DOVE MI TROVO:  Nimbus Web » Glaciologia» 2022: in volo sui ghiacciai delle Alpi occidentali


13 SETTEMBRE 2022: RICOGNIZIONE AEREA
DEI GHIACCIAI DALLA VALLE D'AOSTA ALLE VALLI DI LANZO



Reportage fotografico di Daniele Cat Berro
Società Meteorologica Italiana / Redazione Nimbus

 



I
l 13 settembre 2022, grazie alla disponibilità dell'Aero Club Torino e del suo pilota e socio SMI Danilo Spelta, ci è stato possibile effettuare una ricognizione in motoaliante dei ghiacciai delle Alpi occidentali, tra la Valle d'Aosta a Nord e le Valli di Lanzo a Sud, nel quadro delle campagne di osservazione svolte in collaborazione con il Comitato Glaciologico Italiano.

L'obiettivo era riprendere il pessimo stato della criosfera alpina al termine di quella che - una volta elaborati i dati dei bilanci di massa eseguiti proprio in queste settimane - si rivelerà molto probabilmente come la peggiore stagione per la conservazione dei ghiacciai mai documentata, ancor più negativa di quella già eccezionale del 2003.


Il viaggio fotografico comincia sul versante valsesiano del Monte Rosa. Da sinistra,
le lingue seraccate occidentale e orientale del Ghiacciaio delle Piode, e quelle dei ghiacciai della Sesia e delle Vigne. Queste ultime due sono ancora riunite alla base dell'ampia "finestra" rocciosa, ma la colata del ghiacciaio della Sesia è ormai esigua e minaccia di interrompersi in un prossimo futuro. Lembi di ghiaccio "nero", non più coperto da nevato stagionale, affiorano perfino verso i 4000 m. Un insignificante e irregolare strato di neve fresca vela i settori più elevati del massiccio.


La deleteria combinazione tra un inverno e una primavera poverissimi di neve e un'estate estremamente calda
ha fatto sì che già in luglio, e a maggior ragione tra agosto e metà settembre, gli apparati glaciali si trovassero pressoché interamente privi di nevato talora fin sopra i 3500 m (con la precoce scomparsa non solo del nevato residuo dell'inverno 2021-22, ma anche di quello pluriennale eventualmente conservatosi dalle pur negative stagioni precedenti), con vaste plaghe di ghiaccio "vecchio" esposte alla radiazione solare e dunque alla fusione che ne ha asportato spessori di svariati metri, ampie crepacciature, estinzione di piccoli corpi glaciali già in precedenza ridotti a glacionevati, e canali divenuti franosi e impraticabili.

Una situazione di gran lunga ostile alla sopravvivenza dei ghiacciai, che si trovano in condizioni di totale disequilibrio rispetto al clima e condannati all'estinzione a iniziare dalle quote sotto i 3200-3500 m nei prossimi decenni, anche al perdurare delle condizioni attuali. Se invece, come probabile, le temperature aumenteranno ulteriormente, entro il 2100 - in assenza di politiche climatiche (scenario di riscaldamento globale +5 °C) - è attesa la scomparsa di circa il 95% del ghiaccio che era presente sulle Alpi nel 2017, secondo le analisi dei glaciologi svizzeri Zekollari, Huss e Farinotti. Rimarrebbe solamente una piccola parte delle calotte più elevate del Monte Bianco, del Monte Rosa e dell'Oberland bernese...

Individuata la disponibilità del velivolo, e temendo successivi impedimenti con l'avanzare della stagione (lunghi periodi ventosi e sfavorevoli al volo, nevicate in quota in grado di nascondere la reale situazione dei ghiacciai) la ricognizione è stata dunque effettuata martedì 13 nonostante la presenza di banchi di nubi alte e polvere sahariana nell'aria all'interno di un flusso di correnti tese da Sud-Ovest.


A ridosso del confine regionale, ecco il Ghiacciaio di Bors (al centro, in territorio valsesiano, piemontese), quasi completamente spoglio di neve residua salvo un modesto accumulo di valanga nel tratto più elevato del bacino sopra i 3500 m. Subito più a sinistra si intravede di sbieco il Ghiacciaio d'Indren (Valle del Lys, Aosta), drammaticamente smagrito e in procinto di smembrarsi, e sullo sfondo parte delle colate glaciali del Ghiacciaio del Lys.


Veduta generale del Ghiacciaio del Lys (secondo della Valle d'Aosta per estensione con 9,6 km2 nel 2019, in base al Catasto Ghiacciai della Regione Autonoma realizzato dalla Fondazione Montagna Sicura), che ricopre il versante sud-occidentale del Monte Rosa al di sopra di Gressoney-La-Trinité. Le seraccate dei settore occidentale e orientale, fino agli Anni Duemila riunite alla loro base in un'ampia lingua valliva, si sono in seguito separate e ritirate, interrompendo il flusso glaciale che ha dunque abbandonato la lingua sottostante. Quest'ultima - le cui variazioni frontali erano misurate da un paio di secoli, ovvero dalle fasi finali della Piccola Età Glaciale - trovandosi priva di alimentazione glaciale si è gradualmente consumata, lasciando il posto a un ampio lago dalla forma bilobata. Le nuove fronti, abbarbicate su ripidissime rocce montonate, non sono più misurabili, e la più lunga serie di rilievi frontali delle Alpi italiane si è così interrotta dopo aver indicato un regresso di circa 1,8 km dal 1820.


Dettaglio del nuovo lago che giace alla base del Ghiacciaio del Lys, al posto della lingua glaciale valliva misurata fino al 2017 e poi scomparsa (sebbene già da una decina d'anni non fosse più unita al resto del ghiacciaio, dunque priva di alimentazione). Poco più a monte, sotto la seraccata destra orografica, si nota un altro lago, più recente e piccolo. Si noti, in basso, l'evidente profilo delle morene laterali della Piccola Età Glaciale (culmine intorno al 1820 e 1850), con cordoni paralleli testimoni di differenti fasi di avanzata.
 

La bella calotta del Ghiacciaio di Ventina, che ricopre la Gobba di Rollin (3899 m) nelle adiacenze del Plateau Rosa, tra alta Val d'Ayas e alta Valtournenche.
Neve residua dell'inverno e in parte recente (più bianca) solamente sopra
i 3500-3600 m. Il collegamento che in passato alimentava il piccolo Ghiacciaio
di Tzère, in basso, è ormai interrotto, e alla base del gradino roccioso rimane una modesta massa di ghiaccio che sopravvive ancora grazie al periodico crollo dei seracchi soprastanti.
 

Alta Valpelline: i ghiacciai di Tza de Tzan (sinistra) e delle Grandes Murailles (destra), che fino ai decenni centrali del Novecento erano riuniti al fondo del vallone, a valle del Rifugio Aosta (centro-sinistra nell'immagine).
 

Il versante meridionale del Grand Combin (massiccio svizzero che culmina a 4314 m) con i bacini glaciali che alimentano il sottostante Glacier du Mont Durand.
 

Il versante vallesano del Mont Velan (3727 m) con il Glacier de Valsorey
che conserva alcuni accumuli di nevato solamente sul settore superiore,
oltre i 3300 m circa.




Dettaglio del Mont Velan e del settore superiore del Glacier de Valsorey.
 

Il Ghiacciaio di Pré de Bar (Val Ferret italiana, Monte Bianco), dopo aver perso nei primi anni Duemiladieci la famosa lingua frontale affacciata verso il Rifugio Regina Elena, rimane confinato al di sopra del gradino roccioso, con la fronte, non più misurabile, quasi sospesa su ripide balze rocciose. Al centro della seraccata di scorge l'allungato deposito di una vecchia frana caduta sul ghiacciaio.
 

Tra il ghiaccio affiorante nelle seraccate, e i lembi di neve residua scuriti dall'abbondante deposito di polvere sahariana, dunque esposti a più rapida fusione,
il Ghiacciaio di Frebouge (Val Ferret) appare in pessime condizioni. In alto a sinistra l'acuto profilo delle Grandes Jorasses (4208 m).
 

Panoramica del versante Sud del Monte Bianco con (da sinistra a destra)
i ghiacciai della Brenva, di Toula e di Rochefort.
 



Al centro, l'imponente lingua del Ghiacciaio del Miage in Val Veny, esempio più significativo di ghiacciaio "nero" (debris-covered glacier) o "himalayano" sulle Alpi italiane insieme a quello del Belvedere sul Monte Rosa. E' inoltre il più esteso ghiacciaio della Valle d'Aosta (circa 10,4 km2, dato 2019, Catasto Ghiacciai FMS). In virtù del bacino collettore che convoglia il flusso glaciale dalle quote più elevate dell'arco alpino (4800 m) e della spessa copertura detritica che rallenta la fusione del ghiaccio a valle, la lingua frontale bilobata riesce a scendere tra i boschi di larici fino a quote di poco superiori a 1700 m. Inoltre sono visibili i ghiacciai della Lex Blanche (sinistra) e di Brouillard e Frêney (destra)
 

Dettaglio della lingua frontale del Ghiacciaio del Miage, segnata da alcune depressioni dovute al collasso di cavità glaciali. Il lago marginale storicamente presente in corrispondenza della morena destra, soggetto a rapide e irregolari fluttuazioni di livello dovute alla mutevole dinamica del ghiacciaio e del reticolo idrografico locale al contatto con il sistema morenico, attualmente appare quasi completamente vuoto a seguito di un repentino svuotamento (GLOF = Glacial Lake Outburst Flooding) avvenuto l'11 luglio 2022 con alcuni danni lungo il torrente emissario a valle della fronte. Si segnala inoltre che, a seguito del progressivo abbassamento di quota della superficie glaciale, le morene immediatamente a monte e a valle del lago sono divenute instabili e soggette a dislocazioni degli ammassi detritici sul loro lato interno.
 

I resti del Ghiacciaio del Breuil Settentrionale, presso la cresta di confine Italia-Francia tra Monte Bianco e Piccolo San Bernardo.
 

Ghiacciai di Arguerey Meridionale (sinistra) e Settentrionale (destra),
appena a Nord-Ovest del Piccolo San Bernardo.

Veduta generale dell'ampio ghiacciaio del Rutor, terzo della Valle d'Aosta per estensione (7,6 km2 nel 2019, dato Catasto Ghiacciai FMS). Neve residua solo sul plateau sommitale sopra i 3200 m.
 



Ghiacciai del Rutor (destra), di Chateau Blanc (al centro, lato Valgrisenche) e delle Usellettes (in basso, lato La Thuile).
 



Pressoché completamente spoglio il Ghiacciaio di Gliairetta-Vaudet che fascia la testata della Valgrisenche. In alto a destra il piccolo ghiacciaio pensile
della Grande Sassière.
 



Il Ghiacciaio di Giasson (massiccio della Grande Rousse, lato Valgrisenche), enormemente ritirato rispetto all'estensione (grigio chiaro) delle morene
della Piccola Età Glaciale.
 



L'intensa deglaciazione sulle pareti alla testata del bacino del Ghiacciaio d'Invergnan (gruppo della Grande Rousse, versante Valgrisenche) ha lasciato brandelli di ghiaccio annerito alterni a scoscesi affioramenti rocciosi cosparsi di detriti.
 

Del Ghiacciaio del Truc Blanc (presso l'omonima vetta di 3405 m sullo spartiacque Valgrisenche - Val di Rhêmes) rimane un modesto residuo completamente annerito dal concentrarsi, nel ghiaccio in fusione, di impurità (polveri, sabbie) trasportate dal vento dall'adiacente deserto d'alta quota.
 

Il Ghiacciaio di Goletta (alta Val di Rhêmes) è ormai distante circa mezzo chilometro dall'omonimo lago in cui ancora si immergeva fino agli Anni 1990.
 



Veduta generale dei ghiacciai di Soches-Tsanteleyna (sinistra) e Goletta (destra).
 

Nessuna traccia di neve residua sul Ghiacciaio Basei
(presso il Colle del Nivolet, alta Valle Orco).
 



Identica situazione al Ghiacciaio del Grand Etret, alta Valsavarenche, soggetto a misure di bilancio di massa da parte del Corpo di Sorveglianza del Parco nazionale Gran Paradiso.
 



Valsavarenche. Il Ghiacciaio di Moncorvé al centro, e, a destra, la parete nord-occidentale del Ciarforon, che nell'ultimo ventennio è andata incontro a una profonda deglaciazione che ne ha radicalmente trasformato l'aspetto da versante corazzato di ghiaccio e ambito dagli alpinisti (via Chiara), a impraticabile scivolo di instabili detriti alternati a placche glaciali in disfacimento.
 

Dettaglio della sommità del Ciarforon (3642 m) con la sua calotta ormai smagrita e irriconoscibile, e lo sfacelo conseguente alla deglaciazione sulla parete Nord-Ovest. Nella blanda depressione di vetta al margine del ghiaccio si trova un piccolo lago, non visibile nell'immagine, tra i più elevati d'Europa e segnalato già alla metà del Novecento.
 

Il versante Valsavarenche del Gran Paradiso (4061 m) con i settori sommitali del ghiacciaio di Lavacciù che presenta settori di ghiaccio "scoperto" fin presso la vetta.
 

Val di Cogne, versante orientale della Grivola: il Ghiacciaio del Trajo con - in sinistra orografica - il corposo accumulo della frana avvenuta a inizio luglio 2017, ormai in rilievo di svariati metri rispetto alla superficie glaciale circostante, scoperta ed esposta alla radiazione solare e dunque a maggiore fusione.
 

Sinistra orografica della Valnontey (Cogne, Gran Paradiso). Da destra a sinistra, i ghiacciai del Lauson (completamente annerito dal detrito), Gran Val, Dzasset e Tribolazione. Al centro, la vetta del Gran Paradiso.
 

Veduta più ravvicinata del Ghiacciaio della Tribolazione, il più esteso del gruppo del Gran Paradiso con i suoi 5 km2 di superficie.
 

Alta Valnontey, Cogne: il massiccio degli Apostoli (a destra la Torre del Gran San Pietro, 3692 m) con i settori superiori dei ghiacciai di Money (destra)
e Coupé di Money (sinistra).
 



Valeille, Cogne. I tre settori in cui si è frammentato il ghiacciaio delle Sengie.
Al di là della cresta si trova la Val Soana, in territorio piemontese.
 

Valeille, Cogne: il settore più orientale del Ghiacciaio delle Sengie,
lungo il valloncello sottostante il Colle del Monveso.




Valeille, Cogne: il piccolo Ghiacciaio dell'Arolla, non lontano dall'estinzione.
 

Passando sul versante piemontese del Parco nazionale Gran Paradiso,
ecco il Ghiacciaio Ciardoney, sede delle ormai trentennali misure di bilancio di massa della Società Meteorologica Italiana. Anche qui non vi è la minima traccia di neve residua.
 

Versante meridionale del Gran Paradiso e parziale veduta
del Ghiacciaio di Noaschetta occidentale.
 



In primo piano, i due settori del Ghiacciaio occidentale del Carro (alta Valle Orco),
ridotti a modeste placche in via di scomparsa. Sullo sfondo, già interamente in territorio francese (Val d'Isère), la sommità della Grande Aiguille Rousse (3482 m). 
 



Il settore centro-occidentale del Ghiacciaio di Nel (alta Valle Orco), in pessime condizioni e battuto dalle frane che si staccano dalle pareti delle Levanne
(si noti in particolare l'esteso accumulo di frana a destra nell'immagine,
risultato dell'instabilità di versante degli anni recenti).
.

Appena più a est, il canalone del Colle Perduto, che si affaccia su Ceresole Reale, appare completamente privo di ghiaccio, e l'omonimo ghiacciaio si può considerare estinto salvo irrilevanti placche di ghiaccio sepolto dal detrito.
 

Infine le Valli di Lanzo, a partire dalla Val Grande. I piccoli ghiacciai Meridionale (sinistra) e Settentrionale (destra) della Levanna Orientale, la sommità ben visibile nell'immagine (3555 m).
 

I ghiacciai Meridionale (sinistra) e Settentrionale (destra) del Mulinet, completamente appiattiti e privati delle seraccate che li caratterizzavano fino agli Anni Ottanta del Novecento. Si noti, in basso, la marcata incisione dovuta al collasso della morena del Ghiacciaio Meridionale del Mulinet durante l'alluvione del
24 settembre 1993, responsabile di gravi danni nel sottostante paese
di Forno Alpi Graie.
 

Versante Nord dell'Uja di Ciamarella: Ghiacciaio Tonini. 
 



L'Uja di Ciamarella (3676 m) con i resti del Ghiacciaio dell'Albaron di Sea.
 



Alta Val d'Ala di Lanzo. Alcuni depositi di valanga sopravvivono sotto la parete Nord-Est dell'Uja di Bessanese (3604 m), alla testata del ghiacciaio omonimo che per il resto è in gran parte nascosto da copioso detrito.
 

Alta Val di Viù (Lanzo): il Ghiacciaio pensile della Croce Rossa, completamente spoglio di neve malgrado l'esposizione nord-orientale a quote di 3400-3500 m. Si notino anche i depositi di crolli rocciosi probabilmente innescati dalla degradazione del permafrost sulla cresta sommitale. Questo apparato è stato intensamente sorvegliato fin dal 1998 (bilancio di massa glaciologico e geodetico, misure di spessore e velocità del flusso glaciale, di temperatura dell'aria e del ghiaccio) per il potenziale rischio di distacco della fronte sospesa verso il sottostante invaso ENEL della Rossa (2718 m). L'imponente riduzione volumetrica intervenuta in un quarto di secolo ha molto ridotto la pericolosità di un eventuale distacco, ma la situazione impone pur sempre attenzione. 

 


 

 

Un sentito ringraziamento va al socio SMI Danilo Spelta, che ha offerto il viaggio in motoaliante e la sua competenza e pluridecennale esperienza di volo, nonché all'Ente Parco nazionale Gran Paradiso per aver concesso eccezionalmente il sorvolo dell'area protetta per finalità di ricerca e divulgazione scientifica.

Precisiamo che il motoaliante ha consumato circa 60 litri di benzina per un volo durato 2 ore e 50 minuti, pari a poco più della capienza media del serbatoio di un'automobile con cui si percorrerebbero su per giù 900 km di strada, ovvero come tre viaggi andata e ritorno Torino-Courmayeur di ordinario sopralluogo per le campagne glaciologiche (nel caso del volo in motoaliante, peraltro, con una maggiore efficienza dato l'elevato numero di ghiacciai osservati, per quanto solo con riprese fotografiche e non con misure strumentali e dirette).
Circa 140 kg di CO2 emessa in via straordinaria per un obiettivo di conoscenza speriamo utile alla collettività, e ampiamente bilanciata dai circa 11.000 chilowattora di elettricità fotovoltaica prodotta ogni anno dal passeggero del velivolo e fotografo, equivalenti a un risparmio annuo di circa 4,5 tonnellate di CO2 che si genererebbero con la rispettiva produzione da fonti fossili in una centrale termoelettrica (considerando un fattore di emissione da termoelettrico di 415 g CO2/kWh, fonte ISPRA).

 

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