DOVE MI TROVO:  Nimbus Web » Glaciologia» 3 luglio 2022, collasso ghiacciaio della Marmolada


3 luglio 2022: crollo E VALANGA DI GHIACCIO
AL GHIACCIAIO della maRMOLADA (DOLOMITI),
evento IMPREVEDIBILE innescato da UN periodo anomalo
di caldo e intensa fusione nivo-glaciale

Luca Mercalli e Daniele Cat Berro, SMI/Redazione Nimbus

con la collaborazione dei
glaciologi Giovanni Baccolo (Università degli Studi di Milano-Bicocca - DISAT), Renato R. Colucci (CNR - Istituto di Scienze Polari),
Cristian Ferrari (Presidente Commissione Glaciologica della SAT)
e Riccardo Scotti (Servizio Glaciologico Lombardo)


11 luglio 2022
 


Alle ore 13:45 locali di domenica 3 luglio 2022 una porzione del ghiacciaio della Marmolada - dal volume dell'ordine di oltre 65.000 m3 - è improvvisamente collassata determinando una valanga di ghiaccio che ha ucciso 11 persone
tra gli alpinisti che percorrevano la via normale della montagna.
 



Il piano di frattura che delimita la nicchia di distacco del ghiacciaio della Marmolada, alta circa 25 metri. Alla base si nota una superficie nerastra, costituita da uno strato di ghiaccio basale di esiguo spessore e ricco di fine detrito, probabilmente in condizioni di "ghiaccio freddo". In questo contesto è possibile che il ghiaccio, "incollato" al fondo roccioso grazie a temperature sotto 0 °C e ancora lontane dal punto di fusione alla base del ghiacciaio a inizio estate nonostante le elevate temperature atmosferiche, abbia ostacolato il deflusso dell'abbondante acqua di fusione in arrivo dalla superficie, generandone un accumulo interno responsabile di sovrapressioni e del conseguente innesco del distacco (autore foto ignoto).
 

Non si è trattato, come spesso si è detto, del crollo di un seracco,
fenomeno abituale e non così dipendente dalle temperature,
bensì del raro e pressoché imprevedibile collasso di un settore di ghiacciaio
altrimenti stabile, reso più probabile da tre settimane
con temperature sopra 0 °C notte e giorno
alla vicina stazione meteorologica Arpa Veneto di Punta Rocca (3250 m)


 


Per quanto la ricostruzione della dinamica glaciologica dell'evento sia ancora in corso e richiederà tempo per un’analisi accurata, l’ipotesi più accreditata tra i glaciologi chiama in causa la penetrazione all’interno della massa glaciale – attraverso un crepaccio poco sotto la vetta - di abbondante acqua di fusione durante le recenti e anom
ale ondate di caldo, e il conseguente generarsi di sovrapressioni in grado di “staccare” parte del ghiacciaio e di innescarne il repentino collasso.

L'analisi delle immagini raccolte subito dopo il distacco lascia presupporre la formazione di una sacca d'acqua endoglaciale, il cui drenaggio era forse ostacolato:

1) da un reticolo idrografico dai condotti ancora poco sviluppati all'interno e alla base del ghiacciaio all'inizio dell'estate;

2) dal continuo processo di ricongelamento dell'acqua di fusione a contatto con il ghiaccio "freddo" posto all'interno e alla base del ghiacciaio.

Alla stazione meteorologica ARPA Veneto a Punta Rocca della Marmolada (3250 m, poco a monte del luogo del fenomeno), salvo un’effimera e lieve gelata il 25 giugno 2022 (temperatura minima -0,5 °C), le temperature sono rimaste sopra 0 °C per ben 23 giorni consecutivi (estremo di 13,1 °C il 20 giugno, e circa 10 °C nel primo pomeriggio del 3 luglio), producendo fusione intensa e anomala che peraltro aveva già spogliato quasi tutto il ghiacciaio della (scarsa) neve invernale con un anticipo di oltre un mese rispetto a stagioni passate già negative.

Alla drammaticità dell’esito dell’evento, di per sé molto raro benché in potenziale aumento di frequenza in questi tempi di riscaldamento globale, hanno contribuito l’ora diurna e il giorno festivo, propizi all’intensa frequentazione della zona.

Peraltro l'ora del distacco si è collocata solo incidentalmente nelle ore centrali della giornata: eventi che coinvolgono volumi di ghiaccio così elevati, dotati dunque di grande inerzia termica, e in cui probabilmente ha giocato un ruolo l'accumulo di acqua verificatosi in svariati giorni se non settimane precedenti, difficilmente sono connessi alle fluttuazioni di temperatura giorno/notte.

L'unico precedente analogo sulle Alpi italiane negli ultimi decenni è quello che avvenne il 6 luglio 1989 sulla parete Nord del Monviso con il collasso del Ghiacciaio Superiore di Coolidge, che - a differenza di stavolta - non fece vittime anche grazie all’ora notturna e al giorno infrasettimanale in cui avvenne (due alpinisti monegaschi che pernottavano al bivacco Falchi-Villata, poco discosto dalla traiettoria della valanga di ghiaccio, rimasero illesi).
 

Il Ghiacciaio Superiore di Coolidge (Monviso) prima e dopo il collasso
dell'8 luglio 1989 che coinvolse un volume di ghiaccio di circa 250.000 m3
(foto settembre 1987 di Mattia Vanzan, archivio CGI; foto luglio 1989
di Roberto Tibaldi, studio fotografico "Immaginare", Bra - CN).

Leggi anche la nota di Mortara & Dutto apparsa nel 1990 su Geografia Fisica e Dinamica Quaternaria, bollettino del Comitato Glaciologico Italiano.
 


EVENTO IMPREVEDIBILE: FUORI LUOGO CERCARE RESPONSABILI,
CHIUDERE ALTRE MONTAGNE
E INTRODURRE BOLLETTINI DI RISCHIO GLACIALE

Per quanto in stagioni molto calde come questa - con intensa e precoce fusione e deglaciazione - e nel quadro del riscaldamento globale attuale, la frequentazione della montagna glaciale e periglaciale presenti in generale rischi maggiori, tra cui appunto il collasso di porzioni di ghiacciai sospesi e/o ripidi, nessun elemento lasciava presagire che proprio lì e in quel momento (rispetto ad altri ghiacciai in condizioni analoghe da un capo all’altro delle Alpi) potesse verificarsi un evento di tale portata.

Pertanto riteniamo del tutto fuori luogo tanto la ricerca di responsabilità quanto la richiesta, più volte sollevata dall'opinione pubblica e da esponenti politici, di una discutibile "messa in sicurezza" del territorio tramite indiscriminate chiusure degli accessi ai ghiacciai o l'introduzione di scale di pericolo glaciologico, di pressoché nulla significatività scientifica ed efficacia pratica.

Infatti, a differenza delle valanghe invernali di neve, maggiormente prevedibili con livelli di pericolo differenti da una regione alpina all'altra sulla base di parametri nivo-meteorologici, il verificarsi di episodi di rischio glaciale è altamente aleatorio e dipendente da un insieme di fattori (meteo-climatici, morfologici e di fisica del ghiaccio) molto locali, complessi e mutevoli nel tempo e da ghiacciaio a ghiacciaio.

Il solo fatto che da molti giorni grandi quantità d'acqua di fusione rombassero all'interno del ghiacciaio della Marmolada - situazione peraltro comune alla maggior parte dei ghiacciai alpini in estati roventi come quella del 2022! - non era sufficiente per immaginare il collasso di una parte dell'apparato glaciale che non mostrava anomalie morfologiche di sorta, dunque neanche per diramare la preventiva interdizione dell'accesso alla montagna.

Nemmeno è immaginabile un monitoraggio geofisico costante e dettagliato di tutti i 4400 ghiacciai delle intere Alpi (italiane e non), sia per i numeri astronomici dei costi e del personale tecnico necessario, sia perché questo non garantirebbe di accorgersi in tempo di fenomeni il cui innesco rimane difficilmente prevedibile e localizzabile.

Ciò d'altra parte non significa affatto che la ricerca e il monitoraggio glaciologici siano inutili. Questi garantiscono infatti il continuo miglioramento delle conoscenze sullo stato della criosfera (neve, ghiacciai, permafrost) e sulla sua complessa risposta ai cambiamenti climatici in corso, nonché l'adozione di misure di protezione civile in caso di ghiacciai di pericolosità nota ed esplicita, già sede di precedenti episodi di instabilità (come il ghiacciaio di Planpincieux in Val Ferret/Monte Bianco, monitorato da Fondazione Montagna Sicura per il pericolo di crolli di porzioni di ghiaccio su strade, infrastrutture ed edifici sottostanti).

Di certo l'evento del 3 luglio, inquadrato in un periodo di intenso e rapido riscaldamento atmosferico che pone la criosfera in condizioni di forte disequilibrio, apre una nuova era nella percezione dei rischi glaciali, e anche ghiacciai che - come quello della Marmolada - per quanto penalizzati dalla deglaciazione, apparivano finora scevri da instabilità di sorta, andranno guardati con altri occhi, da parte sia dei ricercatori sia dei frequentatori dell'alta montagna.

Leggi gli articoli di Luca Mercalli apparsi su Il Fatto Quotidiano e dedicati all'evento della Marmolada (5 luglio 2022) e ai rischi glaciali nelle Alpi (6 luglio 2022).
 

GLACIORISK (2001-2003): UN PROGETTO EUROPEO
PER CENSIRE E MONITORARE I RISCHI GLACIALI

I rischi glaciali sulle montagne europee, dalle Alpi alla Scandinavia, sono stati oggetto di un progetto europeo dipanatosi negli anni dal 2001 al 2003, al quale partecipò anche la Società Meteorologica Italiana proprio mentre erano in corso le crisi dovute alla formazione dei laghi effimeri dei ghiacciai del Belvedere (Monte Rosa) e del Rocciamelone (Alpi Graie).

Il progetto sfociò nella compilazione da parte dei singoli partner del database Gridabase contenente tutte le informazioni disponibili sugli episodi pregressi di instabilità glaciale (crollo di seracchi/ghiacciai sospesi, svuotamento improvviso di laghi sbarrati da ghiaccio o da morene...). Il ghiacciaio della Marmolada non rientrava tra quelli censiti come pericolosi in base alla storia glaciologica nota.

Un aggiornamento del database con gli eventi di instabilità più recenti è in corso (luglio 2022).


Quello della Marmolada è, per numero di vittime (11), il peggior evento di instabilità glaciale storicamente noto sulle Alpi italiane, rappresentando quasi metà delle vittime complessive (23) note per precedenti eventi glaciologici dal XV secolo in poi, tra valanghe di ghiaccio e svuotamento di laghi glaciali! (vedi le statistiche qui, suddivise per categorie di rischio e per Paese; aggiornamento degli eventi italiani in corso nel luglio 2022). 

Ulteriori risorse sui rischi in area glaciale e periglaciale sulle Alpi occidentali (Valle d'Aosta e province di Torino e Cuneo) si trovano anche sul sito del più recente progetto Alcotra IT-FR Glariskalp.


ALTRE RISORSE SULL'EVENTO DELLA MARMOLADA

Dinamica dell'evento secondo il CNR-Istituto di Scienze Polari (CNR-ISP).

Video da drone del settore sommitale del ghiacciaio della Marmolada ripreso dalla Commissione Glaciologica SAT il giorno precedente all'evento del 3 luglio (senza che si potessero individuare indizi di imminente collasso).

Stima preliminare del volume di ghiaccio crollato (CNRS/Observatoire Midi Pyrenées).

Riflessioni di Luca Bonardi (Università degli Studi di Milano e Servizio Glaciologico Lombardo), esperto in clima storico delle Alpi.

Ricostruzione video del crollo della Marmolada.

Dichiarazioni del WSL, Istituto federale di ricerca per la foresta, la neve e il paesaggio (Svizzera).

 


Devolvi il 5 per mille alla SMI,
sosterrai le ricerche sul Ghiacciaio Ciardoney!


 

 

 


Torna indietro

Guida al   sito    |    Contattaci    |    Segnala il sito    |   Credits    |   Copyrights