitato e non degenera in situazioni temporalesche.
 

Un segno delle vigorose correnti ascensionali caratteristiche dei mesi estivi
(brezze termiche diurne o violenti moti verticali dell'aria all'interno dei temporali) è dato dal trasporto da valle fino ad alta quota di numerosissimi insetti, in gran parte destinati a soccombere per le temperature troppo fredde di un ambiente per loro inospitale.
Qui un'esemplare di Vanessa cardui, farfalla che in tarda primavera migra dall'Africa all'Europa centrale (info guida ambientale Luca Anselmo, collaboratore Parco Alpi Cozie), rivenuta morta sulla superficie innevata del Ciardoney a circa 2950 m.


Il Ghiacciaio Ciardoney ripreso dall'asta nivometrica presso la stazione meteorologica a valle della fronte, a quota 2850 m. Sul pianoro frontale durante il sopralluogo del 17 giugno 2019 la neve era ancora spessa 200 cm (situazione simile solo al caso del 2013, negli ultimi 7 anni di teleosservazione da webcam, vedi grafico sotto), e non vi era ancora traccia di imminente apertura del canale di deflusso del torrente glaciale (tuttavia probabilmente già attivo sotto la coltre nevosa).


Andamenti giornalieri dello spessore nevoso totale al suolo osservato tramite la “snowcam” presso la stazione meteorologica a 2850 m nelle ultime sette stagioni idrologiche (monitoraggio disponibile dall’inverno 2012-13).

La linea marrone della stagione 2018-19 mostra la precoce formazione di un potente manto nevoso con le intense perturbazioni di fine ottobre-inizio novembre 2018, tra cui la tempesta "Vaia" del 29 ottobre (265 cm totali al suolo già il 6 novembre, massimo per il periodo nella pur breve serie di osservazione), dopodiché i mesi invernali, in assenza di altre nevicate importanti, hanno visto una lenta diminuzione di spessore.
Come quasi sempre avviene, copiose nevicate sono riprese in primavera, e hanno portato il manto nevoso al massimo stagionale di 315 cm del 27 aprile 2019.
Tra maggio e inizio giugno 2019 la fusione è stata piuttosto lenta a causa delle temperature fresche
, e alla data del sopralluogo
(17 giugno) vi erano ancora 200 cm in corrispondenza dell'asta nivometrica, situazione analoga al 2013 (210 cm, alla stessa data).


 Ore 11,30: il gruppo dedito alle misure nivometriche sul ghiacciaio si ricongiunge a quello impegnato nella manutenzione della stazione meteorologica automatica "Campbell",
che non ha manifestato avarie durante l'inverno, ed è giunta al suo decimo anno di funzionamento.

Tuttavia, nonostante il consolidamento del basamento e dei tiranti di controventatura eseguito un anno fa, le violente tempeste di vento (in particolare "Vaia" il 29 ottobre 2018), hanno strappato alcuni cavi in acciaio e piegato leggermente il traliccio della stazione meteo, che sarà oggetto di prossime riparazioni a fine estate.

Inoltre si è resa necessaria la sostituzione del cavo di alimentazione della webcam (rimasta off-line dal 27 maggio 2019), pure esso strappato dalle intemperie.

Si noti la leggera tonalità ocra della superficie del manto nevoso, dovuta alle polveri sahariane cadute soprattutto con le precipitazioni sciroccali del 23 aprile 2019: la conseguente diminuzione dell'albedo e dunque l'aumento dell'assorbimento di radiazione solare da parte del manto nevoso è in grado di rendere più rapida (a parità di temperatura dell'aria e di radiazione solare incidente) la fusione della neve a inizio estate, come attestato dallo studio "Saharan dust events in the European Alps" coordinato da ricercatori dell'Università di Milano-Bicocca e apparso nell'aprile 2019 su “The Cryosphere”.
 



L'armadietto contenente gli apparati radio di trasmissione in tempo reale dei dati meteo
e delle immagini della webcam.
 

Alla rottura di uno dei tiranti di controventatura della stazione meteorologica ha contribuito anche un fulmine, come mostrano le estremità annerite e parzialmente fuse degli spezzoni di cavo. Per fortuna la scarica elettrica non ha compromesso i sensori e l'elettronica della stazione, che in 10 anni di misura non ha perso nemmeno un'ora di dati.
 

Luca Mercalli, insieme ai tecnici-elettricisti Diego Marzo e Mario Berger, esamina lo stato della stazione meteorologica, in vista delle ulteriori manutenzioni (in particolare l'ulteriore stabilizzazione del traliccio) che verranno eseguite con la prossima missione
di settembre 2019. 
 

I pannelli fotovoltaici, sostituiti nel 2018, erano in ottimo stato.
 



Ore 13: il gruppo di lavoro in attesa dell'elicottero per il rientro alla centrale IREN di Rosone. Da sinistra, Daniele Cat Berro, Raffaella Miravalle, Luca Mercalli, Diego Marzo, Mario Berger.
 

Ore 13,15: il recupero di personale e attrezzature da parte di Airstar elicotteri.
 

Durante il rientro verso il fondovalle dell'Orco, si sorvola il remoto Lago di Motta
(2656 m, alto vallone di Valsoera), con il suo caratteristico isolotto roccioso.
In prossimità delle rive, ai margini della coltre di ghiaccio superficiale appaiono i primi segni di fusione.
 

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